Emilia, la dolce

di Stefano Caffarri

Dirai che mi sono un po’ fissato, ed è una osservazione che ha dei fondamenti. Però va raccontata: perché le terre delle uve lambrusche oltre alla callida Malvasia frizzante da un euro la botte (e mi piace uguale, zuppettata nel panettone) sanno produrre miracolini. Puianello sta sulle rive del Crostolo, modesto corso d’acqua a carattere torrentizio che bagna – si fa per dire – Reggio Emilia. Sulla destra orografica le ghiaie e le argille cavate alle colline dal fiume: Cà de noci coltiva le sue Spergole, Moscato e Malvasia sul greto arido d’estate e fangoso d’inverno. Sulla sinistra Cinque Campi ha i suoi filari di Moscati e Malvasie sulle prime pendicidi collinari, tra calcari abbondanti e terreni fortemente drenanti.

Due versioni dello stesso vino, bianco da uve stramature (dice) di grande impatto e sottile ma profonda diversità. Entrambi bio.
due vini dolci

L’Aresco 2006 di Giovanni Masini è un vino indimenticabile, tanto per dirla chiara. “Inaridisco” dal latino, per indicare l’appassimento delle uve per ottenere queste milletrecento mezze, dopo le bucce, un anno di tino e un anno di bottiglia. Scrive storie sul bicchiere con la sua pasta densa e viscosa ma non cerosa, con quel suo colore del cuoio naturale. Non è generoso al naso, addirittura ritirato: si concede con prudenza, prima di attanagaliarti con un frutto giallo e sovramaturo, anzi conservato, e le mineralità per nulla indulgenti. L’assaggio ti segnerà: dolce d’alcool come d’acquavite, sempre turgido e mai melenso, smisurato sul palato e nel ricordo. Irresistibile.

Il Tribulè 2007 di Vanni Nizzoli è ancora più fitto, ricorda il colore della lacca naturale. Il nome significa “Faticato, difficile” in dialetto reggiano e ben si capisce a fronte delle 650 bottiglie da mezzo litro. Quasi carnoso, deliziosamente caramellato al naso che non esime da una nota angolosa appena accennata, in omaggio l’uso moderatissimo di solfiti.  Tutta la frutta secca pronta subito: sensazioni poi timbrate da un assaggio ancora austero ma vibrante di succo, grosso d’alcool, pieno al sorso e difficile da dimenticare. Seducente di sguardi e di movenze.

Terre di Lambrusco, ma non solo “di Lambrusco”.

2 Commenti

avatar

Andrea Bezzecchi

circa 14 anni fa - Link

balzo in piedi dalla poltrona in standing ovation commosso bez

Rispondi
avatar

Tommaso Farina

circa 14 anni fa - Link

Ne parlò Massobrio sul suo libro "Il tempo del vino". Una volta capitai in zona, a Puianello, proprio quando Massobrio aveva scritto l'articolo per la Stampa. C'era gente che quando leggeva il prezzo di quel vino sorrideva e scuoteva la testa. Meglio: ne rimane di più per noialtri.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.