Barolo: una storia d’amore

di Alessandro Morichetti

Per gentile concessione di The world of fine wine e del suo editore, Neil Beckett, pubblichiamo in esclusiva in italiano questo articolo di Mariagrazia Orlandi comparso (in inglese, tradotto per noi dall’autrice) sul numero 33 della rivista con il titolo “Barolo: a love story“. Non ha il tipico respiro da blog quindi mettetevi comodi prima di iniziare la lettura.

RE DEI VINI. IL BAROLO ED UN MATRIMONIO D’AMORE
La storia del vino Barolo, di questo rosso davvero speciale, inizia con il matrimonio di Carlo Tancredi Falletti di Barolo con Juliette Colbert (personaggi di spicco del Risorgimento piemontese e non solo), per quanto la coltivazione della vite, a Barolo e nelle zone circostanti, abbia antiche tradizioni, documentate da preziosi manoscritti.

Le origini di questo vino sono da ricercare nel vitigno da cui deriva: il nebbiolo, prima dell’intervento di grandi protagonisti, dava un vino amabile, assai diverso dall’attuale. Tuttavia, vale la pena ricordare che il particolare territorio di Barolo, in qualche modo protetto dai rilievi circostanti, rende il nebbiolo ricco di sali minerali e zuccheri.
Il successo del cosiddetto “re dei vini e vino dei re” è decretato proprio da Juliette, che lo promuove alla corte dei Savoia e nelle varie corti europee. A tale proposito, si narra che un giorno re Carlo Alberto abbia chiesto alla Marchesa perché non gli avesse fatto ancora assaggiare il celebre vino che veniva prodotto nelle zone del Castello di Barolo1, residenza di villeggiatura in campagna per la nobile famiglia. Dopo pochi giorni – scrive Domenico Massè nel suo testo “Il paese di Barolo” – Torino assisté ad un spettacolo inedito: le vie della città furono attraversate da carri della Marchesa contenenti vino, diretti al Palazzo Reale – precisamente trecentoventicinque, uno per ogni giorno dell’anno, tolti i quaranta giorni della Quaresima2. In tal modo i Marchesi promuovevano il vino, regalandolo ai regnanti, offrendolo ai loro ospiti e rifornendone gli amici di ogni dove. Essendo personalità in vista e molto apprezzate, il vino Barolo ne trasse un sensibile vantaggio d’immagine. Ma Jiuliette era davvero interessata a dare un futuro e un prestigio stabile alla qualità del suo vino, per questo sembra che abbia chiesto all’amico Cavour la consulenza dell’enologo francese Oudar, che collaborava dal 1843 con il Conte nella produzione del vino Barolo nelle cantine di Grinzane. E sarà proprio questo personaggio a dare un contributo significativo al Barolo, vinificandolo alla francese. Per quanto si conoscano anche interventi significativi di pochi anni precedenti, soprattutto quello del generale Francesco Staglieno, che si interessò a regolare la fermentazione sul metodo francese Gervais. Questi personaggi3 furono presenti sia a Verduno, presso il castello del re Carlo Alberto di Savoia, sia a Grinzane Cavour, presso le cantine del conte Camillo Benso di Cavour.
Come detto, il Barolo in precedenza doveva essere un vino dolce e leggermente spumeggiante, rosato. L’uva nebbiolo matura tardivamente ed è possibile ipotizzare che a quei tempi i primi freddi interrompessero la fermentazione. Prima degli interventi di Giulia, la fermentazione avveniva all’esterno nei portici; in seguito, furono realizzate le cantine sottoterra. Creando un microclima protetto, si poté, allora, invecchiare il vino, tenendo sotto controllo la temperatura, rendendolo fermo e di notevole struttura.
Una testimonianza significativa rimane quella dello storico Massè, che dice: “… a creare quel tipo di vino che va ora sotto il titolo di Barolo furono i Marchesi Falletti al principio dell’Ottocento, i quali lo producevano con ogni cura nelle loro estesissime tenute di Barolo…”. Precisando poi che “chi, dopo i Marchesi Falletti molto contribuì a dare fama al Barolo… fu il Conte Camillo di Cavour”. Queste preziose iniziative portano ad un vino secco e a passaggi in botti prima dell’imbottigliamento. Nell’iter di affermazione della completa identità del Barolo, si riscontra un’altra testimonianza. Si tratta di quella del conte Giorgio Gallesio, che narra nel suo “I giornali di viaggi” la sua visita a Barolo, avvenuta il 19 settembre 1834. Il conte descrive il fervente lavoro attorno al perfezionamento di questo vino e quanto Giulia e Tancredi credessero ed investissero in tale impegno: “Le uve in Barolo sono il Nebbiolo e il Neiran: con queste due uve si fa il famoso vino di Barolo, nel quale però il Neiran non v’entra che per un decimo. […] Il vino di Barolo dura molti anni e il marchese di Barolo lo conserva per mandarlo alla Corte di Torino e ad altri. In questo paese si crede che per avere del vino finissimo bisogna farlo di Nebbiolo puro, oppure si mischia il Neiran perché gli dia colore, essendo il Nebbiolo puro troppo chiaro e troppo dolce. Ho visitato la cantina del marchese di Barolo: è un gran semi-sotterraneo con volte a botte, sopra del quale vi è la tinaia. Vi erano 30 botti, in gran parte di vini vecchi: ho assaggiato quello del 1833 ed era aspro e ingrato; quello del 1832 era invece morbido e amabile”.
Dopo la morte di Giulia, l’intero patrimonio, cantine comprese, fu ereditato dall’Opera Pia Barolo, istituzione da lei voluta per amministrare le ingenti fortune della famiglia e le varie iniziative ed attività a cui i marchesi avevano dato vita. Oggi nell’Agenzia della Tenuta Opera Pia Barolo, prospiciente il Castello Falletti di Barolo, ha sede l’azienda Marchesi di Barolo, una cantina di medie dimensioni: controlla circa 110 ettari di vigneto, per una produzione di circa 1.500.000 bottiglie circa. Fu Pietro Abbona che, attorno al 1895, iniziò la sua attività nelle cantine Barolo, riuscendo successivamente ad acquistare le cantine e parte dei vigneti e potendo così dare continuità al marchio “Antichi poderi dei marchesi di Barolo”4.
Il successo del Barolo esplode in un tempo speciale, e di questo tempo ne è degno protagonista: il periodo che precede e corona l’Unità d’Italia; per questo, adesso che si celebra il 150° anniversario, il Barolo è diventato uno dei simboli dell’Unità del nostro paese; questo vino è stato alleato di Cavour5 nei suoi pranzi diplomatici in cui si costruiva, con la fine abilità di questo statista, la rete di accordi necessari per proclamare la nascita della nazione. Cavour, amico di Giulia6 fin dalla tenera età, e da lei anche redarguito in certi momenti, si impegnò molto per migliorare la qualità del vino delle sue tenute, con personale competente e impegno scrupoloso, caratteristiche proprie di questo controverso politico della storia d’Italia7.

MA CHI ERANO I MARCHESI DI BAROLO?
La famiglia di Giulia era discendente di Jean Baptiste Colbert di Maulévrier, ministro delle finanze del Re Sole; una famiglia nobile e molto facoltosa. La sua terra di origine, la Vandea (dove è nata il 26 giugno 1786), aveva offerto ben presto alla piccola Juliette sofferenza e dolore: la precoce morte della madre – deceduta a Bruxelles nel 1793 – e tutto ciò che significò, per questa regione, la Rivoluzione francese. Il cielo su questa parte di Francia era chiuso: seguirono la confisca dei beni e successivamente la repressione della “bianca Vandea”, che porterà alla ghigliottina la nonna e la zia della piccola Giulia8.

JULIETTE E TANCREDI, UN AMORE GRANDE
Nel cammino della vita, si trova ad essere alla corte del nuovo imperatore, Napoleone Bonaparte, che volle i nobili vicini per dare lustro alla sua realtà di potere. Lì Giulia divenne damigella dell’Imperatrice, vi conobbe “il migliore degli uomini” (come poi lei definì, tanti anni dopo, Carlo Tancredi Falletti di Barolo, paggio, e poi ciambellano, dell’Imperatore) e fu subito amore. Alla stipula del contratto di nozze sarà presente lo stesso Napoleone, insieme all’Imperatrice. Il matrimonio si celebrò a Parigi il 18 agosto del 1806.
Tancredi fu l’ultimo Marchese di Barolo9, colui che chiuse la storia di una grande dinastia aristocratica. Dopo la Restaurazione rientrano a Torino definitivamente, e qui fiorisce la loro stupenda avventura, destinata lasciare tracce indelebili in Piemonte. Uniti in tutto, personaggi di grande levatura, il loro rapporto era fondato su una profonda stima reciproca, condividendo la stessa fede10, la stessa prospettiva nella quale vivere i loro giorni.
Tancredi fu attivo in tanti campi, ma fra tutti si distingue quello pedagogico11, per cui scrisse ed intraprese esperimenti significati. Sarà anche sindaco12 di Torino e ideatore della Cassa di Risparmio. Aprì scuole elementari, progettò un asilo nella sua abitazione, contribuì personalmente alla costruzione di un nuovo cimitero (cosa che, all’epoca, significava anche risolvere urgenti problemi di igiene). Commoventi alcune sue iniziative, come quella del primo anno del suo mandato da sindaco; quando, in quel freddissimo inverno del ’25-’26, il Marchese di Barolo, con l’autorità del suo ruolo istituzionale, dispose la distribuzione di 6.000 razioni di legna ai poveri, a spese del Comune13.

Durante l’epidemia di colera, che imperversò a Torino nel 1835, Juliette e Tancredi furono in prima linea per dare il loro contributo; quando tutti scappavano, loro rientrarono in città per portare aiuto. Un giorno Tancredi si recò da Silvio Pellico confidandogli la sua preoccupazione per Juliette, che si era troppo esposta al rischio del contagio, e in quella circostanza confidò all’amico: “Dal principio della nostra conoscenza l’ho sempre amata tanto, ma ora l’amo ancora di più”. Questo è un sigillo importante, raro e senza prezzo, autentico come un grande vino che migliora invecchiando. Ecco perché la loro unione andrà oltre la morte e Giulia sarà anche il proseguo delle idee e dei sentimenti di Tancredi14.

IL RISORGIMENTO A PALAZZO BAROLO
In accordo con il marito, Giulia apre la propria casa e si mette a disposizione dei grandi del tempo come delle persone più umili della città. Amica di re Carlo Alberto15, di sua moglie Maria Teresa e della moglie di Vittorio Emanuele II, Maria Adelaide, il suo salotto fu frequentato dalle personalità più in vista del Risorgimento come Cavour, con il quale i Falletti avevano una profonda amicizia: Cesare Balbo, Santorre di Santarosa, Cesare Alfieri, Silvio Pellico16 (che fu anche bibliotecario di casa Falletti) e molti altri17. Viaggiarono moltissimo in Italia e all’estero e furono in contatto con tutti i più significativi personaggi del tempo.

UNA DONNA PER TORNARE A SPERARE: L’IMPEGNO IN CARCERE DELLA MARCHESA
Negli impegni della Marchesa spicca il suo interesse per la situazione carceraria, in particolare femminile. Individua già all’epoca valori significativi, quelli che oggi sono diritti costituzionali e che fanno da sfondo all’attuale processo penale accusatorio (riforma introdotta in Italia secondo il modello anglosassone dei paesi di Common Law), in particolare gli aspetti afferenti il giusto processo, di cui all’art. 111 della Costituzione, e quelli riguardanti gli effetti rieducativi della pena. Un lavoro serio e imponente per il quale sopportò molto dolore ma che ebbe effetti profondi sul tessuto politico-sociale. Considerava il carcere come un ospedale delle anime, da lì era convinta che si potesse e si dovesse uscire avendo appreso gli strumenti per crearsi una vita nuova e migliore.
Aveva maturato questa convinzione studiando la situazione delle donne in prigione in Francia e in Inghilterra. Ma in Italia le carceri si trovavano in condizioni fatiscenti, erano assai compromesse anche le condizioni sanitarie. Non fu facile vincere tante ostilità, superare numerosi ostacoli, ma alla fine la determinazione della Marchesa ebbe la meglio18.

UNA DONNA PER TUTTE LE STAGIONI
Il 4 settembre del 1838 muore precocemente Tancredi. Juliette seppe allora essere tanto forte, saggia e capace, da occuparsi di tutto, facendo in modo che ciò che avevano costruito potesse continuare nel tempo. E così è stato. La piccola grande Juliette si spense molti anni dopo: il 19 gennaio del 1864, dovendo ormai riposare per il “peso della felicità e la grandezza dei miracoli”19. Le tante fondazioni e attività intraprese dai coniugi Barolo furono proseguite dall’Opera Pia Barolo, che aveva ereditato l’intero ingente patrimonio di questa coppia che non ebbe figli, ma che seppe essere altresì tanto feconda.
Le loro esperienze di vita si intrecciano con tante altre, tessendo e narrando la storia d’Italia e d’Europa.

Mariagrazia Orlandi

[Crediti | Castello Barolo: per gentile concessione di WiMu, Museo del vino, Barolo; Juliette Colbert Falletti Marchesa di Barolo: per gentile concessione dell’Istituto Santa Maria Maddalena di Torino; Carlo Tancredi Falletti Marchese di Barolo: per gentile concessione dell’Istituto Santa Maria Maddalena di Torino. Collaborazione all’editing di Fiorenzo Sartore]

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1. All’interno del Castello è allestito un innovativo museo dedicato al vino in generale e al Barolo in particolare, alle sue terre e ai suoi protagonisti. Un museo interattivo davvero interessante, dove l’enoturista non si limita a guardare reperti di un illustre passato ma viene coinvolto in un percorso narrativo di suoni, voci, colori, profumi… uno scenario illuminante, cinque piani fruibili ove si ha la possibilità di conoscere la cultura del vino e farne esperienza diretta. Qui è possibile visitare anche una parte del museo dedicata a Giulia. Nel castello di Barolo ha sede anche l’Enoteca Barolo.
2. Si racconta che dopo ciò il re, avendo apprezzato tanto il Barolo, decise di acquistare la tenuta di Verduno per produrne direttamente.
3. È riferito da Berta e Mainardi, in Piemonte-storia regionale della vite e del vino, che nelle cantine del castello di Grinzane Cavour “nell’inventario di inizio anno del 1847 si trovano in cantina sia il vino alla Staglieno sia il vino alla francese”.
4. Attualmente la ditta conserva la stessa proprietà fondiaria, più alcune acquisizioni successive sempre nel comune di Barolo. Si vinificano Barolo, Barbaresco, Nebbiolo d’Alba, Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba, Roero Arneis, Gavi, Moscato d’Asti e Brachetto d’Acqui. Dal 2006 a detenere, con oltre il 60% delle quote azionarie, un ampio controllo societario è la famiglia di Anna ed Ernesto Abbona.
5. Oggi quelle tenute, la vigna del Barolo che fu di Cavour, e anche il castello di Grinzane, appartengono alla Fondazione Adele Alfieri di Sostegno. Si tratta di un ente pubblico la cui conduzione e’ attualmente affidata alla scuola enologica di Alba.
6. In una lettera del 1832 Cavour ringrazia la Marchesa per essere sempre stata tollerante nei confronti delle sue idee e le confida il suo sogno di svegliarsi una mattina primo ministro del Regno d’Italia.
7. In questo 2011, anno di eventi celebrativi, all’Unità d’Italia si unisce anche il nome di Giulia, ed anche a lei sono dedicate iniziative specifiche, a lei che ha sempre fatto la sua parte, amica degli amici come quando, era il 1822 e per quattro volte, si recò a far visita a Santorre di Santarosa, in carcere per aver partecipato all’insurrezione liberale; lo stesso fece nel 1850 andando a trovare l’arcivescovo Luigi Fransoni, condannato e imprigionato come oppositore del governo; lei che, con Tancredi, ospitava nel loro salotto il dialettico dibattito intellettuale dei protagonisti del Risorgimento italiano, lasciando spazio ad ogni opinione.
8. La saggia scelta del padre, di andarsene da Maulévrier, dove abitava la famiglia Colbert, era avvenuta verso la fine del 1790, così Juliette si trovò esule in terra di Olanda prima, in Germania poi.
9. Personaggio colto, di grande spessore umano, ebbe modo di formarsi non solo negli studi ma anche con significativi viaggi assieme al padre, durante i quali poté conoscere direttamente la storia e la geografia dell’Europa del tempo.
10. Entrambi, sia Giulia che Tancredi fondarono istituti religiosi. La Marchesa fondò le Sorelle penitenti di Santa Maria Maddalena, sorte per accogliere alcune delle giovani donne, aiutate da Giulia, e che le avevano manifestato il desiderio di dedicarsi alla vita religiosa. L’Istituto successivamente ha cambiato nome chiamandosi Figlie di Gesù Buon Pastore. Sempre legato alle opere intraprese, è nato l’Istituto fondato da Tancredi, quello delle Suore di Sant’Anna, con lo scopo precipuo di guidare le scuole infantili che aveva fondato.
11. Si prodigò in ogni modo perché si arrivasse ad una scuola per tutti; una scuola in italiano, gratuita, che potesse essere frequentata dai figli del popolo, in grado di dare delle buone basi culturali e potesse anche insegnare un mestiere. Ero convinto che la dilagante povertà della società torinese dell’epoca si potesse distruggere attraverso l’educazione.
12. Per ventidue anni ha lavorato per la sua città, i registri delle adunanze del comune sono preziosi documenti che testimoniano i suoi interventi, sempre a favore del prossimo.
13. Il suo lavoro è tale che il 31 dicembre del 1826 viene riconfermato sindaco; fra l’altro si prodigò anche per migliorare l’arredo urbano della sua città.
14. Un’unione eccezionale, come si comprende dalle parole del testamento di Tancredi, che descrive Giulia, la sua forza d’animo, le sue eccellenti capacità e narra, fra le righe, la storia vera del loro amore:
“Nomino erede universale la marchesa Giulietta Francesca Falletti di Barolo nata Colbert, mia dilettissima consorte, e ciò in pegno del profondo affetto che io ho sempre nutrito per lei, e della mia alta stima ed ammirazione per le sue virtù, volendo così porla in grado di proseguire l’esercizio a maggior gloria di nostra santa religione, a beneficio dei miei concittadini ed a suffragio dell’anima mia… Penso con somma soddisfazione che ella farà certamente delle mie sostanze quel buon uso che è da lungo tempo scopo dei nostri comuni e incessanti desideri”.
15. Nel 1821 Carlo Alberto promulga la Costituzione, su tale atto c’è anche la firma del Marchese di Barolo, difensore dei diritti della persona e accorto politico, che opera per il bene comune.
16. Giulia si interessò subito al Pellico, una volta uscito dal carcere dello Spielberg –ove era giunto a causa del suo impegno per l’indipendenza nazionale- lo provvide di una pensione annua e si interessò per un’edizione parigina del suo libro che narrava la sua detenzione a Brno in Moravia: Le mie prigioni.
17. È da ricordare che Giulia, donna colta ed intelligente, fra i tanti fu amica anche di Lamartine.
18. Come prima cosa attivò, tramite le sue amicizie, una raccolta fondi per migliorare le condizioni igieniche della prigione e delle prigioniere. Una volta pensato al decoro della persona e del luogo, provvide a strutturare altre iniziative. Le detenute erano sostanzialmente analfabete, così Giulia utilizzò con loro una didattica di apprendimento che aveva imparato in un viaggio a Londra con Tancredi: metodologie nuove, quelle del Lancaster e del Bell; in particolare il metodo mutuo, secondo cui le donne che avevano imparato divenivano a loro volta maestre delle altre. In questi viaggi ha modo di conoscere e confrontarsi anche con Elisabeth Fry, studiosa di queste problematiche nel penitenziario di Newgate.
Le iniziative della Marchesa furono coronate da successo, tanto che le si offrì la possibilità di occuparsi anche di un terzo carcere, il più difficile: quello delle prostitute, il Correzionale. A quanto narra Giulia, le condizioni che qui vi riscontra sono, se possibile, ancora più disumane delle precedenti. Tuttavia, nel 1821 il suo impegno fu tale che riuscì a far promulgare una Riforma. Gli elementi di novità ed interesse sono tanti. Ad esempio, per volontà di Giulia, da ora in carcere le donne devono avere un lavoro da svolgere, e i profitti di questo lavoro, in parte, devono essere accumulati in un deposito che sarà loro consegnato al momento dell’uscita dalla prigione. Lei stessa creò un nuovo carcere. Avvenne nell’edificio delle Forzate, i Marchesi lo ristrutturarono a loro spese, e vi accolsero le detenute dei tre carceri torinesi. I lavori che sostentavano queste donne erano lavori manuali, che venivano insegnati come occasione per ricostruirsi un futuro libero e indipendente. Questo portò la Marchesa a preoccuparsi anche del dopo carcere e delle donne che comunque si trovano sole o in qualche genere di difficoltà. Aprì un istituto, il Rifugio, che venne organizzato come le Forzate, con programmi di istruzione e di attività personalizzati.
19. Sia per la Marchesa che per il Marchese di Barolo si sono stati aperti processi di beatificazione, per portare alla gloria degli altari un uomo e una donna che hanno saputo dire sì alla vita in ogni momento senza mai tirarsi indietro, ma anzi cercando di provocare gli eventi per situazioni di bene durature e il più possibile condivise.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

36 Commenti

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Francesco Fabbretti

circa 12 anni fa - Link

Se fosse seguita una degustazione del barolo del 1832 di cui si fa menzione nell'articolo gli davo il mio personale pulizer

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gianpaolo paglia

circa 12 anni fa - Link

Piu' di queste cose qui su Intravino, please. Consideratelo un tributo alla cultura, pallosa per alcuni forse, ma inestimabile per altri. Una sorta di radio BBC 4, una riserva indiana libera dall'eno-gossip.

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Elia Cucovaz

circa 12 anni fa - Link

fast & slow non sono mai andati xxxx d'accordo.

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lurkerologo

circa 12 anni fa - Link

troppo didascalico. siamo a corto di idee chez intravino. vado a leggermi ziliani. ciao

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Franco Ziliani

circa 12 anni fa - Link

non ha niente di meglio da fare che nominarmi? mi lasci perdere e resti su questo blog

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lurkerologo

circa 12 anni fa - Link

mi quereli se vuole ma io nomino chi mi pare e piace. lei piuttosto cosa fa sempre qui a lurkare? sa io sono un lurkerologo e sono interessatissimo alla questione

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A3C

circa 12 anni fa - Link

...mi ricorda l'acidità di Riesling della Mosella colto a marzo...

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Ludovico Bettini

circa 12 anni fa - Link

Potessi tornare indietro, farei l'avvocato di Ziliani. L'unico fortunato a non sentire gli effetti della crisi economica!!!!! :D

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esperio

circa 12 anni fa - Link

Molto interessante e piacevole. Un buon intermezzo ai post ordinari. Meno piacevole il ricordo del cartone da sei, di Marchesi di Barolo 2000, acqistato qualche anno fa'. Sapendo che Il 2000 non era stata una grande annata, questa estate avevo deciso di incominciare a farlo fuori, ebbene, il vino era belle che morto : acidita', tannini e rotondita' spariti, erano rimasti solo un tenue colore e un labile profumo.

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esp

circa 12 anni fa - Link

Il mio primo Barolo: anno 1963, una bottiglia di Opera Pia Marchesi di Barolo. Poi, per anni, il buio totale, in quanto a qualità.

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corrado dottori

circa 12 anni fa - Link

Ecco, magari sarebbe il caso di fregarsene più spesso della "leggibilità", della "leggerezza", delle polemiche "facili" e regalarci cose così: siamo o non siamo il paese della cultura?

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Gionni Bonistalli

circa 12 anni fa - Link

Sono completamente d'accordo......

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gianpaolo paglia

circa 12 anni fa - Link

ehm, lo siamo? :)

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Gionni Bonistalli

circa 12 anni fa - Link

Dovremmo esserlo...... o forse lo eravamo....

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corrado dottori

circa 12 anni fa - Link

forse stiamo rinunciando ad esserlo

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BRUNA FERRO

circa 12 anni fa - Link

..anche a me è molto piaciuto!..Alessandro, istruiscici anche su altre Regioni..Ciao!!

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lurkerologo

circa 12 anni fa - Link

si dai un nuovo circolo Pickwick. ma rivolto al vino basta polemiche. solo enocultura. yahwn... sono già gasa...zzzzzzz..zzzzzzzzz....zzz tissimo...zzz..zzzzz.zzz........z.....zzzzzzzzz

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Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner

circa 12 anni fa - Link

la nostra storia insieme ad un grande vino. chapeau

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esperio

circa 12 anni fa - Link

Scusate, ma non si puo' non dire - Che simpaticoni, uno minaccia di andarsene ma non si schioda, l'altro vuol restare innominato e continua a far capolino - Divertenti : La commedia dell'arte.

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Marossi

circa 12 anni fa - Link

Prima venne Corazzol. Poi Giannone (o viceversa). Quindi, questo pezzo didascalico à la wikipedia. Con tanto di note a piè pagina, non so se. Cosa dobbiamo aspettarci, ora, la Corazzata Potiemkin? Aridatece Tomacelli, che qui editore pare sia diventato Piero Angela.

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anonimo

circa 12 anni fa - Link

scusa marossi ma perchè anche tu non te ne vai da ziliani? via sciò sciò

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Elia Cucovaz

circa 12 anni fa - Link

dopo commenti, svaccamenti, moderazione ed altri scaSSi, inizia il percorso rieducatvo.

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Enzo Zappalà

circa 12 anni fa - Link

questo è parlare di vino! E se annoia ci sono sempre altri siti di puro GOSSIP!!! Il vino è cultura. Chi non la digerisce non penso digierirà il vero vino: saprà solo parlarlo, non degustarlo! Bravi!!!

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Antonio Tomacelli

circa 12 anni fa - Link

17 commenti e solo un paio in Topic. Non siete obbligati a commentare ogni post, eh!

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Federico

circa 12 anni fa - Link

Sarebbe da allegare a ogni confezione di Barolo, un grande vino nato (o quasi-nato) da una grande coppia. E' divertente anche notare i "natali" francesi attribuiti alla vinificazione del barolo. Sono sicuro che in molti, in quelle contrade, stanno sobbalzando sulla sedia a leggere queste righe. Inoltre emerge chiaramente, e non è la prima volta, che quello che oggi consideriamo "tradizionale" o "autoctono", non è altro che un modo miope, partigiano e forse eccessivamente ralativizzato modo di guardare le cose che più ci piacciono. E' più tradizionale il barolo dei Marchesi di Barolo o il "vino dolce e leggermente spumeggiante, rosato." di cui ci parla la Orlandi? Dove mettiamo il paletto nel tempo per definire un prodotto tradizionale o autoctono?

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Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner

circa 12 anni fa - Link

praticamente vien fuori che il Barolo oggi tradizionale è nato come una sorta di Supertuscan piemontese d'altri tempi. Un Superlanga.

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Fiorenzo Sartore

circa 12 anni fa - Link

a me ha colpito questa cosa di regalare il vino ai VIP del tempo, una cosa tipo il posizionamento di certi prodotti cult del moderno marketing. notevole.

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Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner

circa 12 anni fa - Link

Verissimo! Del resto Juliette e Tancredi avevano un accesso privilegiato ai vips del tempo essendo anche loro - bene o male - dei vips...ed han fatto bene a sfruttarlo. Comunque vips o non vips mi sa che sarebbero stati degli ottimi consulenti marketing anche oggi...con la paura che se gli fosse stato affidato il settore marketing dei Supertuscan bhè...addio Sangiovese 100% ;-)

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Fiorenzo Sartore

circa 12 anni fa - Link

commento meraviglioso.

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Federico

circa 12 anni fa - Link

Detto da te è un vero complimento, anche se non era certo questo il fine. Bisognerebbe parlarne di più, del concetto di tradizionale e simili. Credo siano davvero tanti quelli che non si rendono conto di quello che è il suo reale significato e la valenza che ha, che pure c'è ed è importante e godibile. Una frase di una persona molto intelligente in merito diceva più o meno così: Quello che oggi è chiamato tradizione non è altro che una innovazione di ieri ben riuscita. Aggiungo io, che prima o poi finirà o sarà sostituita da una nuova innovazione del domani che se ben congeniata diventerà la tradizione di poi.

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Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner

circa 12 anni fa - Link

Sono molto d'accordo. E' un po' come il concetto di "classico" espresso comicamente ne "I Corti" da Aldo, Giovanni e Giacomo...dove spesso quello che attualmente è originale diventa classico col tempo. Idem ovviamente per il concetto di "tradizionale" applicato all'enologia.

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simone pierallini

circa 12 anni fa - Link

ottimo articolo, pieno di notizie e di spunti di riflessione: 1- un vino che non emergeva tra gli altri per qualità grazie ad una colta collaborazione internazionale è diventato un grande prodotto: quando intelligenza, gusto, cultura si uniscono producono ottimi risultati (senza i pregiudizi nazionalistici e l'ottusità della tradizione a tutti i costi) 2-saper promuovere un prodotto è capacità indiscussa soprattutto se il prodotto si fa strada per i suoi pregi e non per contraffazioni o pubblicità ingannevoli o truffaldine 3-se qualcuno oggi non trova piu' certe qualità del prodotto, questo è un grave problema dell'azienda attuale non della sua storia di evoluzione e cultura e richiamare certe vicende e personaggi oltre a fare piacere è sicuramente un richiamo alla serietà: per cui grazie anche a chi fa certe note critiche

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Nelle Nuvole

circa 12 anni fa - Link

Julia & Julia. Ci ho messo un po' a capire che Juliette e Giulia erano la stessa persona. A parte ciò, è un bel post, scritto da qualcuno che collabora per The World of Fine Wine, mica un dilettante arraffazzonato come da queste parti :) :) Ogni tanto una pagina di approfondimento serve, e poi qui si parla di una Donna del vino, una Signora e una Santa. E quando ne trovate un'altra che racchiuda tutte e tre le virtù? Marossi e Lurkossi piantossi di scassossi i cojonossi.

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Daniele

circa 12 anni fa - Link

Parlato con i responsabili Sabato. La prima tesi di Laurea sull'innovativo WiMu la faccio io.

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Milena Cauda

circa 6 anni fa - Link

Molto interessante

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Milena Cauda

circa 6 anni fa - Link

Mi interessa molto

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