Alessandro Magno, Dioniso e il vino annacquato

di Andrea Gori

“Mai fidarsi di chi non diluisce il vino”. Questa frase, se pronunciata oggi, farebbe rabbrividire un astemio ma qualche millennio fa era il motteggio preferito dei Greci contro l’odiato popolo macedone. I Macedoni, infatti, erano molto legati a Dioniso e l’usanza di non diluire i nerastri e peciosi vini dell’epoca era dovuta proprio a questo profondo  rapporto con il dio del vino. Dioniso, in qualche modo, ispirò Alessandro nelle sue gesta e il suo ritorno in Oriente può essere visto come un percorso opposto a quello di Dioniso che, insieme alla vite, venne in Occidente proprio dall’Asia Minore.

Bello, quindi, trovarsi ad Amsterdam e visitare una mostra su una delle figure più affascinanti del passato, quel re visionario e leggendario che seppe unificare tutto il mondo allora conosciuto. La mostra lo fa con stupendi pezzi romani, greci e ovviamente medioorientali (trai gioielli più belli che abbia mai visto, quelli d’oro con il nodo gordiano) ma il discorso sul vino pare legare quasi ogni sala e ogni spunto di riflessione. Dioniso proveniva, secondo il mito, da Oriente e riuscì a farsi adorare ed accettare dagli uomini portando con sè l’agricoltura e la viticoltura, un modo e un mondo pacifico e gioioso per unire gli uomini, attraverso il cibo e soprattutto il vino.

Alessandro Magno idealmente ne percorre le tracce al contrario passando l’Ellesponto e dirigendosi all’interno dell’Impero Persiano. Ne distrugge le fondamenta bruciando Persepoli e il suo palazzo dopo una solenne ubriacatura spingendosi più in là, fino in India passando dalla Georgia e lambendo molte delle aree caucasiche dove storicamente e biologicamente la vitis vinifera si è formata.

Il culto di Dioniso si intreccia con quello di Alessandro e spesso l’iconografia dei due, impressa dalla mano dello scultore Lisippo, li fa assomigliare, unendoli al mito di Ercole in una immagine di forza, coraggio e lealtà che sopravvive in tutto tutto l’Ellenismo. Una figura, quella di Alessandro-Dioniso che arriva fino all’epoca romana con i primi seguaci di Cristo che faranno propria la simbologia pagana. Il grappolo d’uva schiacciato che risorge in vino è uno dei simboli più potenti dei primi Cristiani e il vino stesso è protagonista del primo miracolo di Gesù. Tra i dogmi e gli aspetti più sacri della nostra religione, prima ancora che il pane, è il vino che diventa sangue, colpisce gli animi e converte il mondo intero (e finalmente capisco come mai il grande storico Bruce Dickinson disse “he paved the way for cristianity”).

Da Dioniso ad Alessandro fino a Gesù e ai giorni nostri, si dimostra quanto il vino faccia parte di noi e della nostra cultura, molto più intimamente e profondamente di quanto vogliamo o ci piaccia pensare.

[Foto di Erwin Olaf, che ha riprodotto il probabile volto di Alessandro usando reperti dell’epoca]

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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