Zeffiro Ciuffoletti racconta il vino al tempo dei Medici: la piccola glaciazione del 1600

Zeffiro Ciuffoletti racconta il vino al tempo dei Medici: la piccola glaciazione del 1600

di Andrea Gori

Ultima puntanta della lectio di Zeffiro Ciuffoletti dedicata ai papi della famiglia Medici in occasione di una serata dedicata al Chianti Classico di Castelli del Grevepesa. In questa ultima puntata, dopo aver ripercorso la storia del primo papa Medici Leone X nel primo post e l’epoca di Savonarola delle fake news con Clemente VII (1523-1534), è il tempo di dedicarsi al meno conosciuto dei Papa Medici, ovvero Alessandro Medici vissuto come Papa Leone X poco più di un mese, con alcune responsabilità imputabili forse proprio alla glaciazione che ha ridisegnato il vigneto europeo nella forma che oggi conosciamo.

“Alessandro Medici è una persona di cui esiste un bellissimo ritratto, quando aveva 60-65 anni ed era Legato, cioè la massima carica diplomatica di un ecclesiastico, in Francia e fu lui, pensate un po’, a combinare il matrimonio con Maria De’ Medici ed Enrico IV di Francia. Si attribuisce questo matrimonio a Clemente VII, in realtà è questo Papa qui. Chi è costui? È Alessandro di Ottaviano de Medici che fu eletto Papa il primo aprile del 1605.  Guardate, la data non è uno scherzo: il primo aprile porta bene, porta male? Vediamo!

Alessandro era un personaggio veramente notevole, gracile, molto pio, austero addirittura, era della famiglia collaterale dei Medici che fra legittimi e bastardi aveva una foltissima chioma, parlando di albero genealogico. Perché moltissimi erano bastardi. Questo era il ramo secondario. Era un seguace di Filippo Neri, che poi verrà proclamato santo, e che fu vescovo di Pistoia e arcivescovo di Firenze.

Alessandro era quello che diremmo oggi un sant’uomo e nel periodo in cui fu in Francia, era sant’uomo però sapeva il fatto suo perché aveva una carica altamente politica, forse la carica più politica di cui disponeva il Vaticano, perché fare il legato pontificio in Francia, significava mantenere ancora in piedi (alla fine del 500) quel gioco che aveva fatto dei Medici di Firenze, il gioco degli equilibri fra la Spagna e la Francia. Guardate che sposano, si, i matrimoni avvengono con le principesse spagnole con l’infante di Spagna i Medici, ma le femmine dei Medici vanno in sposa ai Re di Francia, vi rendete conto che cosa significa questo gioco? Tutto questo significa mantenere a Firenze quella posizione di preminenza nella penisola che poi porterà al Gran Ducato, perché quando uno veniva nominato Gran Duca, era la massima carica dei principi italiani. Quindi, i Medici diventano in forza di questo rapporto con i due potentati e con i pontefici, la massima carica e il massimo principato presente in Italia.

Alessandro fu in Francia fino al 1602, poi diventò l’uomo di fiducia di Clemente VIII, è un Papa che fece di lui davvero l’uomo di fiducia, gli faceva fare le ispezioni ai conventi, l’ispezione alle chiese, l’ispezione a tutti i luoghi sacri di Roma, che dovevano essere come sempre e sono i luoghi sacri di Roma, no? Belli e impossibili.

Dunque costui alla morte di Clemente VIII, incredibilmente, riesce a diventare Papa, con l’appoggio del re di Francia e con l’appoggio tutto sommato andava bene anche alla Spagna perché era un Papa di settant’anni, gracilino, sicché “ora se lo piglia la Francia e poi lo prenderò io”. Ora se lo piglia la Francia e poi io, quindi giocavano fra la Francia e la Spagna per aver un Papa a testa. Un Papa vecchio di settant’anni, gracilino ci dà spazio. Appena eletto Papa si mise al lavoro, in pochissimi giorni prepara una crociata contro i Turchi. Voi direte: “Oh, ragazzi!”. Sì, la crociata contro i Turchi perché i Turchi erano stati fermati nella Spagna, erano stati fronteggiati fortemente nel Mediterraneo, ma stavano per arrivare a Vienna. Era il più grande impero del mondo. Purtroppo lo stesso giorno del suo insediamento, e in San Giovanni Laterano, il 17 aprile, si decise di fare una grande manifestazione pubblica, quindi l’insediamento ufficiale dopo 17 giorni dalla conclave che l’aveva nominato pontefice, poi un grande corteo all’aperto per tutta Roma con 60 nobili romani e 40 nobili fiorentini. Era una giornata da freddo da cani, 17 di aprile, poi vi spiegherò perché. Si ammalò, il Papa si ammalò e in 10 giorni finì morto.

Morì il 27 di aprile del 1605. Guardate che era incominciata proprio allora agli inizi del ‘600 la piccola glaciazione, che porterà al mutamento del clima radicale nel continente europeo e molto forte in Inghilterra che dall’epoca romana coltivava le viti che la glaciazione farà scomparire. E ora torniamo al vino! L’Inghilterra non ha più viti, deve sviluppare la birra ma non può utilizzare il luppolo, non potendo utilizzare il luppolo, deve utilizzare i cereali che sono costosi, servono a far mangiare la gente e non regge la birra, la birra senza luppolo non regge. Non c’erano i frigoriferi, non c’era la pastorizzazione il luppolo era l’unico sistema per poter far durare a lungo la birra. Quindi la birra bisognava farla e berla. Era costosissima e non era buona! Poi le classi borghesi ricche di un impero commerciale dominante come quell’inglese non gli piaceva più. D’altra parte le viti non si potevano più coltivare e allora il vino, il vino della Francia in particolare, ma anche quello della Toscana, guarda caso, diventano appetibili. Comincia allora quella pratica, la cominciano per la verità i francesi, che porta all’imbottigliamento del vino, che voi direte: “Che è?”

L’imbottigliamento. 

Chi fa il vino, come il mio amico Enzo (Prof. Enzo Benucci Presidente Castelli del Grevepesa), sa benissimo che significa l’impacchettamento, la confezione. Significa il 60% del successo di un prodotto. Noi in Toscana imbottigliavamo nei fiaschi, cioè mettevamo il vino nei fiaschi o nelle botti grandi, che sciaguattavano durante il viaggio. I francesi lo mettono dentro le bottiglie.

E già dopo l ’incendio di Londra si apre un ristorante come la cantinetta Antinori e ad aprirlo chi è? È il più grande produttore di vino di Bordeaux, della zona intorno a Bordeaux nonché governatore, nonché commerciante. È lui, il figlio suo, che apre questa taverna, dove si mangia come questa sera da te, con cibi alla francese e più che altro il Claret imbottigliato, vino rosso, trasparente, imbottigliato con il marchio del produttore.

Questa roba qui l ’ha scritta uno storico americano che è stato per 6 anni nell’archivio di Londra a studiare la faccenda dell’importazione dei vini dall’Europa. Il suo libro l’ha venduto attraverso Amazon, me l’hanno regalato forse i miei figli, ma io l’avevo visto prima in rete, perché i libri si fanno per venderli, mentre in Italia si fanno per vincere i concorsi, per farci una montagna di seghe, ma non per fare un prodotto industriale. Il libro è un prodotto e quindi che cosa succede? Questo storico ha incassato un sacco di soldi con questo libro sul vino, facendo a esca come nella pesca: ha mandato prima l ’introduzione, poi qualche capitolo, poi qualche dato statistico, sicché lo appresi da lì e dico: “Ora lo frego, il libro non lo compro!”  Poi me lo hanno regalato, l’hanno pagato credo una ottanta-novanta euro. Comunque ritornando a noi, che cosa succede? Perché c’è un nesso con la nostra storia del Chianti? Un nesso strettissimo perché ad un certo punto Cosimo III e la commissione che era stata istituita per il commercio e, in particolare, per il commercio dei grani, che aveva come uomo di punta un Antinori, che di vino se ne intendeva, ha capito una cosa fondamentale: bisognava intanto garantire la qualità. Garantire la qualità dei vini toscani. Per farlo bisognava selezionare le zone di produzione, e voi sapete che cosa successe? Che serviva i famosi decreti del 1716 che sono i primi al mondo che identificano le Doc, fatti da Cosimo III dei Medici che passa per un bigotto, in realtà era un tipo straordinariamente fecondo, una mente feconda, culturalmente fecondo. Aveva anche un po’ di fede bigotta, ma siamo alla fine del ‘600 ragazzi eh!? Quindi applicare questo concetto oggi al bigottismo oppure applicarlo perché sono arrivati i Lorena che sono anticlericali, è un giochino troppo facile. In realtà è stato rivalutato perché prende un sacco di provvedimenti, come questo sul vino, che erano eccezionali. Perché per lungimiranza, il Chianti diventa uno dei famosi quattro vini più protetti da quella Doc che viene stabilita per la prima volta nel mondo, superando anche i francesi. Qual è l’inconveniente che abbiamo? La Toscana è un piccolo stato, la Toscana c’ha un porto che si chiama Livorno, la Francia c’ha un porto che si chiama Bordeaux. Se voi fate partire una nave da Livorno per andare verso il nord o verso le colonie (che ormai bevono vino), deve passare per lo stretto di Gibilterra. Pensate che gli storici non si erano accorti di una cosa fondamentale, perché mica penserete che le cose le sanno tutti, oppure che si sa senza studiare. Ogni giorno ne scopri una. Non si passava per lo stretto di Gibilterra, e perché? Perché c’era la guerra di successione spagnola e la rocca di Gibilterra sotto assedio dagli inglesi, che poi finita la guerra se ne impossesseranno e controlleranno anche l’accesso del Mediterraneo, oltre che gli altri mari.

Quindi di lì non si può passare. Perché per circa 7-8 anni c’è un assedio, c’è uno scontro navale fra francesi e inglesi; e quindi anche volendo il vino toscano difficilmente avrebbe potuto raggiungere l’Inghilterra, e poi c’era l’altro inconveniente che subito si manifestò, cioè l’impacchettamento, il confezionamento.

I vini toscani per quanto di qualità potevano essere pari ai Claret, quelli del Chianti in particolare, poi c’erano altri vini come voi sapete, nel famoso documento degli Editti del 1716, ci sono altri 4 vini ma il principale è il Chianti. Il problema era il trasporto. E per il trasporto noi non avevamo ancora trovato la soluzione. Si faceva il trasporto sul fiasco. Il fiasco per non prendere aria, veniva incappucciato e con l’olio veniva evitato il contatto con l’aria, ma si emulsionava nel viaggio. E quindi i vini perdevano, o si insaporivano.

Immediatamente la disputa dei favorevoli e dei contrari. Si dibatte per circa 15 anni la questione all’Accademia dei Georgofili, e naturalmente ci sono i puristi, i conservatori, il km zero, l’ecologia, la bellezza del fiasco…tutte le cose…le puttanate del mondo sono sempre…gli uomini sono sempre attaccati. Il fiasco aveva un vetro leggero e il vetro leggero nonostante che fosse rivestito era sottoposto a infrangersi. Più che altro non reggeva il tappo. Il tappo. Perché il segreto dei francesi non era solo la bottiglia, ma era anche il tappo, cioè il tappo di sughero. Pensate che noi in Toscana non lo producevamo, ma c’era la Sardegna che qui vicino lo produceva. I francesi infatti dove vanno a pigliarlo? In Portogallo anzi per essere più precisi gli inglesi.

Perché sono gli inglesi che fanno la bontà e la forza del vino francese. Sono gli inglesi che fanno le bottiglie, perché hanno una maggior consistenza nel carbone che deve fondere per fare la pasta del vetro.

Noi in Europa continentale non avevamo i carboni potenti come quelli inglesi e quindi i carboni inglesi mandano a fusione di più e le bottiglie fatte da loro scure impediscono che i raggi, il colore, il chiarore del sole entri dentro la bottiglia e alteri il vino. Perché il vino è vivo, ma altra cosa sono i tappi, e i tappi sono sempre gli inglesi a procurarli dal Belgio e a metterli sopra, così come sono sempre in inglese disegnare lo Champagne. Lo Champagne che ha una bottiglia vi ricorderete diversa dalla Bordolese. È sempre bella panciuta, sembra una monaca, no? Ma è molto più robusta ancora di quella Bordolese. Ci ha il culo sotto rinforzato e tutte e due le bottiglie, sia quella dello champagne e sia la bordolese, hanno il collo rinforzato per mettere il tappo a pressione. E siccome non basta se si vuole poi fare un vino Mussè aggiungendo e lo fanno gli inglesi eh… non i francesi. Lo fanno gli inglesi aggiungendo la melassa e aggiungendo il rum, che riattivava la fermentazione, veniva imbottigliata in modo che poi potesse esplodere, era il vino della seduzione. Le donne ci andavano pazze e gli uomini più pazzi delle donne perché col tre bicchieri di quello lì le donne…

Quindi, pensate, il vino bianco che diventerà champagne lo fa un frate: Dom Perignon.

Doveva essere un vino rigoroso, bianco, secco. Gli inglesi ci infilano dentro la melassa e il rum e lo riattivano, diventa spumante e fa il successo di quel vino con quel tappo. Sapete quando noi arriveremo al tappo? 100 e oltre anni dopo. Quando un signore che si chiamava Vittorio degli Albizi, qui a Pontassieve, decide di adottare il sistema dell’imbottigliamento e il sistema dei tappi. Perché Vittorio degli Albizi usa questo sistema? Perché veniva dalla Francia, la sua famiglia era scappata al tempo dei Medici, perché erano antagonisti dei Medici, e però siccome i fiorentini sono geniali, erano ricchi, erano ben piazzati, si sposa con la bella signora francese ricca, gli porta in dote un castello nel Medoc, nel cuore della produzione francese, e Vittorio viene in Toscana perché il ramo fiorentino della famiglia è estinto. Lui e la sorella Leonia vengono a Firenze. E ci rimangono stabilmente dal 1860, al momento dell’unità d’Italia.

Lui ha poco più che vent’anni, Vittorio, mi dilungo su di lui perché è un genio del vino. Ha capito la differenza che c’è e si rende conto che l’Italia e la Toscana non può rimanere inferiore alla Francia nella produzione dei vini, perché c’ha il terreno, c’ha il clima c’ha i vitigni e se non gli basta dei suoi, può prendere quelli francesi a maturazione precoce, perché in altura vengono meglio i vitigni francesi, e comincia a predicare a destra e a manca, finché Georgofili lo ascoltano che bisogna cambiare tutta la vitivinicoltura Toscana e quella italiana.

Al momento in cui lui fa questa osservazione, siamo nel 1866 all’Accademia dei Georgofili, lui dice semplicemente questo, porta un dato: “l’Italia esporta 350.000 ettolitri di vino. La Francia 3 milioni e mezzo di ettolitri di vino”.

Voi capite che con questa denuncia o ci si dà una mossa o poi, siccome ci vuole sempre un po’ di fortuna che succederà? Che di lì a poco, lui verrà accusato di aver portato la fillossera in Toscana. Aveva portato i vitigni, può darsi pure. Ma certo è una cosa che la fillossera in Francia, fece strage. 40% della produzione francese negli anni 70-80 crolla. La Francia è costretta a importare i vini da taglio dalle Puglie dalla Sardegna e dall’Algeria che aveva appena conquistato da pochi anni. E che cosa succede? Che i vini di qualità francesi vanno sul mercato con più difficoltà, perché la produzione è venuta meno.

Chi sarà a surrogare questi vini di qualità? Saranno prima di tutto il Chianti dei Di Brolio, il Chianti di Ricasoli che farà commerciare i suoi vini da Cirio. E poi di lì a poco, il Chianti italiano diventa famoso lo producono dappertutto. C’è il Chianti siciliano, nell’Etna, c’è il Chianti del Vesuvio, il Chianti lo fanno dappertutto, risultato è che si sputtana la possibilità di avere un vino di alta qualità, che entri nei mercati che contano perché non è affidabile.

E quindi, nel tornante di fine secolo, noi abbiamo una produzione che sta crescendo, una qualità che migliora, ma non riusciamo a controllare la qualità. Mentre in quegli stessi anni all’inizio del ‘900 la Francia comincia a fare gli Chateau e gli Chateau cominciano a fare, insieme ai commercianti, il controllo dei vini a denominazione. Loro lo fanno allora, noi ci impiegheremo trent’anni per avere le prime denominazioni con il consorzio dei Chianti. Il Chianti ha un destino incredibile perché, nonostante il fascismo, non riesce a mettere d’accordo i produttori fiorentini con quelli senesi. Che si scannano regolarmente.

Ma la storia sta per finire, come avete capito, e finisce col fatto che l’Italia diventa ormai il secondo produttore al mondo, dietro la Francia. E dopo la seconda guerra mondiale con i vini che descrivevi te, con quelli in quegli anni lì, l’Italia arriva a dominare sul mercato dei grandi vini piazzando (sono gli americani che fanno le classifiche eh), piazzando nelle riviste americane che classificano i vini, i vini Tignanello, di cui parlavi te, poi verrà il Sassicaia e tirano su tutti gli altri vini italiani che come qualità ormai fanno concorrenza. C’è una differenza: noi oggi siamo i più grandi esportatori al mondo di vino, ma voi lo sapete bene, non vi devo insegnare niente, e dovreste sapere che la Francia esporta meno vini di noi oggi, ma ha un valsente di circa 3-4 volte superiore, però che cosa è successo negli ultimi anni? Che il Vin mousseux nostro, i famosi pinot, che servono molto i giovani in giro per il mondo, costano anche poco, i vini prosecchi sono in grado di fare per quantità e ora anche per valsente, moltissima concorrenza ai francesi.

I quali francesi si salvano ancora una volta perché hanno saputo creare intorno ai loro vini una leggenda. Quella leggenda che costruiscono attraverso 17 cattedre dell’insegnamento della storia della vite e del vino, e investendo una montagna di soldi a Bordeaux, per creare una cattedra UNESCO per l’insegnamento della storia e la ricerca sulla vite e sul vino, che noi non riusciamo. Noi ci accontentiamo di un monumento, di un villaggio, sapete che cos’è diventato oggi? Andatevene in rete a guardare il cos’è la cattedra della vite e del vino di Bordeaux, andate a vedere che cos’è, è un impero! Domina tutto il mondo del vino a livello mondiale.

Perché? Perché loro hanno capito che insieme al vino bisogna vendere i territori, le tradizioni, i paesaggi e le storie. Come fate stasera. Come si fa quì stasera. In Italia quante cattedre del vino ci sono? Lo volete sapere? Nemmeno una. No, nemmeno una. Io ho preparato un giovinotto che ha scritto quel libro della cooperativa, lui si presentò a Bologna, aveva già il titoli per potersi presentare a un concorso di ricercatore, gli dissero: “Ma a noi  la storia del vino a Bologna non ci serve“. Ma questo deve farci capire qualcosa! Che siamo un paese che non sa vendere se stesso e i propri prodotti, mentre abbiamo un sacco di gente intelligente che lavora nel mondo nel vino e, per fortuna, è riuscita a tenere queste posizioni, però se le si voglia mantenere bisogna che intorno al vino si costruisca questo insieme di fattori culturali di identità e di storie e anche di ricerca, per dio, perché poi vuol dire ricercare le cose che sono fondamentali per poter fare il vino che è un prodotto di lusso, è un prodotto della fantasia dell ’uomo. Si beve più con la testa che con tutto il resto. Quindi bisogna creare identità e cultura intorno al vino. E questa è una serata di questo tipo.

Ci sarebbe un ’ultima pillolina di grande saggezza che è un libricino, ora non so se ce l’hai, è un libriccino di un uomo dei secoli bui, lui è nato esattamente 1000 anni fa, è nato nel…Eccolo qui, Michele Psello. È nato nel 1018. Questo qui, nel giro di pochissimo tempo diventa prima giudice poi diventa filosofo, con l ’insegnamento di filosofia proprio a Bisanzio, e poi medico.

È un uomo dal multiforme ingegno. Questo libriccino che è uscito a Firenze proprio pochi giorni fa, si intitola “L’encomio del vino“, Laus vini, è un piccolo capolavoro insomma ovviamente la lettura di questo piccolo libro bisogna che la prendiamo calma, cioè se noi prendiamo la fretta qui non ci si capisce niente, va letto con calma.

E ’ un piccolo libro che però contiene delle cose formidabili. Allora lui scrive questo Laus Vini esattamente nello stesso momento in cui a Bisanzio c’è una delegazione di teologi che viene da Roma e si confronta con un ’altra delegazione di teologi che sono a Bisanzio per convergere, trovare un compromesso sulle liturgie. Pensate che i due imperi, e mentre avveniva questo il mondo islamico stava crescendo intorno eh, stringendo e crescendo, avevano tutto l’interesse, tant’è vero che sul piano politico l ’imperatore Ottone III manda sposa sua figlia con il figlio dell’imperatore di Bisanzio. Quindi la politica ci mette del suo per arrivare a un accordo, ma i teologi sono teologi. Mentre Psello scrive questo libretto, vi dirò come finisce, questi si stanno scannando su due cose, sulla quaestio de filio, cioè se il figlio viene nella sequenza Padre, Figlio e Spirito Santo, oppure il Figlio ha una natura diversa dal Padre e dallo Spirito Santo. Discussione infinita non componibile e men che meno componibile quella sulle ostie. Qui la delegazione latina sostiene le ostie del pane lievitato, quindi una forma di pane come quella che avete, si toglie un morso, quella è l’ostia. Attenzione, è lievitato! Quella è il corpo di Cristo, per Bisanzio, invece, il pane è azzimo perché non deve essere consustanziale a tutto il resto. Come nella questione del Figlio anche nell’ostia non si doveva avere il corpo di Cristo, ma una similitudine del corpo.

Mentre il pane per noi è il corpo di Cristo. Ebbene mentre questi fanno tutto questo scannamento, lo sapete come finisce l ’encomio del vino, che non vi sto a raccontare di Psello che è delizioso, perché Psello ha guarito un suo grande cliente, un notabile, da un mal di denti   e questo gli regala degli otri di vino, dei contenitori di vino molto grossi. Tre gliene regala. E questo vino è fantastico! Sicchè lui arriva a casa, c’è il pranzo e prepara, è lì che si prepara come noi stasera a mangiare. Senonché arriva un suo conoscente, che lui descrive proprio in questo libretto, dice “di facile eloquio e non astemio“.  Sicchè arriva all’ora di pranzo e lo fa accomodare, è educato e lo fa accomodare. Questo qui comincia a bere, il cibo non gli importa, ma comincia a bere uno, due, tre e dopo i tre, quattro gozzi che beveva, comincia a saltare per aria e a cantare, a dare in escandescenze e dice “sembrava invasato di Bacco“.

E di lì viene la riflessione di Psello e dice: “Ma la colpa è del vino? No, la colpa è sua perché più io bevo e non mi ubriaco. Quindi il vino non ha colpa, così come il fuoco non ha colpa se te ti bruci una mano“.  State attenti, state attenti perché questo è un principio che affonda le sue radici nella cultura greca, latina e cristiana. Cioè i limiti dell’uomo e il controllo di sé. Così finisce: “Non il vino deve essere rifiutato, quanto piuttosto l’intemperanza, nella consapevolezza che per tutte le cose la migliore è la misura, e la peggiore parimenti in tutto sia l’eccesso che il difetto“. Dice queste cose mentre quelli si scannano sulla questione del Filio e sul pane azzimo o lievitato. E quindi io, recensendolo, ho scritto:”meditate cristianuzzi, meditate!”

Prima puntata
Seconda puntata

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

3 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 5 anni fa - Link

Articolo interessante, ma però sommessamente vorrei fare notare che qualche leggenda l’abbIamo creata pure noi qui in Italia. Tipo il Brunello. E che magari, anche se non abbiamo cattedre universitarie che la insegnano, anche noi usiamo la storia del vino, il territorio e i relativi miti. Direi anche piuttosto bene.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

Su scala globale niente di paragonabile a Bordeaux ma è comunque notevole quanto ha fatto Montalcino in pochissimo tempo, sono d'accordo

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Tutti e tre davvero interessanti. Grazie! Ma vale la pena ascoltare i racconti dai video più ancora che leggerli.

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