Wine Without Walls, i vini naturali di Vinitaly in un concorso a sé

Wine Without Walls, i vini naturali di Vinitaly in un concorso a sé

di Jacopo Cossater

È da un po’ di tempo che mi interrogo sul senso, sul significato, di un concorso dedicato al solo mondo dei vini naturali. In particolare se questo viene organizzato a latere, come se fosse una sorta di spin-off, di uno più tradizionale, dedicato quindi a vini che potremmo definire (mi si passi il termine) come convenzionali.

Mi riferisco a 5 Star Wines, la selezione organizzata da Vinitaly che dal 2016 ha “superato” il precedente concorso enologico e le sue relative medaglie. Non una cosa poi così diversa, si tratta sempre di un concorso a cui è possibile partecipare versando una quota per ogni vino inviato, campione che viene poi giudicato da un panel piuttosto eterogeneo di esperti provenienti da un po’ tutto il mondo.

Una grande degustazione i cui migliori risultati – tutti i vini che superano la soglia psicologica dei 90/100 – vengono raccolti all’interno di una pubblicazione pensata e diffusa in occasione di Vinitaly. L’impressione è che si possa trattare di un interessante strumento di promozione specie sugli scaffali della GDO dove un bollino relativo a un premio di Vinitaly può fare la differenza agli occhi del consumatore meno accorto, attirando così la sua attenzione. Anzi, se negli scorsi anni avete partecipato a 5 Star Wines sentitevi liberi di riportare qui la vostra esperienza (tra l’altro da quello che leggo sul sito a tutte le cantine viene comunicato privatamente il risultato delle degustazioni anche in caso di punteggi inferiori, una questione di trasparenza).

A margine, negli stessi giorni in cui vengono assaggiati i vini partecipanti a 5 Star Wines, si tiene un concorso parallelo dedicato al solo mondo dei vini naturali: Wine Without Walls. In particolare, i vini che ogni cantina può candidare, sempre sottoscrivendo una certa quota, devono:

  • essere prodotti da uve certificate come biologiche o biodinamiche
  • non devono prevedere l’utilizzo di tecniche come “la micro-ossigenazione, l’osmosi inversa, la termovinificazione, concentrazione, capitalizzazione, PVPP, pastorizzazione, o aggiunta di enzimi pectolitici, DAP, diamine, acido ascorbico o acido sorbico”
  • essere prodotti a partire da fermentazioni spontanee, “senza il ricorso a lieviti estranei (esempio: preparati commerciali)”
  • non devono superare il limite di 50 mg/l di anidride solforosa

Un’iniziativa che si rivolge principalmente a quei produttori che a Vinitaly si raggruppano nello spazio che porta il nome di ViViT e a pochi altri sparsi in fiera un po’ a macchia di leopardo. Un concorso che immagino nasca per promuovere una tipologia di vini ancora non così conosciuta al grande pubblico, persone che magari hanno sentito parlare di vini naturali senza mai approfondire il tema e che in questo modo hanno la possibilità di avvicinarsi ad alcuni bicchieri con il rassicurante filtro di Vinitaly e della sua commissione di assaggio.

Un’idea insomma virtuosa, meritevole di attenzione. L’impressione è che però il rischio sia quello, per questi vini, di chiudersi all’interno di un recinto da cui potrebbe non essere poi così semplice uscire. Io per esempio ho sempre pensato che l’ambizione di ogni vignaiolo, naturale o meno, dovrebbe essere quella di produrre grande vini di territorio. Vini capace di competere con chiunque e quindi in grado di dimostrare – io credo di sì – che un vino naturale a parità di condizioni può essere potenzialmente sempre migliore di un vino prodotto in maniera (mi si passi il termine, e due) convenzionale.

Da una parte quindi l’importanza di portare al centro dell’agenda, anche durante Vinitaly, molti dei temi vicini ai produttori partecipanti a ViViT. Dall’altra il rischio che questo venga percepito come concorso di serie b, selezione tanto diversa quanto meno ambiziosa della prima. A meno che, certo, non siano gli stessi produttori di vino naturale a volersi distinguere in modo netto da tutti gli altri ponendosi come diversi e alternativi. Posizione tanto legittima quanto funzionale a Vinitaly: fiera che si è dimostrata particolarmente attenta alle esigenze di un mercato in veloce cambiamento, fiera capace di creare lo spazio del ViViT assecondando le esigenze dei produttori, fiera in grado di porsi oggi come possibile interlocutore istituzionale anche sul tema dei vini naturali.

[immagine: 5 Star Wines]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

2 Commenti

avatar

E.no.logo

circa 6 anni fa - Link

Il giorno in cui un laboratorio saprò distinguere i lieviti selezionati dai lieviti naturali che hanno permesso la fermentazione di un vino, allora potremmo parlare di questa cosa * essere prodotti a partire da fermentazioni spontanee, “senza il ricorso a lieviti estranei (esempio: preparati commerciali)”

Rispondi
avatar

Alessandra

circa 6 anni fa - Link

conoscevo un'azienda che faceva impianti di capitalizzazione e vendeva diamine....

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.