Vinitaly 2017 | Tutti gli assaggi sparsi della banda di Intravino

Vinitaly 2017 | Tutti gli assaggi sparsi della banda di Intravino

di Redazione

Il meglio del Top del Vinitaly o, perlomeno, gli assaggi che hanno lasciato i nostri editor a boccuccia aperta e occhietti sbarrati. La redazione dixit (in calce la firma di ognuno).

Non è facile fare la tara tra tutti gli assaggi fatti al Vinitaly, e decidere quale vino sia IL vino di cui parlare. Certo che il Basilisco Storico 2012 mi è entrato nel cuore. Mio padre mi ha cresciuta ripetendo che con la gentilezza e la fermezza, avrei ottenuto tutto quello che volevo dalla vita. Credo che siano queste due qualità proprie della produttrice, Viviana Malafarina, a rendere docile il Basilisco: un Aglianico del Vulture prodotto da una vigna di 85 anni di età, cresciuta con tenacia conficcandosi nel suolo vulcanico, per una produzione di 10 quintali per ettaro.

Pugno di ferro in guanto di velluto; Viviana produce un vino prezioso perché permette di chiudere in una bottiglia il poco che la vigna più vecchia è in grado di dare , addomesticando le spigolosità dell’Aglianico per permetterci di godere di un vino di grande equilibrio tra note balsamiche e frutto, potenza espressiva e lunghezza in bocca. Una specie di purosangue domato: il carattere rimane, ma il controllo ne arricchisce il valore.
Sara Boriosi


Due vini fatti coi piedi con il fattore comune della bevibilità.
Erbanno, Val Camonica. Enrico Togni Rebaioli pare il ramingo di Tolkien, inquieto e mai fermo. Fa e disfa mille cose, tra cui un vino rosato da erbanno (vitigno, biotipo di lambrusco Maestri) pigiato appunto coi piedini. Si chiama Martina, annata 2016; fermentazione spontanea con pied de cuve, pressatura diretta e nessuna macerazione, affinamento in barriques per un anno. Uscita prevista a ottobre. Cazzobuono. Sperare che il ramingo si fermi qui. Booked.

E poi arriva quella fase in cui scopri che i vini ossidativi con la ciccia sotto sono goduria rara e fanno il buco nel bicchiere. A Petrosino in provincia di Trapani stanno Pierpaolo e Beatriz, recall iberica in terra di Sicilia, che col Grillo Verde 2016 hanno messo in bottiglia una sorta di minimarsala senza concia, mostruosamente goloso. Da uve grillo in prevalenza e un saldo di circa il 30% di verdejo; pigiatura scalza, fermentazione spontanea, vinificazione a botti scolme. L’ azienda si chiama Dos Tierras. Il verdejo spagnolo stempera l’ esuberanza alcolica del grillo e contribuisce a conferire una spalla citrina ad un vino, nel suo genere, francamente irresistibile.
Giovanni Corazzol


Didacus Chardonnay 2014 Planeta. Dal cuore del vecchio vigneto piantato nel 1985 in contrada Ulmo a Sambuco di Sicilia, un distillato di aromi di Sicilia e freschezza mediterranea, ricco come un pomeriggio di primavera con i suoi profumi avvolgenti e rinfrescante come una brezza estiva sul far della sera, lime arance, acacia e timo, tocco di burro e nocciole , bocca fresca, sapida carnosa ma serrata e arcigna con tutto il tempo davanti a sè. Una sublimazione del concetto di #chardonnay in casa Planeta e un vino meraviglioso in senso assoluto.
Fonzone Fiano Irpinia Sequoia 2014. Una “superlativa cazzimma” (cit. Armando Castagno) che ha partorito un vino incredibile, nota agrumata netta, minerale e pietra macinata, nota da Chablis di acqua di mare, finezza senza essere crudo, cè estratto che riempie il palato senza mai stancare, acidità senza crudezza e di una giovinezza devastante.
Elisa Maeli Colli Euganei. Le vie del Moscato Giallo sembrano davvero infinite dal metodo ancestrale al passito passando per il “bianco infinito” 2015, versione secca sapida croccante e nervosissima che si risolve in una mare sapido gessoso in cui emergono struggenti note di anice e mandarino
Andrea Gori


Vigna Mazzì Salento Rosato 2015, Rosa del Golfo. Interessante lavorazione secondo metodo “a lacrima”, macerazione di 24 ore. Naso di fragola, frutta secca, melograno. Straordinaria persistenza e consistenza, decisamente sorpresa positiva
Aglianico Del Vulture Titolo 2014 Elena Fucci. Potenza ed eleganza. Naso ben complesso, fiori da bulbo, frutta matura, bella speziatura. Nota di cacao amaro in bocca. Pare che stia lavorando molto bene sulla sua unica etichetta.
Poi ottima scoperta l’angolino degli spumanti Lessini Durello di cui purtroppo ho perso gli appunti, ma mi hanno sorpreso in maniera positiva. Non ha deluso aspettative Frecciarossa 2010, il pinot nero di Giorgio Odero, armonico ed equilibrato.
Giorgio Michieletto


Riva Arsiglia 2015, Giovanni Menti. Dodici mesi in acciaio, solo lieviti indigeni, nessuna filtrazione, per una Garganega in purezza giocata su un brillante contraddittorio tra note agrumate e sentori che ai montanari come me ricordano l’odore dell’ardesia appena tagliata. La sapidità percorre sottotraccia tutta la degustazione, per emergere sul finale e depositarsi sulle labbra come una risacca gentile.
Nur 2015, La Distesa. Trebbiano, Malvasia, Verdicchio, con una macerazione che va da una settimana a dieci giorni e regala nel bicchiere uno splendido oro antico. Nur trascorre un anno in vecchie barrique. Questo passaggio aggiunge livelli a una complessità già importante che stratifica agrumi ingentiliti da leggere canditure, fiori secchi, nocciole, alcuni tocchi decisamente balsamici e altri vagamente austeri con riverberi di china. In chiusura ritornano gli agrumi, ma in una versione trasfigurata in chiave amaricante.
Graziano Nani


Distilleria Francesco a Santa Massenza – Vezzano. I Tommasi sono increduli per definizione, quindi torno a verificare da Francesco Poli: la grappa più affascinante del Vinitaly 2016 non era stata un sogno, altroché. L’innocente Nosiola trentina sottoposta alla trasfigurazione dell’alambicco riempie di nuovo il calice di voluttà celestiali.
Maxentia – Vezzano. Il borgo dei grappaioli si fa concorrenza in famiglia: cinque Poli, tutti di Santa Massenza, nell’amena Valle dei Laghi. Enzo Poli offre grappa di Nosiola non meno sublime; finezza e profondità con effluvi di rosa. Da dove provengano, me lo domando ancora adesso. Misteri alchemici.
Giovanni Dri Il Roncat – Ramandolo. La buona grappa friulana si dona meno facilmente della trentina: come una femmina vissuta e cosciente della propria avvenenza, le devi fare la corte, prima che ti si conceda. Ma quando viene il momento, il suo abbraccio sarà serrato e focoso. La grappa di Ramandolo di Giovanni Dri è così: sembra violentarti le narici, forte del suo alcool a 55°, ma ti fa intuire di che è capace. Osservala, annusala: ti respingerà sdegnosa. Sii paziente, falla parlare, coccolala: solo allora si abbandonerà al bacio, e sarà tutto armonia.
Thomas Pennazzi


Per me la classifica è quella cosa che mette in lista i vini da comprare in ordine di insopprimibile voglia. Per cui ecco: Barolo 2011 di Giorgio Scarzello. Perché va bene la profondità, le spezie, la complessità e insomma la barolitudine austera, tutte componenti che qui ci sono con abbondanza. Però poi c’è quel bum di bontà in bocca, un po’ indicibile in quanto spiazzante, cioè quasi intimorisce la perfezione bilanciata di questo nebbiolo, che si infila dritto e inamovibile tra i vini che non si dimenticano. Intorno ai 35 euro in enoteca, secondo me l’affare del millennio. Poi di seguito, c’è il Pinot Bianco Flowers 2015 di Von Blumen, un altoatesino che passa 8/10 mesi in botte grande e se ne esce bel bello ad esibire sontuosità e lunghezza, importante ma non lo fa pesare, con un finale da pasticceria che lo rende simpy. Per coerenza è importante pure il prezzo, sui 20.
Fiorenzo Sartore


Un trailer più che un assaggio o, se preferite, un aperitivo della recensione che verrà, ché dei vini di Beniamino d’Agostino bisognerà parlarne a breve: intanto mi bevo questo sontuoso Gravina Dop 2016 Poderi D’Agostino, 60% greco e 40% malvasia, un bianco che si abbina benissimo alle chiacchiere di quelli che “la Puglia è terra di vini rossi”. Bacco, perdona loro perché non sanno cosa si perdono!
Antonio Tomacelli


“Al Scur” di Ferretti vini, un Lambrusco fatto con attenzione dalla giovanissima enologa Denise. Metodo ancestrale con soli lieviti indigeni per un Lambrusco che, nobilitato dalla bottiglia, non perde quel bel “selvatico” che la sua uva pretende, con frutto scuro e la sua bella lunghezza in bocca.. Un sorso e già hai in mente una bella mortadella d’asino, un cotechino o, cambiando regione, un po’ di ciauscolo.
Andrea Troiani

1 Commento

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Tom

circa 7 anni fa - Link

Curiosissimo del Nur 2015! E invece qualcuno di voi è passato a ViniVeri/Vinnatur quest'anno?

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