Vinestesie pensando a Mamma Roma

Vinestesie pensando a Mamma Roma

di Federica Benazizi

Oggi lavoro ancora con le “vinestesìe”. Nel frattempo ci sono state conversazioni interessanti sul fine di tutto ciò, del tipo:

  • – Dove vuoi arrivare?
  • – Sai cos’è il Seatalk? È un linguaggio nautico utilizzato per obiettivi di navigazione e sicurezza marittima. Tipo: se io sono italiano e incontro un turco in mare dobbiamo poter comunicare in maniera precisa. Mica possiamo rischiare di fare un incidente?

Guarda che guidare un motoscafo o una barchetta è una cosa pericolosa.

  • – E che c’entra col vino???
  • – C’entra eccome. Se tu mi chiedi di consigliarti un vino e mi dici voglio un vino bianco, italiano, secco e sapido mica mi hai aiutato a evità uno scoglio. Non mi hai aiutato per un cazzo. Io sono in alto mare.

Quello che voglio dire è che descrivere un vino mica è una cosa così rischiosa che se sbagliamo muoriamo.

Quindi tanto vale allargare i limiti del nostro linguaggio perché sennò, alla fine, usiamo le solite 20/30 parole per comunicare UNA CEPPA. E non avremo MAI il vino che desideriamo né saremo in grado di farci capire dagli altri.

“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.” Disse Wittgenstein. E non rischiamo nulla, al massimo non ci capiscono come non ci capivano anche prima.

Anche se prima sembravamo persone serie che hanno fatto il corso di Sommelier.

Ieri mi è capitato di scambiare due parole con un ragazzo che lavora come me in enoteca. Lui fa altro. Scrive e si interessa di Cinema.

  • – Vorrei capire di più il vino ma non penso di voler fare un investimento per un corso da Sommelier. Non è quello che voglio fare.
  • – Ok, qual’è il tuo regista preferito?
  • – Pasolini.
  • – Ok assaggia questi due vini.
  • – Questo è più simile a Mamma Roma (1962).

Guardalo: dal colore e dall’uva con cui è fatto sembra proprio un vino dei Castelli. È un po’ sgraziato ma è buono e luminoso, un po’ come la risata di Anna Magnani.

Questo rosso francese,  invece, somiglia alle 120 giornate di Sodoma (1976).

Parte silenzioso, non si fa capire bene, i profumi sono delicatissimi e coperti da una leggera volatile. Poi quando lo bevi è buono, ma non è proprio quello che ti aspetti. Ti inquieta un po’ e non capisci il perché.

  • – Forse perché è fatto male.
  • – E invece è proprio così.

Usciamo un po’ da noi stessi e dalle categorie che ci sono state inculcate. Le uniche che ora crediamo possibili.

Ogni tanto, obblighiamoci a contraddirci per evitare di conformarci al nostro stesso gusto. (Marchel Duchamp)

Dopotutto, il vino non è che un gioco.

A rose is a rose is a Rosé // Tre Vinestesìe su tre Rosé


Vinestesia #1


Playground Love, Air (2000)

Rosé Osé, 2017, Fattoria Mani di Luna.


Vinestesia #2


Yama yama, Daniel Vangarde & Jean Kluger (1971)

Harusame, 2016, Casé, (frizzante).


Vinestesia #3


The Trip, Still Corners (2013)

Ombra di Rosa, 2016, Castelperso.

9 Commenti

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Bella l’idea, interessante - come il precedente - l’articolo di Benazizi. Continuo però ad avere delle perplessità. Sinestesici si nasce, non si diventa, malgrado scuole di pensiero affermino una certa possibilità di diventarlo con l’esercizio; ma al momento sono fra coloro che ritengono che non si possa imparare - se già non lo fai in automatico - a percepire il gusto di qualcosa come un colore, o un suono, un’immagine o quant’altro. La cosa è affascinante, ma sarebbe come spiegare il rosso ad una persona cieca dalla nascita. Inoltre le sinestesie cambiano da persona a persona e se già è praticamente impossibile determinare univocamente per tutti il/un gusto, poiché non è un descrittore misurabile, malgrado tutti si parta da un mezzo comune (le papille gustative), come posso quindi comprendere - e soprattutto, se sinestetico, essere certo che gli altri comprendano (sinestetici o meno che siano) le associazioni che faccio? O che le possano ritenere coerenti? Se rimaniamo nell’ambito del racconto, trovo il tutto interessante, romantico, divertente; ma qual è la direzione? Quale il “traguardo”? Vorrei sbagliarmi, ma non ritengo si possa insegnare a percepire “il barolo blu” o il “sangiovese verde acido” o che il tal “pinot nero sia the eternal sunshine of the spotless mind“ mentre il tal “poully-fuisse sia il favoloso mondo di Amélie”. ...e due persone con lo stesso tipo di sinestesia, a parità di vino, percepiranno lo stesso colore? Lo stesso film?

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Franco

circa 5 anni fa - Link

Buongiorno Federica, desideravo fare una domanda un po' stupida... Le percezioni dei degustatori-ascoltatori davanti allo stesso vino e video/musica, sono poi simili? Ovvero, per poter "percepire" quello che hai sentito tu, bevendo quei vini e ascoltando/vedendo quella musica... occorre o non occorre essere al tuo stesso livello di "competenza"(enologica e musicale) ? Perchè difficilmente davanti allo stesso vino a me verrebbe di abbinarne un "Mamma Roma", salvo che lo conosca e la mia sensibilità lo associ alle sensazioni che procura il vino... Quello che mi sembra di percepire è che le percezioni siano diverse anche davanti algli stessi input e che ci sia anche una componente "competenza" che interviene in sede di abbinamento... mi viene in mente Gino Stefani sulla percezione musicale

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FEDERICA BENAZIZI

circa 5 anni fa - Link

Ciao Marco, sicuramente non credo di poter "diventare" sinestetica!:D Si tratta semplicemente per me di giocare con tipi di sensibilità diversi. E anche con mondi diversi (La musica/il cinema). Sperimentiamo questi mondi attraverso i sensi ma anche attraverso le emozioni che provocano in noi. E l'esperienza del vino è molto simile. Quindi perché io non posso, considerando la singolarità del mio interlocutore, prendere a prestito dal mondo che lui conosce degli strumenti per descrivergli il mio? Certo, questo dipende anche dal fatto che io abbia delle conoscenze di partenza (Per esempio non avrei potuto usare film di Pasolini che non conosco) ma il mio obiettivo è trovare il modo per comunicare l'aspetto sensibile del vino (il suo guscio) ma anche l'interno (il suo fantasma?).

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Esatto, quello che immaginavo. È un modo diverso di rapportare le cose, divertente, affascinante e che si presta a narrazione. E come in tutti gli ambiti, maggiore è conoscenza, migliore è la comunicazione, il racconto, l’esperienza. Ben vengano queste cose. :)

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FEDERICA BENAZIZI

circa 5 anni fa - Link

Per Franco, Sicuramente le associazioni che ho fatto sono soggettive, anche se sarebbe carino trovare qualcuno che ha bevuto uno di quei vini per sentire la sua opinione! (Magari se smette di piovere qualcuno prima o poi berrà un Rosè) Le domande non sono mai stupide :) Forse quello che sto auspicando attraverso questi tentativi di descrizione "vinestesica" è sicuramente un ritorno al pescare dalla propria soggettività come base per la comunicazione dell'esperienza del vino. In questo caso, quando parlo con il mio amico, io utilizzo la mia soggettività imbrigliandola nel suo universo. Ignoro chi sia Gino Stefani ora goooglo :)

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Paolo A.

circa 5 anni fa - Link

Oddio un vino che rimanda a Salò o le 120 giornate di Sodoma non lo prenderei come un complimento. Sarà un riferimento al sentore di "merde de poule" tanto caro ad alcuni pinot di Borgogna?

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Sig. Paolo, lei dice? Io, fossi un produttore di vino, e Benazizi associasse il mio prodotto ad un film, forse sarei più offeso se lo paragonasse ad un cinepanettone, che non alle 120 giornate. Pasolini/De Sade vs. Vanzina/Boldi/De Sica? A lei piacerebbe essere sinestesicamente associato a frasi tipo... “Un uomo, per essere veramente felice in questo mondo, non solo deve darsi a tutti i vizi ma mai permettersi alcuna virtù” “La felicità non consiste nel godimento, bensì nel desiderio, anzi nell’infrangere i freni opposti al desiderio.” ...oppure a: “Ivana, fai ballare l'occhio sul tick! Via della Spiga - hotel Cristallo di Cortina 2h 54' 27"! Alboreto is nothing!!!” “Ma questa non è Las Vegas, è Las Sfigas” Non so lei...io ho già scelto :)

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Paolo A.

circa 5 anni fa - Link

La mia era solo una battuta, riferita al fatto che il film è diviso in 4 parti e una si chiama testualmente "Girone della m...a" e tratta approfonditamente dell'aspetto gastronomico di tale materia. Se hai visto il film sai di cosa parlo.

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Sono contento sia stata una battuta...ma a leggere il commento, non sembrava. 😉

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