Villa Saletta, il vino toscano dal 980 d.c.

Villa Saletta, il vino toscano dal 980 d.c.

di Sabrina Somigli

La tenuta di Villa Saletta è situata nel comune di Palaia, in Valdera, quella parte della provincia di Pisa che da Pontedera si apre verso sud lungo il corso del fiume Era. 720 ettari tra olivete, boschi seminativi e vigne, casali e un piccolo borgo omonimo dal quale l’azienda prende il nome. Dal 2000 la proprietà è stata acquistata dalla famiglia inglese Hand, già proprietaria in patria della catena di resort Hand Picked.

La tenuta risale al 1300, quando la famiglia Gambacorta ne consolidò le proprietà terriere attorno al borgo. Nel 16° e 17° secolo fu la volta dei Riccardi, nota famiglia di banchieri fiorentina che ne fecero florida azienda agricola. Dalla fine dell’Ottocento, questo sistema di borghi e castelli testimone di una suddivisone e controllo del territorio di origine feudale si sgretola, crescono gli insediamenti urbani a valle e nel corso del Novecento con la fine della mezzadria arriva il definitivo abbandono di Villa Saletta, destino comune di molti altri borghi della zona.

Comunità che si disgregano, edifici che crollano, terreni abbandonati e ricchezze storiche che vanno perdute. Triste storia di paesi fantasma nota a molte regioni d’Italia. E mentre una Italia dei paesi scompare nell’abbandono, un’Italia dei borghi risorge, spesso grazie agli investimenti di famiglie e/o imprese straniere. E i borghi morenti di solito rinascono a 5 stelle extra lusso. Ne sono esempi Castelfalfi, Tonda in zona Montaione e il Castello di Casole d’Elsa, tanto per citarne alcuni nelle vicinanze.

E questo sarà il lieto futuro anche di Villa Saletta destinato a diventare resort di lusso con un intervento di 250 milioni di euro per il recupero anche dei casali sparsi nella tenuta, e lo sviluppo di un progetto di hospitality di alto livello che ruoterà intorno al vino e all’agricoltura. Progetto già partito e 60 milioni già spesi per l’acquisto e per parte dei lavori stabiliti per convenzione comunale, a favore dell’intera comunità di Palaia. Lavori che dovrebbero completarsi in pochi anni, salvo intoppi da burocrazia nostrale sempre in agguato.

Ma veniamo al vino.

Sono attualmente 17 gli ettari in produzione coltivati a sangiovese, cabernet sauvignon, franc e merlot.

Vigneti per la maggior parte ritagliati nel bosco e nelle aree di crinale della collina, con altezze che non superano i 300m slm. Bosco misto a quercia, leccio e cerro, con qualche esemplare di conifera nelle parti più alte. Non mancano pini marittimi qua e là, perché a 30 km in linea d’aria siamo sulla costa, sugli scogli di Calafuria e Quercianella. E la brezza del mare qui arriva e si fa sentire: qui il vento è costante nonostante le altezze modeste delle colline pisane.

Circa 100.000 le bottiglie prodotte, distribuite in 7 etichette, destinate pressoché interamente al mercato straniero. Almeno per ora.

All’assaggio si rivelano vini materici, con grande estratto, figli di un territorio piuttosto caldo e di terreni argillosi e profondi; vini che sono uniti da tratti comuni che esulano dal vitigno: l’apparente rotondità all’ingresso in bocca, data forse dalla ricchezza di struttura si risolve in tutti, ciascuno a suo modo, con un finale molto vivo e scoppiettante in bocca dovuto credo alla spiccata sapidità e in certi casi anche con sfumature al limite del piccante. E se spesso un buon vino è legato al ricordo che ti lascia in bocca, beh, un finale così vivace è una bella spinta a tenerli a mente.

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Chianti DOCG 2015
Il sangiovese incontra una piccola parte di cabernet sauvignon e merlot; l’intenzione è quella di andare verso una progressiva diminuzione della percentuale degli internazionali nell’uvaggio. Al momento il risultato è un Chianti concentrato nel colore e negli aromi, ma equilibrato tra frutto rosso e macchia mediterranea. Per metà elevato in barrique ne risente in sentori tostati abbastanza evidenti che tuttavia ben si fondono con il bouquet ricco e complesso.

Chiave di Saletta 2015
È il blend di tutti i vitigni coltivati, vinificati separatamente. Nell’immediato è stato il vino di più difficile lettura per me; naso nel complesso più scuro, cenni ematici e note di inchiostro e di pepe nero. Stessa sorta di austerità anche in bocca dove svela un finale piccante di pepe nero e un calore alcolico leggermente asciugante. Riassaggiato a qualche ora di distanza si è disteso, regalando più frutto da mirtillo a susina e una piacevole fragranza di ginepro molto London Dry Gin.

Il Saletta Riccardi 2015
Questo IGT 100% sangiovese stacca gli altri. Come se seguisse un suo pensiero e una sua strada. Non ne faccio un discorso di più o meno buono, stacca per personalità, grip acida e perché no, emozione. Come se il sangiovese volesse dire la sua nella sua terra e dare il meglio di sé in solitaria piuttosto che in squadra. Elegante anche nel colore appena più scarico, bella spinta sapida in bocca e balsamico finale. Figlio di un terreno più marnoso ricorda al gusto un sangiovese più ilcinese che pisano. E non è certo cattiva cosa!

Saletta Giulia 2015
Cabernet sauvignon e cabernet franc in fermentazione integrale in barrique. Ne risulta un vino molto floreale al naso di violetta e fresia, un vago ricordo di acqua di colonia che forse leggo in note di bergamotto molto raffinate; sentori vegetali di cabernet percepibili ma mai in evidenza. Tannino che si fa sentire e lungo finale tra cioccolata e liquirizia

980AD
Cabernet franc in purezza, da fermentazione integrale, imbottigliato solo in magnum: 980 esemplari dedicati alla prima testimonianza scritta di attività vinicola nella tenuta datata proprio 980 DC. Bello e solido, raffinato in questo finale di noce moscata e friggitello dolce che si aggrappa al palato tra piccantezza e aromaticità.

L’azienda produce anche uno spumante metodo classico da sangiovese e un rosato da sangiovese e merlot.

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Sabrina Somigli

Chiantigiana di nascita, microbiologa di formazione, poi sommelier e ristoratrice per vocazione. Raccolgo erbe spontanee e non è colpa della laurea in scienze agrarie; amo il vermouth liscio e il brodo caldo ma non per questo so sferruzzare a maglia. Mi sono appassionata al vino più o meno vent'anni fa, quando lavoravo in Tasmania; ci rido ancora pure io, tranquilli. Credo nel bevi e lascia bere e raccontane se vuoi, ma sii breve.

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