Viaggio tra le vigne del Jura: Jean Berthet-Bondet

Viaggio tra le vigne del Jura: Jean Berthet-Bondet

di Salvatore Agusta

L’estate è sempre il momento migliore per darsi all’esplorazione e anche io ho deciso di dedicare, a cavallo delle prime due settimane di giugno, un po’ di tempo per visitare qualche domanine in Francia. Partendo da Zurigo sono stato prima in Jura e successivamente in Borgogna.

In questo prima parte del mio resoconto di viaggio vi racconterò del domaine Berthet-Bondet, tralasciando le note generali sulla regione di riferimento che avevo già trattato in un mio precedente articolo.

Atterrato a Zurigo mi attendono alcuni amici che insieme a me faranno parte di questa piccola spedizione. Partiamo immediatamente per il département du Jura, arriveremo dopo poco meno di 3 ore d’auto. I paesaggi che si susseguono sono di un monocolore verde, si alternano i pascoli ai boschi sino a giungere a destinazione: Château-Chalon, una piccolissimo villaggio dal carattere medievale, considerato uno tra i borghi più belli di Francia e, in effetti, la vista davanti a me è semplicemente incantevole.

Siamo puntuali, alle 4 del pomeriggio arriviamo a destinazione e ad attenderci, affaccendato come un’ape operaia, troviamo un signore in salopette verde che gira freneticamente per gli spazi della tenuta. È Jean Berthet-Bondet, proprietario del domaine nonché principale artefice e direttore di tutte le operazioni.

La storia di Jean inizia nel 1984 quando insieme alla compagna Chantal si sono stabiliti a Château-Chalon. Va detto che entrambi erano all’inizio soltanto agronomi e che solo col tempo hanno maturato e imparato tutti i segreti della vinificazione, guidati da una forte passione (è proprio il caso di dirlo) che li ha portati a convertire al biologico tutte le operazioni in vigna, già a partire dal 2010.

Tra i 15 ettari di vigneti, la tenuta coltiva 4,5 ettari di savagnin in AOC Château-Chalon e nei restanti 10,5 ettari in AOC Côtes du Jura coltivano varietà bianche (chardonnay e savagnin) e vitigni a bacca rossa (trousseau, poulsard, pinot noir).

Le vigne sono geolocalizzate sulle colline di Château-Chalon e nei dintorni di Lavigny e Le Vernois. L’azienda produce tutti i vini del Jura in tutta la loro diversità, inclusi alcuni distillati tipici della zona (Marc de Franche Comté).

Durante la visita della bottaia, Jean ci illustra come vengono preparati i vini tipici di questa zona.

Il microclima e il tasso di umidità presenti nel locale sono attentamente monitorati e permettono la creazione di quel tipico sottile strato di lieviti (voile) che protegge il vino da una eccessiva ossidazione. Le botti sembrano molto vecchie; Jean afferma che “uno dei segreti principali per la vinificazione del vin Jaune è proprio quello di munirsi di botti solide e poco porose, che possano mantenersi bene nel tempo.”

Ci spostiamo nella sala delle degustazioni per assaggiare la sua selezione, ma ancora prima di cominciare ci mostra alcuni reperti trovati nel suolo, come conchiglie enormi e ossi di seppia. Ci racconta che un tempo qui arrivava il mare e che proprio questo aspetto contribuisce a rendere questo terroir unico.

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Cominciamo la degustazione con il suo Crémant de Jura. Non mostra alcun entusiasmo al riguardo, anzi lo snobba un po’ dicendo che comunque è il suo vino più venduto all’estero. Lo assaggiamo ed infatti non è male, anzi ottima acidità e una soffice cremosa spuma che lo rende irresistibile.

Proseguiamo con i vini e passiamo ai rossi, sì perché come molti di voi sapranno, è in uso in alcune zone della Francia cominciare le degustazioni con i rossi; così fanno in Alsazia, in Borgogna, nella Loira, nella Savoia e per l’appunto in Jura.

La Queue au Renard, AOC Cote de Jura 2016.
Si tratta del tipico uvaggio locale (50% pinot noir, 25% trousseau e 25% poulsard) con una breve macerazione (circa una settimana) e una maturazione in acciaio inox di 12 mesi. Prima di esser messo in commercio, il vino sosta per circa 3 mesi in cantina.

Trio, AOC Cote de Jura 2016.
Anche qui il tipico uvaggio, con una maggiore presenza di trousseau e poulsard (entrambi 40%) e la restante parte pinot noir. Metodo di vinificazione speculare al primo,

I due vini sono molto diversi seppur vicini nello stile. Mentre il primo risulta, con i suoi sentori di ciliegia appena raccolta e petali di rosa, esser molto etereo, delicato ed elegante, il secondo mostra un po’ più di carattere e struttura con sentori leggermente più decisi e una sapidità maggiore. Se il vostro palato predilige vini di corpo, questi non faranno al caso vostro, mentre se siete amanti della leggerezza e della delicatezza allora non fateveli scappare. I locali qui li bevono leggermente freddi (tra i 14 e i 16 gradi).

Proseguiamo la degustazione con i bianchi a vinificazione diciamo “internazionale” così come lui li presenta.

Savagnier, Cote de Jura 2016.
100% savagnin con una vinificazione a temperatura controllata e maturazione in acciaio inox.

Balanoz, Cote de Jura 2016.
100% chardonnay, con maturazione in rovere di cui solo in 15% nuovo e per un periodo di massimo 12 mesi.

Entrambi sono degli ottimi vini, con spiccata mineralità nel primo e note di frutta bianca e fiori di campo, mentre il secondo perde i sentori di frutta bianca e si sviluppa in un complesso bouquet di fiori di campo, in particolare di Lonicera, fiore molto diffuso anche dalle nostre parti e generato dal caprifoglio alpino. Leggere le note di legno che non intaccano minimamente l’armonia del vino, anzi l’arricchiscono.

Ad ogni modo, si tratta di un warm up, prima di entrare nel vivo della degustazione relativa ai vini prodotti con i metodi tradizionali del Jura. Le vigne che producono uva per i seguenti vini hanno dai 20 ai 30 anni di vita.

Tradition, AOC Cote de Jura 2014.
100% savagnin, la vinificazione inizia con fermentazione in vasche di acciaio inox e prosegue con l’affinamento di 2 anni, in botti di rovere di media grandezza, sotto il velo di lievito. In questa cornice avviene un invecchiamento con parziale ossidazione. Le botti vengono riempite un po’ più di 3/4, in modo da bilanciare la lieve evaporazione che previene la formazione del velo di lieviti. Non vengono operati ulteriori rabbocchi.

Questo diciamo che rappresenta l’entry level della vinificazione tradizionale del Jura, i sentori sono molto delicati e l’ossidazione viene definita dai locali come docile e non troppo intrusiva. Al naso primeggia la nota di mandorla fresca e un contorno di nocciola e noce moscata. Al palato risuona la prorompente acidità, il vino mantiene un’ottima freschezza e regala una esperienza molto equilibrata.

Potrebbe esser un ottimo aperitivo per le cene invernali, quando il menu prevede cibi grassi e carni stufate.

Savagnin, AOC Cotes de Jura 2012.
100% savagnin, anche qui il tutto ha inizio con una fermentazione in vasche di acciaio inox a temperatura controllata e prosegue con l’affinamento questa volta di almeno 3 anni in botti di rovere sotto il velo di lievito secondo la maestria della tecnica della maturazione per mezzo di ossidazione controllata.

I sentori sono largamente intensi e pesanti rispetto al Tradition. Un vino molto forte e strutturato con note di pasta di mandorla, gelsomino e nettare di vaniglia. Al palato è ricco tanto quanto seducente, con un sorprendente acidità che si scontra con quanto immaginato dopo aver odorato dentro il bicchiere. Dite quel che volete ma l’abbinamento di questo vino con il formaggio locale Comté è una delle cose più azzeccate dalla gastronomia transalpina.

Château-Chalon, AOC Château-Chalon 2010.
Sostanzialmente si tratta della versione super-pro del precedente vino, con un invecchiamento che dura per almeno 6 anni, senza rabbocchi, salvaguardando in modo scrupolosissimo l’habitat in cui si trovano le botti al fine di proteggere e garantire lunga vita al velo di lieviti all’interno delle citate botti. Sta in questo la chiave di tutto.

I sentori al naso quanto al palato sono di pasta di mandorla e blue cheese, con una chiara sfumatura di note terziarie che col tempo si vanno definendo sotto la protezione del velo di lieviti. Jean lo commenta in questo modo: “questo vino è la ragione per cui ho deciso di fare questo lavoro, la sua complessità e il suo sapore sono per me la più alta gratificazione”.

Rimaniamo tutti un po’ senza parole, è un bel messaggio perché conferma la passione di un uomo umile che con tanti sacrifici è riuscito a fare ciò che ama.

Vin de Paille, AOC Vin de Paille 2011
Terminiamo la degustazione con un’altra gemma tipica da queste parti. Il cd “vino di paglia”. Si tratta di un blend di chardonnay (40%), savagnin (40%) e poulsard (20%). La vinificazione si caratterizza per il tradizionale appassimento delle uve su tavoli fatti in abete per un periodo di circa 4 mesi, segue la fermentazione in acciaio inox, un primo affinamento in botti di rovere (circa 18 mesi) e un successivo passaggio in tini di acciaio inox per ulteriori 18 mesi.

Il vino che ne viene fuori è dolce e delicato, ma possiede una lieve vena di idrocarburi. Ha una longevità di 20, 25 anni e, sì, ne ho acquistato una bottiglia.

Da questa esperienza porto a casa la passione, lo sguardo e le parole di Jean che hanno colpito tutto il gruppo. Nei suoi racconti, nei gesti e nei sorrisi accennati ci sono valori che sfortunatamente stentano a resistere in un circuito di consumo che sempre più spesso privilegia il lato economico a quello esperienziale.

La Borgogna sarà l’esatto opposto di tutto ciò.

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

2 Commenti

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Andrea

circa 6 anni fa - Link

Ho assaggiato il suo Chateau Chalon perché riconosciuto come paradigmatico della denominazione. Sia il 2009 che il 2010...Ho provato a farmelo piacere, ma proprio non ci riesco. Per paradosso di tutta la regione ho apprezzato dei cotes du jura 100% chardonnay ( di altri produttori).

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Dani

circa 6 anni fa - Link

Jean Berthet-Bondet for president!

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