E venne il giorno memorabile del Dott. Giacosa Bruno: “Il più grande di tutti” (Angelo Gaja)
di Alessandro MorichettiIo Bruno Giacosa non lo avevo mai visto fisicamente ma mi sono commosso lo stesso. È stato qualcosa di epocale perché c’erano tutti, accorsi a celebrare un grande vecchio che Angelo Gaja, torrenziale, ha cristallizzato da inimitabile frontman qual è: “Giacosa Bruno è il più grande di tutti”. Le Langhe e l’Italia del vino applaudono questo nonno stanco ma nobile, fiero, silenzioso e umile, leggendario. E poi che cornice incredibile: mai visti così tanti monumenti di Langa al completo, mai.
È stata una lunga mattinata. L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Carlin Petrini in testa, ha fatto quello che nessuno aveva mai osato con Giulio Gambelli, altro autentico monumento del vino italiano: conferire una Laurea honoris causa a Bruno Giacosa. Tecnicamente, in Promozione e gestione del patrimonio gastronomico e turistico. Tante e condivisibili le motivazioni della laurea, la prima conferita dal giovane ateneo chiocciolato. L’opera di Giacosa incarna valori fondanti della struttura accademica presieduta da Carlo Petrini e il professor Nicola Perullo ha ripercorso i 3 principali: artigianalità, sentimento di comunità, imprenditorialità d’eccellenza. Il vinicultore Giacosa – così lo definì Luigi Veronelli recensendo un immortale Barbaresco Santo Stefano 1971 sulla rubrica “Il buon vino” del settimanale Panorama – incarna un mirabile esempio di “uomo artigiano” profondamente attaccato al luogo e ai suoi saperi, audace nell’affrontate già nei ’70 i mercati statunitense e tedesco ma sempre ostinato nell’affermare il valore artigiano del prodotto, per cui la qualità è condizione necessaria e di per sé sufficiente a guadagnare stima e apprezzamento.
“I primi profumi che ho sentito sono stati quelli del latte di mia mamma e del vino di mio nonno”, ha ricordato Giacosa per voce di Vittorio Manganelli, testimone storico del vino piemontese per anni in forza a Slow Food. Chissà cosa sarà passato nella mente di questo algido 83enne, apparentemente impassibile di fronte a così tanta gente accorsa per festeggiarlo. Tanti i passaggi toccanti della lectio magistralis: gli anni poveri dell’adolescenza, la decisione di tornare a produrre bottiglie, l’incontro fondamentale con Veronelli, l’appello accorato ai giovani di oggi affinché tornino all’agricoltura, il tradizionalismo mai sbandierato. In mezzo, oltre 50 anni condensati in un discorso che andrebbe letto per intero e lasciato depositare. Il passaggio in memoria di due patriarchi del Barolo ormai scomparsi – Bartolo Mascarello e Aldo Conterno – ha scaldato la platea lasciando partire un applauso scrosciante e naturale.
È una giornata memorabile: per l’uomo Giacosa, per il vino italiano e per la cultura materiale di questo paese. L’intitolazione di un Laboratorio di analisi sensoriale al prof. Marco Riva – tra i fondatori dell’ateneo di Pollenzo e prematuramente scomparso nel 2008 – e di un’aula a Renato e Anna Dominici, gastronomi e cuochi, hanno reso il momento ancor più solenne, miscelando quegli ingredienti che fanno del “made in Italy” un motivo di vanto ancora rispettato nel mondo: talento scientifico, capacità tecnica e savoir-faire artigianale.
Lunga vita, dott. Giacosa Bruno.
[Foto: Marcello Marengo]
9 Commenti
Giovanni Arcari
circa 12 anni fa - LinkUno dei più grandi interpreti al Mondo di quella magia che è trasformare un frutto, in un così straordinario prodotto dell'uomo (agricolo).
RispondiMichi
circa 12 anni fa - LinkL'unica nota stonata è che l'ha sempre chiamato "Dottor Giacosa Bruno".
RispondiAlessandro Morichetti
circa 12 anni fa - LinkQuesta la lectio magistralis, presa da Slowine. E' bellissima e molto lunga, ne evidenzio qualche passaggio per chi va di fretta, e non dovrebbe.
Rispondigianpaolo
circa 12 anni fa - Linkl'ho appena letta, di la su Slow Food, dove ho messo un commento che mi fa piacere riportare qui. Non conosco Giacosa personalmente, ma il discorso che ho letto, per come e' scritto in modo cosi semplice, umile, disarmante, mi da una gran bella impressione, quella di un uomo di una volta, che parla diretto, senza complicazioni, senza intemperanze (mi piace come si chiama fuori dai tentativi di incasellarlo in questo o quel campo), con tanto buon senso. Per chi la vuole leggere, una traccia importante per chi fa vino oggi. Ce ne fossero di altri "esempi" come questo, per insegnare questa cultura materiale ai giovani. Ed in fin dei conti il successo di una zona su un altra, a parita' di potenziale, si deve alla presenza o meno di maestri, o piu' semplicemente di persone in grado si tracciare una linea guida. Non ce ne sono molti purtroppo, o quelli che ci sono non si conoscono.
RispondiDurthu
circa 12 anni fa - LinkEmozionante. Grazie a Intravino per averci dato la possibilita' di leggerlo
RispondiFrancesco Annibali
circa 12 anni fa - LinkI soliti rompiballe futili/leziosi di Intravino. Ma che notizia inutile, non state troppo a rompere. Io voglio sapere della paternità della Fico. Quella si che è una notizia da telegiornali.
RispondiMontosoli
circa 12 anni fa - LinkGrazie per questo grande "aggiornamento"
RispondiBeatrice
circa 12 anni fa - LinkAlessandro sei stato attento!!Bravo! Anch'io mi sono un po' commossa a rivedere Bruno circondato poi da tanta gente, perchè è vero che lui non ama farsi pubblicità...mettersi in mostra. Ho imparato molto da lui e continuerò a ringraziarlo! Lunga vita, dott.Bruno Giacosa.
Rispondiandrea
circa 12 anni fa - Linkleggendo con attenzione la biografica e un tantino agiografica ricostruzione del dott. Giacosa si evincono alcuni importanti messaggi: 1- I Gaja non hanno tutta qs gran storia alle spalle come invece vogliono far credere(loro dicono di produrre vino da 150 anni) . Del resto Giacosa manco li menziona come produttori storici a differenza dei sodali Mascarello e Conterno. 2- I Gaja hanno fatto più soldi di Giacosa non tanto per una migliore qualità del prodotto ma perchè il buon Angelone si è fatto un mazzo tanto girando il mondo e parlando con tutti mentre il "mite" Bruno se ne stava nelle osterie di Serralunga. 3-Il nebbiolo da il meglio di sè nelle botti di rovere e non nelle tradizionali botti di castagno. Quindi anche la tradizione non è un dogma ma va sempre empiricamente verificata anno dopo anno.
Rispondi