Vedi come sei? Catalogo umano e disumano di strani tipi che popolano l’enomondo

Vedi come sei? Catalogo umano e disumano di strani tipi che popolano l’enomondo

di Fiorenzo Sartore

Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi. La citazione del poeta m’è venuta facile, perché quelli che sono nel nostro giro (enomondo, l’abbiamo chiamato) li conosciamo e un po’ ci somigliano, è il catalogo umano che si trova nel quartierino: alle fiere, in cantina, sul uebbe, ci sono sempre questi qua.

La lista manco a dirlo è incompleta, le liste devono essere incomplete sennò che hanno messo a fare il form per i commenti? Enjoy (toh, ho fatto un’altra citazione).

Il nabbo. (Che è un’italianizzazione di newbie, novellino). È arrivato da poco nel giro ma sospetta che ci si diverta parecchio, ed è destinato, a seconda dei casi, a diventare uno degli altri descritti qui sotto. Ancora non ci capisce molto e difatti legge i blog.

Il sommelier di successo. Vorremmo tutti essere come lui: guadagna una fortuna col suo mestiere di roteatore di calici. Può essere giornalista, brand ambassador, consulente, direttore commerciale, o tutte queste cose assieme. Ha il sereno distacco di chi è arrivato molto in alto, e dice che bisogna smetterla di usare un linguaggio troppo tecnico, che non bisogna prendersi troppo sul serio, eccetera. Appena fai una battuta su di lui ti querela. Per il resto è quasi sempre uno in gamba.

Il sommelier sfigato. Ha fatto ogni corso possibile, gira sempre in divisa o perlomeno con la spilla, ma se gli va bene fa qualche servizio alla fiera del porcello lesso e prende tra 50 e 100 euro a servizio, in nero. Detesta la parola “servizio” perché evoca altro. Sul vino dice volentieri minchiate clamorose, non ci capisce moltissimo ma nessuno osa contraddirlo, perché è in divisa.

La cariatide. Ha tenuto a battesimo Veronelli. Era fidanzato con la nonna di Soldati. Ha messo a dimora le barbatelle di Fiorano. È stato tra i fondatori anziani di Slowfood, Ais, Onav, e il fanclub di Ave Ninchi. Alle fiere se ti attacca bottone sei un uomo morto.

Il guidarolo. Scrive per le guide. Ogni volta che legge “le guide del vino sono morte” gli prende un accidente. Se non ha ancora aperto un blog, sta per farlo. Spende tutto quel che guadagna in psicoterapia.

Il produttore di successo. Ce l’ha fatta e se l’è proprio meritato. Ora vola alto, nel senso letterale perché spesso è su un aereo tra Pechino, Los Angeles, Tokio, Orvieto. Ha il sereno distacco anche lui, tutti lo idolatrano e ne scrivono solo bene. Appena uno si azzarda a scriverne male gli altri intonano, in coro, “è solo invidia”. Nulla lo potrà scalfire e ha lo sguardo buono, benedicente, sopporta con pazienza la fauna che gli sta attorno perché è un fatto inevitabile ma dispensa spesso consigli, buffetti, ha una parola buona per tutti. È posh, è glam, è stardom. Quando smette di parlare inglese parla all’improvviso nel suo dialetto, se ne accorge, si ferma un attimo, e si commuove. Ma è un attimo.

Il produttore bio. Quello che il sovescio. Il vino naturale. Il cornoletame, il preparato 501, Demeter. Quello che fotografa il diserbo fatto col napalm nel vigneto del vicino, e lo posta indignato sui social. E ha le sue buone ragioni perché lui invece diserba a mano, filo d’erba per filo d’erba tra l’interfilare, e si fa un culo così. Poi gli tocca vedere quel testina del vicino che spande Roundup come fosse ketchup sul big mac. Il produttore bio è incazzato notte e giorno. La cosa che lo fa incazzare di più è che “qui ormai sono tutti bio”.

Il commerciale. Lui il vino lo vende, quindi c’è poco da scherzare. Si fa sul serio. Non c’è tempo per distinzioni, buoni e cattivi, kimika o naturali, bisogna fare il fatturato. A volte è un sentimentale e sceglie di vendere solo quello che gli pare buono, pulito e giusto: per questo gira in bicicletta, e solo quando incrocia il suo collega che vende Bellavista, sull’Hummer, sospetta di aver sbagliato qualcosa.

L’assatanato del vino naturale. Per lui niente è abbastanza naturale, bisogna tornare ai primordi, alla preistoria, al big bang enologico. Qualsiasi tecnologia è satana e si dichiara favorevole alle leggi razziali che facciano piazza pulita una volta per sempre di ogni lievito selezionato. Gli piacciono i kvevri, beve vini bianchi che hanno il colore del rame esposto alle intemperie, reclama i cavalli nel vigneto, scrive “kimika” con la k come Kossiga. Ha rotto i coglioni a quasi tutti, tranne ai produttori che sponsorizza. Nessuno sa che lavora alla Bayer.

La pierre. (Questa è descritta come femmina, esistono anche pierre maschi, ma è venuta fuori in versione femminile). Una vita passata ad hashtaggare, condividere, instagrammare, ritaggare, ritwittare. Usa parole come wechat, snapchat. Mette il diabolico cancelletto dappertutto: #wine, #winelover, #winery, #wineevent, #trovatemiunfidanzato. Dice di fare #promozione, #comunicazione, #culturadelvino. Si misura il klout, conta i follower, soppesa i reblog. Nessuno sa che è astemia.

Il giornalista. Va in giro dicendo di essere iscritto all’ordine quindi di essere l’unico titolato ad andare in giro. Quelli che sono già in giro per i fatti loro lo guardano e gli dicono “embè?” – e tutti gli danno addosso manco fosse appestato. I produttori postano screenshot di giornalisti intenti a piatire qualcosa, i blogger con loro fanno gli spiritosi, tanto che alla fine i giornalisti risultano quasi simpatici. I vigneron li filano quel tanto che basta in attesa di una recensione favorevole. Dopo, il produttore di quel vino va in giro a bullarsi e momentaneamente il giornalista torna presentabile.

Il blogger. Trova un senso alla sua vita osservando quelli qua sopra. È convinto di essere autorevole, usa parole come influencer, pensa di fare letteratura ma scrive “un altro” con l’apostrofo. Crede pure che un giorno il lavoro del blogger diventerà un lavoro, nel senso della retribuzione, ma quel giorno il blogger sarà morto. Per il momento si diverte come può, rompendo le palle ai giornalisti che fino a mezz’ora fa pensavano di gestire da soli l’orticello, o mendicando un qualsiasi riconoscimento quando scrive di un vino. I migliori sono quelli indie ma alla loro indipendenza ormai non crede quasi nessuno.

E solo ai migliori potrà capitare di scrivere su… no, va be’, questo non lo dico.

Crediti immagine: Abc.net.au

avatar

Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

13 Commenti

avatar

graziano

circa 8 anni fa - Link

ECCO : perché leggo chi non posta link e ascolto chi sta zitto

Rispondi
avatar

Sam

circa 8 anni fa - Link

Eccomi presente, sono il nabbo! E in effetti non so proprio che fine farò leggendo Intravino.. :P

Rispondi
avatar

rampavia

circa 8 anni fa - Link

Post spassoso, ironico e vero al 99%. Mio malgrado credo di appartenere alla categoria delle "cariatidi". Per questo ho smesso quasi del tutto di commentare.

Rispondi
avatar

duccio

circa 8 anni fa - Link

Vi prego aiutatemi: sto ancora soffocando dalle risate!!

Rispondi
avatar

amedeo

circa 8 anni fa - Link

Poi ci sarebbero i capi bastone delle guide, quelli che mettono tre bicchieri, chiocciole, faccine, indici di piacevolezza ecc ecc...Quelli che sanno, senza ombra di dubbio, quale sia il miglior vino d'Italia, del mondo, della galassia. Beati loro.

Rispondi
avatar

antonio

circa 8 anni fa - Link

Se vi capita poi di trovarvi nel mezzo tra un "Produttore Bio" e un "Assatanato del vino naturale" non credo ce la facciate a salvare la pelle!!!! :-))

Rispondi
avatar

raindogger

circa 8 anni fa - Link

Nella parte "il commerciale" hai scritto Kimika, con la K, quindi tu sei un "assatanato del vino naturale"? Scherzo, post spassoso. Firmato "Un altro" Nabbo

Rispondi
avatar

erique

circa 8 anni fa - Link

"perché leggo chi non posta link e ascolto chi sta zitto". geniale. a montecatini tra due settimane me la rivendo subito come mia.

Rispondi
avatar

Andrea's

circa 8 anni fa - Link

Il commerciale di Bellavista che gira con l'Hummer mi fa impazzire... Ma non solo. Grazie: mi avete regalato diverse risate. Cin cin sempre e comunque!

Rispondi
avatar

Denci S.

circa 8 anni fa - Link

Veritiero e divertente, più di cosi!

Rispondi
avatar

mariazzo

circa 8 anni fa - Link

manca anche il "Vorrei ma non posso", coloro che conoscono a menadito tutti i vini blasonati, ma poi comprano e bevono un vino mediocre in offerta del super sotto casa :) cmq sono felicemente un supernabbo.

Rispondi
avatar

Davise Sciacco

circa 8 anni fa - Link

C'è anche la categoria dei programmatori. Quelli che si presentano ad una fiera armati di lista dettagliata di almeno 42 banchini, che di solito dopo mezz'ora inizia a sbriciolarsi, ma che si arenano clamorosamente dopo 8. Si riconoscono perché solitamente li si vede in panico a metà giornata mentre disperati cercano il fondamentale foglietto lasciato chissà dove, recuperandolo poi da una sputacchiera piena. A fine fiera, generalmente, bevendo a canna il fondo di qualche avanzo di profuttore non in lista, li senti ripetere ossessivamente : "eppure era fattibile :dove ho sbagliato?"

Rispondi
avatar

Denis Mazzucato

circa 8 anni fa - Link

Avete dimenticato il beviprezzo (o bevietichette)! Non è bello ma è sempre al 101%. Va dal barbiere una volta alla settimana e indossa solo vestiti e accessori col logo ben in vista e scarpe di coccodrillo di 2 numeri più grandi perché si devono vedere bene. Non capisce una mazza di vino quindi per non sbagliarsi ordina sempre quello che costa di più. Non ti dirà mai cosa ha bevuto ieri sera ma quanto l'ha pagato. Ha bevuto tutte le ultime 30 annate di Salon ma non lo distinguerebbe dal prosecco. Quando entra in un ristorante il sommelier asssume l'espressione del clown. Sorride ma dentro è preso da una profonda tristezza. Sa che aprirà una magnum di Petrus ad un pirla che è convinto sia un vino di Borgogna. PS: credevo di essere un blogger ma mi sa che sono una via di mezzo tra un nabbo e un sommelier sfigato... andiamo bene...

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.