Uomini, cose e vini che mi piacciono della Sardegna

Uomini, cose e vini che mi piacciono della Sardegna

di Antonio Tomacelli

Cose che mi sono piaciute della Sardegna: l’aria limpida e leggera, le rocce di granito dense e tonde come mammelle gonfie, la Vernaccia di Silvio Carta tutta caffè e miele che ricorda un cognac in trasferta sul mare, i paesaggi lunghi, senza uomini e asfalto, certi vitigni autoctoni – la parola autoctono qui ha un senso – come il nasco di Montesicci, così profumato di fiori bianchi e pesca nettarina, o il bovale di Suento concentrato di cioccolato e amarene ma che ha odori di moscato e pasticcerie.

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Mi sono piaciuti i disegni sui muri che raccontano la libertà e l’anarchia, la fierezza dei ragazzi per le strade di Orgosolo, lo sguardo basso delle donne vestite a festa, gli scialli ricamati di colori e fili d’oro, la rosa gialla e pepata nel bicchiere di Antas della cantina Sorso Sennori, che mi ha riportato nel giardino delle suore della mia quinta elementare, certi cieli azzurri e freschi come una camicia stesa al sole e fresca di bucato, le parole sarde che ti sibilano nel cuore parole ancestrali, i “Kent’annos” che vorresti vivere per asciugare anche l’ultimo goccio di Mandrolisai doc e sentire, nel bicchiere ormai vuoto, il mirto che sale potente.

Della Sardegna mi sono piaciuti Su Filindeu, quella pasta sottile che le donne sarde tirano in quattro rapidi gesti: due per due, quattro per quattro, sedici per sedici e, matematicamente, dalle mani escono i fili di Dio, più sottili di un capello d’angelo.

Se penso che è lo stesso, identico gesto che fanno in Giappone per filare i noodles, mi vengono le vertigini: quale filo lunghissimo li unisce?

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Su Filindeu vengono serviti in un denso brodo di pecora e conditi con del pecorino fresco, tenergli testa non è facile ma il Vermentino di Gallura Karenzia delle Vigne Storiche del Giogantinu ha sufficiente potenza e melone, pesca, e ginestra. Non cede di un passo, come un vero sardo.

Il Supramonte cantato da Faber, invece, mi ha inseguito per tutto il viaggio e ancora mi corre dietro: non avrà pace finché non lo scalerò per visitare un hotel di pietre e lentisco. Mi conforta, nell’attesa, un bicchiere di 53 della Cantina Dorgali, cannonau in purezza, eleganza e finezza di mirto e prugna salata.

vinisardegna

Il Supramonte è alto, selvaggio e irraggiungibile, come certi giganti di queste terre che hanno tombe di granito rosso: le sfiori e la vibrazione ti attraversa. Dicono. Non so se sia vero ma una vibrazione io l’ho vissuta davvero bevendo un vino strano, deforme e imperfetto nonostante il suo nome evocasse la bellezza, Gocce di Venere. La cantina Su Binariu non sa che vitigno sia e lo vinifica in dolcezza, forse per sbaglio o forse per rincorrere il rischio calcolato della meraviglia. Io non ho ancora capito cosa ho bevuto ma in quei minuti sono stato felice.

Della Sardegna mi è piaciuto, forse, proprio questo modo di fare il vino, così impreciso e tipico di una cultura contadina che amava i vini amabili e ricchi di tannino, ispidi e franchi come certi cannonau indomabili e selvaggi che l’enologo non sanno cosa sia. Si acquietano i vini sardi quando li fai appassire, per poi esplodere come il Moscato di Dolianova, una cassata siciliana liquida, ricca di mandorle, agrumi canditi e albicocche secche.

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Lo immagino tra le mani di Maria Grazia Deledda mentre ripensa, seduta sotto il corbezzolo del suo giardino, a quel giorno in cui partì per Stoccolma e al suo discorso durante la cerimonia del Nobel:

“Ho vissuto coi venti, coi boschi, colle montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l’acqua corrente. Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo. E così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo.”

La cosa che più mi è piaciuta della Sardegna? La Sardegna.

 

I vini
Moscato di Sardegna
Passito doc 2014 – Cantine Dolianova (89)
Vernaccia di Oristano doc Riserva 2001 – Silvio Carta (93)
Nasco di Cagliari doc 2017 – Montesicci (89)
Antas Moscato Sorso Sennori Superiore doc 2016 – Cantina di Sorso Sennori (93)
53 Cannonau di Sardegna Classico doc 2014 – Cantina Sociale di Dorgali (88)
Kent’annos Mandrolisai Rosso Superiore doc – Cantina del Mandrolisai (87)
Su’entu Bovale Marmilla Igt rosso – Cantina Su’Entu (89)
Gocce di Venere Isola dei Nuraghi Igt rosso amabile – Cantina Su Binariu (90)

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

8 Commenti

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Antonia

circa 5 anni fa - Link

Grazie per aver parlato della Sardegna, solo alcune precisazioni: Faber ha cantato hotel supramonte ma il titolo non rispecchia la realtà in quanto egli e dori ghezzi sono stati prigionieri sul monte Lerno, a Pattada in provincia di Sassari. Non nel supramonte in provincia di Nuoro, basta pensare che i banditi siano solo nel nuorese. Quindi Faber non ha cantato i luoghi del supramonte come aveva già spiegato in un'intervista del 1997 a Rai due. Poi scusi signor Tomacelli ma questa frase proprio non si può leggere, è molto offensiva: "lo sguardo basso delle donne vestite a festa" ma quando mai? Cosa sono schiave? Sfigate? Le donne sarde in generale e sopratutto quelle del nuorese sono donne liberissime, fiere e non hanno certo problemi a guardare negli occhi i maschi. Provi a visitare San Teodoro e le sue discoteche d'estate.

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Antonio Tomacelli

circa 5 anni fa - Link

Magari è solo pudore, riservatezza eleganza.

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Alessandra

circa 5 anni fa - Link

Si. Pudore, riservatezza, eleganza. Chiave di lettura delicata e interessante. Ma Antonia? Sopratutto le donne del nuorese "liberissime e fiere"? Mi dispiace, ma come facciamo a sfuggire agli stereotipi/luoghi comuni che a volte abbondano nei resoconti sulla Sardegna, se ancora siamo noi stessi/stesse a produrli? Detto questo, ritorniamo a parlare di vino: conosco in Sardegna diverse donne che lo fanno, e bene. Riservate ed eleganti come i loro vini, del nuorese e non.

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Mattia

circa 5 anni fa - Link

Sempre felice quando si parla di Sardegna e abbiamo tante tante cose da mostrare. Però no le donne sarde lo sguardo basso proprio no 😂. Ps primo post su Intravino dopo anni di lettura 🍾

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Antonio Tomacelli

circa 5 anni fa - Link

Lei mi è disattento :) http://www.intravino.com/assaggi/perda-pinta-la-pietra-di-paragone-che-arriva-dalla-sardegna/

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Raffaele

circa 5 anni fa - Link

No, no, visto da tempo. È il miglior Granazza in quel di Mamoiada. Un “Brandy” con gli attributivi. Però quegli assaggi per me (da sardo che gira e sorseggia) sono nella fascia media. Ci sono certe perle...

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Raffaele

circa 5 anni fa - Link

ERRATA CORRIGE: attributi

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Raffaele

circa 5 anni fa - Link

Voti quasi tutti sotto i 90... Le è piaciuta così tanto la Sardegna? Sicuro?

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