Unterortl, la creatività ordinata di Martin Aurich

Unterortl, la creatività ordinata di Martin Aurich

di Graziano Nani

Sessanta minuti.
Martin Aurich ci accoglie con una stretta di mano. L’accento può sembrare quello altoatesino, ma in realtà è tedesco. Siamo lui, mio padre ed io. Discutiamo su quanto tempo ci serva e concordiamo sessanta minuti, faccio partire il cronometro del telefono. Nella sala dei distillati gli strumenti di lavoro macchinano a ritmo costante. Sembra di stare in un video dei Kraftwerk.

Roccia viva.
Siamo in Val Venosta, praticamente all’incrocio con la Val Senales, in una fenditura della roccia che dal basso sembra in grado di accogliere poco più che uno spillo. Unterortl affaccia sul vuoto, la pendenza è così elevata che si intravedono solo i primi due filari. Per vedere gli altri, più in basso, bisogna praticamente sporgersi. Di fronte al maso, una parete di roccia perfettamente verticale. Un gruppo di scalatori come un insieme di puntini in linea si muove lentissimamente, a velocità costante. È la prima regola in montagna: tenere un passo tranquillo e non cambiarlo mai.

1991.
Martin era da tempo che sognava un progetto tutto suo. Il maso Unterortl nel 1991 era completamente abbandonato. Così, insieme a Gisela, lo ha chiesto in affitto a Reinhold Messner, tuttora proprietario. In principio fu la motosega per pulire i quattro ettari e prepararli alle vigne. Poi le piante, partendo da pinot bianco, pinot nero, riesling, frauler e muller thurgau. Lungo il percorso, anche un po’ di frutticoltura per la distilleria. Oggi, a distanza di quasi vent’anni, Martin è arrivato al risultato che aveva in mente.

Pinot bianco.
Il pinot bianco dà grandi soddisfazioni qui da Unterortl. Vitigno spesso sottovalutato, il produttore ne evidenzia la buona potenzialità di affinamento in bottiglia. Mentre più a sud, verso Terlano, si distingue per rotondità e sentori di mela matura, qui in Val Venosta esprime uno spirito più guizzante, tra gli agrumi e la pesca, con spinta acida e una bella mineralità. Di ritorno dal viaggio mi procuro la 2018, che vibra di limone ed erbe aromatiche, con la struttura del pinot bianco ad assorbire i colpi e fare da ammortizzatore. Martin racconta che nel pinot bianco vede ampi margini di sviluppo. Lo ascolto mentre guardo alle sue spalle i vigneti piantati da lui a inizio anni novanta e penso di avere davanti un vero creativo. Guardare vent’anni fa un luogo così impervio, avere la visione di un progetto come Unterortl e ricavarlo, metro dopo metro, dalla roccia. Con ordine, costanza, dedizione. Creatività più metodo.

Pinot nero.
Martin presenta il pinot nero come la varietà rossa più interessante qui intorno a Castel Juval, il castello di Messner che domina dall’alto. I terreni sono più poveri rispetto alla vicina Caldaro, c’è tanta roccia e una temperatura più bassa, questo è uno dei segreti della finezza del pinot nero Unterortl. L’altro segreto è il legno, mai barrique nuova ma sempre legno usato, Martin vuole che sia solo un riverbero lontano. A casa apro la 2016, piccoli frutti selvatici, roccia, polvere di pepe. Le sensazioni si ripetono in questo schema a tre vertici, come una matrice con lievi variazioni sul tema. I frutti si fanno più pungenti, la roccia accoglie una nota sulfurea, la spezia si addolcisce. La tessitura tannica sorregge l’esperienza, guidandola verso un’interessante persistenza.

Riesling.
Il riesling è la massima espressione della produzione Unterortl. Nata come una prova, la varietà si è subito dimostrata la più interessante in zona. E il riesling, nelle sue varianti, è ormai il vino di culto della cantina. In realtà non sono molti, in Val Venosta, a puntare su questo vitigno. Tra i pochi citati da Martin c’è la famiglia Schuster, di Silandro. Non è un riesling di matrice opulenta, la componente rocciosa del terreno lo declina piuttosto in una variante asciutta, nervosa, montanara. E a differenza dei cugini tedeschi ha un residuo zuccherino basso, intorno ai 3 g/l. Il produttore lo paragona, piuttosto, a quelli austriaci della zona di Wachau. Tra i diversi riesling di Unterortl, Windbichel è quello ottenuto dai vigneti più alti, dove gli sbalzi di temperatura sono importanti. Riesco a recuperare una 2012 che è uno spettacolo. Martin sostiene che i suoi riesling tocchino il picco qualitativo intorno ai 7 anni e questa bottiglia è qui per dimostrarlo. La finezza è così assoluta che è difficile trovare parole per descriverla. La frutta è fresca e matura al tempo stesso, mi viene in mente l’ananas quando raggiunge il perfetto punto di maturazione. L’ampiezza delle sfumature minerali è imponente, un intero volume di geologia condensato in un bicchiere. Un vino immenso, uno dei migliori riesling d’Italia, a mio parere.

Pattern.
Non è vero che la creatività dirompente nasce solo dal gesto istintivo, dal moto disordinato. Penso alla techno di Detroit, ai documentari di Herzog, alle città invisibili di Calvino. Mentre scendo a valle mi salutano da lontano distese di meleti a perdita d’occhio. I filari creano pattern geometrici che sembrano disegnati con il righello. Direttrici parallele, da cui lo sguardo non riesce a fuggire. Ma non mi sento in trappola, tutt’altro.

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

1 Commento

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SALVATORE AGUSTA

circa 4 anni fa - Link

Che bell'articolo Graziano. L'intuizione sul pinot bianco l'ho avuta anche io. Per quel poco che ho studiato, ho sempre pensato che la Val Venosta poteva essere un terroir perfetto per questo genere di viti, come una piccola Alsazia italiana.

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