Unofficial o quasi: Ettore, il nero di Troia di Tormaresca

Unofficial o quasi: Ettore, il nero di Troia di Tormaresca

di Antonio Tomacelli

Quella che vedete nella foto di copertina è un vino che non esiste o quasi. Lo puoi comprare nello store di Tormaresca a Minervino Murge come ho fatto io durante Cantine Aperte, oppure online sul sito aziendale ma non in enoteca o nei supermercati o, peggio ancora, all’estero. È, insomma, una distribuzione in semi-clandestinità: cerchiamo di capire il perché di questa strana politica aziendale.

Il Castel del Monte doc nero di Troia Ettore è una delle bottiglie più attese da che Antinori ha iniziato nel 1996 la sua avventura pugliese con la cantina Tormaresca, un’unica proprietà per due tenute distanti tra loro, Masseria Maime in provincia di Brindisi e Bocca di Lupo nel nord barese. Nella line up aziendale c’erano tutti i vini identitari della Puglia come il negroamaro, il primitivo, l’aglianico e il rosé tranne, appunto, il nero di Troia, ritardatario da un bel po’ sulla ruota di Bari e vitigno principe del territorio murgiano.

Motivo del ritardo? Azzardo un’ipotesi, avendo seguito tutta la gravidanza e il travaglio: quando parliamo di nero di Troia parliamo, in realtà, di due cloni molto differenti tra loro. Uno è ad acino piccolo e grappolo serrato, l’altro ad acino grosso e spargolo: quale dei due è il vero nero di Troia? Non si sa con precisione, in passato la produzione si è interrotta e molti vigneti sono stati estirpati per far spazio a vigne “industriali”, a differenza di quanto accaduto nel Salento con il primitivo o il negroamaro. Insomma, si è perso il know-how, nonostante il nero di Troia abbia avuto un passato fulgido tra le cantine Torre Quarto e Pavoncelli di Cerignola.

Alcuni caratteri del vitigno sono in fase di recupero, sappiamo per certo che dà un vino di buona acidità e di colore scarico, profumi di lampone e, caratteristica unica, di china con il tempo e l’ossidazione. Il tannino è problematico, ha bisogno di tempo per addomesticarsi ed è per questo che qualche anno di botte grande gli fa solo che bene.

So, per frequentazioni amichevoli, che chi dirige la cantina Bocca di Lupo ha cercato per anni il clone “giusto”, girando per vigneti dimenticati, magari di proprietà del classico vecchietto che coltivava le “cioccarelle”. Io stesso ho avuto modo, anni fa, di assaggiare i primi esperimenti (andati a male) di imbottigliamento, seguendo tutto l’iter che ha portato alla nascita di Ettore.

E ora, dopo mille dubbi e ripensamenti, eccolo lì, nel millesimo 2007, addirittura! Un vino che viene messo in commercio ben dieci anni dopo la vendemmia senza neanche essere una “riserva”. Un comunicato stampa o un evento per annunciare il nuovo vino? Neanche per sogno, silenzio assoluto, come se il produttore non fosse convintissimo.

Veniamo all’assaggio: di che sa un nero di Troia affinato per 11 anni tra barriques e bottiglia? Intanto nel bicchiere non è quello che ti aspetti: è scuro, impenetrabile e al naso partono potenti note di cuoio e marmellata di prugne, un filo di vaniglia e poi il legno seguito da noce moscata e spezie. Vaga nel bicchiere un che di lucido da scarpe ma più come un fantasma che come una reale presenza.

In bocca è setoso, morbido, anche se la potenza è notevole. Sa di ciliegia e cacao, è fresco, integro e per nulla stanco come ci si aspetterebbe da un vino di questa età. Ancora: è straordinariamente lungo e la ciliegia in confettura fatica a sparire. È succoso e fresco, tanto e davvero piacevole, forse troppo per un nero di Troia che ha nel suo dna il carattere spigoloso.

Cosa mi convince di Ettore? Il suo essere un gran vino che potrebbe sfiorare i 90 centesimi in qualunque degustazione. Domare un vitigno così scontroso non è facile, prova ne siano le botti alte due piani che, in passato, hanno conservato il nero di Troia per diversi anni. E se penso che nei sotterranei di Tormaresca potrebbero esserci 9 annate come minimo, mi vengono i brividi.

Cosa non mi convince di Ettore? Il suo essere forse poco tipico, ma la variabile tempo e quegli 11 anni di affinamento non hanno paragoni cui far riferimento.

La domanda, dunque, sembra debba rimanere inevasa: era questo il nero di Troia dei nostri avi? Può essere ma Ettore, pur buonissimo, per ora non è un benchmark. E a giudicare dal fatto che non è ancora in commercio, direi che non convince in pieno neanche chi lo ha prodotto.

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

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