Una piccola storia del bicchiere da vino

Una piccola storia del bicchiere da vino

di Elena Di Luigi

Molte primavere fa, durante un lavoro estivo a Londra, due signore posh in un ristorante italiano di Hampstead, mi chiesero di sostituire i bicchieri stile osteria con dei bicchieri da vino “veri”. Capii subito che un paese culturamente aperto a tutti i vini del mondo non transigeva sui fondamentali: il vino si serve nel calice. Giorni fa mi sono imbattuta in un podcast della BBC in cui uno storico e un esperto di vetro ripercorrevano le tappe che ci hanno portato ai materiali e alle forme che utilizziamo oggi, immaginando anche una possibile evoluzione futura. Non ho resistito.

Lo storico Greg Jenner fissa nel 1400 la prima forma del bicchiere a calice, simile a quello delle fuzioni religiose e quasi sicuramente prodotto a Venezia, maestra nella lavorazione del vetro in Europa. Qui quest’industria proliferó per secoli tanto che fu spostata a Murano non solo per circoscrivere il rischio di incendi, ma anche per tenere d’occhio una classe di artigiani con un know-how unico al mondo.

Nel 1600 anche gli Inglesi aprirono la prima vetreria e contribuirono a rendere il vetro ancora piú resistente. La cosa avvenne quasi per caso, quando la Royal Navy impose ai vetrai di trovare un’alternativa alla legna usata nelle fornaci perché questa serviva per costruire le navi. Si optó per il carbone marino che bruciando a temperature molto elevate, permetteva la redistribuzione omogenea della resistenza su tutta la superficie del vetro, riducendone la fragilità. Il risultato fu cosí eclatante che gli Inglesi presero l’abitudine di imbottigliarsi il vino importato dalla Francia, incluso lo champagne, proprio perché l’allora frequente seconda fermentazione finiva per rompere le bottiglie prodotte nel continente. Sul finire dello stesso secolo fu George Ravenscroft ad aggiungere al mix di minerali l’ossido di piombo e la pietra focaia, rendendo il vetro ancora piú resistente e brillante.

L’estetica è entrata in gioco intorno al 1800 quando i bicchieri venivano riempiti sul tavolo e non portati via come un tempo. Il gambo invece, come dimostrato dalle signore posh di Hampstead, è rimasto un simbolo di eleganza a cui si è poi aggiunta la funzionalità di preservare la temperatura desiderata oltre che quella di permettere di arieggiare il vino con facilità. Si è calcolato che un bicchiere attuale è fino a sette volte piú grande di quello di due secoli fa, e questo anche perché un tempo c’era una tassa sul vetro, e quindi piú se ne usava per fare un pezzo e piú si pagava.

Il bicchiere di champagne ha avuto un percorso diverso, prima la coppa (il seno di Marie Antoinette o di Josephine?) e poi il tulipano per trattenerne le bollicine. In realtà come ben sanno i professionisti l’ideale resta un normale bicchiere da vino bianco che eviti l’accumulo di CO2 e quindi il prevalere dell’acidità a discapito degli altri aromi.

E in futuro? Secondo Russell Hand, studioso del vetro alla Sheffield University, si copierà la resistenza e la flessibilità degli schermi degli smarphone, ma l’idea di un bicchiere retrattile resta proibitivo in termini di costi di produzione. Del resto dal bicchiere vogliamo un aiuto a mantenere le condizioni giuste del vino e semmai anche a porzionarne la quantità per la degustazione. Per il resto è tutta una questione di stile personale.

BBC Radio 4 – The Origin of Stuff, Wine Glass

1 Commento

avatar

Josè Pellegrini

circa 4 anni fa - Link

Chissà dove sarà la bellissima collezione del conte Marone Cinzano che si ammirava a Santa Vittoria d'Alba . Spero nel museo Martini di Pessione ...Che tristezza l'aver chiuso quelle prestigiose cantine .

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.