Tutti gli assaggi di NOT a Palermo, il vino senza interferenze

Tutti gli assaggi di NOT a Palermo, il vino senza interferenze

di Antonio Tomacelli

Che fine ha fatto il Nero d’Avola? Il pop nel cervello mi è scoppiato mentre l’aereo rullava sulla pista per lasciare la Sicilia: ci ho passato tre giorni e non ne ho assaggiato un sorso. Essì che i produttori siciliani alla rassegna NOT di Palermo erano la stragrande maggioranza ma, a quanto pare, il vino siciliano non è più quello di una volta.

Cominciamo dall’inizio: per tre giorni Palermo è stata il centro del vino “senza interferenze” (do not modify, do not interfere), un vino naturale sui generis che raggruppa biodinamici, naturali e semplici bio. Buona la prima (edizione) con qualcosina da ritoccare ma niente di che: gente simpatica da ogni dove, location (oddio, ho detto location?) veramente bella (i cantieri della Zisa) e servizio food di una bontà commovente. Tanti, come prevedibile, i produttori siciliani e del sud in generale con qualche bella presenza straniera e un Nicolas Joly in gran forma a far da padrino al tutto.

Molti gli assaggi degni di nota ma ho lasciato la Sicilia con la netta impressione che del vino rosso in generale – almeno tra i produttori “naturali” – non interessi molto a nessuno e le bottiglie di Frappato e Perricone devi cercarle col lanternino. Di Nero d’Avola poi, neanche a parlarne, sembra ormai una produzione esclusiva delle cantine sociali da bag-in-box. L’unica enclave siciliana “rossa” a resistere è la zona alle falde dell’Etna. Intendiamoci, il vino rosso in Sicilia lo fanno ancora, ma con quel filo di svogliatezza tutta isolana che sconfina nella pigrizia atavica.  Perché alla fine, diciamolo, il produttore sicano con l’aggravante naturalista si diverte di più con i bianchi che fa macerare per mesi nella qualunque – legno, cemento, anfora – senza solfitazioni o interventi di sorta. E gli riesce anche bene!

A pensarci bene non sarebbe neanche una novità, l’isola è terra di Grillo, Cataratto, Insolia e Marsala, di Gattopardi a fine pasto e passiti da cannoli e cassate, e il vino rosso non lo trovi neanche dal trippaio di Ballarò per accompagnare il pane con la meusa, che pure lo meriterebbe.

Pare, insomma, che la Sicilia sia terra di bianchi e gli assaggi che seguono confermano la mia “assurda” teoria. Nota bene: non è una lista di vini, raggruppo e faccio un po’ come mi pare. “A sentimento”, se volete.

Antonino Barraco
Nino e i suoi vini sono in gran spolvero, in passato ha investito tutto sui bianchi e ora può passare all’incasso. Impressionano la maturità, la coerenza stilistica e la qualità davvero alta di tutti i vini. Il Vignammare 2017 è una gita alle saline calpestando ciuffi di timo e origano. Succoso, affilato e appagante, andrà sentito in qualche verticale fra un po’ di anni (88). Tropicale invece il Cataratto 2017 che ha una nota vivida di zenzero candito, poi è pesca gialla e agrumi disidratati. Ricco, dorato e potente che reggerebbe una pasta alla Norma senza fare un plissé (91). Molto isolani e mediterranei il Grillo ’17 (89) e lo Zibibbo ’17 (90) che se io fossi un addetto alla pubblicità turistica dell’isola, ci farei delle stampe giganti negli aeroporti con sopra la scritta “Benvenuti in Sicilia”. Lo zibibbo con le sue finissime note ossidative ci ha introdotto i due capolavori di Nino: Altogrado e Milocca. L’Altogrado, che affina in botte di castagno da 1000 litri, colmata solo i primi 2 anni con conseguente sviluppo della flor, è un vino da ostriche pazzesco. Potrei dirvi cento descrittori ma l’unica è assaggiarlo: noce fresca, mallo, nocciole tostatissime, miele di castagno, alloro, il tutto servito su un piatto di acidità e freschezza difficili da trovare con questi livelli di ossidazione. Lasciatemi dire una banalità: c’è la Sicilia in questo bicchiere, quella barocca di Santa Caterina d’Alessandria e delle suore della Martorana, della “Vergogna” e dei Quattro Canti. Ci vogliono secoli di storia per avere un vino così. (93).
Milocca, invece, è vino dolce pazzesco da uve rosse stramature, e guai a passargli vicino disarmati, senza neanche un biscotto alle mandorle o un tocco di cioccolato fondente in bocca: potrebbe costarvi caro! (91)

Francesco Guccione
Dove eravamo rimasti, Francesco? A un abbraccio in fiera e un assaggio di Trebbiano che ti rimette di buonumore, con quei profumi caldi e familiari di camomilla, miele, fiori bianchi sul comò e tisana di erbe. L’annata 2016 non ti ha tradito e il trebbiano è, se possibile, ancora più bello e ricco (91). Amo tanto anche il tuo blend di due annate e il 15/16, tutto zenzero, arance e limone canditi, vino ideale da abbinare fresco a due chiacchiere sotto un ombrellone siculo (89). La prossima volta che vengo in Sicilia, però, voglio riprovare il Cerasa bianco e questa volta con le arancine calde al burro, per avere la conferma che Dio esiste e vive in bicchiere di vino. Dell’annata 2014, per la precisione.

Badalucco
Il Pipa 3/4 Pre British è il vino storico dei vignaioli marsalesi. Mio bisnonno, mio nonno e adesso noi produciamo il Pre British secondo tradizione storica. Senza fortificazione con alcol. Prodotto in contrada Triglia, la storica e probabilmente migliore vigna della varietà
Grillo-Pre British“. Oltre a tanta storia nel bicchiere ci ho trovato: pesche gialle, foglie di tabacco giovani da sigaro toscano, chiodi di garofano, noci, fichi al forno e tutto che ritorna in bocca: un vino, magnifico, finissimo ed elegante (94). Poco prima ho assaggiato quella delizia del Grillo Verde 2016, un blend tra vitigni grillo e verdejo spagnolo portato in Italia dalla compagna di Pierpaolo Badalucco, Beatriz De La Iglesia Garcia. Alla coppia auguro solo di funzionare come questo vino che è vibrante, agrumato e appagante (87)

Marco de Bartoli – Vecchio Samperi
È conchiglia di vetro, è la luna e il falò, è il sonno e la morte è credere o no, margherita di campo, è la riva lontana, è, ahi! è la fata Morgana, è folata di vento onda dell’altalena un mistero profondo una piccola pena, tramontana dai monti domenica sera, è il contro è il pro, è voglia di primavera, è la pioggia che scende è vigilia di fiera, è l’acqua di marzo che c’era o non c’era…

Marilena Barbera
Marilena ha sfoggiato una verticale di Insolia che la dice lunga sulla vocazione bianchista della Sicilia. 2018, ’15, ’10, ’09 e 2008, cinque annate in un arco temporale di dieci anni per dimostrare al mondo la capacità d’invecchiamento di questo vitigno. Tutti i vini si sono dimostrati in perfetta forma ed anche la 2008, nonostante i 10 anni di vita sulle spalle, ha fatto la sua bella figura tra note di frutta gialla matura e tropicale.

Cristiano Guttarolo
Della cantina pugliese mi è piaciuto molto il Susumaniello 2017, vitigno riscoperto ma che piano piano sta scalzando dal trono di re dei vitigni pugliesi il negroamaro, complici una serie di vendemmie pessime. Questo susumaniello di Cristiano Guttarolo gira sui toni delle more e del cioccolato e in bocca è una scossa vivace e fresca. Davvero uno dei migliori in circolazione (89)

Alepa di Paola Riccio
Privo 2016 è un vino da pallagrello bianco nella zona del Volturno che di “privo” ha solo i solfiti. Per il resto è un orange macerato per bene sulle bucce e cammina su un prato di camomilla e fiori bianchi. Palato intenso, ha peso e nervosismo da tannino. Gastronomico. (88)

Arianna Occhipinti
“La sintesi della mia Sicilia” dice Arianna nella retroetichetta e c’è da crederle. Nero d’Avola e frappato in questo Grotte Alte 2014 che sa di macchia mediterranea e more di rovo. In bocca morde per un po’, poi cambia e rinfresca. Bel rosso potente da pasta con le sarde. (88)

Az. Agr. Punta dell’Ufala di Paola Lantieri
Sono uno dei pochi privilegiati ad aver assaggiato la Malvasia delle Lipari passita dell’isola di Vulcano di Paola Lantieri . La recensione potrebbe finire qui, magari con 93 punti secchi e meritati, ma una cosa in più la voglio dire: è unico.

Abbazia San Giorgio
Dalle Lipari a Pantelleria per un altro vino magico, anzi, il Magico 2014. Vino estremo in tutto, a cominciare dalla coltivazione delle vigne, gli alberelli panteschi di recente diventati patrimonio immateriale dell’Unesco. Magico è dolce, sa di noci, di mallo fresco, di mandorle e cannella, con la stessa golosità di una cassata siciliana colma di canditi alle arance (9o). Divertitevi con il resto della produzione aziendale, tra macerati e rosati davvero buoni.

Bosco Falconeria 
Capitano, a volte, dei vini che giocano a dadi col dio dei profumi e del caso. Questo Cataratto 2017 ha giocato e vinto una rara e potente nota di garofano bianco. Magari è monocorde ma talmente distinta e piacevole che non ti serve altro. (89)

Mastro di Baglio
La Vendemmia Tardiva 2017 sa di miele e Sicilia, noci, fichi ‘mbuttunati e meraviglia. Lungo come le feste di Natale e altrettanto piacevole (90).

Agricola Le Nuvole
Un rosso del Vulture e che rosso! La prima cosa che noti in Russe è il tannino gentile, che in un aglianico non è così facile da trovare. Superato il muro della bevibilità, è tutta discesa tra more e viole, freschezza dissetante e voglia di salame affettato spesso (87).

Agricole Le Sette Aie
il “Canaddunaschi 2017” e il cane a due nasi, quello che con l’olfatto fine che sa scegliere il meglio ma è anche il nome di questo grillo che canta all’estate guadagnandosi 87 punti. Elegante, fine e molto persistente. Goloso.

Cataldo Calabretta
Di Cataldo mi piace il rosato Cirò 2017, un vino eccessivo, difficile da definire con quel tannino fuori scala e tutti gli agrumi di Calabria che Dio manda in terra. Ho già detto che è un 2017 da brividi? (86)

Vigneto di Tobia Col di Corte
Verdicchio dei Castelli di Jesi doc Classico Superiore 2017 che ci vuole più tempo a dirlo che a svuotare un bicchiere tutto scorza di cedro, agrumi e bocca di percoca matura e dolce. Fortuna ha voluto che nello spazio food ci fossero i cannoli siciliani, altrimenti me la sarei vista brutta. (90)

Pierre Frick
E se chiudessi in bellezza questo post con il Riesling lunare di Frick? Ho novantaquattro buona ragioni per farlo e altrettante per finire una bottiglia.

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

2 Commenti

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marcovena

circa 5 anni fa - Link

Grande Antonio, uno dei pochi che ricorda il grande Pierre! Pero, quale riesling, please! Ah già, che sciocco...tutti!!

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Fabio

circa 5 anni fa - Link

La malvasia di Lantieri ho avuto la fortuna di assaggiarla nel lontao 2013. Era già unica allora! Complimenti

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