Tignamonte e Ferriere dei Sabbioni, una scusa per scrivere di Cantina Margò

Tignamonte e Ferriere dei Sabbioni, una scusa per scrivere di Cantina Margò

di Jacopo Cossater

L’occasione per scrivere di Carlo Tabarrini e della sua Cantina Margò nasce grazie a una circostanza un po’ speciale: la presentazione di 2 nuovi vini, un bianco e un rosso che arrivano sul mercato a distanza di circa 10 anni dalle sue primissime uscite, quando non senza un po’ di timore iniziava a proporre i 2009, la sua prima vendemmia ufficiale dopo tante raccolte private, destinate al consumo di casa e poco più.

Classico passo indietro: non ricordo di preciso quando ho conosciuto Carlo, se era primavera o inverno, caldo o freddo. Io e un paio di amici avevamo sentito parlare di lui e dei suoi vini e senza esitare più di tanto lo abbiamo subito contattato per andare a trovarlo in quella che allora era la sua casa/cantina di Via Settevalli, a Perugia. Il classico posto che non ti aspetteresti, lontano molti anni luce dall’immaginario del vino umbro, quello fatto di campi di grano, magari di bosco e di casali il cui tratto distintivo è la pietra a vista. Voglio dire: Via Settevalli è l’arteria che da sud porta dritta dritta in città, verso la stazione dei treni,  la grande strada dei capannoni e dei concessionari d’auto. Sì centri commerciali, no vigneti.

E infatti Carlo aveva ricavato la sua piccola cantina da quello che una volta era l’ampio garage di casa. Una situazione evidentemente temporanea per chi aveva nei confronti del vino una straordinaria passione ma che al tempo stesso faceva altro, un lavoro fatto di turni e di orari precisi. Ci sono voluti alcuni anni per far diventare quello che era nato come un piccolo progetto un impiego a tempo pieno: anni di grande fermento e di grande entusiasmo sia a livello generale – penso al movimento del vino naturale italiano e a tutta quella nuova generazione di vignaioli che proprio in quel periodo ha iniziato ad abbracciarne i principi – sia a livello locale, da Collecapretta in poi un po’ tutta l’Umbria e in particolare l’ampia area intorno alla città di Perugia ha visto nascere piccole cantine in grado di smuovere un territorio da troppo tempo caratterizzato da un certo immobilismo produttivo.

Oggi la cantina di Carlo è qualche chilometro più in là, non più in un garage ma all’interno di un capannone la cui razionalizzazione degli spazi gli permette di dare sfogo a tutto il suo estro produttivo. La linea è quella di sempre: a partire dalle varietà più tipiche della zona (grechetto, trebbiano e sangiovese) Cantina Margò produce vini di grande espressività, lucenti ed energici, non di rado capaci di esprimere una finezza a tratti sorprendente (a me piace molto il Margò Rosso, specie dopo qualche anno).

Carlo Tabarrini

La vendemmia del 2015 a Cantina Margò è stata particolarmente generosa. Talmente abbondante che Carlo, arrivato alla fine di settembre, aveva la (vecchia) cantina piena di vino, talmente piena da non essere in grado di raccogliere altre uve. Da lì la scelta, sofferta ma forse neanche troppo, di non vendemmiare gli ultimi filari e pensare alle tante fermentazioni in corso. Dopo alcune settimane svinando di qua, sistemando di là, si è accorto che ci sarebbe stato spazio per provare a raccogliere quello che era rimasto, condizioni delle uve permettendo. Sì e no: la botrite aveva preso il sopravvento ma la costante voglia di provare a fare qualcosa di nuovo lo ha portato a vendemmiare quel poco che era rimasto per vedere cosa poteva venirne fuori. Dopo un mese di macerazione sulle bucce, caso credo piuttosto raro in presenza di muffa nobile, qualcosa di buono sembrava esserci. Sensazione che è andata via via consolidandosi con il passare del tempo fino alla decisione di imbottigliare.

Il Tignamonte 2016 (trebbiano 100%) è vino ricchissimo e anche più, caratterizzato da una materia che impressiona ma che non si traduce in un particolare peso, anzi, è vino che colpisce per una certa leggerezza. Miele d’acacia e tè verde, ananas e fieno per un profilo olfattivo che richiama alcuni vini dolci di montagna e che in bocca soprende: è secco, asciutto, a tratti verticale, caratterizzato da un’acidità (anche volatile) tagliente che si sposa alla perfezione con le sensazioni dolci richiamate dai profumi.

Il Ferriere dei Sabbioni 2016 (sangiovese 100%) è rosso di grande finezza, squillante non solo al naso ma anche in tutto il suo tratto espressivo. Alla cieca si potrebbe quasi pensare a un vino prodotto a partire da pinot nero tale è la sua garbatezza, almeno nei profumi. Piccoli frutti rossi impreziositi da richiami speziati di una certa austerità aprono a un vino tutt’altro che rigido, quasi generoso, caratterizzato da una trama tannica di particolare rifinitura, che solo alla fine dell’assaggio si concende con una nota più aromatica, più calda.

Sono però entrambi vini tutt’altro che calorosi non solo per il moderato grado alcolico, appena 12 quelli indicati in etichetta, ma anche per dna: non vini solari ma continentali, come se la vinificazione in presenza di botrite avesse annullato il tratto territoriale che caratterizza i vini di Carlo e che li porta a essere così riconoscibili come prodotti in Italia Centrale.

Il Tignamonte e il Ferriere dei Sabbioni non sono stati due exploit. Dopo la vendemmia un po’ casuale del 2015 (ancora in affinamento) quella in presenza di Botrytis cinerea è raccolta che è diventata voluta e quindi replicata tutti gli anni successivi, seppur con qualche accortezza e ragionamento in più. Dal sangiovese raccolto sempre un po’ prima e in presenza di una muffa nobile appena accennata alla vinificazione con i raspi, iniziata quest’anno. Vini che raccontano piuttosto bene il percorso di uno dei vignaioli più talentuosi della zona, capace anche a distanza di 10 anni e dopo il meritato successo di continuare a mettersi in gioco con etichette di grande interesse.


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Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

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