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5 Commenti
Stefano Cinelli Colombini
circa 6 anni fa - LinkGiusto per capire, secondo lui il rischio di ridotto è molto più alto per i vini bio (che usano rame) piuttosto che per chi usa sistemici? E per i vin-naturalisti con le loro fermentazioni senza controllo di temperatura e con i lieviti che passa il convento? Interessante.
Rispondipaolo baretta
circa 6 anni fa - Linkper par condicio ironica, l'alternativa al convento è Frankenstein, giusto?
RispondiMaurizio Gily
circa 6 anni fa - LinkStefano, no, non direi, anzi una piccola dose di rame nel mosto può combinare in parte l'H2S che si forma in fermentazione. Peter allude soprattutto alla tecnica del cosiddetto copper fining o uso del rame come correttivo in cantina per combinare i solfuri. Una tecnica autorizzata, che era molto comune (ora secondo lui molto meno, ma io sarei meno ottimista) per chi imbottigliava con tappo a vite per evitare l'insorgenza di odori di ridotto. Un problema che si presenta molto più che con il sughero. E contrariamente a quanto si crede un sughero di ottima qualità ed elevata densità è molto ermetico, ma rilascia una piccola quantità di ossigeno all'inizio della conservazione, che è precisamente quello contenuta negli spazi cellulari del sughero, per poi "chiudersi" in seguito, con una OTR (cioè rateo di passaggio di ossigeno) paragonabile a quella del tappo a vite tipo saranex. E questo di solito basta a evitare rischi di riduzione nei vini che sono soggetti a questo rischio. Anche il discorso della variabilità del sughero a cui si riferisce Godden è vero, ma oggi questa si può fortemente ridurre attraverso una selezione ponderale dei tappi. Peter sostiene giustamente che il vino deve essere opportunamente "preparato" per non andare in riduzione e che farlo con il rame non è un buon sistema, bisogna seguire dei protocolli enologici tali che il vino all'imbottiglaiemnto non sia più, in un certo senso, in credito di ossigeno. Per quanto riguarda i vin-naturalisti il discorso è complesso, ma in effetti su vini che hanno subito una scarsa o nessuna stabilizzazione, soprattutto se imbottigliati relativamente giovani, il rischio è più alto e quindi il tappo a vite è più rischioso del sughero, mentre è più performante per prevenire le ossidazioni. Per contro, se non ci sono residui di zolfo sull'uva e non si usano solfiti in cantina il rischio di ridotto è minore, ma in compenso se ne prendono degli altri.
RispondiGianluca Zucco
circa 6 anni fa - LinkSalve Maurizio, a titolo di contributo riguardante gli sviluppi dell’industria dei sugheri, recentemente stavo leggendo una serie di articoli molto interessanti su questo tema, scritti da parte di Jorge Lucki, il miglior eno giornalista brasiliano, il quale, fra le altre cose, riportava una nuova tecnologia utilizzata dal fabbricante di tappi a sughero DIAM. La materia prima del sughero sarebbe previamente triturata, poi sottomessa ad un trattamento di diossido di carbono, il quale eliminerebbe qualsiasi molecola “dannosa” per poi finalmente assemblare il tappo, il quale in compenso assume quell’aspetto non propriamente gradevole dei tappi compensati tipici dei vini dozzinali. Tra le altre cose starebbero producendo tappi con una ampia scala di permeabilità, d’accordo con la gamma di necessità riguardanti ogni tipo di vino. Saluti
Rispondigiulo
circa 6 anni fa - LinkCiao, Maurizio,
Rispondia complemento dell'intervista, vorrei aggiungere che quando è stata realizzata non si conoscevano ancora i fondamentali lavori sulla riduzione fatti dal gruppo di Ferreira all'Università di Saragozza, per i quali gli autori sono stati insigniti del Premio SIVE-Oenoppia all'Enoforum 2015.
per chi volesse approfondire, qui il riassunto in italiano
http://www.infowine.com/it/novita/h2s_e_mercaptani_le_scoperte_di_vicente_ferreira_insignito_del_premio_sive-oenoppia_2015_sc_13055.htm
e qui il testo originale in inglese
http://www.infowine.com/en/technical_articles/understanding_and_managing_reduction_problems_sc_13227.htm
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