SottoTraccia, storie di uomini e vini che superano se stessi

SottoTraccia, storie di uomini e vini che superano se stessi

di Graziano Nani

Qualcosa più grande.
Come esseri umani a volte facciamo cose più grandi di noi. Ci pensavo la settimana scorsa durante il primo incontro di SottoTraccia, una serie di appuntamenti milanesi che riunisce da Vinoir piccoli gruppi intorno ad alcuni temi del gusto poco battuti. Primo episodio: i vini ossidativi di mare, e non solo, accostati a una serie di piatti pensati da Andrea Rosselli e Silvia Moglie, i volti della cucina Vinoir.

A volte si crede che dietro le bottiglie più emozionanti si ritrovi la persona che le ha immaginate e consegnate al mondo. Certo, spesso è vero ed è bello pensarlo, ma qualche volta alcune bottiglie prendono il volo e abbracciano qualcosa di più grande. Superano tutto, persino l’uomo o la donna che le ha concepite, per iniziare a vivere una vita propria. Una vita sottotraccia, almeno finché qualcuno non rileva la loro natura eccezionale, che cristallizza evidenze e intersezioni e ne fa un punto di riferimento per gli assaggi a venire.

Ad esempio adesso so che all’intersezione tra ossidazione, freschezza ed evoluzione c’è il Marsala. O meglio, alcuni Marsala. O meglio, pochissimi immensi Marsala. Uno di questi è Josèphine Dorè 1998 di Marco De Bartoli, degustato proprio durante il primo incontro di SottoTraccia.

Josèphine Dorè 1998, Marco De Bartoli
Un vino incredibile. Dedicato da Marco De Bartoli alla nonna, la donna ritratta in etichetta. Nonostante le bottiglie siano coperte, tutti colgono immediatamente la stoffa di questo vino. La sua eleganza è così lampante da far calare subito un silenzio reverenziale. Josèphine Dorè è un vino che non esiste più, l’ultima annata risale proprio al 1998. Nasce dalla parte giovane del Vecchio Samperi, punta di diamante di casa De Bartoli e probabilmente dell’intero mondo Marsala. Incredibile come la filigrana ossidativa trascenda il classico sentore di noce per proiettarsi nelle dimensioni di una raffinatezza più delicata e rarefatta. Qui, in un equilibrio che supera la perfezione, si intrecciano una freschezza gioiosa e una tessitura di terziarizzazioni come ricami millimetrici a cui è impossibile dare un solo nome.

Les Sept, Laherte Frères
Ma andiamo con ordine. Il primo incontro di SottoTraccia si apre in realtà lontano dal mare con Les Sept dei fratelli Laherte. Sette come i vitigni storici dello Champagne: fromenteau, arbanne, pinot noir, chardonnay, pinot blanc, pinot meunier, petit meslier. Metodo Solera, partendo dalla prima raccolta del 2005. Una bottiglia che porta lontano grazie a un’apertura alare spaventosa. La complessità è la cifra stilistica che abbraccia esperienze in costante evoluzione, dove la freschezza rigenerante rivela uno sfondo di trame ossidative appena percettibili. L’approccio solare sui toni della frutta cede il passo a un lato più ombroso e severo, come in quelle giornate in cui piove e c’è il sole nello stesso momento. Il risultato è l’arcobaleno.

Bianco 2004, Dettori
Le manovre di avvicinamento alla costa si aprono con un pezzo di storia sarda, una magnum di Dettori 2004. Vermentino trasfigurato ed elevato sotto ogni punto di vista. Naso petrolifero, stuzzicante, perfettamente a fuoco, dimostra dieci anni in meno. La bocca, più larga, racconta invece ogni singolo anno trascorso, con un’ampiezza inclusiva che accoglie fiori secchi, erbe aromatiche, rimandi amaricanti e un principio ossidativo figlio del tempo e della splendida materia prima. Bello abbracciare il mare.

Fan De Voile 2004, Clot de L’Origine
Stesso anno, altra terra. Siamo in zona Languedoc-Roussillon, precisamente intorno a Perpignano, a una trentina di chilometri dal mare. Fan De Voile è il vino ossidativo di casa Marc Barriot, nasce da uve grenache gris e dalla tecnica del velo de flor, che regala un’ossidazione totale, pervasiva. Parte dal naso con il classico mallo di noce, profondo, senza esitazioni, e tinteggia il palato affermandosi secondo dopo secondo. Su questo solco scavato dall’azione dell’ossigeno provano a farsi strada sentori diversi tra cui ricordi di agrumi, qualcosa di asciutto e polveroso, vernice e torrefazione. Sotto il velo è un vino funky, che suona sbilenco, e lascia di sé il ricordo di una bevuta insolita e originale.

Pipa 3/4-2°, Dos Tierras
Pipa 3/4 è il Marsala prodotto secondo tradizione storica con la tecnica pre-british, che in sostanza non prevede l’aggiunta di alcol. Una splendida eredità tramandata di generazione in generazione, visto che già il bisnonno e il nonno di Pierpaolo Badalucco lo producevano così. Le uve arrivano dalla miglior vigna di grillo, particella 191. Nel bicchiere è uno spettacolo, ossidazione vivida e vibrante, posta ancor più in primo piano dall’assenza dell’alcol aggiunto. Pieno, avvolgente, ha un lato morbido quasi da mordere e un altro amarostico e terziarizzato, tra la foglia di tabacco e le spezie.

Marsala Stravecchio, Baglio Biesina
Al tavolo tra gli ospiti c’è Manfredi, amico siciliano, questo è il Marsala che producono in famiglia. Tre botti di rovere di Slavonia di fine Ottocento, leggermente scolme, lieviti originali del 1956, sole uve grillo. Di fatto, un pre-british. Il vino è prodotto in pochissimi pezzi, non esiste un processo di imbottigliamento programmato, ogni bottiglia è diversa dall’altra. Questa sul tavolo esplode un concentrato del mondo Marsala portentoso, vivido, cristallino, arriva al cuore in un lampo. Se prima siamo andati in Sicilia con un lungo percorso in treno, pieno di soste e ripartenze, questo è un viaggio in aereo con l’emozione di bucare le nuvole e atterrare dentro una delle tre botti. Grazie Manfredi.

Ribeiro Real – Sercial, Barbeito
Clamoroso questo Madeira di vent’anni di casa Barbeito che unisce sercial e tinta negra. Un vino elettrico, vitalità esaltante, esotico di spezie e frutta sciroppata, sferzate di verde e dolcezza sottile, di miele e zucchero candito. Affumicature, mineralità – ossidazioni fini, screziate – e sentori iodati che percorrono il sorso fino a condensarsi in cristalli di sale. Vino pazzesco, raffinatissimo, indimenticabile.

Josèphine Rouge 2004, Marco De Bartoli
Si chiude col botto con la versione rossa di Josèphine. Si narra che la bisnonna di Marco De Bartoli promise l’amore a chi avesse trovato il vino da accostare all’amatissima mousse al cioccolato. Ci ha pensato Marco ottant’anni dopo inventando questo vino dolce aristocratico, sottile ma con le spalle larghe, capace di farsi carico degli abbinamenti più audaci, degustazioni di fondente comprese.

Sottotraccia, sopra ogni cosa.
Salutiamo queste bottiglie nate da uomini con visioni ambiziose e volate verso dimensioni persino più elevate. L’intrico delle trame ossidative è solo un pretesto per esplorare il sottile equilibrio tra gli umani, le terre che vivono, il trascorrere del tempo e il mistero che ne regola i legami. Dinamiche velate, non alla luce del sole. Destinate a restare sottotraccia, per volare sopra ogni cosa.

 

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

4 Commenti

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GiGi Riva

circa 4 anni fa - Link

Marzullo, al vostro cospetto, principi e bomber della comunicazione, sembra una formichina

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Graziano

circa 4 anni fa - Link

Gigi, mi rammarica il fatto che il contenuto non sia di tuo gradimento. Colgo l’occasione per segnalarti una folta presenza di contenuti maggiormente in linea con le tue capacità di decodifica. Dai un occhio qui: www.google.com

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Lanegano

circa 4 anni fa - Link

Invidio molto i fortunati degustatori di questa serata, ho colto però la stranezza di non aver presentato un savagnin ossidato di Jura (tipo Aviet o Macle) o meglio ancora un vin jaune. Forse scelta troppo 'scontata' o ha fatto fede che lo Jura sia lontano dal mare ?

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Graziano

circa 4 anni fa - Link

Ciao Lanegano, sì esatto, la seconda che hai detto, il tema era il mare, di base. Poi c’è stata un’eccezione in effetti

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