Sono i lieviti a fare il vino? Bonus track: la botte di cemento, e la conservazione verticale

Sono i lieviti a fare il vino? Bonus track: la botte di cemento, e la conservazione verticale

di Redazione

Per la serie riceviamo e (molto) volentieri pubblichiamo, oggi è il turno di Alberto Muscolino, che così si è presentato: “da quasi 5 anni mi occupo di marketing web e social media per un’azienda automobilistica. Gli spazi che mi ritaglio li dedico al vino, la mia vera passione, che ho cominciato a esplorare più seriamente diventando sommelier AIS”. Ma ha aggiunto anche che “l’ironia è una cosa seria”, quindi ci pareva adatto all’ambientino. Ecco a voi, quindi.

Leggendo l’ultimo intervento dell’enologo Umberto Trombelli mi è tornata alla mente un’interessante visita in cantina di qualche tempo fa all’Azienda Agricola Giovannini di Imola. L’avevo conosciuta quasi per caso ad Enologica, l’evento bolognese che ogni anno offre una panoramica sui vini emiliano-romagnoli più rappresentativi ed ero rimasto piacevolmente colpito.

Tra tutti i sangiovese che avevano imbevuto le mie papille in quell’occasione, il loro vino di punta, il Giogiò, mi aveva lasciato di sasso perché era diverso: niente legno, solo cemento, solo lieviti indigeni, 15% di gradazione, ma nessuno squilibrio nella struttura. Tutto in un’armonia disarmante e soprattutto aveva superato la prova del tempo, il 2006 degustato era una goduria.

Detto ciò, per chiudere le feste in bellezza, il 6 gennaio organizzo una visita in cantina e vengo accolto da Jacopo Giovannini che mi porta subito a vedere le vigne e mi dice che quella è proprio una terra di confine, poco più in là il fiume Santerno sancisce il confine definitivo tra Emilia e Romagna. Entriamo nel vivo della questione perché io ho molti colpi in canna e fremo per capire, fugare i dubbi che continuano a confondermi le idee: che cosa vuol dire usare solo lieviti indigeni? Da dove vengono esattamente? E perché avete scelto di usare solo ed esclusivamente cemento? (+ un bonus track sulla conservazione del vino in cantina).

Schermata 2018-02-09 alle 12.00.20

Sui lieviti la discussione si accende, Jacopo ne ha per tutti e mi chiarisce subito il suo punto di vista: “non ha senso parlare di fermentazioni spontanee con lieviti indigeni semplicemente perché non facciamo il vino in laboratorio, in ambienti totalmente incontaminati”. E ancora: “dai lieviti presenti sulle bucce a quelli in cantina tutto subisce svariate contaminazioni e non può più definirsi, in nessun modo, integro”. Il fatto è che anche un piccione che si posa sull’uva cambia le carte in tavola e poi c’è l’uomo che raccoglie e tutto il resto che contribuisce a cambiare la natura dei lieviti e quindi la natura del vino, perché a ben vedere “sono i lieviti a fare il vino”.

La conclusione è di quelle importanti, ma del resto è una fase fondamentale della vinificazione e lo stesso Trombelli conferma che “è vero che sono stati selezionati ceppi di lieviti che caratterizzano e generalizzano il bouquet di un vino”. Di qui la sfida di provare a isolare solo i lieviti delle proprie uve e, grazie alla collaborazione con un laboratorio di microbiologia, dopo 4 anni di analisi e micro-vinificazioni il risultato è stato raggiunto: lieviti indigeni ottenuti.

Intanto siamo ancora in vigna, e la temperatura non è delle più miti a gennaio, ma almeno ho fatto chiarezza e posso passare alla seconda curiosità sull’uso del cemento mentre ci spostiamo in cantina. In realtà anche questa scelta – mi dice Jacopo – è il frutto della ricerca, sempre più convinta e radicale, di un vino che sia espressione pura del territorio. L’uso del legno viene concepito ancora in termini di “contaminazione” del prodotto finale, nel senso di cessione di sentori che non sono propri dell’uva e che non sono quindi ammessi dalla filosofia aziendale che punta all’integrità senza compromessi. Il cemento invece non cede nulla e, come il legno, permette una micro ossigenazione utile in fase di affinamento.

Ma le sorprese non sono ancora finite perché giunti nella parte di stoccaggio, noto che le bottiglie sono tutte posizionate in verticale e non nella classica posizione orizzontale: “questa mi è nuova! – esclamo – È una questione di spazio o siete dei sovversivi dell’affinamento?”, la risposta di Jacopo è più semplice del previsto: “che bisogno c’è di mettere le bottiglie in orizzontale per tenere umido il tappo quando l’umidità dell’aria qui è del 90%”. Passo e chiudo, fine delle trasmissioni, passiamo alla degustazione.

Scelgo tre vini ottenuti da tre vitigni autoctoni: due sangiovese e un trebbiano frizzante, e queste sono le mie annotazioni:

ABOCCAPERTA – TREBBIANO FRIZZANTE IGP – 2016
Un vino semplice e immediato, beverino e piacevole senza grandi giri di parole.

OPLÀ – SANGIOVESE IGP – 2016
Il colore è un bel rubino violaceo vivace, affina solo 3 mesi in cemento e lascia presagire tutta la sua giovane irruenza. È un po’ chiuso e anche freddo, all’inizio un profumo vinoso e di terracotta bagnata, poi escono accenni floreali delicati e ciliegia acerba, il tutto sostenuto da grande freschezza e tannino delicato. Anche qui la chiave di lettura è la semplicità, è un vino quotidiano da tutto pasto.

GIOGIÒ – SANGIOVESE IGP BIOLOGICO – 2015
Sangiovese 100% dalle vigne più vecchie, rese bassissime e 12 mesi in cemento. Il cambio di passo è netto, nonostante sia ancora chiuso e anch’esso un po’ freddo, qui l’impatto è intenso in tutto: rubino che vira verso il mattone, al naso terra bagnata, smalto, prugna rossa matura, amarena e cacao. È caldo ma nulla lascia presagire i 15% che vanta, perché tutto si tiene insieme meravigliosamente bene.
Ha ancora molti anni davanti a sé, in cantina, in verticale.

Alberto Muscolino

7 Commenti

avatar

Umberto Trombelli

circa 6 anni fa - Link

Salve, articolo edificante e stimolante: la curiosità di assaggiare quanto prima i vini imolesi del sig. Giovannini cresce. Vorrei fare alcune precisazioni se consentito: per quanto riguarda i lieviti sottolineo che sulle uve sane, integre, la microflora esistente sulla pruina formatasi all'esterno dell'acino è praticamente assente e quel poco che esiste risulta essere composto da lieviti poco adatti alla fermentazione alcolica dato che con pochissimo alcool scompaiono. Cosa ben diversa la rilevante quantità di lieviti presenti su uve rovinate da intemperie o malattie ma a quel punto forse, anche i più radicali concorderanno nel fatto che è difficile portare a casa vini bevibili senza intervenire pesantemente. I lieviti vivono soprattutto nelle cantine ove, finito il loro ciclo, svernano. I produttori coscienziosi che si selezionano in casa i propri lieviti dimostrano che l'Enologia è una cosa seria e non una pratica di stregoneria nata per avvelenare il prossimo. Ribadisco ancora una volta che l'uso accorto dei lieviti selezionati permette di controllare meglio il processo senza incorrere in determinati incidenti; ma, soprattutto, non influenzano minimamente il corredo organolettico di un vino se non per il fatto che ne riducono i possibili difetti. Le vasche di cemento hanno avuto un periodo buio verso gli anni '70 - '80 - '90 perchè l'acciaio entrò violentemente nelle cantine. Materiale leggero, duttile, trasportabile, modificabile, lavabile ma soprattutto economico; non è mai stato il materiale più adatto per la conservazione del vino, anzi. Giacomo Tachis, nella sua lungimiranza, fu il primo ad avvicinarsi e il primo a odiarlo e a chi gli chiedeva perchè fosse tornato al cemento rispondeva: "Lei preferirebbe vivere in una casa di acciaio o in una di mattoni e cemento?". Credo che, ancora oggi, questa domanda- risposta spieghi molte cose. In tutto ciò non dimentichiamoci del legno: va considerato, studiato e usato in base alle sue caratteristiche e a ciò che dà al vino. Chi estremizza nell'usarlo troppo o troppo poco si autolimita. Non mi dilungo troppo e chiudo con una ultima considerazione sulla conservazione delle bottiglie in verticale o orizzontale: l'umidità dell'ambiente dove si conserva il vino imbottigliato c'entra poco nella scelta di come stoccare. Bisognerebbe scrivere un trattato per spiegare su come meglio conservare le bottiglie perchè le considerazioni tecniche e le variabili sono tantissime. Di sicuro l'umidità è forse la variabile più marginale: il tipo di imbottigliamento ( se volete, il periodo), la scelta della bottiglia, del tappo (inteso per tipo, qualità, dimensione)la temperatura dell'ambiente, le vibrazioni, la luce, la durata nel tempo.... un saluto. Umberto Trombelli

Rispondi
avatar

Alberto Muscolino

circa 6 anni fa - Link

Grazie per aver aggiunto ulteriori elementi interessanti, del resto la materia è vasta e complessa e vale la pena alimentare la discussione. Ad ogni modo abbiamo contribuito a gettare luce anche sui lieviti, questi sconosciuti! Un saluto e alla prossima!

Rispondi
avatar

Jacopo Giovannini

circa 6 anni fa - Link

Grazie as Alberto per aver sottolineato cje la materia é vasta e complessa e grazie mille al Dott. Trombelli per le sue bellissime precisazioni. Buona serata, Jacopo Giovannini

Rispondi
avatar

Alberto R

circa 6 anni fa - Link

Dato che nell'articolo non se ne parla, consiglio vivamente di provare anche l'Albana prodotta da Giovannini, direi ancora più espressiva dell'ottimo Sangiovese, e se avrete la possibilità di assaggiare qualche vecchia annata, rimarrete sbalorditi per la longevità che può avere questo vitigno.

Rispondi
avatar

Carlo Tabarrini

circa 6 anni fa - Link

Ma se i lieviti non sono nella.buccia dell' uva, chi li seleziona, dove li seleziona? E soprattutto, chi ce li porta in cantina ? 🤔 P.s. la selezione dei propri lieviti, da origine , sempre che sia integrale, ad un gruppo di indigeni di quell'annata.

Rispondi
avatar

Umberto Trombelli

circa 6 anni fa - Link

I lieviti , per chi non fa uso dei selezionati, si selezionano e svernano in cantina, sulle superfici dei contenitori, delle tubazioni, dei macchinari ecc.ecc. Ce li porta la movimentazione di tutte le cose, il vento, le mani, i vestiti, le cassette, l'aria in genere. Hai mai raccolto un fungo nei boschi? La parte che tu chiami fungo non è che l'agente riproduttore del fungo; dalle lamelle sottostanti il cappello si diffondono le spore che daranno origine ad un altro fungo. Il vero fungo tu non lo vedi perchè è alla base del terreno con le sue ramificazioni. I lieviti sono funghi microscopici unicellulari che viaggiano nell'aria, sugli oggetti e , anche sull'uva, ma in misura limitatissima: a meno che la buccia dell'uva non si rompa e allora, dopo poco tempo, quei rarissimi si riproducono e diventano miliardi. Rispondendo alla seconda domanda, i lieviti che svernano in cantina si sviluppano l'anno dopo e, in base all'andamento dell'annata possono svilupparsi tutti, pochi o alcuni ma in genere sono sempre quelli: per cui la risposta è Ni, ecco perchè i lieviti selezionati, che sono sempre quelli che svernano in cantina, sono più affidabili e sicuri. Spero di averti fatto più chiarezza, o forse no. Saluti

Rispondi
avatar

Carlo Tabarrini

circa 6 anni fa - Link

Più o meno. Comunque , basta fare un piede ogni anno , e buonanotte. 😉

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.