Sicilia-Milano: sbandata per Arianna Occhipinti
di RedazioneGiorgio Michieletto si occupa di cronaca rosa, e siccome lo sappiamo che nessuno è perfetto non abbiamo fatto battute. Però è un allievo sommelliere e ci ha mandato questo ed ecco, ci piaceva pubblicarlo.
Cercando la Sp68 – “un luogo magico dove la terra si colora di rosso ed è pettinata dal vento che arriva dagli Iblei”, come dice Arianna Occhipinti – mi trovo a Milano, a 500 metri da viale Zara. Mica tanta magia, ma forse non sono del tutto fuori strada. Voglio conoscere la Natural woman (titolo del suo libro edito Fandango), la guerriera romantica, il futuro della viticoltura, il simbolo di una generazione che non si arrende (fine dei corsivi), una delle 100 best of 2016 per Intravino. Arrivo all’enoteca Surlì dove Arianna ammalia un gruppo di milanesissimi bevitori, molti giovani come lei, reduci da una giornata di ufficio e nebbia che prende a calci l’equinozio di primavera.
Immaginate i vigneti ad alberello, i muri a secco. Poi metteteli da parte, qua si respira asfalto in purezza. Lei subito sa come farsi perdonare il ritardo: «In città c’è un fermento pazzesco, da capitale europea». Oh, Milano, sono contento che ci sei. Alla facoltà di Enologia – che sì, Arianna ha frequentato sotto la Madonnina – qualcuno la chiamava “stregona”. Oggi è una musa che racconta, con gesti e parole, il suo incantesimo rosso che unisce l’Italia, e del resto persino Salvini non la vuole più spaccare.
Dalla sua azienda agricola, sulla provinciale che da Vittoria (Ragusa) va verso nord – la Sp68 appunto – è partita alla conquista dei sogni. Ed è diventata grande, pur nella sua classe 1982, con un mix di profonda cultura del Sud ed efficace comunicazione nordica, tradizione e marketing, credendo nella filosofia naturale-biologica-biodinamica, senza mai farne una crociata che divide. Non è un’integralista («lo sono stata, ma mi sono pentita») e solfiti, anche se pochi, ne usa. Natural-chic: se ci fosse la fashion week del vino sarebbe una star. Produce ormai 120-130mila bottiglie, ne esporta la maggioranza, ma coltiva fiera l’accento della sua terra per parlare a noi uomini metropolitani. Autentico colpo di genio. Già, autentico, parola d’ordine per stappare le sue bottiglie che sembrano avere tutte un filo d’Arianna, una fresca eleganza rustica.
Da Il Frappato (Frappato Sicilia Igt, 2014) ti aspetti un vino fresco, perfetto col primo sole che tarda ad arrivare, ma appare più complesso, a tratti spigoloso: vinificato in purezza si sente la frutta rossa, ciliegia, prugna e spunta l’arancia, poi spezie dolciastre. Arianna fa notare che ha una bella potenzialità di invecchiamento. Tocco shabby chic.
Originale anche il Siccagno (Nero D’Avola Sicilia Igt , 2014) che però ti spiazza all’opposto e si capisce prima. Non sembra un meridionale, scordatevi effetti marmellata. Va via veloce e pulito come la metro della nuova linea Lilla che ferma qui vicino. Alcol non prepotente, acidità intensa. Si sentono ciliegia, mora, ma anche rosmarino, qualcosa di selvatico (selvaggio?). Le diciamo eucalipto e lei sorride: ce n’è uno in vigna. Agile, ma persistente, di grande beva, ti invita a risalire in carrozza, come tutti i vini Occhipinti. Ruffiani? No. «Mangiateci sopra», dice lei.
Ultimo, ma primo all’assaggio, il famoso Sp68 (Sicilia Rosso Igt, 2015), blend di frappato (di più) e nero d’Avola (di meno, molto di meno). Non imbottigliato come Docg Cerasuolo di Vittoria perché è un po’ ribelle. È il suo bello. Ciliegia e fragola per un entry level («così si capiscono le cantine», sostiene Arianna), pensato per tutto pasto: l’equilibrio sembra buono. Bottiglia di meritato successo commerciale. Ma questa Sicilia nel bicchiere è un’altra cosa da quella che abbiamo – anzi, ho – in testa. Sarà senz’altro il terroir di Vittoria che trasmette freschezza, come precisa Arianna, ma ci piace pensare che questi vini siano anche un po’ anche nostri, siciliani nel Dna e “milanesi” d’adozione. Imprenditori di se stessi, con le radici nel passato e lo sguardo internazionale al futuro. Se perdi la strada esplodono come airbag di profumi e ti rimettono subito in carreggiata.
15 Commenti
Serena
circa 7 anni fa - LinkGran penna! Effettivamente Arianna è una grande comunicatrice, ma secondo me i suoi vini hanno acnora bisogno di essere aspettati
RispondiLuigi
circa 7 anni fa - Link..di essere un po' più franchi.
Rispondidavid
circa 7 anni fa - LinkDi essere un po' più buoni anche. L' SP68 è uno dei vini più sopravvalutati mai bevuti. Anche grazie a blog ed "espertoni" di vino.
Rispondipaolo miano
circa 7 anni fa - LinkGran penna e poco sugo.
Rispondimassimiliano
circa 7 anni fa - Linkha ragione il giornalista, sono un po' "milanesi"
RispondiAlvaro pavan
circa 7 anni fa - LinkSono vini fatti da chi sa come fare vino, e non del dilettante allo sbaraglio che vuol far passare i suoi errori come un plusvalore di naturalità. I vini della occhipinti sono espressioni di finezza e precisione aromatica, tipici di terreni dominati dal calcare e sono profondamente siciliani. Brava
RispondiDaniele
circa 7 anni fa - Link"Finezza non direi", senza nulla togliere ai suoi vini.
RispondiDaniele
circa 7 anni fa - Link"finezza" non direi.
Rispondidamiano
circa 7 anni fa - LinkDefinite un vino shabby chic non si può proprio sentire.
RispondiFP
circa 7 anni fa - LinkLa signora Occhipinti è il classico miracolo del marketing. Va al primo maggio ad urlare che ha "le mani sporche di terra" poi si fa fotografare con la borsa di Burberry sullo sfondo. No Comment
RispondiMatteo
circa 7 anni fa - LinkEcco appunto. hai anticipato quel che volevo scrivere, quindi mi accodo e sottoscrivo. Buone banalità a tutti :-) M
RispondiMarta
circa 7 anni fa - LinkNon è solo un miracolo del marketing perché poi il suo vino si beve e non delude. Anzi.. E anche per fare marketing bisogna avere talento: post interessante e magistralmente scritto.
RispondiAlvaro pavan
circa 7 anni fa - LinkEh, la finezza... questa sconosciuta...
RispondiCapex
circa 7 anni fa - LinkArianna Occhipinti o meglio i suoi vini sembrano essere entrati nelle grazie degli wine bloggers per motivi che vanno oltre il valore oggettivo degli stessi, come altri produttori sono unanimemente condannati all'oblio per gli stessi motivi. Ho bevuto l'SP68 rosso e non l'ho trovato niente di che, ma lei stessa lo ritiene un onesto vino giornaliero (non per il prezzo aggiungo io). In soldoni se ad una degustazione venisse presentato come prodotto di uno dei produttori per la massa verrebbe stroncato senza tante storie. Naturalmente è solo il mio parere.
Rispondigabriele
circa 7 anni fa - LinkProvai il Frappato a Milano, prima che fosse inondato dai premi e lodato da chicchessia e lo trovai un grande vino. Poi provai anche i due SP e continuo a pensare che il Frappato sia un grande vino.
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