Semuda del Doss: il “formaggio dei contrabbandieri” riscoperto e abbinato

Semuda del Doss: il “formaggio dei contrabbandieri” riscoperto e abbinato

di Giorgio Michieletto

Per incontrare lo “sciamano della semuda” devi arrampicarti fino a Civano, frazione di Dosso del Liro che con i suoi 259 abitanti fa comune in cima al lago di Como. Qua gli indigeni sono chiamati “gufi” e in quella che fu una vecchia caserma della Guardia di finanza c’è una osteria-enoteca a cui il giovane chef Plinio Bossio ha fatto spiccare il volo.

L’Aquila d’oro è un laboratorio del chilometro (sotto) zero ma, soprattutto, un tempio per gli amanti della semuda, un formaggio-culto semi sconosciuto che nasce come sottoprodotto della produzione del burro (una volta maggior guadagno del casaro), ed esiste da almeno 300 anni con le stesse tecniche di lavorazione. Una volta, su queste strade, i contrabbandieri e gli spalloni facevano la spola con la Svizzera; oggi nella “caserma” di pietra dello chef Plinio fanno avanti e indietro i casari del posto.

Sono uomini di poche parole perché mettono tutto nelle forme. Il “Doss” – secondo molti esperti – sarebbe un cru della semuda, ottenuta da latte crudo di vacca scremato: viene lasciato riposare in conca per 48 ore e poi scremato per affioramento manualmente prima della cagliata. La stagionatura media va da circa  40 giorni ai 18 mesi. In una serata “de sfroos”, con amanti di questo prodotto iper-locale, scaliamo una verticale di poesie con la crosta con abbinamenti clandestini e azzeccati. Contrabbandieri di emozioni forti.

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L’unica concessione al non latticino è una coppa di testa abbinata a Nusserhof Lagrein Kretzer 2014. Intrigante. Croccantezza ed estrema pulizia, gelato alla panna con fragole fresche. Per arrivare alla semuda si deve cominciare da una ricottina (più ona che ina) che finisce poi giustamente dentro a un raviolone con ortiche. Plinio ci inserisce al centro anche un tuorlo crudo che va a prendere nel pollaio prima di accendere l’acqua di cottura.

Si gioca con la consistenze e con Collio Rosso DOC “Miklus” 2013 di Draga, morbissimo blend merlot e cabernet sauvignon. Un tappeto di velluto tutto rosso. Frutti di bosco, confettura di ciliegie e lamponi, bellissima persistenza e mineralità. L’abbinamento è centratissimo. Lo proviamo con un tris di caprini stagionati circa due mesi ma fatica nella chiusura. Ci viene in soccorso la Ribolla 2009 di Gravner che al settimo giorno di apertura della bottiglia è più viva che mai.

Se dimentichi il bon ton e la provi con le croste spesse del formaggio puoi prendere la bricolla, metterci dentro tutto quello che hai – comprensi sogni e ricordi – partire per il paradiso e non tornare più. Fiori secchi, cardamomo e anice appena accennato, albicocca disidratata coperta di miele, cera e resina, rosmarino e l’acqua del lago che viene spazzata da un vento salmastro.

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Dagli appunti, che cominciano a diventare sconclusionati, spuntano assaggi di formaggi vaccini con stagionature 2017, 2016, 2008 e 2007. L’abbinamento con quest’ultimo è ostico ma Antonelli Montefalco Sagrantino 2010 ti da una sferzata di tannino e puoi ripartire sul sentiero. Tabula rasa con uno schiaffo di amarene e more in un cesto di foglie di alloro, chiodi di garofano, china e cacao.

Teniamo duro e con i vini non facciamo nessuna concessione al territorio, neanche alla Valtellina che è dietro l’angolo, ma sappiate che qui, nell’Alto Lario, quando qualche turista chiede un piatto di pizzoccheri si prende una semuda in faccia. Questo formaggio nella cucina dell’Aquila d’oro entra nei risotti invernali e nei suoi famosi gnocchi al cucchiaio con farina di Vercana e olio del Lario.

Sul nostro tavolo il formaggio dei contrabbandieri si mostra “on the rocks”: stagionatura di due mesi e di un anno. In Bolgheri Superiore Doc Grattamacco 1999 Plinio ci trova i profumi del minestrone tiepido. La bottiglia sembra raccontare tutto quello che può. È una aiuola di erbe aromatiche su cui passi per sbaglio col tagliaerba. Mirto, felce, ginepro e rabarbaro con un po’ di viola. Cuoio di una scarpa dimenticata in soffitta e camino spento da qualche giorno su cui Plinio ha affumicato la ricotta salata e pepata. Ricordo della resina di Gravner.

Marco De Bartoli Marsala Superiore Riserva 10 anni sfida in persistenza la semuda anche più stagionata: miele e mensole, datteri, un po’ di fieno e panettone coi fichi e noci. Le aquile osano e la semuda col rum di Madeira William Hinton aged 3 years sprigiona un mix si nocciole, vaniglia e note di terra.

Tanto vale lasciare giù la bricolla e diventare pirati per andare a caccia del mostro del lago.

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Giorgio Michieletto

Giornalista professionista: ieri cronaca nera, oggi rosa. Ieri, oggi e domani: rosso, bianco & co. Varesino di nascita e cuore, milanese d'adozione e testa. Sommelier Ais. Se c'è una storia la deve raccontare.

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Maurizio

circa 6 anni fa - Link

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