Sakè e formaggi di capra. Dirige il sergente Hartman

Sakè e formaggi di capra. Dirige il sergente Hartman

di Graziano Nani

Tra le varie contraddizioni che governano le nostre vite ce n’è una che trovo particolarmente interessante. È quella che un giorno ci porta a cercare ciò che conosciamo e ci fa sentire protetti – quella bella poltrona che ha preso perfettamente la nostra forma – e cinque minuti dopo, tipo sergente Hartman, ci urla di alzare il culo per fare qualcosa di nuovo, qualsiasi cosa possa nutrire il nostro spirito consunto come le pantofole che non cambiamo da dieci anni.

Domenica scorsa il Sergente Hartman era particolarmente su di giri, così ho deciso di obbedire ai suoi ordini con una degustazione di sake in abbinamento a una selezione di formaggi di capra. Se il sake lo conosco solo di striscio, con il lattosio devo dire non ho un rapporto molto disteso. Solo la capra, in genere, non mi dà problemi, così decido di rischiarmela. Se non è avventura questa.

L’occasione è quella di “All’ombra della Madonnina”, concorso caseario dell’Onaf che ha premiato i migliori formaggi, yogurt e latticini caprini italiani e di altri paesi come Giappone e Croazia. Alla guida dell’assaggio dei formaggi Beppe Casolo. A quella dei sake Marco Massarotto, Presidente dell’Associazione Culturale La Via del Sake. Una degustazione in libertà dove abbiamo giocato a provare parecchi degli abbinamenti possibili tra i 3 sake e i 5 formaggi. Ecco le combinazioni che ho trovato più interessanti, considerando che non ci sono stati mai grandi contrasti perché, come vuole il famoso proverbio giapponese, il sake non litiga mai con il cibo.

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Stracchino di Capra (Azienda Agricola La Pèta)
Sake Hirai Rokuemon (Produttore: Kikonotsukasa)
Il primo formaggio è uno stracchino di capra de La Pèta, azienda della bergamasca, con 61 giorni di vita e una crosta con una leggera muffatura che al tatto si presenta elastica e sottile. Le sensazioni che sprigiona questo prodotto sono poco intense, con uno spettro olfattivo semplice che include sentori di muffa delicata, lieviti e burro fresco, e una totale assenza di ircino.

Hirai Rokuemon è un sake di tipo Junmaishu che mostra una certa affinità con lo stracchino data dalla semplicità che lo contraddistingue. È praticamente incolore, con leggerissime striature verdoline. Ha un’intensità media calibrata su note tostate di frutta secca e farina di riso, con un leggero tocco caseario, mentre l’elemento frutto è praticamente assente. La percentuale di levigatura del riso è del 60%.

In bocca, insieme, si accarezzano orchestrando un dialogo quieto e sottotraccia. Il sake, con il suo 17% di volume alcolico, prende per un attimo il sopravvento sul formaggio che però ritorna poco dopo con personalità, aiutato dalla persistenza fuggevole del vino di riso.

Formaggella del Luinese al latte crudo (Azienda Agricola Il Vallone)
Sake Hirai Rokuemon (Produttore: Kikonotsukasa)
La Formaggella del Luinese, insieme alla Robiola di Roccaverano, è l’unico formaggio di capra DOP. Questa, che nasce nella zona del varesotto, invecchia minimo 20 giorni e presenta un accenno di occhiatura e una buona elasticità. Sprigiona una dolcezza ampia e delicata, con sensazioni animali ridotte a riverberi lontani. Rispetto al primo formaggio l’intensità olfattiva è un poco più marcata, con note di fieno e di nocciola e un’acidità di impronta vegetale.

La logica non cambia molto rispetto a prima. Hirai Rokuemon se la gioca bene anche sulla formaggella e anzi, l’equilibrio qui risulta ancora più calibrato rispetto a prima, in un dialogo bilanciato e ragionevole. Questo sake, al naso, tra tutti è quello con i sentori che mi sono più familiari. Ha un che di floreale che trovo relativamente semplice da leggere, mentre gli altri complessivamente risultano per me più esotici e a tratti imperscrutabili.

Formaggio a crosta fiorita (Azienda Agricola Elleboro)
Sake Taxi Driver (Produttore: Kikuzakari)
Siamo sempre nel varesotto, con un formaggio certamente più complesso dei precedenti e costituito da tre parti. La crosta fiorita, una parte proteica nel sottocrosta che tende a sciogliersi nel piatto e la parte più interna di consistenza gessosa. Le sensazioni si fanno più forti, qui emerge l’animale con il tipico ircino della capra, seguito da sentori di ammoniaca.

Parliamo di Taxi Driver, sake dal nome particolare supportato da un’etichetta dove campeggia il faccione di Robert De Niro. Tipologia: Junmai Genshu Nama. Percentuale di levigatura del riso: 55%. Non pastorizzato, non diluito, alla vista ha qualche tocco di verdognolo in più rispetto al primo, e una personalità più spiccata. Al naso e in bocca lo sento decisamente più rustico, prevale la buccia di banana, seguita da porridge e sentori caseari, poi a tratti emergono accenni di albicocca. Chiude la frutta secca.

Taxi Driver e crosta fiorita se la intendono bene, rusticità e sentori animali si incontrano su registri ruvidi in un tripudio di sensazioni selvagge ma mai sopra le righe.

Formaggio a pasta cruda La Capra (Azienda Agricola Yoshida Kosan)
Sake Junmai Ginjo (Produttore: Hakkaisan)
Formaggio giapponese con 160 giorni sulle spalle, presentato direttamente dalla produttrice. Il suo obiettivo, dice lei stessa: realizzare un formaggio di capra in grado di piacere anche a chi non ama il genere. Alla vista è sorprendentemente giallo e, pur non essendo secco, è caratterizzato da una bella granulosità. È intenso ma non c’è traccia di animale, i sentori sono molti e si accavallano tanto che in degustazione si sente parlare di umami. Ha spezie in sottofondo, un’untuosità che tende a farsi notare e riempie la bocca con note piacevoli vicine a quelle del caramello. Tra tutti, il mio preferito della serata.

Il terzo sake si chiama Junmai Ginjo, come la tipologia a cui appartiene. La percentuale di levigatura del riso, ancora una volta, è del 55%. Alla vista è perfettamente trasparente, mentre in bocca è l’unico fra i tre in cui emergono chiari i sentori della frutta tra cui banana, melone e anche qualcosa di più guizzante come una mela verde.

Insieme in bocca danno vita a un dibattito appassionato che però non sfocia mai in rissa. I sapori si alternano guadagnando spazio e attenzione gli uni sugli altri. Ma alla fine, in bocca, quello che resta è il formaggio, la cui persistenza risulta superiore.

Blue Dessert ai frutti di bosco (Azienda Agricola T.O. Brema)
Sake Junmai Ginjo (Produttore: Hakkaisan)
L’ultimo assaggiato è un formaggio erborinato della zona di Belluno con più o meno cento giorni di età, trattato con miele e frutti di bosco essiccati. Davvero ricco e accattivante, con note di fungo e lievito. L’erborinatura si bilancia bene con la dolcezza del miele e la muffa, che non eccede e non sfocia mai in sentori pesanti o metallici, si scioglie perfettamente nella pasta.

I sentori fruttati del Junmai Ginjo di Hakkaisan giocano bene anche sul Blue Dessert creando intrecci interessanti e senza spigoli, con i frutti di bosco del formaggio che emergono a sprazzi dall’intreccio erborinato regalando sensazioni che non si vorrebbe smettere mai di sentire.

Missione compiuta. Stasera Sassella, polenta della Valtellina e poltrona sfondata. Ma non ditelo al Sergente Hartman.

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

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