Saison de L’Ouvrier, LoverBeer. Il genere di bevuta che vorresti rivelare ad ogni enofilo

Saison de L’Ouvrier, LoverBeer. Il genere di bevuta che vorresti rivelare ad ogni enofilo

di Fiorenzo Sartore

Te la ricordi la prima regola del Fight Club? Non parlate mai del Fight Club. Mentre bevo Saison de L’Ouvrier di LoverBeer penso alla mia storia con la birra (artigianale) e al micromondo che la anima. Che è precisamente un Fight Club. Quasi impossibile entrarci, e se ci sei dentro devi stare schiscio, acquattato, devi afferrare gli elementi di conoscenza facendo finta di niente: passavo di qui per caso, che bevete? Se ti va bene, e ti deve andare benissimo, nessuno si accorge di niente e qualcuno ti risponde, ti prende per mano, ti porta da qualche parte.

Sembra una sera come tante, come tantissime, sei nel tuo ostu del cuore, ti dicono: prendi quella, assieme alla tua bruschetta. La porti al naso e finisci subito male. Che cosa succede, che c’è in questo bicchiere? Perché io che ho annorum di esperienza di assaggiatore di vino ora non riesco a schiodarmi da ‘sta dannata pozione effervescente? Cosa diamine ci avete messo, qua dentro? Leggo la retro etichetta, “Farmhouse sour ale”, e dopo sarà anche peggio.

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Questa birra, ispirata alle antiche Saison, viene fermentata in tini di rovere per mezzo di lieviti selvaggi ricavati dalla “spontanea” di casa LoverBeer, la BeerBera. Luppoli nobili inglesi le conferiscono le tipiche note di uno degli stili tradizionali più amati del Belgio.

“Di colore leggermente ambrato, opalescente con note vinose, lattiche e fresche nel naso, la Saison de l’Ouvrier ci porta all’istante indietro nel tempo alle birre dei contadini prodotte in inverno nei minuscoli, fatati villaggi della provincia Vallona dell’Hainaut. Mai opprimente, le sue note acidule, fresche, citriche e maliche unite a un gusto amarognolo danno freschezza e fruttato rendendola un’irresistibile birra rinfrescante e dissetante” – Lorenzo Dabove aka Kuaska.

Che diavolo è una farmhouse? È una Saison à l’ancienne. Stile birrario antico come racconta anche l’etichetta. Mi dice, bb: lo senti l’odore di farm? Di fattoria? Il fieno, l’aia, il pollaio, qui c’è tutto. Io penso: certo che lo sento. E penso anche: che ci faccio stasera qui in una farm belga di un secolo fa? Chi mi ci ha teletrasportato? E soprattutto: perché non voglio andare più via?

Non ci sono descrittori e parametri utilizzabili nell’enomondo, tutto si sfascia e si sfalda con questa birra nel bicchiere. È appena acida e fresca, è corroborante, ampia, deliziosa, prossima alla perfezione. Al naso ha agrumi, erbe, fieno, pungenze da stallatico appena evocate. In bocca ha leggerezza e carattere nello stesso tempo, è irresistibile la bevuta, la durezza è contenuta, quasi non riesci a smettere. La versatilità di abbinamento è spiazzante: sulla bruschetta ci sono burrata e gamberi, tutto quanto si compone armonicamente. È il genere di esperienza che ti fa pensare: domani ci torno. Soprattutto, il genere di bevuta che vorresti rivelare ad ogni enofilo.

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

1 Commento

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Alberto Niceti

circa 5 anni fa - Link

Le IGA (italian grape ale - unico stile birraio italiano riconosciuto internazionalmente! ), sopratutto declinate nelle versioni acide/selvagge, magari con fermentazioni spontanee innescate dalla macerazione con uva sono quanto di più vicino ad un vino naturale. In un paese come l'italia che primeggia in fatto di vini, dovrebbero essere sempre più spesso messe in carta nei ristoranti per offrire un' intrigante alternativa o per creare paragoni gustativi con il nettare di Bacco.

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