“Quelli che le guide” 2011 | Un grande futuro dietro le spalle?

di Andrea Gori

Dalle cattiverie sui blog fino alla critica aperta e e feroce nei confronti dei vini “cosiddetti naturali”: durante il convegno Quelli che le Guide, annuale ritrovo delle 6 guide del vino più definitive d’Italia, non ci siamo fatti mancare proprio nulla. Sul palco dei vip, i soliti noti:  Giampaolo Gravina (Espresso), Giorgio Melandri (Gambero Rosso), Mario Busso (Vini Buoni), Giancarlo Gariglio (SlowWine), Daniel Thomases (Veronelli) e Ian d’Agata (Wine Academy, Roma).

Cinque i temi lanciati dal moderatore Guido Ricciarelli (TCI, ex colonna di Spirito diVino) sui quali si è acceso il dibattito su passato e futuro delle guide:

  • Andare oltre il punteggio?
  • Ritorno alla scrittura: dai numeri ai simboli
  • Exploit dei vini naturali
  • Il rapporto tra guide e mercato
  • Quali le aree di miglioramento?

Potevamo limitarci a copiaincollare il comunicato stampa? Certo che no. Eccovi dunque un breve riassunto di ogni intervento, seguito dai voti che, obviously, sono espressi in centesimi.

Gianpaolo Gravina – Guida vini L’espresso
Siamo in un momento di passaggio della critica enologica e il superamento del punteggio è il sintomo della crescita anche in dignità del “libro sul vino” in genere. Il settore è cambiato velocemente e ora si registra il passaggio alla fase adulta: si è smesso di premiare vini morbidi ricchi e polposi e si da più spazio alla complessità. D’altronde il ruolo del vino è cambiato e cambiano anche le guide. In futuro resterà la guida agli acquisti con il punteggio ma non potrà più essere da solo. Non finisce il tempo dei voti, finisce il tempo in cui il voto non viene spiegato e interpretato.
Voto 75: fosse per lui la guida avrebbe 12.576 pagine e sarebbe divisa in tomi e dispense. Il bello è che la leggeremmo tutta d’un fiato

Giorgio Melandri – Guida vini del Gambero Rosso
I punteggi sono utili ma giudicare un vino è più narrazione che valutazione. Le fasce di prezzo del Gambero Rosso riflettono anche questo, una realtà troppo mutevole per essere imprigionata dai numeri. Il ruolo del critico si è fatto più complicato, se vogliamo anche più completo. Le guide sono cambiate rispetto al passato perchè anche il vino è cambiato. Oggi bisogna tematizzare e diventare specialisti in qualche filone o gusto particolare come sta tentando di fare Slow wine.

Il linguaggio poi è fondamentale, i territori hanno fatto un gran lavoro sull’identità definendo meglio le caratteristiche vincenti. C’è poi il discorso della filiera, con realtà molto diverse per dimensioni e impostazioni produttive. Il Gambero Rosso non decide le ideologie a priori e non ha criteri da far prevalere se non quello di scegliere ottimi vini. Il rapporto con il mercato, nel senso di “vendita in libreria” è solo un momento di passaggio: le guide devono recuperare il rapporto col web in maniera utile, altrimenti appariranno vecchie e superate già dall’uscita in commercio.
Voto 80: Melandri è uno che ha scelto di scegliere e lo ha fatto con coraggio. In più ha dimostrato, durante lo scontro con il Consorzio dei Colli Bolognesi, un coraggio da leone, buttandosi a capofitto nella mischia delle polemiche. È riemerso un po’ ammaccato, ma più forte che pria.

Daniel Thomases – I vini di Veronelli
La parte narrativa è sempre fondamentale e vorremmo aumentarla, anche trattando meno aziende. Il punteggio è importante per il consumatore, ovviamente, perchè è a lui che ci rivolgiamo. Alcuni vini, forse fatti seguendo certe filosofie, sono quelli che mi interessano di meno. A me piacciono vini che esprimono il carattere del terroir da cui provengono.

Ho molti dubbi sui vini bio e naturali, la guida li segnala con un simbolo, ma per me non ha alcun interesse: non è corretto definire questi puliti e, di conseguenza, gli altri cattivi. D’altronde i vini più buoni del mondo sono convenzionali! A me piacciono e basta, chi se ne frega di quello che fanno in vigna! Un consiglio ai produttori: se fate agricoltura bio o naturale, meglio non strombazzarlo troppo con proclami e certificazioni. Per quanto riguarda il rapporto delle guide con il mercato, ritengo sia finita l’epoca dei vini premiati che automaticamente diventano best seller.
N.c.: Dieci anni fa Veronelli iniziò a tifare per i vini naturali. Il suo collega Gigi Brozzoni ancora oggi partecipa alla manifestazione del Leoncavallo voluta da Gino. L’unico ruolo che ha Thomases nella guida Veronelli, è “far rivoltare il Maestro nella tomba”.

Giancarlo Gariglio Slow Wine
La nuova guida nasce in parte dal lavoro fatto in passato con il Gambero Rosso, ma con un occhio privilegiato al lavoro in vigna. Il racconto non ci ha impedito di segnalare con dei simboli i Grandi Vini, le Chiocciole e i vini Slow e altro. Abbiamo affrontato tematiche nuove e importanti, compreso il comparto biologico, e le visite in cantina ci hanno dato la sicurezza nel giudicare che prima ci mancava.

Capitolo vini naturali: abbiamo cercato di classificarli nella scheda aziendale, ma la definizione è troppo ampia, occorre tempo per spiegare un mondo semplice ma molto suddiviso e battagliero. Sia chiaro: la nostra non è una guida del vino bio o green (nessuna corsia preferenziale), ma di certo c’è un attenzione specifica e un tentativo di spiegare ai lettori una filosofia diversa. I margini di miglioramento sono ancora tanti, e nelle prossime edizioni vorremmo scrivere schede più belle e piacevoli, facendo parlare di più i produttori.
Voto 65: metà dei temi riguardavano la sua guida, ma Gariglio è ancora troppo timido per accorgersi dello sconquasso che ha provocato. Che poi tutto questo serva solo a mantenere in vita i colleghi, è un altro paio di maniche.

Mario Busso – Vini Buoni Touring Club Italiano
Sono d’accordo con gli altri colleghi sul fatto che la scrittura è fondamentale, consorzi e strutture chiedono in continuo di aumentare lo spazio dedicato al   territorio. Purtroppo l’approfondimento viene lasciato da parte per motivi di spazio anche se cerchiamo sempre di dedicargli attenzione. Per noi simbolo e voto sono essenziali perchè rendono comprensibile l’enorme lavoro di degustazione (25mila vini!).

Sul mercato delle guide c’è da dire che è ancora ampio anche se siamo nel pieno della crisi, ma c’è una propensione al ritorno della guida scritta soprattutto quando è “tematica” come la nostra. Per quello che riguarda la critica enologica sul web non ho molta fiducia: dietro i nickname spesso ci sono giudizi di convenienza e non la reale autorevolezza che invece è proprio delle guide o degli esperti del settore. Il mio parere sui vini “veri e naturali” è che oggi esistono gruppi rivoluzionari che pensano di avere il verbo ma, secondo me, è una moda passeggera. Molti produttori sono bio o comunque attenti al territorio, quindi trovo tutto questo clamore troppo ideologico. Noi comunque usiamo i simboli per segnalare i vini bioqualcosa, ma prima di tutto diamo spazio al vino buono.
Voto 71: lui nella nicchia ha il suo spazio e ci si rotola con garbo. Democristianamente sfoggia punteggi, simboli e commenti. A suo modo inattaccabile

Ian D’Agata – Wine Academy
Una guida deve aiutare a scegliere ed essere snella, tascabile quindi  per noi la sintesi è importante (vedi Michelin) e numeri, simboli e punteggi sono fondamentali. Naturalmente c’è spazio nel mercato anche per chi vuole scrivere e ognuno ha suo pubblico. Una guida deve aiutare a vendere, dev essere credibile senza pubblicità neanche occulta, con scrittori professionisti e possibilmente anche in inglese. La nostra, ad esempio, è piccola ma ha aiutato molto i produttori sui mercati esteri.

Sul vino bio concordo con Thomases, occhio a non correre troppo dietro alle  mode: prima si cercavano i vini legnosi, poi fruttati e moderni e ora tutti vogliono gli autoctoni e i vini biodinamici. La maggior parte dei “vini veri” non sono buoni e non si possono premiare in nessun modo: sfido chiunque a dire il contrario. Forse si possono fare in maniera diversa, ma tutto qua.
Voto 55: già il paragone con la Michelin mette i brividi, ma quando D’Agata lancia le sue sfide, proprio nun se sopporta: vogliamo dire anche a lui che regime colturale usano al Domaine de la Romanée-Conti?

A questo punto del convegno, per difendere i vini naturali così duramente attaccati, si è alzato Saverio Petrilli (FIVI e Tenuta di Valgiano) per parlare a nome dei tanti bio-produttori presenti.

L’unico che ha replicato senza fare figuracce è stato Giorgio Melandri che, giustamente, si è chiesto come mai la gente abbia così tanta voglia di vini bio, e se questa “moda” non sia la risposta alla scarsa trasparenza di alcuni produttori.

Quanto al web, siamo alle solite: per chi non lo conosce è un nemico da combattere, quando va bene. Attenzione: non stiamo parlando dei blog e della critica enologica che vive e si nutre delle relazioni sulla rete, ma di tutte quelle applicazioni che renderebbero inutili i fogli dei quali è composta una guida. Pensate solo al QR code e le 800 battute di un giudizio su carta vi sembreranno appartenere all’età della pietra. E vuoi mettere un bel video per far parlare i produttori senza “virgolettarli”? La verità è che la rete terrorizza chi ha paura del confronto con i lettori che è poi il vero plus della comunicazione in rete. I dati di vendita delle guide peggiorano di anno in anno ma i ciechi danno la colpa alla crisi. Per certi giornalisti è più comodo piazzare la testa sotto la sabbia e aspettare la fine che, per molti, coinciderà con la meritata pensione.

I nuovi modelli di business non fanno per loro.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

18 Commenti

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Lupin

circa 13 anni fa - Link

Che bello! un voto a chi dai i voti...quando potremo dare un voto a te? 40 ti piacerebbe? non hai ancora capito che i voti sono out!

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Lido Vannucchi

circa 13 anni fa - Link

Grande Saverio un Lucchese BIO sul tetto del Mondo. bravo cantata e suonata

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Marco

circa 13 anni fa - Link

grande Petrilli!! mi sa che qualche signore a cui non vanno giù i vini bio, becchi la percentuale sui prodotti sistemici!! ;) povero Veronelli! vedere scritto il nome di una persona così importante per la storia del vino Italiano su una guida curata da Daniel Thomases è tristissimo! perchè il signor Thomases non fa una guida con il suo nome, e poi vediamo chi se la compra!!!

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mario busso

circa 13 anni fa - Link

Ciao Andrea, corretta e precisa la tua cronaca...grazie per l'attenzione. Più veltroniano che democristiano!!!

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Massimiliano Montes

circa 13 anni fa - Link

Leggo Intravino da molto ma non ho mai commentato. Per rispetto nei confronti delle "personalità" che abitualmente vi scrivono (fa impressione leggere i grandi nomi dell'enologia italiana che si "accapigliano"), per pudore o riservatezza: io sono un appassionato di vino che per lavoro fa altro e ho difficoltà a confrontarmi con persone che del vino fanno una professione (sia vigneron che sommelier). Una cosa però la vorrei dire. In merito ai cosidetti vini naturali. Leggo spesso che nei vini naturali dobbiamo necessariamente accettare alcuni "difetti". Ian D'Agata su questo post afferma che "La maggior parte dei “vini veri” non sono buoni e non si possono premiare in nessun modo". Ecco, è un errore pensare che nel vino naturale si debbano accettare sentori di riduzione ed acidità volatile come un "male necessario". Sembra quasi che non ci possa essere vino naturale senza questi difetti. I migliori vini francesi sono prodotti con metodi naturali: da Château Margaux a Leroy a DRC. Dubito che aprendo una bottiglia di Romanée-Conti sentiremo odore di aceto o puzza di zolfo. Anche in altri paesi la produzione "naturale" non genera difetti. Mi vengono in mente, per esempio, i vini di Wittmann, che produce degli eccellenti riesling biodinamici nella valle del Reno. Ritornando alla francia penso anche a Didier Dagenau, che, pur non essendo stato un estremista della biodinamica negli ultimi anni della sua vita, ha prodotto i migliori bianchi del mondo con metodi naturali. Insomma, il fatto che i vini naturali debbano puzzare è una favoletta. Che serve a fare salire sul carro dei "vini veri" prodotti di qualità mediocre o scarsa (di cui faremmo volentieri a meno). Che i vini naturali non possano essere premiati "in nessun modo" è, evidentemente, un'altra favoletta inventata a scopi commerciali: provate a non premiare un Silex o un Leroy.

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Antonio Tomacelli

circa 13 anni fa - Link

Provi a cliccare sul link presente nel post e vedrà quanto ha ragione :-) Anzi, lo rimetto qui per comodità: http://www.intravino.com/primo-piano/a-enzo-vizzari-non-piacciono-i-vini-bio-ah-se-sapesse/

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Massimiliano Montes

circa 13 anni fa - Link

http://www.intravino.com/assaggi/il-magnifico-puzzone-come-diventare-vinoverista-lesson-one/

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Giancarlo Gariglio

circa 13 anni fa - Link

Caro Andrea Ammetto sinceramente che il salotto stile Bruno Vespa non è il mio ambiente naturale e che la mia timidezza ha avuto il sopravvento. Mi sono limitato, con fair play, a parlare di Slow Wine e non ho voluto affondare il coltello nemmeno quando ho ascoltato alcune affermazioni che mi hanno un po' sorpreso. Il problema è anche il tempo delle repliche non è stato molto. Ma visto che gli argomenti trattati sono stati interessanti ho provato a condensare le mie idee in un post pubblicato su Slowine.it (http://www.slowine.it/pagine/ita/parliamodi.lasso?id_edit=343). Infine, rispetto alle tue accuse sulla nostra chiusura verso le nuove tecnologie, rispondo che in realtà sono molto interessato ai loro sviluppi e ritengo che il futuro delle nostre pubblicazioni passi attraverso la pubblicazioni di Slow Wine anche su Ipod, Ipad e Iphone, oltre il libro elettronico. L'imminente (si parla di ore) uscita di un'applicazione per il mondo Apple (la versione rivista e implementata di Slow Wine 2011) offrirà all'appassionato forme di interazione di grande interesse. Speriamo in futuro di ampliare la nostra offerta (a febbraio uscirà la versione di Slow Wine 2011 in inglese solo in digitale, alla faccia di chi dice che non ci interessiamo a questo mondo!), riuscendo a inserire anche foto, interviste, filmati e così via... magari fin dalla prossima edizione. Un saluto, Giancarlo Gariglio

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andrea

circa 13 anni fa - Link

non ho capito "l'approccio laico" di cui parla Petrilli? Mi sembra che giriamo intorno sempre allo stesso tema : il biologico e naturale è un prerequisito poi ci pensa la vocazione del territorio a fare un buon vino.. Andrea Andreozzi I Botri di Ghiaccioforte

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Alessandro Ceretto

circa 13 anni fa - Link

Leggo Intravino da pochi mesi e vi faccio i complimenti per la qualità e l'attualità degli articoli. Vi ho scoperto grazie a Mauro Mattei (il miglior sommelier sulla faccia della terra, anzi che dico … dell'universo!XD) che come sapete è entrato a far parte del team del nostro ristorante Piazza Duomo . Volevo commentare quest'articolo perché leggendo quello che Thomases ha detto mi è impossibile non commentare! Come può dire che lui se ne frega di quello che viene fatto in vigna? Non pensate che se riuscissimo a raggiungere la stessa qualità dei vini attuali riducendo l'utilizzo della chimica forse avremo fatto qualcosa di veramente giusto? Credete che sia proprio impossibile? Beh, siamo andati sulla luna, forse con un po' di sforzi in più, con la ricerca e il tempo necessario tutto questo non sarà solo più un sogno. D'altronde vini come DRC e Chateau Margaux (solo per citarne alcuni) arrivano da un'agricoltura biologica! Ho letto da poco il libro 'Champagne' di Samuel Cogliati dove scrive che il 50% dei fitofarmaci francesi vengono utilizzati in viticoltura, la quale copre solo il 3% della totalità dei campi coltivati. Credete che in Italia la viticoltura sia molto diversa? Non mi va di essere il co-fautore della distruzione dei territori che ci hanno dato il benessere che oggi possiamo vantare. Il fregarsene di cosa ci sia dietro un vino ha già fatto molti danni in passato (tagliare vini mono varietali con altre varietà; omologare i vini al frutto, concentrazione e legno, rendendoli ormai tutti uguali, far credere che basti un buon enologo per avere un buon vino...).Di sicuro è colpa di noi produttori, ma purtroppo le 'scorciatoie per raggiungere la vetta' attirano molti. Le guide e i giornalisti, che lo vogliano o no, influenzano tantissimo gli stili che le aziende adottano per fare i loro vini. E allora ben vengano guide come Slowine che hanno capito che siamo in un momento di grande cambiamento indicandoci una nuova strada che a mio avviso avrà di sicuro più successo di quella che ci ha portato alla crisi di oggi. Sono io forse troppo sognatore o davvero la vigna, il vino ed i consumatori meritano di più?

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Massimiliano Montes

circa 13 anni fa - Link

Grande Mauro Mattei. Nutro enorme rispetto umano e professionale per Mauro (salutamelo stasera). E' una persona squisita ed un sommelier con una incredibile sensibilità: basta vedere cosa ha fatto alla carta dei vini della Gazza Ladra in pochi anni http://www.ristorantelagazzaladra.it/carta_dei_vini.zip Una grande carta con una quantità di piccoli produttori e vini naturali che si affiancano a "classici" italiani ed internazionali. Ho letto anche la tua di carta: qualche volta verrò da voi ad affogare nel barolo :-) In relazione ai vini naturali. Hai pienamente ragione, ma il problema non è solamente la vigna ed i pesticidi. Il problema è quello che si fà in cantina. Tra lieviti alla fragola, enzimi pectolitici, rotomacerazione ed osmosi inversa, legni nuovi pre-trattati con misture dolciastre... i vini commerciali sono tutti uguali. Non è vero che la chimica in cantina "migliora" il vino. Lo uccide, i vini sanno tutti di merlot e vaniglia. Non capisco a chi possano piacere. P.S. Mi accodo ai complimenti per "Intravino". E' un blog brillante ed intelligente, oltre che "naturale".

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roberto gatti

circa 13 anni fa - Link

Meritiamo tutti qualcosa di più, anche di quelli che se ne fregano di ciò che avviene in vigna. Poveri noi

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Mara

circa 13 anni fa - Link

E secondo voi io dovrei bermi i vini naturali anche se fanno schifo? Ma fatemi il piacere. Ricordo a tutti che hanno fatto più morti le religioni che le epidemie. Ha detto bene Montes, punto e basta. Dal momento che è possibile fare vini biodinamici buoni, non vedo alcuna ragione per abbassare la mia soglia. Piuttosto perchè non l'alzano i produttori? Per inciso, ho assaggiato alcuni vini di Valgiano (tre per l'esattezza) e due su tre erano poco puliti. Gli darò una seconda possibilità, dopodichè non li berrò più. Cito valgiano solo ed unicamente perchè, essendo parte in causa di questo post, non corro il rischio di sparlare alle spalle. Cosa che odio. E Petrilli probabilmente (non lo conosco) è una bravissima persona, quindi non si sentisse offeso come molti produttori si sentono se dici che i loro vini non sono buoni. Diamo per scontato per favore che quando uno dice "non sono buoni" intende esprimere un valore personale. Ciao.

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Andrea Gori

circa 13 anni fa - Link

nessuno dice di berli se non fanno schifo! però a parità di gusto e piacevolezza, sono senz'altro da preferire in quanto meno impattanti sul nostro ambiente. Poi uno può fregarsene ma secondo me a parità di qualità, spendo volentieri qualche euro in più per vini più bio che industriali. Su Valgiano ho avuto pochi problemi di bottiglie non a posto, ma non hanno nessun problemi a sostituirle, nel caso.

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Mara

circa 13 anni fa - Link

Pochi non equivale a nessuno, in ogni caso grazie, ma erano in una degustazione presso Casa Artusi a Forlimpopoli. Per inciso c'era Petrilli come relatore ed i suoi vini. In quanto al fatto di spendere un apio di eiro in più "a parità" siamo d'accordo. ma la parità sarebbe solo teorica. Non trovi?

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Riccardo Margheri

circa 13 anni fa - Link

Io Andrea tutto questo oltranzismo nei commenti non l'ho percepito, a parte Thomases. E' vero che Ian D'Agata si diverte un po' a gettare il sasso nello stagno, e dire che tra i migliori vini del mondo non ci sono prodotti bio se lo poteva risparmiare; ma il succo del discorso è che anche l'interesse per il biologico e il biodinamico non deve diventare una religione rivelata, salvando automaticamente tutto ciò che ne proviene, come una volta era per la barrique, o le rese basse. Anche tutto quest'ostracismo nei confronti del web io francamente non l'ho visto; parliamo anche del problema tecnico di trasferire tutto il materiale cartaceo su una piattaforma web facilmente praticabile. Pure questo allunga i tempi. Ma esclusion a priori io non ne ho viste.

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Andrea Gori

circa 13 anni fa - Link

ripeto riccardo, aatio forse no ma ignorare del tutto le possibilità che la rete può offrire, questo si. Perchè nessuno tra le cose da migliorare ha mai citato il rapporto con il web?

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