Quanti bicchieri di un vino c’è da bere per capirlo?

Quanti bicchieri di un vino c’è da bere per capirlo?

di Alessandro Morichetti

Quanto segue non merita la copertina degli Annali di Filosofia ma nemmeno una pernacchia anzi dimostrerò che l’interrogativo è lecito e degno di attenta ricognizione. Tra wine geek, la verità è che alterniamo performance delle nature più disparate: sessioni sudaticce di spit ‘n’ go da fiera, dotte verticali con taccuino e silenzio, jam session in batteria con campioni a tre cifre, sonore bevute all’ultimo stappo ma – per fortuna, è qui dove mi diverto davvero – cene rilassanti in cui parlare di vino, di altro oltre il vino e con tutto il tempo necessario per godere dell’evoluzione di un bicchiere.

La domanda non è oziosa: “Quanti bicchieri di un vino c’è da bere per capirlo?”. Quanti in una sera e quanti in più sere differenti, da bottiglie differenti e in compagnie differenti? Perché lo stesso vino qui osannato potrebbe essere sonoramente spernacchiato altrove: non parlo dei comprimari ma delle teste di serie: c’è chi ucciderebbe per Masseto e chi per un torbido anforato rifermentato, in mezzo ci siamo noi che a seconda della giornata odiamo gli uni o gli altri. O nessuno dei due.

La domanda non oziosa potrebbe ricalcarne un’altra, distante non so quanto: “Quante parole di una persona mi servono per conoscerla?”. Perché alcuni li odi subito, altri li ami subito, altri li odi e poi ami, altri li detesti sempre, altri ancora non li capisci nemmeno dopo anni. E credo che, in qualche misura, col vino possa valere lo stesso. Cambi tu, cambia lui, cambiano i gusti, le persone che frequentavi a 20 anni non sono quelle che cerchi a 40 e magari quelle dei 60 ancora devi trovarle.

Che il destino di un vino sia appeso a pochi secondi di vita nel bicchiere non mi ha mai convinto troppo, nella misura in cui sono però consapevole che trovare le parole giuste al primo incontro è fondamentale. Ma non esaustivo. In mente ho decine e decine di esempi di bevute, anche entusiasmanti, in cui a un certo punto capita che tutti dicano meraviglie di quella precisa bottiglia, e più il vino gira nei calici, più escono meraviglie, più la bottiglia è sempre mezza piena. Mentre magari il vino precedente, lodato da nessuno, era finito con due colpi: fateci caso, succede spessissimo.

Nelle ultime settimane, però, mi è successo qualcosa di ancor più curioso. Vendendo vino, per svariati motivi può capitare che compri anche bottiglie che non ho assaggiato. Magari conosco l’annata, o il produttore, o la denominazione, ma quel vino mi manca però l’incastro mi persuade. Una volta ricevuto l’ordine, in una sorta di roulette russa senza vittime, prendo per me la prima bottiglia per capire se ho effettivamente fatto l’affare o no. Ebbene, in due recenti casi – tra nebbiolo e sangiovese – la prima bottiglia è stata paradisiaca, tanto da indurmi a raddoppiare immediatamente l’ordine. Arrivato il secondo giro, colmo d’entusiasmo, procedo al secondo stappo e per qualche motivo – temperatura? giorno radice? aspettative? – trovo nel bicchiere un assaggio solo “buono”. Decisamente buono ma un attimo sotto l’immagine mentale che conservavo.

Ora, lo so: i fattori potrebbero essere mille, e statisticamente questa cosa è successa a TUTTI quelli che sono arrivati fin qui. Tranquilli, credo sia assolutamente normale ma, piuttosto che strapparmi le vesti per un’unghia di vino da 1.000 euro, il mio fondato timore è aver trovato la risposta alla domanda di partenza: sotto alle 3 bottiglie diverse, in condizioni diverse, non puoi dire di aver davvero capito un vino. Non ne sono del tutto sicuro ma sempre meglio che un misero bicchierino centellinando come fosse l’elisir dell’eterna giovinezza.

 

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

4 Commenti

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Lanegano

circa 4 anni fa - Link

Sfondi una porta aperta: stesso vino, stessa annata, comprati insieme e tenuti in cantina insieme a volte danno riscontri ed emozioni diversissime. Ovviamente più un vino è 'artigianale' e non 'industriale' e più le probabilità sono alte. Talvolta incide anche il proprio gusto del momento, la 'fase' che si sta passando. Quando sono in fissa con i rosati da 12 gradi magari fatico a apprezzare appieno un Brunello da 15 gradi o un Cannonau da annata calda. Recentemente ho bevuto uno Champagne delizioso e con una bolla di seta, dopo un mese sembrava che le bolle fossero come quei cosi seminucleari frizzanti che si mangiava da bambini alla fine degli anni 70..... Il contesto, la compagnia, lo stato d'animo e aggiungerei lo stato emotivo influenzano anch'essi le percezioni. A volte è una fregatura ma è anche la magia del vino.....

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Francesco

circa 4 anni fa - Link

vedi che faccio bene io? buono o non buono non invecchio i vini, li compro giovani e li "stronco" sul nascere ma. soprattutto, buoni o non buoni non ribevo mai la stessa bottiglia

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vinogodi

circa 4 anni fa - Link

... al di là dell'assaggio tecnico , è per questo che la parola d'ordine quando facciamo approfondimenti tematici è "contestualizzazione" , per valutare l'ordine di grandezza sensoriale di cosa sta nel bicchiere. L'assaggio singolo, anche per il navigato bevitore, è un rischio dal punto di vista del giudizio, salvo non ci si voglia abbandonare al puro piacere ipotalamico oppure esclusivamente edonistico . Il concetto di "de gustibus" l'ho sempre considerato estremamente limitante quando si va a valutare un vino ... la quantità giusta? Una bottiglia , parcellizzando l'assaggio in diversi momenti della sua evoluzione e rapporto con l'ossigeno . Nei vini giovani il riscontro è più semplice, mentre in quelli invecchiati assolutamente irrilevante la moltiplicazione delle bottiglie , in una sorta di "carpe diem" gustativo non facile da replicare in quanto frutto di troppe variabili dipendenti (conservazione & C) e indipendenti (qualità della membrana di separazione .... cioè il tappo) ...

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Armin

circa 4 anni fa - Link

Ogni degustazione è una fotografia unica che si ripeterà raramente se non per coincidenza. Qual'è quella "vera"? La non ripetibilità viene aumentata dal numero di partecipanti ad una degustazione. Interpretando i risultati di concorsi, guide ecc. si deve tener presente questo.

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