Provaci ancora Marilena: il Sottosopra con le bolle

Provaci ancora Marilena: il Sottosopra con le bolle

di Redazione

Nic Marsel, aka Nicola Cereda, è uno dei primi lettori di Intravino. Come spesso accade, ha deciso di saltare la staccionata e di scrivere. Auguriamoci che lo faccia spesso.

Agosto ha già imposto il rompete le righe e sarebbe ora di fare le valigie ma c’è ancora da raccontare di un ultimo stupefacente vino frizzante per celebrare degnamente l’estate. Afferro la bottiglia per il collo e le fecce fini (due dita di fondo!) si librano verso l’alto in lentissima, lisergica armonia. E’ il magico omogeneizzato d’uva che Marilena Barbera da Menfi (la sua creatrice) ha battezzato col nome di “Sottosopra con le Bolle” riferendosi presumibilmente al gesto da compiersi (con la dovuta cautela) prima del servizio.

Alla vista, per dirla tutta, questo catarratto “surlie” somiglia più a un succo di pesca, prospettiva non troppo invitante. La cosa interessante è che non si tratta di una doppia fermentazione bensì di un’unica fermentazione (spontanea) che termina direttamente in bottiglia. Un ancestrale non filtrato, senza inoculo di lieviti, mosto congelato né solfiti, ottenuto per pressatura soffice e imbottigliato nel bel mezzo della fermentazione alcolica, per dar modo agli zuccheri residui di sviluppare la carbonica.

Un esercizio ad altissimo rischio: persino la malolattica viene svolta in vetro e qualsiasi deviazione dalla retta via, a quel punto, risulterebbe irrimediabile. Mentre medito sull’insondabile numero di vendemmie a disposizione di un vignaiolo, tolgo con grande circospezione il tappo a corona e fortuna vuole che ci siano davanti a me i bicchieri dove dirigere l’esuberanza della spuma. Quando si dice “sprizzare energia”! Questo vino è posseduto da un’indomita vitalità: un po’ come se la componente liquida e quella gassosa lottassero tra loro per prendere il sopravvento. E’ la quintessenza dell’effervescenza e, cosa più importante, è buonissimo.

C’è tutto l’aroma dell’uva appena spremuta, un cedro sbucciato nei paraggi, una pera matura spolverata di cannella e il richiamo di una pasticceria sulla riva del mare. In bocca suggerisce l’idea d’un fruttino dolce e croccante senza spigoli né eccessi citrini. Chiude con un tocco di melàngolo, piacevolmente tonico anziché sgraziatamente amaro come invece avviene con parecchi vini sui lieviti. Dal collo della bottiglia continua a salire la schiuma, lentissima e inesorabile, gioiosa come la spuma di quel mediterraneo che dista poche centinaia di metri dalla “Vigna Belicello”, luogo di partenza della (cortissima) filiera produttiva.

Il “Sottosopra con le bolle” 2016 è uno dei vini frizzanti più divertenti che mi sia capitato di bere, il problema è che risulta esaurito da tempo e pare che Marilena non abbia replicato nelle annate successive. Tuttavia non tutto è perduto. Il mosto sfuggito al prematuro imbottigliamento (in realtà la maggior parte dell’intera massa iniziale) ha seguito un percorso differente, rilassandosi per un anno intero in vasca d’acciaio per illimpidirsi, rifarsi il trucco (40 mg/l di SO2 totale all’imbottigliamento) e finire etichettato come Menfi DOC Catarratto Superiore “Arèmi”, il bianco fermo di gran lunga più intrigante di Cantine Barbera.

Cercate questo vino e cercate il Menfi DOC Alicante “Ciàtu”, un rosso pieno e mediterraneo che meriterebbe un discorso a parte. Confesso di non impazzire per il resto del composito e pur onestissimo catalogo aziendale ma questi vini straordinariamente vivi, figli di agricoltura biologica certificata, accompagnati per mano in cantina senza filtrazioni né chiarifiche, sono a tasso di soddisfazione garantito. Bottiglie a tiratura limitata comunque non impossibili da reperire nelle enoteche che strizzano l’occhio al “naturale” al prezzo di una ventina di euro.

Ad ogni modo Marilena non è nuova ad esperimenti bizzarri. Ricordo ancora con una certa emozione l’assaggio di un suo vino davvero singolare. Anzi, venti volte singolare, come il numero delle bottiglie ottenute nel 2015 attraverso la spremitura di pochi grappoli raccolti da piante inselvatichite (probabilmente inzolia) cresciute spontaneamente sulla spiaggia del litorale di Menfi. Una microvinificazione fatta con l’obiettivo dichiarato (e raggiunto) di intrappolare tutte le caratteristiche di quello specialissimo terroir. Saranno state le foto delle radici che affondano nella sabbia per andare a “pescare” acqua (salata?) fregandosene alla grande dell’ambiente ostile, sarà stata la suggestione del racconto, ma quel bianco vinificato sulle bucce con la sua straordinaria impronta salmastra mi aveva trasportato all’istante davanti al mare. Brava Marilena! Al prossimo esperimento.

Nicola Cereda

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