Prinsiòt, rugliettas e gugligliones, collegando i fili che uniscono Sardegna e Piemonte

Prinsiòt, rugliettas e gugligliones, collegando i fili che uniscono Sardegna e Piemonte

di Gianluca Rossetti

Inverno balordo: dieci centimetri di neve tirati a mano, per qualche giorno, su una spianatoia di 30 chilometri quadrati. Acqua tanta ma in un catino e per poche settimane. Venti gradi toccati più volte anche nel mezzo di febbraio. E io vivo a 700 metri di altitudine, mica sulle spiagge panate dal sole.

Sono a casa. Persiane chiuse per non vedere il ciliegio fiorito. Condizionatore a 12°. Mi vesto di astrakan. È inverno. Finalmente.

Prinsiòt, annata 2014, un Langhe Nebbiolo Doc prodotto dall’azienda Fratelli Alessandria di Verduno. Uve che provengono da meno di un ettaro frazionato in tre: Neirane, Pisapola, Sotto Orti. Fermentazione spontanea. Botte grande per 10 mesi e breve sosta in acciaio e vetro prima della commercializzazione. Un substrato quello di Verduno che, digradando in direzione di Cinzano, svela depositi alluvionali limo-argillosi e limo-sabbiosi, ghiaie, ciottoli quarzitici, marne, abbondanti resti di bivalvi e gasteropodi. Più prosaicamente leggo sul sito aziendale di suoli calcarei.

Naso che inizialmente è un monocromo: viole fresche, punto. Ma si sgranchisce, svolgendo in sequenza limatura di ferro, terra smossa, gelée al lampone, anice. Alcol 13,5%; tannini stretti, piantati sopra gli incisivi, poi appesi fino al centro del palato; acidità sugli scudi e bella sapidità.

Piace perché: A) dritto, verticale, gastronomico; B) retrolfazione che sorprende: fiori rossi freschissimi, ribes più che lampone, spezie dolci, corteccia, un tocco fumé.

Ne vorrei ancora, ma io amo gli irregolari. Che di coccole ne fanno poche. Quindi non sono attendibile. Chi cerca equilibri assoluti e precisione chirurgica molli la presa. non è questo il caso. Io però lo trovo goloso e non mi curo di altro, trade-off compreso. Nonostante giochi le sue carte a nervi scoperti. O forse proprio per questo. Buono! Sui 15 euro online.

Ho ancora freddo. Son da solo in una specie di fortino evacuato temporaneamente da coniuge e prole. Mi sento discretamente di merda. Confort wine e confort food. Ne discutevo tempo fa con un piccolo, talentuoso vigneron ogliastrino. Ma oggi mi godo il cibo. Un uppercut sul diaframma del mio dietologo. Sa di bellezza da un miglio ed è buono come la terra da cui viene. Quella Barbagia di Oliena che, ingiustamente, conosciamo solo per il Nepente. Fulcro e radice di una Sardegna che è vita multiforme. Un continente in scala. A ogni rione la sua vigna, a ogni zolla la sua lingua. Cortes apertas sul mondo. Che Dio mi maledica per aver scelto questa terra e che Dio mi benedica. Un piatto della tradizione popolare, dolce di feste, di ricorrenze, in cui la devozione popolare e il lascito contadino parlano una sola lingua. Fatta di poche cose: farina, olio, miele, mandorle. Questo è. Tradizione più prossima alla terra che alla transumanza. In questo microcosmo barbaricino così pare essere. Fili intrecciati e baccelli ripieni di pasta di mandorle. Rugliettas i primi, gugligliones gli altri. Fritti, poi cosparsi di miele. E io mi fermo qui. Ancora per un po’.

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Gianluca Rossetti

Nato in Germania da papà leccese e mamma nissena. Vissuto tra Nord Reno westfalia, Galatina (Le) e Siena dove ho fatto finta di studiare legge per un lustro buono, ostinandomi senza motivo a passare esami con profitto. Intorno ai venti ho deciso di smettere. Sai com'è, alla fine si cresce. Sommelier Ais dal 2012, scrivo abbastanza regolarmente sul sito di Ais Sardegna. Sardegna dove vivo e lavoro da diciotto anni. Sono impiegato nella PA. Tralascerei i dettagli. Poi la musica. Più che suonare maltratto le mie numerose chitarre. E amo senza riserve rock prog blues jazz pur non venendo ricambiato. Dimenticavo, ho un sacco di amici importanti ma non mi si filano di pezza.

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