Piccolo manuale sulla grappa fatta bene (parte seconda)

Piccolo manuale sulla grappa fatta bene (parte seconda)

di Thomas Pennazzi

Raggiungere il Friuli è sempre un piccolo viaggio, per un lombardo. Ma lo si compie volentieri quando la meta è il più celebrato produttore dell’acquavite italiana, la famiglia Nonino.
La qualità della loro grappa non mi era certo ignota, ma l’incontro in primavera con Antonella ed il suo raccontare mi avevano confermato nell’idea che il bicchiere non mentiva. Era il caso allora di andare a curiosare tra gli alambicchi fumanti.

L’accoglienza dei Nonino è stata calda ed ospitale sin dall’arrivo in ufficio. L’azienda è di dimensioni medio-grandi, gestita come si conviene ad un’impresa moderna. Pur non essendo ancora tra i maggiori produttori di grappa, il suo buon nome permette alla ditta di esportare circa la metà della produzione, gettando un riflesso positivo sulla fama complessiva della grappa all’estero.

La conduzione dell’azienda è ancora saldamente nelle mani dei genitori Benito e Giannola, coadiuvati dalle figlie Antonella, Cristina, ed Elisabetta, a cui si aggiungono le nipoti più un solo ragazzo. Il destino ha voluto sottolineare ai Nonino che la grappa è femmina, come la barbera, e se l’ultima parola in fatto di distillazione spetta ancora al padre, tutto il resto del lavoro si svolge all’insegna di un matriarcato brillante e ciarliero.

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Visitando la distilleria ci si accorge subito che qualcosa la distingue dalle altre: prima di tutto al naso. Le distillerie di grappa, tra vapori e vinacce fermentanti ed esauste, hanno francamente un odore poco piacevole. Qui l’aria invece profuma di buono, un segno felice. Piazzali, macchine e capannoni sono quelli di un’industria dai meccanismi ben oliati, e la ragione è semplice: tutta la vinaccia conferita viene distillata a fresco non appena fermentata, e ciò richiede un’ottima coordinazione del personale, ed attrezzature adeguate allo scopo.

I Nonino hanno saputo potenziare l’attività artigianale di famiglia organizzandola in grande, senza mai tradire il legame con la terra ed il lavoro dei vignaioli che li forniscono di materia prima. E già questa manifesta la qualità della grappa che diventerà. Appena arrivati, stavano scaricando davanti a noi le vinacce di Damijan Podversič che un’entusiasta Antonella ci invitava ad annusare: fresche, profumate, e ancora umide; difficile distillare grappa cattiva, con roba simile.

I loro alambicchi poi sono l’immagine della semplicità, non così distanti da ciò che dovevano essere gli strumenti dei distillatori ambulanti friulani, una tradizione che sopravvive ormai solo in Armagnac. Qui non troverete alta tecnologia o macchine rivoluzionarie (tantomeno l’impianto che riduce la concentrazione di metanolo, portandosi via una parte degli aromi), ma solo tanto lavoro ed il sincero rispetto della materia prima.

La visione radicale dei Nonino è conforme quindi alle aspettative del bevitore appassionato: la vinaccia distillata subito dopo la fermentazione, l’uso dell’alambicco discontinuo ed un invecchiamento curato con serietà permettono di offrirgli una vasta gamma di prodotti, dall’onestissima e semplice grappa friulana tradizionale fino alle sublimi vette delle grappe e dei distillati di uva invecchiati più lustri. Senza dimenticare il successo internazionale del loro amaro.
Qualche assaggio sparso fatto dalle bottaie, aperte gentilmente per la nostra visita, ce ne ha dato la conferma. Ad un certo momento si era sopraffatti dalla profondità dei bicchieri, ricchi quanto possono esserlo solo i grandi brown spirits. Sono dovuto uscire all’aria aperta per continuare ad usare il naso, ingolfato di aromi. Ormai mi è chiaro: nessun complesso di inferiorità alberga in queste grandiose grappe invecchiate.

E se è vero che nullus locus sine genio, quello di Percoto ha il nome di Giannola Nonino. La chiave del successo di un’impresa non si nasconde solo nell’organizzazione aziendale o nella sapienza professionale, ma anche nella personalità dell’imprenditore. E la signora Giannola è donna volitiva e vulcanica, davanti alla quale noi tutti, bevitori e distillatori di grappa, dobbiamo inchinarci.

Le spetta l’omaggio di avere – caparbiamente ed affrontando difficoltà di ogni genere – concepito la grappa varietale moderna, la Monovitigno®, nel lontano 1973, e l’acquavite d’uva (Ùe) nel 1984, obbligando la concorrenza ad inseguire il loro primato. Soltanto sentendone raccontare la storia dalla sua viva voce si può comprendere come il successo non sia mai scevro di prezzi da pagare, di ansie, di mille pensieri fatti di mostri burocratici e di invidie corporative. E senza una simile donna (e suo marito, s’intende) probabilmente la grappa sarebbe rimasta un oscuro e mediocre alcolico a diffusione regionale, mentre ora cammina per le strade del mondo a testa alta, desiderata dai forestieri per quella fascinosa creatura che in realtà è.

Vi chiederete come mai, tra migliaia di etichette ed alcuni marchi già celebri soltanto i Nonino siano stati capaci di dare alla propria grappa la stessa visibilità dei distillati nobili, ma la risposta è banale: merito della qualità senza compromessi, unita ad un talento naturale per le pubbliche relazioni.
Le sfide perché la grappa si tolga definitivamente dal cono d’ombra che ancora la affligge in casa propria sono due: la prima è fare gruppo, cioè riunire gli artigiani migliori – e ce ne sono – sotto l’ombrello di una filosofia produttiva condivisa (penso a qualcosa come ViViT, o simili), e la seconda è fare didattica, rivolta ai bevitori, ma soprattutto ai professionisti del bicchiere, che ne hanno un gran bisogno.
E se la mixology dev’essere una scorciatoia per avvicinare i giovani alla grappa, non si raggiungerà certo l’obiettivo facendo grappe attenuate, ma con una grappa fatta come l’arte comanda, e con una comunicazione giocata nel migliore dei modi.

I Nonino possono insegnarcelo.

 

La prima parte qui

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto non può ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito, e da qualche anno ne scrive in rete sotto pseudonimo.

10 Commenti

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

La parentesi “(tantomeno l’impianto che riduce la concentrazione di metanolo, portandosi via una parte degli aromi)” sembra quasi una risposta al mio commento alla prima parte dell’articolo pubblicata alcuni giorni fa; casualità o meno, è importante che l’autore lo abbia scritto. In merito al “fare squadra”, concordo ma Pennazzi credo sappia che - in generale, non solo per il comparto grappa - resterà solo un pio desiderio, anche perché spesso consorzi, unioni di impresa, famiglie di...etc. sono incompleti ed imperfetti, malgrado siano lodevoli i tentativi fatti in tal senso (e non mancano per fortuna le eccezioni). Vivit per le grappe? Dall’esterno sembra una buona idea, ma nell’articolo penso non sia casuale l’accenno alle “invidie corporative” e al “talento naturale per le pubbliche relazioni“; la presenza della prima e la mancanza del secondo possono giocare un ruolo fondamentale nel sbarrare la strada a molti. Vero è che queste iniziative servano anche a sopperire ed aiutare chi ha minor talento promozionale, o è “piccolo”. Ma chi decide chi può far eventualmente parte di questo “vigrit” Vinaccia - Grappaioli - Italia oppure “digrit” Distillatori - Vinacce - Italia o comunque possa essere definito? Quali i paletti? Si può distillare anche a febbraio? E ad aprile? E in estate? ...o solo quelli che lavorano durante e subito dopo la vendemmia, le vinacce conferite fresche? Perché questo è già un tronco, non un paletto. Pennazzi sa, inoltre, che avendo trattato solo una distilleria specifica (a meno che non siano previsti altri capitoli), si è già attirato molte ire da parte di altri distillatori ed estimatori di grappa. La mia è solo un’ipotesi...sia chiaro. Termino sottolineando che grazie all’A.N.A.G. c’è chi si impegna ad ampliare la diffusione e la cultura della grappa, dell’acquavite e dei distillati in generale. Avanti così!

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davide

circa 5 anni fa - Link

Credo che separare distillatori grami da quelli che lavorano seriamente non sia così difficile. Prima di tutto in etichetta andrebbe specificato il tipo di alambicco che si usa. Secondo se sei un vero distillatore o assembli. Terzo i grammi di zucchero che metti, la grappe te ne permette 20, se ne usi 0 o meno di dieci nessuno lo sa. Con Thomas ne abbiamo parlato in varie occasioni, quelli bravi dovrebbero rovesciare il tavolo e fare qualcosa per conto loro.

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Right, Right Right ! (citaz.)

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

Avevo letto questo post, apprezzato e pensato di non commentare, tanto il post è già molto completo in sé. Però poi ho letto il commento qui sopra e trovo che sia giusto rendere omaggio alla famiglia Nonino per il contributo che hanno dato alla conoscenza della grappa al di fuori dei confini italici. Io viaggio tantissimo per lavoro e spesso l'unico distillato italiano che vedo presente nelle carte dei vini e nei cataloghi di molte enoteche è proprio quello a marchio Nonino. Forse i loro prodotti non sono i migliori in assoluto, sebbene siano eccellenti, ma sicuramente chi si sbatte da decenni per presentarli, comunicarli, farli assaggiare nel modo migliore, senza compromessi, è più che eccellente. Invidie corporative? Non ne ho idea e non mi interessa, figurati se interessa qualcuno a New York, San Francisco, Londra, Hong Kong, Shanghai. Talento naturale per le pubbliche relazioni? Signori, Gianola, Elisabetta, Cristina e Antonella, saranno anche molto talentuose, ma io non conosco uomo né donna con la loro capacità di macinarsi ore e ore di lavoro così, sfoggiando una conoscenza approfondita del prodotto. Il talento naturale non basta per raggiungere il successo e mantenerlo, ci vuole costanza e conoscenza e le Nonino sono molto ben fornite di entrambe le qualità.

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Evidentemente mi son spiegato male od è passato un significato che non avevo previsto. La mia non era una critica alla Famiglia Nonino, anzi tutto l’opposto. E gli argomenti trattati da Pennazzi e da me ripresi nel commento, erano rivolti al “fuori” non certo ai/alle Nonino. Non capisco davvero come possa essere passato un messaggio critico nei loro confronti tanto da stimolare la Sig.ra (o Sig.) “Nelle Nuvole” a replicare sottolineando di averlo fatto leggendo il mio commento. Anche perché io metto nome, cognome e sito e da questi dati si può facilmente risalire al mio lavoro, ai miei articoli su prodotti e Famiglia Nonino e capire quale sia la mia (eccellente) opinione su di loro. Evviva Brindo!!!

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

Ed io brindo con lei gentile Fummelier, scusandomi per il fraintendimento.

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Un fraintendimento può accadere. Mi spiace averlo creato, rileggendo il mio primo intervento effettivamente mi sono reso conto di aver dati per scontati alcuni collegamenti che avevo fatto con l’articolo di Pennazzi. Grazie per aver compreso il mio chiarimento. :)

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Marco

circa 5 anni fa - Link

Marco Prato molto interssante il discorso per la colonnna per eliminare il metanolo. a sto punto sarei curioso di sapere le sue grappe preeferite. Grazie al Pennazzi ho conosciuto la distilleria Aquileia. e le distillerie Poli che spero di riuscire a visitare a breve. Signor Pennazzi come sempre i suoi articoli sono molto piacevoli.

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Buongiorno omonimo, come tutte le cose ci sono i gusti personali. Per lavoro collaboro con molti produttori di tutti i generi (bevande ed alimenti) e come tutti ho i miei gusti. Lei mi chiede delle mie preferenze in merito alle grappe, quindi valutazione ESCLUSIVAMENTE dettata dal gusto. Premesso che non bevo grappa così spesso e che bevo di tutto, dai gin ai whiskey, dai cognac agli armagnac etc etc mi vien facile rispondere Nonino, di cui apprezzo ben più di un singolo prodotto (fra gli altri antica cuvée, monovitigno picolit, grappa di moscato, pirus, gioiello di castagno etc etc...) e amo andarli a trovare ogni volta che posso. Con Poli ho lavorato per un evento legato alle auto storiche, e visto che vuole andare a trovarli...ci vada al più presto perché oltre ad ottimi prodotti hanno una gran bella distilleria e un bellissimo museo all’interno di essa. Merita davvero la visita...e può andarci guidando pure una Tesla, di cui trova le colonne di ricarica nel parcheggio :) Altro posto che meriterebbe una visita e di cui bevo prodotti è la distilleria Maschio, con le loro grappe prime uve, sebbene al momento i prodotti che bevo piuttosto spesso, da loro prodotti, sono i gin. Sicuramente sto dimenticando qualcuno; una delle cose belle parlando di grappa, vivendo in Italia, è che ci sono migliaia di opzioni ed opportunità, e si ha solo l’imbarazzo della scelta.

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Enrico Brunello

circa 5 anni fa - Link

Premetto che vengo a conoscenza solo ora di questo articolo dopo 9 mesi dalla pubblicazione e mi dispiace di poter commentare solo ora. Vorrei comunque complimentarmi con il Sig. Pennazzi per l'ottima argomentazione. Concordo con tutto ciò che è stato scritto e mi piacerebbe lanciare qualche assist per un eventuale nuovo articolo. Come tutti ormai sappiamo, la grappa affinchè cambi il colore da trasparente a dorata o ambrata con tutte le tonalità del caso, dev'essere affinata in legno. Ma quante delle grappe presenti sul mercato sono effettivamente invecchiate in botte e quante colorate con il caramello o con l'utilizzo di chips? Quanti sono i consumatori a conoscenza delle differenze tra le varie diciture ammesse in etichetta? Grappa barrique, grappa vecchia o invecchiata, grappa riserva o stravecchia... e delle leggi che regolano l'invecchiamento in locali chiusi dalla finanza denominati magazzini fiscali? quanti ne sono a conoscenza? purtroppo pochissimi, e dico purtroppo perchè questi particolari potrebbero essere utilizzati dal consumatore attento come una garanzia sulla lavorazione di queste grappe. Se volessimo parlare anche delle leggi che regolamentano le distillerie ne avremmo da parlare per giorni. I legislatori in questo settore hanno voluto tutelare i big e coloro che spopolano sul mercato con prodotti a volte medriocri e "tarocchi". Basti pensare che una qualsiasi azienda X che dispone di un codice accisa per i superalcolici, può permettersi di scrivere in etichetta "prodotta e imbottigliata da X" anche solo avendo fatto l'ultimo passaggio ovvero l'imbottigliamento...e la maggior parte delle volte non hanno nemmeno l'impianto di distillazione! A buon intenditor... La mia non vuole essere una polemica verso il sistema ma uno spunto di riflessione per tutti e spero che lo riteniate utile. Enrico Brunello, quinta generazione della Distilleria Brunello.

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