Piccola guida al mercato del vino negli Stati Uniti

Piccola guida al mercato del vino negli Stati Uniti

di Salvatore Agusta

La vendita del vino, ambito di cui mi occupo ormai da più di dieci anni, sembra essere a prima vista un campo abbastanza pratico ed intuitivo, eppure chi ha accumulato un po’ di esperienza, converrà che il mercato globale del vino sa articolarsi in diversi quanto complessi scenari. A partire dai “tenders” dei monopoli scandinavi, passando per la tanto temuta “SAQ” canadese e planando sui regimi protezionistici del Mercosur sudamericano, il panorama è veramente frastagliato e per nulla agile da navigare.

Sebbene quelli menzionati non siano mercati di riferimento, per chi impegna il suo tempo e le sue energie nello sviluppo organico di un piano globale di export, è necessario conoscere gli scenari e sapersi muovere per evitare di incappare in drastici fallimenti.

In generale, anche al di qua dell’oceano, le cose sono tutt’altro che scontate.

Ad esempio, negli Stati Uniti vige il c.d. sistema delle tre licenze separate. In particolare, faccio riferimento alla licenza di importatore, a quella di distributore ed infine alle due licenze alternative per i dettaglianti: la mescita (c.d. on premises) e quella di vendita finale (c.d. off premises).

Se da un lato la licenza di importatore può avere una efficacia estesa in tutto il territorio americano, quella di distribuzione, che tecnicamente può aggiungersi alla prima, deve essere registrata ed acquisita Stato per Stato, secondo regole specifiche e molto spesso differenti. Pertanto, per far sì che un importatore diventi anche distributore nazionale, lo stesso deve collezionare tante licenze quanti sono gli Stati che compongono l’Unione.

Ecco spiegata la ragione per cui soltanto pochissimi colossi sono in grado di fare questo; il più delle volte chi importa si occupa solo di questo aspetto e chi distribuisce si concentra soltanto nel suo segmento e i due soggetti si legano attraverso rapporti di esclusività.

Ovviamente i costi si duplicano per il consumatore finale, poiché ad ogni passaggio in media viene aggiunto un mark up del 30-35%.

Le due licenze menzionate, on premiss e off premiss, non possono mai e per nessun motivo cumularsi o sovrapporsi.

A New York, per legge la bottiglia va servita al tavolo aperta, e almeno metà del contenuto deve sempre esser versato in bicchiere.

Partendo da questo scenario, poi troviamo diverse declinazioni a seconda dello Stato di riferimento; per esempio ho scoperto che in Texas un vino di solito entra alternativamente soltanto in un canale di vendita e che la legislazione dispone persino in ordine agli orari e alle modalità di consumazione di prodotti alcolici. Per esempio: le enoteche devono stare chiuse la domenica e i giorni festivi mentre i ristoranti possono servire alcol solo se è accompagnato da cibo, mentre se ci si trova ad un concerto oppure ad un evento sportivo, non potrà esser servito nemmeno un bicchiere di birra fino alle 10 a.m.; il Texas è forse tra tutti gli Stati, quello che presenta la disciplina più capillare e contorta. Documentandomi un po’ sull’argomento, mi ha colpito la seguente frase: Texas liquor laws are infamously complex, and the reason dates back to the end of Prohibition (la normativa in tema di alcol presente nel Texas è infamemente complessa e le ragioni di ciò risalgono al periodo della fine del proibizionismo).

Per una maggiore e dettagliata conoscenza della disciplina speciale va sempre consultata l’autorità di riferimento (in questo caso, la Texas Alcoholic Beverage Commission).

Nello Stato di New York non si può possedere più di una licenza “alcolica” per persona fisica o giuridica; in molti Stati non è ammesso vendere alcolici nei supermercati, mentre in altri vi sono persino intere catene di “superenoteche” (Costco, Trader Joe’s, Tatal wine…).

Altra regola abbastanza comune in tutti gli Stati: ogni distributore deve comunicare alla autorità di riferimento, almeno un mese in anticipo, i prezzi e le pratiche commerciali che intende applicare (a maggio si comunicano i prezzi e le variazioni di luglio).

Le condizioni commerciali sono uguali per tutti e, una volta comunicate alle autorità, il distributore non può rifiutarsi di effettuare la vendita. In altre parole, per legge non è ammesso imporre ulteriori condizioni per l’acquisto di un prodotto, come ad esempio “per ogni cassa di questo vino, devi acquistare un certo quantitativo di questo altro vino”, oppure la discrezionalità nel scegliere i soggetti a cui vendere. Si tratta di una serie ben articolata di accorgimenti atti a ridurre le possibili interferenze della malavita nella distribuzione di alcolici.

Franchise States.

Vi è qualcosa di ancor più specifico nella disciplina in tema di compravendita di prodotti alcolici in alcuni degli stati americani.

Si tratta del Franchise State System, ossia un sistema di protezionismo estremo che vincola il produttore o l’importatore a mantenere la propria relazione con il distributore presente in quello Stato, al di là del raggiungimento degli obbiettivi di vendita.

In altre parole, ogni distributore si vincola con l’importatore per obiettivi di vendita. Ogni qual volta gli obiettivi vengono raggiunti, l’importatore rinnova la fiducia e mantiene il rapporto. Infatti, tali accordi non sono siglati da contratti di collaborazione con scadenza temporale; piuttosto si tratta di gentleman’s agreement che si rimodellano ogni tot di anni, sulla base di obiettivi nuovi dettati dai produttori.

Facciamo un esempio molto semplice: la mia cantina produce 100 bottiglie di cui 50 decido di venderle negli Stati Uniti. Il mio importatore, una volta stabilito il prezzo e le tempistiche di pagamento, ha un vincolo ben preciso: vendere quelle 50 bottiglie. In genere, non importa in quale mercato specifico o in quale segmento. Tale condizione si riverbera pro quota sopra i distributori, che di fatto sono quelli che rendono possibile il raggiungimento della quantità ipotizzata. Dopo 3 anni, decido di destinare 100 bottiglie al mercato americano, perché magari ne produco una quantità maggiore. Ecco che l’agreement si rimodella sul nuovo numero e se la stessa non viene raggiunta allora vuol dire che è il momento di cambiare e cercare un distributore più grande ed efficace.

Tutto questo vale solo se non ci troviamo in in F.S.S. poiché, in questi Stati, il distributore per distribuire il vino in parola, deve acquistare dallo Stato di riferimento un permesso legato al marchio, pagando una State Registration fee. In questo modo, diviene il detentore dei diritti di vendita di quel prodotto all’interno dei confini di quello Stato e seppur dovesse non raggiungere i suddetti obiettivi di vendita, è quasi impossibile ritirargli il permesso di distribuzione per affidarlo ad un suo competitor.

Al massimo può lui decidere di vendere quel diritto.

Talvolta la disciplina riconosce quel diritto di vendita come in esclusiva, altre volte invece permette di salvaguardare la posizione di distributore ma non quella di esclusivista.

Si rimane, pertanto, bloccati in un limbo, e piuttosto che spendere ingenti somme di denaro in cause legali, si finisce per rinvestire le stesse nel marketing cercando di sviluppare per conto del distributore il mercato in questione.

Se siete curiosi di saperne un po’ di più vi consiglio di consultare questo sito:

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

9 Commenti

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

"on premiss"? A cena in due a NY ci versano almeno mezza bottiglia di champagne in due bicchieri?

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Salvo

circa 5 anni fa - Link

Non afferro la domanda

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Franco

circa 5 anni fa - Link

Se fossimo in due a NY e decidessimo di prendere una bottiglia di(vino) champagne, cosa succederebbe? Ce la portano già stappata e ne versano metà in due coppe così sono sicuri di non essere multati?

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

e se fossi solo, per sicurezza, me lo scrafferebbero? :-)

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Salvo

circa 5 anni fa - Link

Grazie per la domanda Franco. Dunque, una volta seduti al tavolo, il sommelier prende l'ordine e ritorna con la bottiglia sigillata che apre davanti a voi. Versa il contenuto in due flute, in questo caso. Ripone la bottiglia nel cestello del ghiaccio. Prima cosa da chiarire: gli affitti a NY sono alti pertanto è essenziale per un ristorante massimizzare lo spazio, scegliendo tavoli piccolini. Questi non ti permettono di tenere un cestello del ghiaccio, quindi i sommeliers di solito tengono le bottiglie non al tavolo ma in appositi cestelli sparsi in settori dei ristoranti. Se ti starai chiedendo circa il rischio di confusione delle bottiglie, hanno dei metodi infallibili per evitarla. Il Sommelier si occupa solo di monitorare il servizio del beverage, pertanto non appena nota che il tuo bicchiere è quasi vuoto, senza chiedere, viene e lo ricolma - per loro fa parte del servizio - . Ma vi è anche una ragione puramente economica: in questo modo gestiscono la turnazione dei tavoli perché ovviamente appena finisce il vino tendenzialmente te ne devi andare; ma prima di portarti il conto ti chiedono se vuoi ordinare un'altra bottiglia. Cosí evitano che le persone sostino oltre tempo nel tavolo. Quindi, riepilogando il tutto, il servizio già per sua natura è inquadrato in un sistema che punta a servire circa la metà della bottiglia. Questo è importante, poiché spessissimo gli ispettori delle license vanno in borghese a sondare i comportamenti degli esercenti. Idem la polizia, che le scova tutte per farti versare un calice ad un minore di 21 anni per poi mandarti davanti ad un giudice. Quest'ultima cosa è capitata a me personalmente ma fortunatamente i mie colleghi ai tempi mi hanno salvato al volo.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Grazie del chiarimento! PS restano ancora un paio di "premiss" da brividi ;-)

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SALVATORE AGUSTA

circa 3 anni fa - Link

Se va a cena in un ristorante che serve dello Champagne al bicchiere, pagherà per il singolo bicchiere. Ossia, un flute normale le costerebbe tanto quanto costa la bottiglia al ristorante. Se invece decidesse di acquistare una intera bottiglia ( in media con il rincaro del 500%) deve berne almeno il 40% nel ristorante e il resto può portarlo a casa. Difficilmente però qualcuno è cosi spendaccione da pagare una bottiglia di vino 5 volte il suo prezzo all'ingrosso, quando in enoteca l'acquisterebbe solo al doppio del prezzo all'ingrosso.

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

Interessante e veritiero, ma tutta questa burocrazia e frammentazione non deve spaventare . Quel che conta è considerare il distributore del singolo stato e le persone che ci lavorano. L'anello più importante è questo, se il distributore è quello giusto il vino gira. PS per favore correggete, si scrive "premise".

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Paolo A.

circa 5 anni fa - Link

Insomma, un'ordalia regolativa abnorme. Eh ma l'Italia è il paese della burocrazia e delle complicazioni, all'estero è tutto un paradiso. Come diceva my granny, bocca mia mangia confetti...

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