Piazza Duomo ad Alba, la magia di Enrico Crippa

Piazza Duomo ad Alba, la magia di Enrico Crippa

di Andrea Gori

Cominciamo dalla leggerezza, di animo, dei sensi e della testa che si prova uscendo dal Piazza Duomo ad Alba. E poi ripensiamo a come siamo arrivati qui nella stagione magica del tartufo, quel momento in cui l’aria non sa solo di nocciola tostata ma anche di questo fungo ipogeo che chiama a raccolta i gourmet di tutto il mondo. In cima alla piramide del godimento fisico ed intellettuale di tutta la regione, che pure abbonda di stelle, cappelli e forchette, stanno sempre Enrico Crippa, Vincenzo Donatiello e la famiglia Ceretto che ha creato qui, nel centro di Alba, un vero snodo di ricerca, creatività e goduria con pochi uguali.

Il tutto è apparentemente dimesso a partire dall’ingresso e dalle sale stesse, minimal ma accoglienti, dove la percezione spazio temporale nonché il senso delle proporzioni smette di aver significato dopo pochi minuti. Il senso dell’accoglienza è palpabile senza essere affettato, il comfort è studiato e ricercato, la successione dei piatti e dei rituali è coordinata al millisecondo e non ci sono momenti di stanca. Semmai di riposo perchè il percorso è lungo e richiede attenzione ma solo se volete assaporarlo fino in fondo, è godibile anche se volete essere distratti e rilassati, vivaddio.

Vincenzo ci accoglie con garbo ma soprattutto con uno Champagne Delamotte Blanc de Blancs 2008, di opulenza e lunghezza, arancio, peperoncino, menta, stuzzicante e terremotante pur senza perdere un goccio della sua eleganza. È l’ideale, insieme a J.J. Prum e il suo Welhener Sonnenhur 2004 Auslese, ad accompagnare il percorso di iniziazione alla cucina di Enrico, una selva di piatti, scodelle e contenitori delle fogge più particolari ma, soprattutto, dai gusti vegetali più disparati che aprono ogni feritoia del palato e remoto angolo dei nostri sensi. Si dice spesso che gli inizi e quelli che un tempo avremmo definito “antipasti” siano importantissimi per il prosieguo e il giudizio su di un pasto ma qui, a Piazza Duomo, potremmo quasi alzarci dopo averli consumati. Non tanto per la quantità ma per il senso di sazietà emozionale e sensoriale che si prova, davvero palpabile e che sorprende anche chi non è abituato ad andare sempre e solo in trattoria. Non ci sono riempitivi o piatti messi là per far numero: tutto è pennellato e calibrato per mettervi nello stato fisico e mentale ideale per proseguire.

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Si prosegue con la celebre insalata numerata e potremmo ripetere quanto detto per “L’inizio”, ovvero, di nuovo vegetali e fiori disposti con grazia misura e con un crescendo di sapore e aromaticità dai toni più eterei e rarefatti. Tra gli ingredienti  che ci colpiscono rammentiamo i fiori di aglio degli incas, l’oxalis tuberosa e il ficoide glacialis, mentre avremmo fatto a meno del basilico dark opal.

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Nel  mentre vi scervellate a capire di cosa stiamo parlando e arrivate alla conclusione (corretta) che stavamo scherzando (dopo i primi 5 ingredienti perdi la bussola e ci vorrebbe un pranzo dedicato solo all’assaggio foglia per foglia dell’assemblaggio), ci lasciamo accompagnare bene da una bottiglia rara come il Morey Sant Denis Clos de Monts Luisants di Ponsot 1995 con l’aligotè ancestrale di Borgogna che mostra con il suo corredo di miele, rafano, cumino e iodio, nepitella, alkekengi e canditi e ancora una bella acidità e toni ficcanti di salsedine, con un crescendo di sensazioni iodate.

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Lo teniamo nel bicchiere anche per “Capesante, ricci di mare , pecorino cime di rapa“, uno di quei piatti che mangeresti all’infinito. La successione dei piatti prosegue spedita con un ritmo sorprendente e giravolte di sapori mai troppo violente ma sempre decise: Merluzzo, zucca e nasturzio è un oceano giallo di rimandi zafferano che ci sarebbe piaciuto sottolineare con il Clos la Nèore 2016 Sancerre di Vatan con il suo andamento sottile, delicato ma infine persistente di sambuco, anice, basilico e gusto sapido gessoso e piccantissimo ma, appunto, ce ne ricordiamo solo alla fine dopo il dessert e diviene il vino della staffa. Comunque un abbinamento a posteriori riuscitissimo, ve l’assicuriamo.

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Arriva il momento più temuto dal sottoscritto ovvero l’odiata barbabietola con il suo orrido sapore terroso e umidiccio. Oltretutto servito con il Clos de l’Ours 2016 Famille Brotons, un syrah della Provenza color barbietola, appunto, e note di pepe nero, mirtillo e cassis presentate in un rivolo tumultuoso di sensazioni appena selvatiche e umorali. Eppure ecco la meraviglia sotto forma di Barbabietola “medusa” di tartare di barbabietola, un sandwich panna e caviale, boršč (zuppa di origini ucraine) con panna acida e infine brodo di manzo e barbabietola, piatto denso, fitto di rimandi speziati dove i tocchi odiosi della barbabietola sono volti in punti di forza. Finisci con il leccare ogni angolo del piatto per sorbire ogni goccio dei brodi e zuppa e del tono vegetale terroso e umidiccio non c’è traccia se non nella loro originale sensazione di pienezza naturista.

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Ci avviciniamo al tartufo (ma eravamo qui per questo? Non ricordo) ed ecco  “Sottobosco”, ravioli di mascarpone, prezzemolo e fungo, bijoux di parmigiano che non sto a descrivervi perchè si avvicinano vette goderecce più normali ma sempre sfumate e giocate in punta di forchetta tanto che c’è bisogno di un vino simile come il Myosotis Arvensis 2014 Hautes Cotes de Nuits di Claire Naudin con il  suo andamento ampio cangiante e soffuso di incenso, frutto di bosco e spezia freschissima che si alterna perfettamente con il piatto e, ancora di più, con il tartufo grattugiato sopra un vasetto di patate, burro e delicato formaggio che offrono il giusto tepore e la giusta dolcezza per esaltare il Re dei profumi delle Langhe.

Ora che ricordo, mi pare  ci sia passata nel piatto un’altra meraviglia su cui udire il bellissimo suono del tartufo grattugiato, ma prevale ormai l’incanto e il senso di stare nell’ovatta al centro del mondo. Ci riscuotiamo dal torpore con il vino e l’abbinamento nel piatto successivo ovvero il Piccione hard core con polenta e funghetti, deciso e ricchissimo sul quale fa un figurone un vino che non berrei mai ovvero il Torbido! Ravera Cascina Ebreo Novello 2009 (il vino che oggi, irriconoscibile dopo il cambio di proprietà milionario, è il Barolo Ravera di Reva), selvatico, boscoso, intrigante con pepe e olive in salamoia, liquirizia e alloro, felci e pepe nero, tannino stuzzicante e saporito, intenso e deciso perfetto su piatto altrettanto deciso come il piccione.

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Pronti per il dolce? In realtà no ma ci pensa una chicca vera come una delle 1200 bottiglie prodotte del Pedro Ximenez 1937 di Toro Albalà a riportarci al dovere con una struggente dolcezza caramellata di fichi, noci , carrube, addormentasuocere, anice stellato, liquirizia e nocelle. Affrontiamo con agilità il Save the Bees! spettacolare coreografia giallo nera che si rivela essere un guscio di mela farcito con spuma di miele di castagno su un prato di biscotto di bietola e fiori di mandorla.

Adesso, dopo ovviamente altre meravigliose frivolezze servite in punta di piedi ma che divoriamo senza ritegno alcuno, è davvero finita e si torna delicatamente alla realtà anche se ovviamente non ce ne vorremmo mai andare. Ma fuori c’è l’ultimo baluginare del sole e l’aria profuma ancora: alzarti con la consapevolezza di aver fatto uno dei migliori pranzi della tua vita ti accompagna ad ogni passo e non è affatto poco.

vini piazza duomo alba

Il menu degustazione Carosello costa 290€

L’abbinamento vini ha varie tipologie personalizzabili prima della prenotazione o durante il pasto.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

7 Commenti

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

Una meraviglia. Non ci sono altre parole.

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Luca Miraglia

circa 4 anni fa - Link

Non faccio fatica a credere in tutto ciò che viene, con puntualità e precisione, descritto circa un pranzo dal quale tornare "delicatamente alla realtà"; solo, e nella medesima ottica di puntualità e precisione, mi farebbe piacere conoscere il costo orientativo di "uno dei migliori pranzi della vita".

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

"Se devi chiedere quanto costa una cosa, allora non te la puoi permettere"

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Andrea Gori

circa 4 anni fa - Link

Il menu carosello va sui 290 euro a persona più 100 euro di abbinamento cibo vino.

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L'ammiraglio ai portici

circa 4 anni fa - Link

Ma è il sosia del tipo magro del duo "i gemelli Ruggeri" È uguale.

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franco

circa 4 anni fa - Link

e anche qui, altra perla :)

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C.A.

circa 4 anni fa - Link

È uguale. Ma che fine hanno fatto? Non faceva no ridere granché. Troppo educati rispetto alla concorrenza parolacciara

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