Perché Leroy costa una sassata e Masseto no? Una analisi non convenzionale

Perché Leroy costa una sassata e Masseto no? Una analisi non convenzionale

di Stefano Cinelli Colombini

È scontato che i grandi vini di Francia costino venti volte e più il prezzo dei loro omologhi italiani, ci dicono che è così dai tempi dei Merovingi e che ne era certo perfino Carlo il Calvo: quelle poche parcelle sparse per la Francia sono unte da Dio, quelle e solo quelle, e così produrranno per l’eternità grappoli ineguagliabili.

Anche in caso di glaciazione, e anche se il climate change gli facesse fiorire intorno le palme e ruggire i dinosauri. Pare che Dio lo voglia, o forse era Giovanna d’Arco. No, un attimo, ma noi toscani non siamo conterranei di Galileo Galilei? Quello che “lo sanno tutti che il sole gire intorno alla terra” e non rompere, ma lui controllò?

E in effetti io controllai, perché mi pareva di ricordare. A noi vecchietti capita, dormiamo poco la notte e qualcosa bisogna pur fare in attesa di colazione. Forse è la prostata. Così ho ritrovato quell’articolo di Burton Anderson, un nome che ai giovani dice poco ma è stato per decenni tra i guru mondiali del vino. Lo sapete come scoprì la sua passione? Viveva a Parigi facendo il giornalista per il New York Times e lo Herald Tribune, una gran bella vita negli anni ’60, e tra una baguette e un orrido caffè locale sentì parlare di uno strano vino italiano che costava quanto i migliori calici di Francia.

Parbleu, non è possibile! Così prese la macchina (voglio supporre una spider rossa), volò al Greppo e cadde innamorato. No, non di Franco Biondi Santi o di mia zia Boba, sua moglie – per quanto fosse decisamente una gran bella signora – ma del suo Brunello Riserva. Che in effetti nei primi anni ’70 costava poco meno di Romanée Conti e poco più dei primi gran cru di Bordeaux. Erano tempi felici in cui quelle bottiglie valevano meno di un quinto della paga mensile di un operaio, e si potevano bere senza svenarsi. Il nostro Brunello stava a metà di quel prezzo, gli altri Brunelli leggermente meno e i Chianti a un quarto del costo del mio.

Il mercato era così, pare strano ma è più che documentato. Anche allora le sacre parcelle di Borgogna erano quelle e solo quelle, Clodoveo aveva già fatto la pipì sul cancello della vigna di Leroy e Carlo Martello si era ciuccato di quel nettare la sera che concepì Carlo Magno con Berta dai lunghi piedi, ma gli adoranti appassionati di Bordeaux e di Borgogna pagavano il loro piacere come se fosse vino. Vedi tu. E allora, direte voi, che è successo? Eh, è successo che noi abbiamo perso il treno.

Non dal punto di vista enologico, anzi (per la mia limitata esperienza) direi che in vigna e in cantina eravamo un po’ indietro, e ora no. È che tutti noi italici abbiamo speso ogni energia per fare ottimi vini a prezzi alti venduti in ogni angolo del mondo, e ci siamo riusciti. Un successo incredibile e imprevedibile. Siamo stati così eccezionali che sarebbe stato difficile per chiunque competere con noi, ma i francesi mica c’hanno provato. Hanno fatto altro, hanno inventato un intero nuovo segmento di mercato: quello del super lusso.

Oggi pochi milioni di bottiglie che escono di cantina a prezzi che vanno da € 300 fino al Paradiso rappresentano forse un quinto dell’immenso fatturato vinicolo francese, e magari metà dell’utile netto. E c’è di più. Quelle poche gocce di liquido divino danno lustro all’intera baracca, e con la loro allure (non a caso è un termine intraducibile in italiano) fanno vendere più che bene tutto il resto. Che dire, bravi. Non si occupano più di vino, offrono lusso. Offrono prestigio. Offrono esclusività.

Di tecnica, vitigni o rapporto qualità/prezzo non parlano, queste robe le lasciano ai plebei. Noi ancora non ce ne siamo accorti, guardiamo compiaciuti i trofei sulla bacheca che iniziano a far polvere spiando attenti l’uno l’ombellico dell’altro, e siamo come il pistolero rintronato dell’immortale “E continuavano a chiamarlo Trinità” che prende gli schiaffi e non riesce a capire da dove arrivano. Però attenti, è vero che da secoli è il francese che traccia il solco ma è anche altrettanto vero che poi è l’italiano che fa il raccolto. Per cui mi aspetto belle sorprese. In stile italiano e inaspettate, ovviamente.

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Stefano Cinelli Colombini

Nato nel 1956 a Firenze da un'antica famiglia senese, è il titolare della Fattoria dei Barbi a Montalcino. Membro dell’Accademia Nazionale della Vite e del Vino e dell’Accademia dei Georgofili, è un grande appassionato di storia, arte e musica classica.

116 Commenti

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Condivido l'articolo ma non comprendo il senso del titolo. Che c'entra Masseto col discorso? Forse è il più lampante caso di posizionamento di un vino alla maniera francese e a differenza di tutte le altre etichette francesi e le poche italiane è l'unico vino italiano di quella fascia ad avere una storia tutto sommato recente in un territorio che fino ad allora non aveva una storicità. Infatti è la più studiata case history del vino d'Italia a livello di creazione e gestione del brand. E comunque tolti pochi casi in Borgogna e 4 o 5 a Bordeaux non sono tanti i vini che si trovano allo scaffale con la nuova annata a più di 1.000 € come Masseto. Forse il titolo sarebbe stato più azzeccato citando Monfortino o il Greppo medesimo di cui si parla nell'articolo.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

C’entra, perché Masseto è il più caro tra gli italiani e se lo cerchi su Winesearcher sta tra € 300 e € 350, mentre Romenée Conti, i vari Leroy e simili li trovi sopra € 10.000. Ovvero, stanno giocando in un’altro campionato. O, più satramente, è proprio un’altro gioco.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Sì ma Masseto ha iniziato dal nulla a fine anni '80, i francesi hanno iniziato secoli fa. In proporzione è molto più caro Masseto e ha bagnato di gran lunga il naso ai francesi! Per quello dicevo che forse il confronto con un Barolo o un Brunello nel titolo sarebbe stato più azzeccato visto il contenuto del post, in quanto si confrontavano i vini più storici di entrambi i paesi, tutto lì.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Vedo che anche lei è vittima di quell'illusione di eternità (strategia somma, e ben messa in atto!) dei francesi. Non vorrei sembrare pignolo, ma non tutti loro hanno iniziato secoli fa. Ad esempio Leroy in teoria ha legami con una ditta nata nel 1868, ma in pratica nasce nel 1988. E comunque tutti quei vini nei primi anni 70 costavano quanto un Brunello Biondi Santi Riserva, e non molto più di un mio o di un Barolo Pio Cesare. Col cavolo che Masseto ha bagnato di gran lunga il naso ai francesi, sono loro che hanno messo la freccia e se ne sono andati.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Forse non mi sono spiegato. Leroy può anche avere iniziato ieri, ma è la denominazione in cui opera che ha una storia secolare. Masseto è una case history quasi unica al mondo. Volevo vedere se leroy riusciva a spuntare gli stessi prezzi in una zona sconosciuta della Francia per la produzione di vino negli anni '80...

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Gianpaolo

circa 4 anni fa - Link

C'è una dinamica in atto, ed è tutta giocata sul duopolio Bordeaux/Toscana e Borgogna/Piemonte. I migliori vini toscani costano la metà dei migliori vini piemontesi e la stessa cosa (a spanne, perché DRC e Leroy stanno su altro pianeta, ma per gli stessi motivi) accade per Bordeaux nei confronti della Borgogna. Lafite o Mouton, costano meno ma producono 200.000 bottiglie, contro la mezza dozzina di pancali dei borgognoni. Sassicaia e Masseto producono più che Monfortino o Giacosa ecc. Il gap con gli italiani e francesi è sempre alto, ma meno che in passato e ancora meno in futuro. La qualità è la stessa - almeno se si guarda ai punteggi per dire, e i prezzi sono più bassi e i buyer se ne sono già accorti da un pezzo.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Vero. Per il discorso delle quantità comunque Masseto è più su numeri piemontesi che toscani. In ogni caso se si guarda il prezzo medio, penso sia più alta la Toscana, mentre per il Piemonte sono più alte mediamente le etichette più costose.

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Gianpaolo

circa 4 anni fa - Link

Per i fine wines e' vero il contrario, i piemontesi sono il doppio dei toscani in media ma le quantità sono molto minori. Consiglio a tutti di scaricarsi questo report che spiega in dettaglio e in esteso la cosa https://www.liv-ex.com/2019/11/james-miles-secondary-market-italian-wine/

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Gianpaolo

circa 4 anni fa - Link

Quoto dal rapporto sui vini italiani di Liv-ex (Nov 2019): "Benchè il prezzo dei vini piemontesi sia generalmente maggiore - più del doppio dei Super Tuscan - i migliori Barolo e Barbaresco costano ancora meno della metà del prezzo dei Bordeaux e un quarto dei vini di Borgogna di quałità comparabile.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Come sempre Giampaolo sei perfettamente informato sul presente,

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giuseppe

circa 4 anni fa - Link

in realtà il monfortino ultimamente ha una quotazione mediamente due volte quella del masseto

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Mi riferivo ai numeri quantitativi. Comunque l'ultima annata di Masseto sta 1.200 € sugli shop online italiani, non mi risulta Monfortino costi il doppio

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

@gianpaolo "Per i fine wines e' vero il contrario, i piemontesi sono il doppio dei toscani in media ma le quantità sono molto minori". È esattamente quello che ho scritto io, dicendo che la Toscana è più cara sul prezzo medio ma il Piemonte è più caro sulla fascia più alta (i fine wine appunto).

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Boh Maurizio, da quel che so praticamente nessuno sa a quali AOC appartengono i grandi vini francesi. In Francia la Denominazione non è mai stato un fattore importante, conta il marchio privato. Quanto ai prezzi, ovviamente io mi riferisco sempre all'annata più recente messa in commercio e non mi risulta che nessun vino italiano "annata" sugli shop on line sia sopra € 1.000. Magari domani lo sarà, penso di si, ma oggi no.

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Mike Tommasi

circa 4 anni fa - Link

Concordo. Ma se posso, aggiungo. Con un pochino di disaccordo, ma gentilmente ok? :-) Per la moda siamo alla pari con la Francia, almeno nei contenuti, se non nella proprietà delle azioni. Nella mente di Americani Russi Cinesi Giapponesi, Prada è ricercato tanto quanto Hermès. Ma nel vino è diverso. Il vino lusso non segue le stesse regole. Devi andare a promuoverlo, devi creare mercato, e devi farlo al di fuori della tua comfort zone. Quando andavo alle fiere (ora mi annoio da matti) vedevo gli italiani, anche da ditte grosse, che rimanevano tra loro. Se arrivavo io e cominciavo a parlare italiano, passavano un sacco di tempo con me, che non conto un cavolo, mentre l'americanone dietro gli passava accanto. Quando i francesi vanno in Cina o Giappone o America, mettono i loro vini in tutti i ristoranti, francesi, fusion, internazionali e locali. Spesso gli italiani vanno solo ai ristoranti italiani, sono contenti di avere quel monopolio, si fermano lì, dai colleghi. Non so come sia per i grandi nomi italiani, ma direi in generale manca una certa disciplina, e si fissano target troppo terrestri, troppo facili. Ma anche quello non basta a spiegare. Da noi manca il tessuto di speculazione francese, il sistema bordolese con la sua piazza ENORME e i suoi courtiers e négociants (volume enorme, puoi comprare tutto quello che vuoi, ma devi passare per noi) e il sistema complementare borgognone (volume infimo, se vuoi comprare mettiti in fila e forse tra qualche anno ti vendiamo qualcosa, magari dandoti 2 bottiglie di Romanée Conti ma solo se prendi 24 bottiglie di fascia più "bassa", tipo La Tâche). Per non parlare dello Champ. C'è ancora strada da fare... ma ci arriveremo. Consolazione: se non venite dalla migliori zone bordolesi o borgognone o champenoises, sappiate che anche i grandi francesi della Loira e Alsazia, che fanno vini sublimi, hanno le stesse difficoltà che Masseto e Ornellaia. Sono amico di una coppia, lei fa Sauternes, lui Coteaux du Layon - pari livello di vino stratosferico, ma lui non lo cagano nemmeno, mentre lei ha il badge bordolese. Molti francesi, sono italiani anche loro, praticamente. Quindi don't worry, you're not alone - se volete ve lo traduco ;-)

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Che ti devo dire Mike, in tanti anni a giro per i mondo raramente ho visto italiani fare gruppo tra loro. In genere sono fin troppo entranti, cercano di fare amicizia anche con il ristoratore del paesino sperduto del Nebraska. Per contro le poche volte che ho trovato produttori francesi ho spesso visto fastidio nel dover usare l'inglese, e non proprio grande maestria nei contatti umani. Infatti partendo da zero gli italiani hanno conquistato una fetta enorme dei mercati del mondo, per lo più a pese dei francesi. Ma il lusso estremo è tutta un'altra storia, è un gioco fatto da poche decine di operatori su fatturati enormi per volumi relativamente minuscoli. È qui che siamo assenti, e per quanto ne so nessun italiano ha trovato le chiavi di quelle porte.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Infatti Masseto lo vendono i Négociant di Bordeaux.

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Patrick Jane

circa 4 anni fa - Link

Layon sottovalutata e buonissima zona, concordo. Ma in Loira di prezzi UFO se ne vedono, tra Clos Rougeard, Leroy, Bernaudeau, Dagueneau.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Ma come nessuno sa a quali vini appartengono le AOC in Francia??? Montrachet, Vosne-Romanée, Richebourg, ecc. che sono??? La Borgogna è la più cara del mondo mica per la forza dei suoi marchi ma per la rinomanza dei suoi cru. Per i prezzi ad esempio: https://www.tannico.it/toscana-rosso-igt-masseto-tenuta-masseto-2016.html

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Maurizio, lascio perché altrimenti sembra un battibecco tra me e lei e questo non credo interessi a nessuno. Comunque le assicuro che per la mia esperienza, modestissima certo, non ho mai trovato qualcuno capace di dirmi a quale AOC appartenesse Latite Rotschild. O che comunque fosse interessato a saperlo.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

No infatti ci mancherebbe, e la sua esperienza è tutto fuorché modesta, ma credo sia sbagliato generalizzare. A Bordeaux sì che contano i marchi, come nell'esempio che ha giustamente fatto, in Borgogna le AOC nelle sue declinazioni. E comunque come ho scritto in principio io sono d'accordissimo col suo articolo, contestavo solo il titolo! A presto!

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bevo_eno

circa 4 anni fa - Link

vabbè tannico spara il doppio per qualsiasi vino

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Gianpaolo

circa 4 anni fa - Link

Masseto 2016 € 586 (in bond) Monfortino 2013 € 800 oggi, era € 1100 a fine 2019, ha subito una discesa drastica.

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

Ma qualcuno lo beve davvero sto Masseto?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Altroché, e c’é anche chi beve bottiglie molto, molto più care.

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

Questo lo so, la mia domanda rispondeva a un dubbio che ho sempre avuto: ossia che il Masseto, come pochi altri, sia prevalentemente un vino da speculazione che gira di mano in mano alla ricerca del guadagno marginale, ma che in fondo in fondo, nessuno ci pensi proprio a berselo. Anche perché, diciamocelo...

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Come qualsiasi altro fine wine, dove sta la particolarità? Quando un vino diventa fonte di investimento è normale uno non lo beve con leggerezza, magari lo vende e ci compra più vini altrettanto buoni ma che hanno meno valore sui mercati.

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

La differenza sta nel fatto che i miei amici enostroppati si ingozzano di Monfortino, Biondi Santi, Soldera, Giacosa, Sassicaia, Rousseau, Latour etc etc. Di Masseto no.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

E dei suoi amici enostrippati a noi che ce ne frega? Sono un modello o un esempio di qualcosa? No perché se no scendo al bar sotto casa e faccio un giro di pareri su qualcosa e ve lo riporto. Masseto, piaccia o meno, è uno dei più grandi vini italiani al mondo per la critica nazionale e non, e non c'è un personaggio autorevole nel mondo del vino che abbia mai detto il contrario. Come ha giustamente scritto vinogodi, uno può non apprezzarlo, ma non riconoscere che sia un grande vino significa non capire niente della materia e allora è forse meglio tacere, tanto più se si parla per sentito dire.

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Paolo A.

circa 4 anni fa - Link

Hai ragione tu, ma puoi anche stare un po' più calmino che ti scoppia una vena. Bacioni.

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Donato

circa 4 anni fa - Link

Salve discussione interessante vorrei sempre avete notizie come queste vi ringrazio Donato

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Montosoli

circa 4 anni fa - Link

Forse bastava menzionare nel articolo quello che e cambiato da Biondi Santi da quando e sotto controllo Francese . La 1995 Riserva qui costa $1500bt. In termini di marketing e penetrazione dei mercati siamo generazioni lontani dai Francesi. In termini di manifattura , creativita e artigianeria loro sono generazioni indietro di noi.

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Mike Tommasi

circa 4 anni fa - Link

"In termini di manifattura , creatività e artigianeria loro sono generazioni indietro di noi." In che modo? Un esempio forse?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Tra il Brunello annata (la Riserva ha sempre fatto storia a se) e i grandi vini francesi resta per ora un abisso, ma non credo perché ci sono generazioni tra di noi: è solo che loro hanno scoperto per primi la strada, ma ogni strada è fatta per essere percorsa. Anche noi lo faremo, e pure presto. Su vigna e cantina non credo, da quanto vedo mi pare che il livello nostro e loro non sia diverso.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Butto giù due impressioni, da non addetto ai lavori... Qua ci si arrabatta per trovare la sgranatrice che non ti lascia un filo di raspo... poi se vedi il DRC, vedi che hanno una diraspa orizzontale tradizionale(scarsa) senza pigiatrice... Potrebbe essere che conoscano meglio i "segreti" di una vinificazione con raspo rispetto a noi? Sugli assemblaggi, vedasi lo champagne ad esempio... potrebbe essere che tecnicamente sappiano cosa mescolare e come? C'è l'impressione, specie sugli spumanti, che la distanza in cantina sia ancora molta... nell'uso delle riserve, negli assemblaggi e soprattutto (perchè si sente all'assaggio) l'utilizzo del legno/legni diversi

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Da addetto ai lavori so che è estremamente improbabile che si possano ottenere risultati di altissimo livello con attrezzature di fortuna. Per cui do a certe foto la considerazione di simpatiche iniziative di immagine, molto carine.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Però potremmo scendere più nello specifico, lei che è addetto ppotrebbe illuminarmi: al DRC c'è la pressa (se non vado errato chiusa) automatica, sarà una della toffola o una de franceschi... c'è la diraspatrice tradizionale (dove per tradizionale intendo il sistema con gabbia forata e battitore che ci gira dentro, non il fatto che sia di legno e antica) della BUCHER, di acciaio ... non sono foto da mettere sul catalogo della cantina, ecco. Non sto parlando di attrezzature di fortuna, sto dicendo che questi (o non tutti) non cercano la sgranatrice che ti cava anche l'insettino (altrimenti avrebbero un selettore ottico come ornellaia e sassicaia) ma vinificano con una buona dose di raspi... da qui il dubbio che ne sappiano di pipù sulla parte legnosa del grappolo e come interagisce. // sul discorso assemblaggi e uso del legno, stessa risposta? Aldilà di quello che si vede, prima di tutto si sente nel bicchiere...... grazie

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Patrick Jane

circa 4 anni fa - Link

Suvvia, è una banale questione di maturazione. Il raspo di un pinot nero borgognone portato al giusto punto da un clima che non sballa la maturità tecnologica può essere usato, conferendo un tannino docile. Col nostro caldo invece non ci si arriva quasi mai a quei livelli. Per questo da loro si fa e da noi no. Altrimenti avremmo vini scorbutici dai tannini graffianti.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Non ho modo di sapere quali attrezzature usa realmente DRC, lei mi cita addirittura marche e tipo e da questo suppongo che ne sappia molto più di me. Magari usa davvero quelle, non ho modo di saperlo. Cosa poi usino in cantina, come vinifichino e cosa facciano è davvero oltre la mia possibilità di conoscenza. Il risultato è ottimo, e comunque lo facciano sono bravi. Ma il ragionamento del mio articolo parte dopo tutto ciò, la tecnica di vigna e cantina è data per presupposta. Io sostengo che DRC e vari altri (non solo francesi) abbiano scoperto una nuova nicchia di mercato per le loro bottiglie. Una nicchia di super lusso, a prezzi estremamente più alti. Forse sbaglio, ma ho l'impressione che l'accesso a questa nicchia sia più legato al marketing che a come si fa il vino.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Io invece ho il sospetto che in cantina, sulle tecniche di cantina relative agli spumanti ad esempio, siamo indietro... riguardo a : assemblaggi + uso del legno. Si sente bevendo un giulio ferrari qualunque a confronto con una cuvée des caudalies di de sousa. Pare esserci un abisso e uno se lo spiega dicendosi "è il terror".... bo!

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Scusi, delle due l'una. O DRC e simili usano le attrezzature un po' retrò di cui lei parla e nulla più, o sono molto avanti rispetto a noi e allora non usano quale robe ma cose molto più avanzate. Difficile essere più avanti con mezzi più indietro. Comunque tutto ciò è divertente anche se un po' assurdo, ma non ha nulla a che vedere con il tema del mio articolo.

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franco

circa 4 anni fa - Link

niente, non ce la faccio a spiegarmi: accantoniamo DRC, che assumo abbia le macchine descritte (quindi se non di ultimissima, di ultima generazione... post 2000), quindi moderne tanto quanto quelle che usa una italiana. Sull'uso dei raspi, da non addetto, sappiamo quello che sanno i francesi? ///// Se pensiamo di essere allo stesso livello di cantina dei francesi, perchè gli spumanti italiani hanno eccessi di legno? I francesi sanno usarlo meglio? Perchè li in champagne assemblano annate diverse e qua invece facciamo i millesimati? Sarà mica che non conosciamo la tecnica dell'assemblaggio? Spero di averle chiarito meglio i miei dubbi

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Franco, le ripeto che lei è molto fuori tema rispetto all’articolo, ma comunque proverò nei limiti delle mie conoscenze a risponderle. L’uso dei raspi è studiato da secoli, se la diverte in qualunque biblioteca universitaria o ai Georgofili troverà paginate infinite sull’argomento. Poi uno può scegliere di usarli o no, dipende dal vitigno, dalla zona, dal risultato che vuole ottenere. In un Sangiovese di Montalcino non lo farei mai, è stato sperimentato fin troppe volte e sempre con risultati pessimi. Quanto al sentore di legno delle bollicine italiane, sono libere scelte del produttore. A lei non piace, evidentemente a molti altri si perché quei vini si vendono bene. Anche i francesi fanno millesimati, e anche gli italiani fanno non millesimati. Lei può scegliere quel che vuole. Non è questione di essere più avanti o più indietro, da sempre chiunque può assumere un tecnico francese e portarsi a casa tutta la tecnica e la tecnologia di ogni Paese. È una questione di scelte, noi facciamo così perché lo vogliamo e perché riteniamo che ci acquista i nostri vini desideri questo. Se a lei non piace, va bene. Ognuno ha diritto ad avere i suoi gusti.

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

Il mercato del lusso (del vino) é una cosa (triste) che fa solo aumentare il prezzo medio dei vini autentici e buoni (sotto i 10€) che ovviamente si rimodulano verso l'alto e contemporaneamente fa scendere la qualitá media dei vini low-cost Esempio: Badia a Passignano (Antinori) lo compravo a 6€ nei primissimi anni 2000: un vino STREPITOSO a prezzo bassissimo. Oggi BaP esiste solo nella versione Riserva e gira sui 33/35€ (stesso vino di 20 anni fa più morbido/meno vitale). Con 6€ oggi é impossibile (ri)trovare un vino con quella qualità.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Una Ferrari è una auto triste perché non permette al normale utente di godere di una vettura di grandi prestazioni ad un prezzo ragionevole? Ovviamente no. Occupa una specifica nicchia di mercato, e favorisce la nascita di tante altre auto di prestazioni analoghe a prezzi a volte anche abbordabilissimi. Ma se non fossero esistite le Ferrari e simili, che hanno portato più in alto l'asticella, ora non avremmo maggiori prestazioni per tutti a prezzi possibili. Per cui quel tipo di macchina è stata e sarà utile per tutti. Ora Badia a Passignano costa troppo per le tue tasche? Ma che problema c'è, ci sono molti altri vini (sono certo anche di Antinori) a prezzi ottimi e con qualità analoga. Di certo qualcosa di molto simile per gusto e qualità esiste da vari altri produttori della zona. Questa è la vera bio-diversità del vino e il suo grande pregio, se qualcuno fa delle grandi bottiglie poi il vicino lo copierà e magari migliorandolo. Sia a livello di prezzi che di qualità, e sia con prodotti più cari che con altri più economici e magari a volte pure migliori.

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Paolo

circa 4 anni fa - Link

Ma soprattutto, mi si permetta, non si capisce la ragione della lamentela, che recita all'incirca "Son cattivi, quellilà, perché non vendono una Ferrari al prezzo di una Panda" :)

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franco

circa 4 anni fa - Link

beh, non è altro che un rigurgito dell'inconscio nei confronti del sistema capitalista. Comprensibililissimo per altro. Mi fa sorridere il liberista che se ne esce sempre con questo commento tanto quanto fa sorridere a lei la rimostranza del cliente che vorrebbe la ferrari al prezzo della panda ;) Discorso che sottende la possibilità, garantita dal sistema, di diventare ricchi e potersi permettere, col duro lavoro e la conoscenza, la ferrari. Anche questa è una gran fregnaccia :D Tanti auguri e buona corsa!! Bella la variabilità dell'ecosistema vini, mi piace, vorrei mantenerla... quello che si dovrebbe fare forse per mantenerla, come in alcune società virtuose si fa, sarebbe fissare un limite massimo di ricarico del tal vino rispetto al costo di produzione così come si stabilisce che lo stipendio delle figure apicali non debba superare mai un rapporto(ad es.) di 1:10 rispetto allo stipendio più basso pagato...

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Non se qualche società virtuosa abbia mai fissato un limite al ricarico sul vino, personalmente non ho mai sentito che qualcuno lo abbia fatto. Per un motivo ovvio, ovvero che è un'idea estremamente dannosa per il consumatore: che interesse ci sarebbe a migliorare la qualità (intesa in ogni senso, sia di prodotto che di servizio) se tanto più di così non posso guadagnare?

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franco

circa 4 anni fa - Link

Forse ho scritto male, ma intendevo dire che ci sono società come Mondragon Corp in Spagna, che hanno fissato questi limiti di rapporto fra gli stipendi delle diverse figure. Pensare di poter fare la stessa cosa sul vino? Cioè , dato il mio costo di produzione, più di tot non posso guadagnare. Ovviamente non ho la soluzione, sebbene il mondo fatto così mi stia stretto/// Non lo so, sono perplesso, a me il mondo del vino sembra sempre più dei miliardari che non sanno dove buttare i soldi e quindi comprano il nuovo giochino che sa fa anche 10 anni in perdita, non si scompone nessuno... Quindi trovo relativamente meno importante l'aspetto del guadagno per chi non ha preoccupazione di guadagnare ma di spendere... e il mondo del vino , come gli altri settori, segue le stesse regole

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Caro Franco, proprio non la capisco. Ma cosa c'è di male se con tanto lavoro e tanta passione offro un prodotto buonissimo e per questo guadagno bene? E se invece me ne frego, macino quel che viene e il mio vino è mediocre, mi pare giusto che non mi frutti nulla. Scusi, l'eccellenza che lei gode nel bicchiere è frutto di tanto impegno, tanto lavoro e, magari, un pizzico di genio. Non è un lavoro da catena di montaggio. E tutto questo impegno va premiato, sennò chi me lo fa fare? Se il mio impegno non viene riconosciuto anche economicamente, allora mi faccio assumere alle Poste e timbro il cartellino.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Lei però così sottende che il produttore di vino sia tutto uguale... sia anche una persona modesta che nel suo piccolo ci mette passione, tempo, sudore, soldi per fare un prodotto buonissimo; e sono anche d'accordo ed è questa la categoria da tutelare che penso non si scandalizzerebbe se il suo vino facesse 10x rispetto al costo anzichè 50x. Invece vogliono tutti la lambo per andare sul Marte assieme a Elon.... e il limite di prezzo poi quale diventa? Infinito?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Vede, tutto il su ragionamento parte da un errore: il prezzo del vino mica lo faccio io. Io mi limito a proporlo. Poi ci vuole uno che è disposto a pagarlo. Se pochi accettano il mio prezzo, sarò costretto a ribassarlo. Oppure me lo bevo. Se c’é qualcuno che vuole pagare € 200.000 per una mia bottiglia, per quale folle motivo dovrei insultarlo e rifiutare la sua offerta? Non ho mica il diritto di ritenere cretino uno che viene da me per acquistare vino. Avrà bene i suoi motivi, fino a prova contraria è una persona rispettabile e ha diritto a comprare quel che vuole al prezzo che preferisce. Vede, alla fin fine è tutta una questione di libertà. O forse lei pensa di avere il diritto di dire al suo prossimo a che prezzo deve comprare il suo vino o la sua auto?

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Davide Bruni

circa 4 anni fa - Link

Il paragone automobilistico, a parer mio, non regge; una Ferrari possiede ad un'élite meccanica e tecnologica che ne giustifica almeno il 70% del prezzo (stimo all'incirca), mentre il valore effettivo di un bottiglia di vino è all'interno di un range pressoché limitato. Sarà poi la richiesta del mercato a fissare il prezzo (nel caso di Riserve e CRU citate nei commenti anche in modo sensazionale).

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Temo che la sua opinione del costo di produzione dei componenti di una Ferrari sia molto, molto ottimistica. Da che mondo è mondo (e in ogni settore merceologico) il costo di produzione dei prodotti di lusso è una frazione minima del prezzo di vendita. L'intangibile ha un valore enorme, non c'è nulla da fare.

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vinogodi

circa 4 anni fa - Link

... io dico di assaggiare e poi parlare. Quando parlo di "contestualizzazione" o blind test , negli approfondimenti che facciamo, è proprio per valutare un ordine di grandezza qualitativa rispetto a valori assoluti. Ci può essere l'eccezione, il difetto, la mala conservazione che ne inficiano i contenuti qualitativi , ma quando metti vicini i grandi vini ... e li bevi (non solo fotografi) ti accorgi che pur con i condizionamenti di mercato dati dal concetto di "intangibile" così caro ai markettari e pur ammettendo che la qualità è funzione logaritmica e non esponenziale (sopra un certo livello l'incremento di qualità è risibile e condizionato da variabili articolatissime) la scala di valori è abbastanza consolidata . Non parlando di Brunello perché è presente un prestigioso esponente della tipologia , ma parlando di Barolo , o Bordeaux o Borgogna ... o quel che volete di aree prestigiose , a posizionamento economico elevato del vino , raramente non corrisponde un valore sensoriale adeguato , le cui componenti superiori sono date da manico, terroir, tecnica agronomica , selezione , annata , ... appunto salvo eccezioni ... personalmente , a me Masseto non piace , ma non posso dire non sia un grande Merlot . Ma preferisco almeno una decina di vini della tipologia dove li ritengo oggettivamente più buoni e proprio Masseto non è l'esempio adatto per valutarne un cattivo posizionamento di mercato, visto che in enoteca a meno di 700 euro non si trova ... ma rispetto a quali Leroy (... fa 12 Grands Cru fra Domaine e Domaine D'Auvenay , una decina di Premiers e una decina di Lieu Dits ... e tutti , oggettivamente, più buoni di Masseto )

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Un commento saggio

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Sono un po' perplesso. Riconosco di non avere la tua esperienza in questi prodotti, ma è oggettivo che la larga maggioranza dei prezzi dei vini di altissima qualità è variato con accelerazioni fulminee, periodi di stasi e anche crolli, oltretutto in modo estremamente difforme da vino a vino. Questo parrebbe indicare tutto tranne che una scala di valori ben consolidata.

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Corrado

circa 4 anni fa - Link

In un sistema capitalistico e parlando di beni non essenziali è difficile porre dei limiti. Mi viene in mente il settore dell'audio di alta gamma dove anche lì, come dice lei, gli elementi che fanno la differenza sono quasi impercettibili e si sommano poi altri parametri: materiali nobili quali legni pregiati, oro, design. Il problema credo sia per quelle persone a cui piacerebbe per desiderio e sensibilità ambire a prodotti di gamma media e lì si accorgono di trovare prodotti che hanno solo la veste o il nome, ma non i contenuti, Mi è capitato di aprire certi finali di potenza dal costo di alcune migliaia di euro e poi scoprire assieme ad amici più esperti di me che alcuni componenti non fossero all'altezza del prezzo a questo punto gonfiato. Questi argomenti non appassionano quelli a cui basta il dispositivo bluetooth da 200 euro.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Lei che è appassionato di audio di alta gamma, di certo saprà che grazie alla enorme estensione dell’offerta è possibile trovare attrezzature capaci di dargli una musica favolosa pur essendo a basso costo, anche se magari non hanno oro, legni pregiati e simili cose ininfluenti su suono. Magari le trova su internet, e magari assemblando componenti. Lo stesso vale per tutto, dai pomodori al vino passando per gli elettrodomestici. Ecco, vede, questo è il risultato di questo sistema economico che permette a chi vuole buttare soldi in dorature e marche famose di ottenere quello che vuole, e a lei pure. Se uno vuole spendere di più, cavoli suoi.

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Corrado

circa 4 anni fa - Link

Sì certamente, però bisogna anche essere un po' addentro alla materia e non poco, poi per carità, se uno lo desidera tanto lo fa, anche se richiede impegno e studio e a volte non basta perché in quel campo fa la differenza anche conoscere chi ha già esperienza al riguardo. Ma probabilmente la vera cosa importante è dare i mezzi per capire il bello, per educare al bello: saper riconoscere un ottimo vino, un ascolto consapevole, .. questo forse è quello che fa una grande differenza e appiana un po' le differenze quando hai la possibilità di arrivare ad una meta che non potresti permetterti economicamente.

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FM

circa 4 anni fa - Link

Buongiorno Vinogodi. Da neofita interessato a centrare i suoi acquisti sui vini più rappresentativi delle varie tipologie, non mi dispiacerebbe se provasse a indicare quale sia il prezzo del vino oltre il quale l'incremento di qualità è poco significativo. Ad esempio per Brunello e Barolo, ma anche per qualche denominazione di Borgogna e Bordeaux. Riuscirebbe a fare un esercizio del genere?

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Franci

circa 4 anni fa - Link

@cinelli io non voglio passare per liberticida, ma si.. Penso di poter dire a. Hi vende masseto che non è che se hai 1 persona al mondo disposta a pagarti 10 il tuo vino allora il tuo vino lo vendi a 10... Magari la formazione del prezzo fosse solo determinata da domanda e offerta e si aggiornasse a velocità mercato finanziario

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Davide Bruni

circa 4 anni fa - Link

Sono estremamente d'accordo con un limite etico al rincaro del vino: trovo ingiusto che esistano bottiglie con prezzi a tre zeri soltanto perché qualcuno sia disposto a spendere tali cifre. Ad ogni modo la mia è soltanto un'osservazione razionale; sono al corrente che la realtà è ben altra (ahimè 😪). Ma tant'è ... di utopia non è mai morto nessuno ...

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Veramente di utopia ne sono morti molti di più che di Peste, così a occhio direi che l’utopia è la seconda causa di morte dell’umanita dopo la malaria. Ma, detto questo, ma a lei sta proprio così antipatica la libertà? Libertà è il diritto di essere come uno vuole, se volessi essere LGBT devo avere il permesso di qualcuno? Se voglio buttare i miei soldi in una bottiglia da € 10.000, chi ha diritto di dirmi cosa devo fare della mia vita? È molto immorale volere imporre dei limiti a chi fa i fatti propri senza fare danno al prossimo.

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Franco

circa 4 anni fa - Link

In assoluto si,è immorale. Relativamente ai guadagni personali penso di no. Est modus in rebus e questa forbice è giusto che la si regoli. Stop. Vorrà dire brutalmente che una volta lo comprerà lei la romanee conti, un'altra me lo farò io, oppure lo condivideremo assieme con gioia, avendo riscoperto il sacro valore della condivisione!! Ma non creperà mai piu all'interno di un caveau svizzero in attesa del prossimo balzo delle quotazioni e a vantaggio di un singolo già ricco.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

E, gentilmente, quale suprema istanza le ha affidato di diritto di stabilire quella forbice? A lei o a chiunque altro. Chi può ergersi a giudice di come uno spende i propri soldi, finché non fa danno a nessuno? No , mio caro, lei sta facendo sbandate pericolosamente totalitarie. Anche il Duce o Adolfino dicevano che non era fascista sprecare i soldi, erano molto etici. A me l’etica da due lire di questo tipo puzza, e puzza assai. Di fascismo. Io non ho alcuna voglia di spendere i miei soldi in un Romanée Conti, e non lo faccio. Tutto qui. Se uno vuole farlo, che male mi fa? Faccia pure.

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Franco

circa 4 anni fa - Link

Pareto, 80/20

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Il principio di Pareto è una nota quanto indimostrata ipotesi vecchia di un secolo, che nulla ha ha che fare con il vino.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Punti di vista, per fortuna!! Lei non è obbligato a comprare romanée conti... ma se uno lo volesse, non dovrebbe per forza chiamarsi Bezos per bersi una bottiglia....mi spiace non abbia colto e voglia farmi apparire come il mostro-fascio-cattivo, ma è meglio così!! L'ha detto comunque lei: finchè uno spende i propri soldi senza fare danno a nessuno, che male c'è? Se il riccazzo di turno compra per assurdo tutta la produzione del tal vino... reca un enorme danno di mancata conoscenza a chi ne vorrebbe fruire. A quel punto allora, meglio sarebbe (anche per il produttore) non pubblicizzare quel vino (fantasma). Altrimenti ti stai solo approfittando dell'essere umano, instillandogli una voglia che mai potrà esaudire.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Dai, mica stiamo parlando di beni essenziali, e neppure di risorse vitali dal lato culturale! Il vino è un gioco ed è un piacere, non prendiamoci troppo sul serio. Se un riccazzo compra tutto il vino di Gaja, tanto per fare un esempio, non priva l’umanità di un bene vitale. E poi lui col cavolo che vende tutto a un solo cliente, mica si diverte a spararsi sui santissimi.

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Davide Bruni

circa 4 anni fa - Link

Intendo utopia come moto dell'anima, nulla a che vedere con totalitarismi vari. Per quanto riguarda il concetto di libertà, il quadro si allarga ulteriormente: "libertà è partecipazione" diceva uno straordinario poeta del novecento. La sua libertà altro non è se non una faccia della medaglia, un punto di vista da una prospettiva diversa dalla mia; io vedrei molta più libertà in un vino accessibile a tutti, in una spartizione democratica della bellezza e del gusto che contiene.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Veramente libertà è partecipazione lo diceva Gaber, un cantautore italiano e non un poeta. Non proprio Ungaretti o Montale. No, la libertà è una sola, non lo dico io ma qualunque filosofo, politologo o giurista. Se lei la comprime, la uccide. Molti drogati di etica “fai da te” tendono a farlo, e i risultati sono sempre terrificanti. Quanto alla bellezza, non c’é modo di toglierla a nessuno. O meglio, la può togliere se toglie la libertà. La bellezza non ha prezzo, caro signore, perché la trovo ovunque. Perché o ce l’ho dentro, o non è. Non è possedendo la primavera del Botticelli che ne uso la bellezza, basta e avanza che esista.

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Davide Bruni

circa 4 anni fa - Link

Va beh dai, Gaber un po' poeta lo era ... E a me piace anche più di Montale e Ungaretti: lo trovo più moderno ... Ciao a tutti, simpatici e non ✋✋✋

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

Precisazione: a un appassionato esperto ricercatore di emozioni vinicole (quale io mi autodefinisco) DISTURBA, e non poco, chi propone "Pande travestite da Ferrari", prezzandole in modo offensivo per il settore stesso. L'esempio dell'HiFi trasformatosi nell'HiEnd ne é un esempio perfettamente calzante: il LUSSO PRESUNTO di prodotti sovrapprezzo ha ammazzato un intero settore e ha deluso schiere di appassionati (schifati dai prezzi impazziti e decorrelati da una reale qualitá). Eppoi, come diceva il buon Henry Ford "C'è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti". Rimpiango il vecchio Badia a Passignano e faccio un'enorme fatica a scovare "le eccellenze" sotto i 15€ (fatica poi ben ripagata emozionalmente). P. S. io il Masseto lo bevo come "vino quotidiano"... stesso uvaggio, stesso terroir (vigneti lì vicino), stessa selezione in vigna, stessa attenzione in cantina. Solo l'etichetta é più brutta, ma a meno di 15€, mi regala emozioni UNICHE. Perché solo un ricercatore folle e squattrinato deve poter godere di tali perle?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Perché è anche giusto che chi dedica la vita alla ricerca del Santo Graal qualche soddisfazione la abbia.

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

Se ti riferisci a me, hai ragione. Fermo restando che - se mi prende voglia - fotografo tutte le etichette dei vini "emozionanteccellenzeconomici" e ci faccio un blog/un libro cartaceo/un sito. 😎

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

Se ti riferisci ai produttori dei vini "dal costo di beni di lusso" ma contenenti del semplice buon vino, talvolta ottimo, talvolta super, esistono decine e decine di viticoltori che ci mettono passione/ricerca/soldi/cultura/rispetto* e PERMETTONO a chiunque - senza selezione all'ingresso in base allo stipendio - cosa vuol dire "bere bene ed emozionarsi". Io sto con loro. E "i miei Masseti" me li godo come e più di quello vero. Vorrei potessero farlo tutti... (Henry Ford docet) *ecco, il RISPETTO: chi produce vino e sa bene che i costi "nudi&crudi" non superano mai i 5€ (in zone TOP come Montalcino/Langhe/Bolgheri possono arrivare anche a 7€) é RISPETTOSO dei propri clienti/appassionati/consumatori/finanziatori (senza i quali chiuderebbe bottega) quando decide il prezzo del vino in modo onesto/corretto/congruo.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Guardi che non sono i produttori che un giorno si svegliano e decidono di aumentare di 100 volte il prezzo del loro vino per lucrare sui malcapitati bevitori. Sono i bevitori, la critica e il mondo che gli gira intorno che creano le condizioni perché questo avvenga. Molti dei vini più costosi al mondo sono prodotti da realtà familiari che nulla di diverso avevano concettualmente dai produttori da cui le si rifornisce. Il loro successo ha portato la domanda a schizzare e di conseguenza i prezzi sono saliti. Non esiste produttore al mondo che abbia mantenuto i prezzi stabili a fronte di un crescente successo, per il semplice motivo che è inevitabile nel nostro sistema economico ed è così che funziona nel vino e non solo. La differenza tra produttori sta solo in chi può permettersi di farlo e chi no. Senza contare chi ci si dimentica che in molti casi la metà del valore del vino se non di più va in tasca a distributori e rivenditori, che sono i primi artefici dei ricarichi stellari.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Come ho detto e ripetuto, nessun produttore fa il prezzo del suo vino: lui si limita a proporlo, ma se nessuno lo compra quel prezzo resta solo teoria. E in vita mia ne ho viste tantissime di queste teorie. Chiarito questo, giusto per gioco lasciami spiegare quanto siano privi di senso i tuoi punti. I costi fissi del vino possono anche essere quelli che dici, non è proprio così per tutti ma lasciamo perdere, poi però ci sono quelli cosiddetti variabili. I rappresentante o l’agente che piazza il vino e poi riscuote il pagamento ha un costo, in genere tra il 13% e il 16%. Lavora, e va pagato. Il vino non arriva fa te grazie allo Spirito Santo, c’é chi lo trasporta che fa un lavoro e va pagato. Non raramente la consegna va a vuoto e va ripetuta. In media questo incide tra il 3% e il 9% sul prezzo finale. Poi ci sono i pagamenti, che non avvengono quasi mai alla consegna, e se lo fanno comportano uno sconto tra il 5% e il 10%. Diciamo che in media un cliente italiano paga a 180/250 giorni? Tra anticipi fatture, riemissioni e spese varie questo comporta un ulteriore 3% o 4% di costi vari. Poi c’é la percentuale dei clienti che non pagano, perché falliscono o per le ragioni più varie. Varia molto, dallo 0% al 10% è ragionevole. Poi c’é il fatto che se non fai conoscere il tuo vino nessuno lo compra, per cui devi andare in giro a promuoverlo e questo costa. Devi partecipare a eventi in giro per il mondo, e questo costa assai. Non sono vacanze, non è vacanza fare due pranzi in ristoranti diversi nello stesso giorno perché sono clienti e “se non compri il mio cibo, perché dovrei comprare il tuo vino?”. Non è vacanza cambiare città ogni giorno per dieci giorni di fila, alzandosi alle quattro di mattina e andando a letto a mezzanotte per passare la serata coi client in un winemaker dinner. Non è vacanza passare 230 giorni all’anno lontano dalla famiglia, e io tutte queste cose le ho fatte, come le fanno tantissimi produttori. Quanto pesa questo in percentuale sul prezzo del vino? In termini solo monetari, dal 5% al 30% del prezzo della bottiglia, dipende dal tipo di vino: per vendere un vino da € 5 non puoi spendere più di tanto, altrimenti ci rimetti, ma per uno caro se il produttore o chi per lui non si fa vivo spesso il vino non si vende. Un Masseto va venduto quasi bottiglia per bottiglia, per cui i costi salgono a dismisura. E quanto costa il sacrificio? Quello non si calcola, ma ti garantisco che non è poco. Non è poco per chi lo fa, ed è grosso anche per la sua famiglia. Spesso è eccessivo. E allora quando vedi un vino a un prezzo pazzesco sullo scaffale pensa, pensa ai costi che ci sono sopra e ai tanti impegni che impone. Non è tutto oro quel che luccica, e non conosco gente che si è arricchita col vino. A meno di vendere l’azienda, ovviamente. Ma, guarda caso, quelli che hanno successo e fanno quei vini stellari raramente vendono. E sai perché? Perché una vita in questo modo non la fai per i soldi. La fai per passione. Detto questo, auguri e trova i tanti vini ottimi poco costosi. Ce ne sono tantissimi, per il semplice motivo che c’é anche un’altra via: schivi notorietà e grandi prezzi, contieni i tuoi costi ai soli costi di produzione e vendi quasi solo ai cercatori certosini come te che vanno di azienda in azienda a scoprire quel che amano. Anche questo è fare vino, e la ricchezza del nostro mondo è proprio nel fatto che ci sono mille vie per andare a Roma, e mille per vivere il vino.

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BT

circa 4 anni fa - Link

esatto. e poi non considera il fattore tempo.
io non é che ho tutto sto tempo per cercare il vigneto di fianco che fa uguale vino ad 1/10 del prezzo. sono migliaia di ore lavoro.
compro masseto o più probabilmente un buon brunello o un bolgheri che trovo in enoteca.

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

Sei stato un po' BRUSCO e un po' BIRBONE nella tua risposta ai miei commenti, ma mi riprometto, appena ho un giorno di ferie e becco il bel tempo, di salire su ad assaggiare i prodotti sopra maiuscolettati e rifocillarmi a respirare un po' di sana aria ilcinese...

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Se sarò in azienda sarò lieti di berne un bicchiere insieme. Magari di Maremma, che guardacaso è un vino di altissima qualità che ho scelto di fare a un prezzo basso.

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thomas pennazzi

circa 4 anni fa - Link

Adesso che avete fatto mille chiacchiere, pensate ad una cosa modesta, ma fondamentale per la qualità di certi fine wines francesi: la maestria del legno, un piccolo segreto ben custodito, di cui al massimo vi raccontano quache insignificante dettaglio. Ci sono aziende le cui etichette stellari affascinano il mondo (e lo spennano), che ripongono una parte non trascurabile del loro successo enologico nei legni usati. Parlando tempo fa con uno dei massimi esperti e consulenti mondiali della tonnellerie, questo mi svelava che ci sono maison e chateaux che si affidano da tempo immemorabile alla qualità del legno di un certo produttore, di una certa parcella di una tale foresta, stagionato il tempo necessario, eccetera, e di cui hanno l'esclusiva per antica tradizione. Un merlot (sostituire vitigno a caso) di buona caratura enologica, a contatto di quel magico legname, di colpo assume le note trovate nella bottiglia mistica, anche se fatto vista Pacifico o a Bolgheri. Il successo è fatto di dettagli e di sapienza (quella dell'arte, non quella che vi raccontano nei press tour o nelle eleganti brochures), oltre che di marketing, e non si inventa dall'oggi al domani.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Vero, un grande vino è fatto anche di dettagli, esperienze e errori sommati sommati e metabolizzati attraverso gli anni. O meglio nei secoli. Tutto vero, ma magari capita l'enologo o il cantiniere di genio che apporta cambiamenti che portano la qualità a livelli insperati. O magari la affossano. Magari cambia il clima, e una zona piovosa con varietà e sistemi di allevamento adatti a quel clima ops, all'improvviso... E a volte nasce qualcosa di diverso, ad esempio la tecnologia del freddo che rende alcune zone "impossibili" come la Maremma Toscana o certe zone del Sud all'improvviso in grado di salvare quei profumi che mai avremmo sospettato. Il vino è un'universo complesso, con tanti attori e tanti fattori che interagiscono con risultati difficilmente prevedibili. Clima, tecnica, fattore umano, disponibilità di soldi, follia, genio, errori..... quante cose da mettere insieme! Non esiste una formula per la qualità, casomai direi che valga il vecchio adagio di Darwin: sopravvive che si sa adattare meglio ai cambiamenti. Quanto ai segreto del legno, che affascinante bugia! È più o meno come il segreto dell'acciaio di Conan il Barbaro, perso dal Dio Crom sulla terra e raccolto dagli uomini! Ahimè mi è spiaciuto di raccontare al mio bambino che Babbo Natale non esiste, e mi spiace dire a lei che il segreto del legno non c'é. In questo mondo brutto ahimè tutto si compra, compreso il "segreto del legno". Qualunque enologo è in vendita, così come qualunque tonnellerie. E lo sono sempre stati. È che ogni strumento va usato, se io provo a suonare uno Stradivari mica faccio una bella figura. Però che bravi gli amici francesi a creare quest'aura di mito e di eternità su un qualcosa che solo mezzo secolo fa era considerato da loro stessi assolutamente banale! O poco più.

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franco

circa 4 anni fa - Link

a quanto pare la in francia c'è chi lo stradivari lo sa usare meglio, sebbene siamo tutti violinisti

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Patrick Jane

circa 4 anni fa - Link

Chieda a Gaja, di come quando ha iniziato a produrre a modo suo, abbia scoperto dopo qualche anno che i cugini gli rifilavano le barriques di seconda scelta

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Angelo lo conosco da quando ero bambino, l’ho sentito parlare di mille cose ma mai di barriques. Forse il tema dei legni è un filino sopravvalutato dagli appassionati. Il legno è solo uno strumento tra tanti, nulla più. È la combinazione tra tanti strumenti che da il risultato, e all’interno del minestrone il grande cuoco può sostituire quasi qualunque elemento con una combinazione di altri senza che il cliente neppure se ne accorga.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

È vero, però è nato prima l'uovo o la gallina? I francesi hanno fatto uno straordinario lavoro di marketing, che in mezzo secolo ha creato un gap di prezzo enorme tra i loro vini più cari ed i nostri. E hanno convinto tutti che è sempre stato così, mentre non è assolutamente vero; uno dei segreti di ogni vittoria è convincere l'altro che è sempre stato battuto e sempre lo sarà, e loro l'hanno applicato magistralmente. Oggi il punto è che per "fare" una delle mie migliori bottiglie di Brunello io posso "investire" non più € 10, a cui devo sommare tutti i costi di marketing e di impresa. Un mio concorrente francese di pari livello qualitativo può investire dieci volte tanto, e in qualche caso anche cento. E te credo che suonano meglio lo Stradivari! Non è che io non conosco i legni che darebbero qualcosa di più al mio vino, è che non me li posso permettere. Poi si può ammantare tutto ciò di fascino antico, sapienze misteriose e musica di sfondo, ma la triste realtà è questa. Altro che terreni selezionati dai tempi dei Merovingi, ma hai presente quante volte è cambiato il macro clima da allora? E non parliamo dei microclimi, della piovosità e dei mille fattori che rendono favoloso un terreno per un po', ma nessun luogo per sempre. Ma è una ruota che gira, Federico di Prussia batteva tutti perchè aveva innovato la strategia, poi lo copiarono e lo batterono. A Napoleone è successo lo stesso e capiterà anche agli amici francesi. Tutto si copia, e nulla è eterno.

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franco

circa 4 anni fa - Link

Ok, la ringrazio...adesso tutto molto più chiaro.

Se uno non avesse problemi economici (e questi soggetti ci sono), potrebbe produrre un Brunello investendo 10 o 100 volte tanto rispetto a lei.
E chissenefrega se poi si ritrova la cantina piena e non riesce a venderlo... avrà sempre un bellissimo posto in cui svernare

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Auguri, mi auguro che ci provi. Magari ci riesce. Scherzi a parte, è evidente che io e tanti altri dobbiamo rinunciare a certe pratiche di vigne e di cantina che forse ci darebbero qualcosa di più perché costano troppo, ed è altrettanto evidente che uno che vende vino a € 600 a bottiglia en primeur non ha questo problema. Ciò detto, capita che il Napoli dei miracoli batta la Juve miliardaria, perché non sono solo i soldi che contano. Grazie a Dio il fattore umano è quello più importante, e anche la capacità di far collaborare insieme un'intera azienda per fare qualcosa di così grande che supera quello che ogni singolo potrà sperare mai. Queste cose non si comprano, per il resto c'è Mastercard.

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thomsa pennazzi

circa 4 anni fa - Link

Devo darle ragione, caro C.C. è vero che tutto si compra, anche i segreti: infatti il seguito della confessione del tonnelier era che un americano, volendo che il suo vino uguale in uva al mistico francese avesse quel "certo non so che" dell'inimitabile etichetta, si comprò a suon di dollari il tecnico, il segreto ed i legni. Ed il bello è che ci riuscì: a farne - sicuro - una soddisfacente copia, in grado di ingannare alla cieca una buona fetta di degustatori smaliziati, così come si ingannano i critici d'arte con un Rembrandt ben copiato. Resta il fatto che quanto alla conoscenza ed all'uso del legno i transalpini - sia che si parli di Bordeaux o di Cognac, cambia poco, son vicini - sanno suonare i loro strumenti meglio di chiunque altro, e con costanza nel tempo.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Quello però che non si compra è la diversità. Il signore americano può aver fatto la copia perfetta di un vino francese, e allora? La copia della Gioconda non vale nulla rispetto all’originale. Noi non imitiamo i francesi, cerchiamo di fare opere d’arte diverse. Originali. Il più delle volte sono croste, qualcuna è buona e magari qua e là esce un capolavoro. Magari senza legno, magari con qualcosa di diverso. Questo è uno dei tanti aspetti affascinanti del vino, uno può essere il Paganini dei suoi tempi e suonare il suo Stradivari come nessuno, ma magari in un paesino sperduto della Toscana è già nato uno che in uno stile totalmente diverso e con strumenti diversi regalerà al mondo capolavori. Per questo sorrido quando sento che le gerarchie ormai sono sostanzialmente stabili. Non lo sono mai. Ho vissuto abbastanza a lungo per vederle cambiare troppe volte. Quelli che sono stabili spesso sono i facitori di gerarchie, che invecchiano insieme alle loro liste di eccellenze.

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Andrea

circa 4 anni fa - Link

Due considerazioni. Relativamente al fatto che quei vini francesi che spuntano questi prezzi lo possono fare in virtù della loro storia , ricordo che in Toscana e a Tokaji la zonazione era un realtà ben prima che in Francia. Poi meriterebbe un ragionamento la ratio che sottosta' all'individuazione del cru. Che se in Borgogna in teoria ha connotazioni legate a suolo ed esposizioni a Bordeaux nasce proprii in virtù del prezzo spuntato sul mercato di Londra. Quindi i Gran cru nel 1855 sono già degli oggetti di culto e riconosciuti come migliori perché più cari.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Mi scusi la franchezza, ma i cru sono la più gigantesca presa per il culo del mondo del vino. Che pure ne ospita tante. Sono nato in un anno in cui a Montalcino sono venuti tre metri di neve, e oggi non nevica più. Dopo dieci anni era più caldo, ma nel Disciplinare i vigneti sopra 500 metri furono esclusi perché a quell’altezza l’uva non poteva maturare. Oggi sono tra i migliori. Dai catasti degli ultimi 200 anni si vedono i vigneti salire e scendere su per il colle di Montalcino seguendo clima e piovosità, che cambiano enormemente nei decenni. Escludo nella maniera più assoluta che una particella selezionata come ottima nel 1855 sia automaticamente ottima anche oggi. Magari allora lo era perché lì c’era una specifica piovosità, ideale per quel terreno, per quella varietà e per quel portainnesto. Come fa ad essere ancora identica oggi? Può darsi di sì, ma molto più probabilmente non è così. Soprattutto in zone come la Borgogna o Bordeaux, che sono al limite nord della coltura della vite per cui molto più climaticamente variabili dello stabile mediterraneo centrale.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Quindi per lei a Barolo o in Borgogna sono ciarlatani?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Nel commercio è lecito vantare la qualità del proprio prodotto, soprattutto quando c’é. E in Borgogna come in Piemonte la qualità c’é. Quanto poi allo storytelling, è storytelling. Ogni zonazione è correttissima, se ben fatta. Ma qui e ora. Se cambia la temperatura media, cambiano le vigne migliori. Se cambia la piovosità, un terreno che dà il meglio con molta acqua farà schifo, e un’altro andrà male se piove troppo. Il clima cambia continuamente, mica solo con il riscaldamento globale. Questa è semplice logica. A Montepulciano venti anni fa hanno fatto una zonizzazione attentissima, usando i migliori tecnici e la migliore scienza: ora non corrisponde più al territorio.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Sicuramente le variabili che ha elencato sono tali. Ma tra pensare che un sistema di cru ben fatto sia la bibbia e pensare che sia una cosa che in base alle variabili citate perda qualsiasi senso e sia addirittura "la più gigantesca presa per il culo" ce ne passa però! Saranno contenti persone come Alessandro Masnaghetti o Armando Castagno di sapere che tutto il loro lavoro a breve si rivelerà inutile!

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

La sua risposta è “in attesa di moderazione”, ma volentieri le rispondo. Quando si parla di grandi zone, è evidente che hanno una validità nel tempo. Se si parla di singole vigne, ha senso solo qui e ora. Ho una azienda che ha terreni che vanno da 130 mslm a 550, e dati di due secoli di vinificazioni da cui risulta evidente che certi terreni in alcuni periodi erano inadatte per la viticoltura, e non solo quelli più in alto e più in basso. Ci sono sempre vigneti ideali in una certa zona, ma non sono sempre gli stessi. I fattori variabili sono tanti, i suoli restano identici ma il mutare delle temperature muta le correnti d’aria e di conseguenza la piovosità, tutte cose che possono rendere ideale o pessimo un terreno. Visto da un abitante della città può sembrare incredibile, ma un lato di una collina può essere molto più umido di un’altro. E questo cambia con il tempo. Queste non sono opinioni, sono dati oggettivi. Come si può pensare che quella singola parcella di vigna sia sempre ideale secolo dopo secolo, nonostante i mutamenti del clima? Salvo miracoli, è impossibile. Le zonizzazioni vanno benissimo, ma fissano un momento preciso. Poi il clima cambia, e vanno rifatte.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Non è rivolta a lei la domanda ovviamente, ma non capisco il motivo per cui il commento precedente non sia stato pubblicato... Comunque, lei vedo solo le variabili della zonazione, ma ci sono anche diverse costanti, prima tra tutte le composizioni dei suoli. Le zonazioni si possono discutere, ma non liquidare come valevoli solo per brevi periodi di tempo, dato che le zonazioni sono le basi di tanti disciplinari. Quindi o riteniamo che molti disciplinari (tutti quelli della Borgogna ad esempio, ove sono delimitati i cru, così come il disciplinare del Barolo con le su MGA) sono una truffa legalizzata, oppure la questione zonazione è un po' più complessa di come l'ha posta lei. C'è anche da dire che essendo di Montalcino lei giustamente esprime un parere diffuso sul territorio, sarebbe interessante avere il parere di un produttore di Langa magari, dove ai cru ci credono parecchio.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Mah, vede, i suoli sono sempre quelli ma poi in realtà mica lo sono. Mi spiego. Un certo suolo da certi risultati se ha una certa piovosità è una certa temperatura, se cambiano no. Un terreno argilloso può essere ottimo, ma solo con un certo clima. Se la piovosità cala troppo, fa le crepe e uccide le radici. Un terreno che mantiene bene l’umidità può essere micidiale se piove troppo. È così via. Per cui il clima, con le connesse correnti d’aria che tolgono, o aumentano le piogge, o le spostano, è determinante. E cambia, è inevitabile. Cambia continuamente. Però anche qui ci può essere un corollario. In realtà è il fattore umano ad essere determinante. L’uomo con le sue conoscenze agronomiche può moderare l’effetto del clima. Può irrigare. Può potare in modo da ridurre gli effetti dell’eccesso o della carenza di pioggia. Può inerbire, e farlo in tanti modi diversi con effetti diversi. Può gestire le concimazioni. Anche senza parlare delle tante cose che si possono fare in cantina, in piena legalità e senza artifici strani. Se calcoliamo nel suo giusto valore il fattore umano, ovvero dandogli il peso più importante, allora può avere un senso parlare di zonazione. Ma se facciamo questo dobbiamo liberarci da tanta ipocrisia. Basta nasconderci dietro a mappine colorate, in realtà ciò che vale è la cultura di azienda, il sapere e l’esperienza che si passa di generazione in generazione abbinata ai terreni giusti. E in questo bisogna ammettere che per ora i francesi sono superiori, perché sanno mantenere una continuità di azienda pur nei cambi generazionali e addirittura attraverso molteplici passaggi di proprietà. Qui sta un segreto, ovviamente unito a una evoluta sapienza di marketing. Che però è copiabile più facilmente. La cultura del passaggio tra generazioni è un punto più arduo. E qui sta uno dei vantaggi di Montalcino, perché il tempo sta dimostrando che qui quella cultura esiste.

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Mike Tommasi

circa 4 anni fa - Link

La zonazione in Toscana daterebbe di quando?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Di zonazionj in Toscana ne abbiamo fatte tante, se si parla di aree vaste hanno molto senso ma applicate alle singole vigne..... ma chi vogliamo prendere in giro? Montalcino, Radda, Gaiole e varie altre sono grandi terre da vino e sempre lo saranno, ma nei gelidi anni 70 o nei torridi anni 80 le vigne migliori come potevano essere le stesse?

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Michele Tommasi

circa 4 anni fa - Link

Ok qui di non c e stata zonazione cru toscana prima di bordeaux. Per un attimo temevo di avere una grossa lacuna nel mio bagaglio enonerd :-)

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

Ora mi inalbero: "migliore perché più caro" fa venir voglia di creare un'azienda agricola che compra vino sfuso da 1€ al litro e lo rivende a 30.000€ (prezzo grossisti), con tanto di marketing ultraLuxury, etichetta filigranata con intarsi foglia oro, bottiglie in solo formato magnum a tiratura limitata numerate e firmate da Parker con tanto di 100/100 come valutazione accusa in confezione😎

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Auguri Fabio, ho perso il conto degli attori, registi, cuochi e personaggi famosi assortiti che hanno fatto il tuo stesso ragionamento, compro sfuso ad € 1 e rivendo in bottiglia a €30.000. Non ha funzionato a loro che avevano nomi famosi, figurati a te. La creazione di un vino costoso è una roba complessissima, quasi l’alchimia per la pietra filosofale, e anche fenomeni bravissimi ci riescono una volta nella vita. Forse. E per lo più mai.

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

Era un paradosso, il mio, per far comprendere come sia falsa la correlazione prezzo alto = vino migliore. Tanto più che i vini francesi partono, notoriamente, da una materia prima - l'uva - di qualitá inferiore alla nostra. Quindi poi il prezzo più alto serve per nascondere astutamente la qualità meno eccelsa. I francesi amano "darsi un tono", fare i professorini e primeggiare. Ma sul tema vino, assaggiando Bordeaux, Sauternes e tanti altri vini francesi - sempre uguali a se stessi negli anni - viene voglia di Lambrusco. O di Ciró. O di Sangiovese "artigianale". Per quanto riguarda i Sauternes, ho appena finito una rarissimo/introvabile Verdicchio passito "Bambulé" firmato Il Coroncino. Me lo gioco 10 contro 1 in una degustazione "alla cieca" con un Yquem. Di qualsiasi annata.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Una volta si diceva che noi italiani cerchiamo di ottenere il meglio da ogni specifica tipicità, nel rispetto di ciò che è, mentre i francesi puntano al miglior vino possibile. Sono due obiettivi rispettabili, ma molto diversi. É in fondo la diatriba che spaccò Montalcino nel 2008 e che vincemmo con l'85% del voto dei produttori, è meglio far il miglior Brunello possibile da uve di solo sangiovese di montalcino affinato come da tradizione, o cercare di fare il miglior vino del mondo?

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Fabio

circa 4 anni fa - Link

IMHO: far il miglior Brunello possibile da uve di solo sangiovese di Montalcino affinato come da tradizione equivale OGGETTIVAMENTE a fare il miglior vino del mondo. Le emozioni che sanno creare i nostri vini italici non hanno eguali nel mondo. Checchè ne dicano i francesi o i vari french-addicted sommelier, enocritici e quant'altro.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Onorato, ringrazio.

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Davide

circa 4 anni fa - Link

Sorvolando sulla comparazione tra i due vini nel titolo, che non ha né capo né coda, mi pare ci sia molta confusione in questa storia, alimentata forse dal classico sogno dell'italico produttore di vendere vini a prezzi esorbitanti, confondendo i prezzi reali franco cantina e quelli del mercato secondario. Prendendo tutti i Grand Cru di Borgogna, lasciando per un attimo da parte la Romanée Conti e il domaine Leroy, non hanno prezzi franco cantina molto più alti di tantissimi vini italiani. I quali, molto spesso, sono invenzioni recenti e hanno prezzi di listino frutto dell'avidità/ignoranza/boutade del produttore di turno convintosi esperto di market(t)ing. La controprova è data dallo stacco tra prezzi sul mercato secondario e i prezzi franco cantina originari, che è elevato nel caso di vini degni del proprio posizionamento, pressoché nullo nei casi di vini artificiosamente gonfiati all'origine.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Il mio articolo si limita a far notare un fatto oggettivo, che chiunque lavori nel vino conosce bene: i prezzi dei vini francesi di pregio sono. molto, ma proprio molto più alti di quelli italiani. Lei nega questa ovvietà, che è così macroscopica da essere nota a chiunque. I casi sono due, o non sa nulla di vino o sta giocando a fare polemica giusto per gioco. Il gioco è una attività lodevole che incoraggio volentieri, ma non quando prende toni offensivi. Lei ha appunto varcato questa soglia.

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Davide

circa 4 anni fa - Link

Non gioco per niente, tantomeno c'era qualcosa di offensivo nel mio commento. Quindi secondo lei non saprei nulla di vino (l'altro dei due casi che sostiene possibili). Prendo atto del suo ribadire l'assunto di partenza, che è errato. Può chiedere a chi sa di vino quali sono i prezzi franco cantina di Coche Dury, Armand Rousseau, François Raveneau, giusto per fare qualche esempio. Dopodiché può fare la stessa verifica per il Masseto che lei cita (che resta sempre insensato paragonare a questi vini), ma anche per i vini di Roagna, o del Cerretalto, o di Madonna delle Grazie, sempre per fare qualche esempio. Così può spiegare l'ovvietà di cui parla, e che io negherei.

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Concordo e avevo anche io già espresso questo concetto in precedenza.

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BT

circa 4 anni fa - Link

e comunque il maestro cinelli si rende campione del mondo per commenti su intravino e quindi chapeau! comunque la sua tesi mi pare corretta: esiste - ed è stato creato con abile opera di ultratrentennale marketing - un settore del superlusso in cui i vini italiani non ci sono. e pervero nessun altro vino, ci sono solo quei francesi lì. bene o male che sia lo lascio giudicare a voi, sono status symbol che trascendono (ampiamente) il contenuto della bottiglia. questo è l'esito di una mitopoièṡi vera e propria. se si vuole analizzare credo che la modalità con cui è stato raggiunto tale status è del tutto peculiare e si è nutrita di schiera di fan, presenti in ogni nazione, che vi ha contribuito. ciò detto, aggiungo io, che il discorso vale anche per certi champagne anche se non raggiungono quei prezzi (P2, Cristal) mi pare abbiamo poca ragion d'essere. non ho compreso che l'autore auspichi medesimo destino per quegli italiani che vi aspirino ad entrare e/o lo meritino ma, nel caso, nulla di male. io dico però che in enoteca ho visto a cifre folli anche vini italiani sia toscani sia piemontesi. ok non a 2800 Euro però a 800 sì. trovo tuttavia che il destino dei prezzi dei super vini italiani dipenda più da altri fattori che da scientifiche attività dei produttori. insomma mi pare sia molto meno frutto di marketing, per fare un esempio mi è parso di vedere che la morte di un "produttore", quando carismatico, faccia impennare i prezzi dei vini fatti da lui mentre forse le annate successive, invece, andranno diversamente. in francia ho come l'impressione invece che il nome faccia tutto. basta la parola e il "produttore" invece conta molto meno. insomma puoi cambiare chef de cave ma il prodotto non cambia. e infatti i vini francesi in discorso non hanno il nome del produttore in evidenza. o sbaglio?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Si, i francesi puntano molto sull'azienda mentre noi siamo più narcisisti. Ci piace apparire, e ci piace far apparire il nostro nome. Ma la cosa che fa la differenza secondo me è che i francesi portano questa preferenza sul nome dell'azienda fino alle sue estreme conseguenze, riuscendo a mantenere una continuità estrema anche attraverso i cambi di generazione e addirittura di proprietà. Questo fa si che un'investimento di immagine può sedimentare il suo successo attraverso decenni, non solo anni. E qualche (rara) volta secoli. Molto efficiente. Noi facciamo qualcosa di simile con le Denominazioni, e Montalcino ne è un esempio notevole. Quanto all'articolo, io credo che più si allarga la varietà dell'offerta e meglio è: ben vengano vegani, vin-naturalisti, bio e anche vini di fascia super alta. Un paniere più ricco è più interessante. Per ora quei vini li fanno solo i francesi, e li usano in maniera efficientissima per promuovere tutto il resto. Bello, facciamolo anche noi! A nostro modo, ovviamente, in stile italiano e non limitandoci a copiare.

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Fabio

circa 2 anni fa - Link

Eppoi scopri un vino che non ha nessun timore reverenziale nei confronti dei "soliti noti" costosi vini griffati made in Italy. E con 10€, li mette a bada! https://emotionalwines.blog/2022/03/18/primitivo-di-manduria-dop-passo-del-cardinale-2020-paolo-leo/

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