Passaggio a nord-est tra Carso e Collio per scoprire i vini di Kristina Mervič

Passaggio a nord-est tra Carso e Collio per scoprire i vini di Kristina Mervič

di Alberto Muscolino

Varcato l’estremo confine orientale italiano, mi lascio alle spalle Cormons e l’ultimo baluardo dell’artigianato enoico, con un non so che di nostalgico. Il mondo cambia dannatamente in fretta e il vino è sottoposto a grandi forze centrifughe e centripete, come mai prima d’ora. Da un lato c’è l’opportunità di far breccia sui mercati esteri (Cina su tutti) dove, in questa fase, il consumatore medio è meno esperto e si lascia influenzare soprattutto dal brand, dalla provenienza e dalla capacità di comunicare il prodotto.

Dall’altro, il mondo del vino si guarda allo specchio, cerca di canalizzare al meglio tutte le varie pulsioni interne: aumento della produzione senza rinunciare alla qualità, ritorno alla vinificazione di una volta, integrazione delle nuove tecnologie, rispetto del territorio, sostenibilità, artigianalità, adattamento al cambiamento climatico e chi più ne ha più ne metta. E’ una fase di grande fermento e fioccano, giorno dopo giorno, le più svariate elucubrazioni: da Attilio Scienza che, qualche settimana fa, ha riaffermato l’importanza della genetica come unica soluzione contro il cambiamento climatico, ad Angelo Gaja che sottolinea come sia fondamentale “capire che le cantine artigiane sono complementari ai grandi. Bisogna far crescere gli artigiani che sono utili a tutti, come l’invenzione del vino naturale, che ha portato una maggiore attenzione in vigna”. Sul termine “invenzione” si potrebbe aprire un capitolo a parte, orde di produttori risponderebbero, infatti, che non si è inventato proprio nulla, ma solo riscoperta una filosofia produttiva dimenticata.

Intanto sono quasi arrivato a destinazione e non me ne accorgo nemmeno, la cantina è così piccola che sembra in incognito tra le altre abitazioni della contrada di Sempas. Siamo sul versante occidentale della Vipavska Dolina, distretto fra i più eclettici e interessanti del panorama enoico sloveno, una valle tra il Collio sloveno (a nord) e il Carso sloveno (a sud).

Ad attenderci c’è Kristina Mervič che gestisce, insieme al padre Boleslav, la cantina di proprietà della sua famiglia da più di 100 anni. La produzione è limitata a 8.000 bottiglie, gli ettari coltivati sono circa 3, in gran parte in posizione collinare e con pendenze anche molto elevate (fino al 45%), i terreni sono composti da flysch (stratificazioni di marne e argille nobili) e ricchi di minerali (tra cui ferro e silicio).

La produzione è molto variegata, ma i bianchi spiccano particolarmente e hanno un filo conduttore comune: raccolta delle uve a piena maturazione, accurata selezione dei grappoli, breve macerazione a contatto con le bucce (3-5 giorni), minimo intervento in vinificazione (nessun controllo della temperatura di fermentazione, lieviti indigeni), barrique per circa 20 mesi, solforosa ridotta ai minimi termini e lunghi affinamenti in bottiglia. A questo punto della chiacchierata irrompe in cantina Boleslav che, captata la parola chiave “solforosa”, ci tiene a chiarire: “qui da noi si è sempre praticata la macerazione per tradizione, e questo permette di preservare meglio il vino in virtù dell’estrazione anche di una parte dei tannini delle bucce.

Detto ciò, un minimo di solforosa è indispensabile per garantire l’integrità del vino, durante i nostri lunghi affinamenti in bottiglia, ma stiamo parlando di quantità ridicole 25/55 mg/l totali”. L’affermazione è forte e dritta come la personalità del padre di Kristina che, a quasi 70 anni, sembra ancora un giovane produttore emergente e ribelle. Date le premesse ci attende solo la prova del calice, ma prima di cominciare chiedo che ne pensano di quest’annata 2018: “fin troppo bene, c’è troppa uva, bisognerà fare diradamento!” – e Kristina aggiunge un aneddoto curioso – “pensa che prima era impensabile una cosa del genere, non solo bisognava raccogliere tutti i grappoli, ma si mandavano in vigna anche i bambini per raccogliere gli acini da terra fischiettando, per dimostrare di non avere la bocca piena!”. La ricerca della qualità è passata anche per lo scontro generazionale e il concetto di “vino fatto come una volta” ha bisogno di essere compreso alla luce della sua evoluzione.

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JNK Chardonnay 2010
Il colore è di un ammaliante giallo dorato e racchiude un’anima straripante di profumi di noce, burro, crema, zucchero filato, caramella, frutta tropicale e gelsomino. In bocca la cremosità è quasi masticabile e tenuta a freno solo da una bella vena sapida. Chiude spinto da un soffio caldo a ricordarci che siamo in presenza di 14,5% di gradazione alcolica. Non fatevi trarre in inganno, è solo giovane e irruento.

JNK Rebula 2009
Quando si vira su tonalità aranciate, la mente dell’assaggiatore compulsivo viene immediatamente bombardata da una sfilza di stereotipi e pregiudizi sul tema orange wines: “è una moda, passerà”, “no ma falli altri due giorni di macerazione!”, “anfora in ogni dove”, “tutti uguali sti vini qua!”, ecc ecc…

A quel punto ritorno in me, metto il naso nel bicchiere, inspiro bene e sento: scorza d’arancia candita, miele, albicocca sciroppata, frutta secca, fiori di campo essiccati. La pulizia è impeccabile, i sentori sono cangianti e affiorano nel calice come attivati dai pensieri e dai movimenti di rotazione. L’assaggio è schietto e appagante, austero e pieno, caldo e sapido. Nessuna omologazione può essere così elegante, così profonda e franca. In quanto a physique du rôle, questa ribolla, non è seconda a nessuno!

JNK Sv. Mihael 2005
L’ultimo vino è un assemblaggio di sauvignon 60%, pinot bianco 20%, malvasia 10% e ribolla 10%, di un’annata che avevo già elogiato in quanto a classe, garbo e smaliziata piacevolezza. Sento che anche stavolta confermerò la mia preferenza per il millesimo 2005, il naso non mente: è un articolato mosaico di erbette di campo essiccate, fieno, nocciola tostata, miele di tiglio, albicocca disidratata. In bocca accarezza il palato come seta, senza mostrare mai i muscoli, passa elegantemente sulle papille lasciando una sensazione di freschezza ancora incredibilmente viva e verticale, e un ricordo che persiste a lungo. Cominciare a farne scorta prima che sia troppo tardi…

[Foto di copertina: ©Francesco Orini, qui in versione integrale]

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Alberto Muscolino

Classe '86, di origini sicule dell’entroterra, dove il mare non c’è, le montagne sono alte più di mille metri e dio solo sa come sono fatte le strade. Emigrato a Bologna ho fatto tutto ciò che andava fatto (negli anni Ottanta però!): teatro, canto, semiotica, vino, un paio di corsi al DAMS, vino, incontrare Umberto Eco, vino, lavoro, vino. Dato il numero di occorrenze della parola “vino” alla fine ho deciso di diventare sommelier.

4 Commenti

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Adriano Aiello

circa 6 anni fa - Link

Concordo. Scoperti un paio di anni fa. In cantina mi comprai di tutto!:) Le mani, la faccia da film e il formaggio di Boleslav sono fantastici

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Lanegano

circa 6 anni fa - Link

Adoro i vini di quelle zone e ne consumo spesso e volentieri. Mi chiedo sempre, quando leggo articoli su queste meritevoli aziende, dove trovare i loro vini ?!? Alcuni hanno distribuzione piuttosto capillare (Gravner, Radikon, Princic, Il Carpino, Stekar, Zidarich, Kante ecc.) altri come questo e Klinec sono difficilissimi da reperire. Perchè non pensare quando ci sono queste preziose segnalazioni di indicare anche la reperibilità tramite produttore o distributore o enoteche 'illuminate' ?!? Grazie.

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Alberto

circa 6 anni fa - Link

Ciao Lanegano, Kristina mi parlava dell'evento di vini naturali di Chioggia a cui parteciperà proprio domani (dettagli qui http://www.iltuffo.com). Puoi cominciare da lì o altrimenti contattarla direttamente per farti dare le informazioni di cui hai bisogno ;)

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Lanegano

circa 6 anni fa - Link

Grazie mille.

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