Parlare di vino naturale è come camminare sulle uova

Parlare di vino naturale è come camminare sulle uova

di Sara Boriosi

Disclaimer: faccio pubblica ammenda e dichiaro di non aver seguito le ultime polemiche relative ai vini naturali scatenate dai dottori del vino, perciò nel dubbio mi si perdoni l’eventuale disamina di argomenti già trattati. Alla fine il mio cognome è Boriosi, quindi abbiate pazienza e leggetemi lo stesso.

Quando si parla di vino naturale la sensazione è sempre quella di camminare sulle uova: nelle migliori ipotesi ci si becca una damnatio memoriae, ma se gli astri non sono allineati parte la fatwa con scazzottata alla Bud Spencer. Il principio è sempre quello, puoi parlar male della mamma ma non ti azzardare a dire qualcosa che suoni inappropriato circa il vino naturale o saranno guai per te e per chi ti sta accanto.

L’argomento è stato sviscerato, ribaltato, vivisezionato e ricomposto. Ne hanno parlato tutti e se ne parla ancora ogni volta che l’enomondo batte la fiacca e ci si annoia un po’, calando l’asso del vino naturale secondo me ma con la presunzione di tarare il proprio parere come regola universale.

Per quanto mi riguarda, ho imparato a mie spese a muovermi con prudenza quando si tratta l’argomento cercando di non urtare gli animi sensibili di chi produce e di chi consuma, andando per fiere e frequentando con la dovuta circospezione gruppi tematici dove spesso c’è così tanta tifoseria cieca da far apparire quella dello stadio roba da dilettanti dell’ultimo minuto. Cerco di avere un approccio laico e quanto più possibile aperto su tutto ciò che riguarda il vino e il suo gusto, e faccio un lavoro – l’enotecaria – che mi porta a fare la tara della persona che ho di fronte, in modo d a poter proporre al mio cliente una bottiglia “su misura”.

Ed è qui, davanti al consumatore finale che tutto quello che si è detto e che si scrive ancora sul vino naturale, vacilla come un gigante dai piedi di argilla.

Ciao, sto cercando quattro bottiglie due bianco due rosso, naturaloni co’ le puzze, che voglio darli a dei miei amici che non conoscono questi vini e devono assaggiarli. Poi checciai di biodinamico? Ma questo che ha quest’etichetta bella, puzza? Oh, se le annate sono difficili meglio, eh? Almeno si sente di più come deve essere un vino naturale”.

Parafrasando l’unica professoressa a cui mi sento di dare autorevolezza, Lydia Grant di Saranno Famosi, voi produttori fate sogni ambiziosi, vini di successo e fama. Ed è esattamente qui che si comincia a pagare: con il cliente! Perché avoja trattare l’argomento con i guanti di velluto, spendendo pazienza ed energie a spiegare i fondamentali come la differenza tra biologico biodinamico e naturale, o che la cifra per giudicare un vino naturale non è proprio la puzza; se davanti a te c’è il cliente che non ha voglia di confrontarsi ma di vincere la gara tra chi ce l’ha più lungo io non posso partecipare – ed è meglio, ché a farsi venir la bile è un attimo.

In sintesi, non ci sono trattati che tengano, nemmeno se redatti da polverose eminenze della critica enologica: il cliente medio percepisce il vino naturale come quello con i difetti. Facciamocene una ragione e cerchiamo di collaborare verso una visione univoca di questo alimento comunicandolo con criterio, anziché tirar fuori il ditino indice per sottolineare chi la sa più lunga. Che poi alla fine, a pagarne le spese è chi deve fare fatturato.

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Sara Boriosi

Vivo come un’estranea nella provincia denuclearizzata, precisamente a Perugia. Bevitrice regressiva, il mio cuore appartiene al Carso. Dotata di una vena grottesca con la quale osservo il mondo, più dei vini mi piace scrivere delle persone che ci finiscono dentro; lo faccio nel mio blog Rosso di Sara ma soprattutto per Intravino. Gestisco con godimento la migliore enoteca della città, ma lo faccio piena di sensi di colpa.

33 Commenti

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

Molto vero e quindi anche piuttosto deprimente. Certo che hai dei clienti molto istruiti!

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Capex

circa 5 anni fa - Link

Mah, a dire il vero mi pare che i detrattori dei vini naturali, sopratutto leggendo i commenti al post recente di poco tempo fa, abbiano tutt'altro che timore a palesare il loro dissenso. Anzi, in alcuni casi, vedo un malcelato livore. Opinione personale, ovvio. Saluti

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zzzz

circa 5 anni fa - Link

Il livore è direttamente proporzionale agli insulti che ci prendiamo quando beviamo un vino "industriale " (ovvia controparte del "naturale "), mentre in realtà chiediamo solo che siano fatti BENE. No puzze no brett no acetica please.

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Capex

circa 5 anni fa - Link

Questo è quel che cerca lei nei vini in genere ed io sono d'accordo. Sarà una mia impressione, non lo escludo, ma quando viene lanciato un post sui vini naturali quelli dei detrattori sono la maggior parte degli interventi che spesso tendono a demonizzare, come fossero degli invasati creduloni, i produttori dei naturali. Dia un'occhiata al precedente post in merito. Saluti.

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Angelo Gajo

circa 5 anni fa - Link

Ma, esattamente, che tipo di puzza cercano sti minus habens? Perché le birre che vanno oggi sanno di vomito, i vini sanno di cloaca, i kebab di urina, poi ci sono i cibi fermentati dal nord Europa, le porcherie di spezie che se nel risotto non ci metti il cumino non va più bene, e il bue muschiato col suo muschio... E che è?!?!? La Proustiana Rėcherche du Tanf perdu? Cosa c'è che non va nei profumi buoni, puliti, di fiori, di frutta, di non-microbiologicamente-contaminato? Spero che almeno si lavino...

io credo che possiamo farcela a commentare meglio di cosi'. non spezzatemi il cuore. (f.)

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Angelo Gajo

circa 5 anni fa - Link

"il cliente medio percepisce il vino naturale come quello con i difetti". Citato tale e quale. D'altra parte anche l'elettore medio vuole il politico con i difetti, forse lo sente più "naturale" anche lui... Forse di fronte all'ignoranza di un politico o di un produttore incapaci di fare il loro lavoro senza difetti si sente anche lui meno incapace e meno ignorante... Non lo so... Qualcosa in comune c'è, dal momento che Salvini, evidentemente, puzza. Detto questo, riferendomi all'ultima frase (chi ne fa le spese...): è anche lecito selezionarsi una clientela, tipo non vendendo vini che puzzano... "Vietato l'ingresso ai ragni, ai Visigoti e agli estimatori di scorregge sotto vetro".

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Max

circa 5 anni fa - Link

Il miglior commento possibile,hai tutta la mia stima,prosit

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Alessio

circa 5 anni fa - Link

C'è la strana convinzione che biologico=naturale=salutare. Se un qualsiasi prodotto agricolo ha ciò che il consumatore medio ritiene difetti tanto meglio! Se ha difetti lo berrò controvoglia, ma vuoi mettere, meglio turarsi il naso che ingurgitare 1microgrammo di solfiti aggiunti. Il consumatore non comprende la filosofia che precede un vino naturale, vuol solo essere radical-chic

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Max

circa 5 anni fa - Link

A me radical chic sembra questo commento,ormai non c'è più naturalezza ne' spontaneità nel riversare sul web i propri commenti,con la presunzione di essere originali e fuori dal coro,se il vino è naturale è ovvio che abbia qualche difetto,che sia comunque buono a prescindere è tutto da verificare...prosit

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Paolo

circa 5 anni fa - Link

I vini natuaruali quasi sempre contengono solfiti tant’è che ben difficilmente possono permettersi di non scrivere in etichetta “contiene solfiti”.... questo perché i lieviti naturali producono solfiti oltre la soglia di 10 mg/l. Da qui la ragione per cui chi fa vino naturale fa la distinzione dei solfiti fra quelli aggiunti e quelli prodotti naturalmente, ma scordandosi il motivo per cui il legislatore obbliga il produttore a mettere in etichetta “contiene solfiti “ allorché si superano 10 mg/l, e il motivo sta nella tutela del consumatore il cui organismo può avere delle allergie o intolleranze a prescindere se i solfiti sono aggiunti o naturali. Per la buona pace di tutti se non vuoi solfiti nel vino devi passare attraverso un processo di produzione non banale che fa ricorso a lieviti selezionati proprio per la loro capacità di non produrre solfiti.

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Orion

circa 5 anni fa - Link

Basta! Per carita basta parlare di vino naturale..cercare di definirlo è un ossimoro. La definizione che posso accettare è vini non covenzionali. Dentro il filone dei vini convenzionali ci sono vini differentissimi tra loro che soddisfano filosofie ed eaigenze divere . Tutto il resto è ciarpame.

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Davide Bruni

circa 5 anni fa - Link

Ho partecipato, poco tempo fa, alla manifestazione annuale di Vinnatur (associazione di produttori regolata da un disciplinare ferreo circa la conduzione vitivinicola) nella splendida cornice di Villa Favorita in provincia di Vicenza; moltissimi vignaioli proponevano vini eccellenti, con parametri di pulizia e freschezza del tutto simili ai vini convenzionali. La severità dei controlli è risaputa e dubito fortemente che qualche iscritto abbia potuto fare il furbo, anche in virtù del fatto che la componente ideologica è ben radicata e funge da propulsore per il raggiungimento degli obiettivi futuri e collettivi. Credo che una buona forma di 'naturalità' possa esprimersi con sentori gusto-olfattivi canonici, senza scomodare puzzette strane o aromi indigesti, peraltro opinabili per definizione. Ad ogni modo, è logico che chi vuole la puzza troverà sempre miriadi di produttori disposti a dargliela. Contento lui .... Ciao a tutti .... belli e brutti 😚😚

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Giovanni Corazzol

circa 5 anni fa - Link

La splendida cornice ...

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Federico

circa 5 anni fa - Link

Ma anche "sentori gusto-olfattivi canonici" ...

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Gigi

circa 5 anni fa - Link

Meta' dei commenti di cui sopra giustificherebbe di applicare la censura dell'argomento. Ormai parlare di vini naturali fa lo stesso effetto del reddito di cittadinanza: tira fuori il peggio del tifo da stadio. Come ridurre una bella passione a zuffa da riunione condominiale. Continuo a ritenere che esistano semplicemente vini buoni e vini cattivi, anziche' vini da curva nord e curva sud.

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Federico Ferrara

circa 5 anni fa - Link

tutto vero e dovremmo cominciare a utilizzare i termini in maniera corretta. "vino biodinamico " l'agricoltura lo è non il vino. la vinificazione è una serie di tecniche che messe insieme danno un risultato, il vino! "vino naturale " ovvero se macero un bianco non lo filtro e non aggiungo solfiti lo faccio fermentare con lieviti indigeni ?! C'è chi lo fa in maniera eccellente e c'è chi fa surrogati d aceto ... " cioè non si vendemmiano bottuglie tappate ed etichettate... c'è della confusione

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Nicola Boschetti

circa 5 anni fa - Link

Sono d'accordo con il commento più sopra di Paolo: i vini naturali quasi sempre contengono solfiti, quindi mi sembra che si stia perdendo di vista uno dei punti a mio avviso più importanti, ovvero: quel vino è buono oppure no? Saluti a tutti - Nicola

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Vignadelmar

circa 5 anni fa - Link

Secondo me il tema più discusso dovrebbe essere l’approccio e la qualità vera o presunta dei cosiddetti vini “naturali”. Già il definirli come “naturali” è una furbata, probabilmente illegale, perché lascia sottintendere una cosa importante ma non vera: che tutti gli altri vini sono non naturali, quindi in una qualche forma probabilmente dannosi per la salute umana e per l’ambiente. Non mi sembra un buon punto di partenza. No? Ma la cosa che mi fa più innervosire è la mancanza totale, assoluta, di una definizione univoca, accettata di cosa sia un vino “naturale”, come deve essere fatto, con quale protocollo, con quali accorgimenti tecnici e chimici in vigna, in cantina. Quante bottiglie ne possono essere prodotte, ossia la dimensione produttiva aziendale. Perché tanto, prima o poi qualche grande produttore si inserirà in questo segmento e allora come ci comporteremo? Sono assolutamente convinto che se mettessimo attorno ad un tavolo tutti i produttori di vino “naturale”, a discutere di un protocollo che regoli e certifichi quali e quanti trattamenti in vigna siano permessi, quanti gli ettari coltivabili possibili, quali e quanti interventi in cantina, alla fine si metterebbero a litigare. Fra più puristi, medio puristi e poco puristi. Ma anche ammettendo che alla fine trovino un accordo sul come andrebbe prodotto un vino “naturale”, chi controllerebbe la veridicità, la conformità di quel dato vino al protocollo “naturale”? Cioè ci vorrebbe un ente certificatore terzo, possibilmente pubblico, altrimenti chiunque si svegli la mattina potrebbe definire i propri vini come “naturali” e nessuno consumatore o altro produttore potrebbe rimproverargli alcunché. Sarebbe la giungla e sarebbe un disastro per tutto il comparto. Però a solo sentir questi discorsi i produttori interessati inorridiscono e sparano ad alzo zero contro chiunque, non capendo che una regolamentazione di filiera, certa e controllata, sarebbe nel loro interesse. Ma così già lo è per tutti gli alimenti, siano essi normali, bio o biodinamici (per questi ultimi due i certificatori non sono terze parti in causa ma è già qualcosa). C’è poi la parte organolettica della questione. E’ inutile girarci intorno, in Italia, parallela alla pretesa naturalità del vino, viaggia spesso una scarsa qualità organolettica. E’ un fenomeno a macchia di leopardo, probabilmente in via di diminuzione con l’aumento dell’esperienza dei produttori interessati, ma vogliamo dirlo che non è assolutamente vero che un vino privo di difetti è per forza non naturale? Vogliamo dirlo che non è vero che il difetto è figlio benigno delle pratiche naturali del produttore? Queste tesi, oltre che commercialmente scorrette, sono prive di ogni fondamento. Vogliamo dirlo, ribadirlo che esistono molti vini "naturali" fantastici e privi di difetti? Che siano anche loro figli di magheggi strani in cantina? Altrimenti come si spiegherebbe tanta perfezione...... E aggiungo che siccome sono stati gli stessi produttori ad autodefinirsi come "naturali", a creare il mito della maggiore salubrità dei propri vini rispetto a quelli di tutti gli altri, da consumatore pretendo di sapere con certezza cosa implichi l'utilizzo della parola "naturale" (come per le acque in bottiglia) e pretendo di sapere con certezza cosa implichi praticamente essere un vino "naturale" e chi controlla che un vino che si definisce "naturale" lo sia veramente. Altrimenti chiamateli vini alla "Fra Cazzo da Velletri" e nessuno vi romperà più le scatole.

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Capex

circa 5 anni fa - Link

Ah, quindi il problema sta tutto nel termine "naturale"? Cioè eliminato tale termine tutti amici come prima? Francamente su biologico e/o biodinamico le reazioni, che ho avuto modo di leggere, sono state identiche: dal semplice scherno al pieno disprezzo e tutto quello che ci sta in mezzo. Ma fate il vino come vi pare e beviamo il vino come ci pare. A volte date l'impressione che questi contadini del bio vi tolgano il sonno.

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Vignadelmar

circa 5 anni fa - Link

No, fare il vino come ci pare non è possibile. Come per tanti alimenti ci sono delle regole, sia produttive che merceologiche. Ad esempio due cose molto normata, restando nel vino, ma vale per tutto ciò che acquisti in un supermercato, sono le etichette e le retroetichette. Per queste tutto è normato, in maniera rigida, secondo alcuni troppo. Non so se qualche produttore di vini "naturali" abbia mai provato a scrivervi appunto la dizione "vino naturale", ma immagino sarebbe sanzionato (oh, poi scopro che già lo hanno fatto in 1000 ed io son l'unico a non saperlo). Poi, ripeto, si, la pietra dello scandalo è la parola "naturale", unita alla pretesa non dimostrata di una maggiore salubrità di questi vini rispetto ai non naturali. Ma poi, tornando a come son fatti questi vini, qualcuno mi sa dire quali siano le differenze CERTE e VALIDE PER TUTTI, siano esse colturali, agronomiche e di cantina, che li differenziano dai vini non naturali? Ed infine, se io domani mi mettessi a produrre vino, non dicendo a nessuno come lo faccio, anzi, mentendo spudoratamente, dicessi che è fatto in maniera "naturale", chi potrebbe smentirmi? Quali sarebbero le analisi, le prove, che mi inchioderebbero? Siamo sicuri che in questa filiera già non si annidino dei produttori poco seri e che millantano naturalità altrimenti inesistenti? Chi controlla?

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Fiorenzo Sartore

circa 5 anni fa - Link

Mah. A me pare invece che il vino si faccia esattamente "come pare" al produttore, salvo poi affrontarne le conseguenze: il maggiore o minore interventismo ne determina il risultato finale, e quello e' il senso della liberta' di procedura che ogni produttore esercita. Questo "come pare" attiene allo stile, in generale, poi ci sono norme che comunque regolano la materia, e sono un bel po'.

Altra cosa invece e' la normazione sulle etichette, che non riguarda lo stile esecutivo ma elenca dati specifici, regolamentati dalla legge, quindi questo esempio lo capisco poco. Mi sorprende che chiedi se mai si possa scrivere "vino naturale" su un'etichetta, ovviamente no, anzi, i due termini sono parecchio scivolosi sul piano commerciale in genere, ricorderai la vicenda dell'enoteca romana che scrisse "vini naturali" su uno scaffale e venne per questo multata.

Venendo poi alle tue domande finali: capisco l'esigenza un po' burocratica di avere tutto quanto normato e verificabile da enti di controllo (e mi verrebbe da ironizzare: sarebbe la prima volta che qualcuno aggira gli enti di controllo, poi, in caso di mancato rispetto). Credo che aggiungere ulteriori controlli burocratici non sia esattamente quello che serve in generale a chi fa questo tipo di lavoro, gia' pesantemente normato (e sorvolo sulle gia' presenti certificazioni bio). Quindi in definitiva se tu ti mettessi a fare vino facendo quel che ti pare, e "mentendo spudoratamente", finiresti prima o poi per verificare lo sgradimento del mercato - oppure che so, il gradimento, nel caso in cui tu producessi qualcosa di eccellentissimo. Ma quello accadrebbe perche' appunto sei libero di applicare lo stile esecutivo che ti va. E a quel punto boh, perche' dovresti mentire spudoratamente? Definire confini rigidi, paletti, (nuovamente) capisco che sarebbe anche bello per molti, ma no, secondo me non e' utile.

Quanto poi all'uso del termine "naturale", davvero eviterei di infilarmi in altre discussioni circa la legittimita', faremmo notte. Fossi te proverei piu' o meno serenamente ad accettare il fatto che il termine e' entrato nell'uso, e pace. Credo che il mestiere dell'assaggiatore sia soprattutto definire cosa c'e' nel bicchiere, se il produttore mi dice che usa un qualsivoglia stile esecutivo, con il nome che gli pare, io mi sento solo di dire "va bene, vediamo com'e'".

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Vignadelmar

circa 5 anni fa - Link

Fiorenzo, so benissimo che scrivere "naturale " è vietato, era un esercizio retorico. Invece i controlli servono, eccome se servono! E se io produttore truffaldino e senza scrupoli mi metto a pubblicizzare i miei vini come naturali, senza trattamenti chimici etc etc, mentre nella realtà la mia conduzione agronomica ed in cantina è molto interventista, chi se ne accorge? Come? A quali sanzioni andrei incontro? Ad oggi non succederebbe niente. Mentre la tutela dei consumatori di un prodotto alimentare è fondamentale. Altro punto di dissenso è la tua non comprensione di quanto sia importante derimere la questione della legittimità. Trovo sia fondamentale, anche dal punto di vista commerciale. Lo chiarisco prima: la mia prossima frase è un iperbole provocatoria, ma credo serva a chiarire. E se io produttore di vino incominciassi a dire che i miei vini, visti i miei specialissimi sistemi agronomici e di cantina, aiutano nella cura del cancro? Sarebbe lecito? O dovrei essere pesantemente sanzionato? Concludo: la naturalità di un prodotto non può essere presunta o autonominata. E' un termine troppo serio con ricadute chiare.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

In questo modo butti a mare il ventennale lavoro di tutte le associazioni di vino naturale, ben lungi dall'essere perfetto e risolutivo, ma tanto innegabile quanto fondamentale.

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Vignadelmar

circa 5 anni fa - Link

Nic, presumo tu stia rispondendo a me. No, non puoi dare a me, a noi, la responsabilità di questo buttare a mare. Loro sono sordi e ciechi a questo tipo di richieste, di domande, di chiarimenti. Da anni. A ogni tipo di sollecitazione in tal senso rispondono ad alzo zero, a palle incatenate, con offese di ogni tipo, anche personali. Sta a coloro che utilizzano in maniera innaturale il termine "naturale" a doversi tirar fuori d'impaccio. Non possono trarre solo i benefici di una comunicazione non chiara, non univoca, non vincolante, non certificata, non controllata e non controllabile e non verificabile. E' tempo che lo facciano, anzi è già molto tardi. E devono anche smettere di dire che il difetto è frutto benigno della naturalità, perchè non è vero da nessun punto di vista.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Vignadelmar, io non la vedo così brutta :-) Le associazioni (che sono costituite da vignaioli) hanno avuto il merito di rendere noto al grande pubblico il grado di manipolazione chimica (sebbene consentita a termini di legge) della produzione vitivinicola industriale e di riportare il tema della sostenibilità ambientale al giusto livello, ben lontano dal tritacarne dell'industria del biologico. Esistono disciplinari e regolamenti praticamente sovrapponibili ma anche tante divisioni di altro genere che difficilmente verranno superate. Vinnatur sta facendo un grande lavoro con le analisi chimiche sul prodotto finito, sulla limitazione nell'utilizzo di zolfo e rame, sulla vitalità dei suoli. Vini Veri ha ottenuto qualche importante risposta in merito all'etichettatura "trasparente". Lo stato arriva fino alle certificazioni BIO, da molti considerate insufficienti. Le associazioni fanno molti controlli più approfonditi e non è necessario introdurre la polizia contadina. I vini "cosiddetti naturali" che secondo il rapporto di Servabo del 2013 rappresentano l'1% (5 anni fa) della produzione italiana, raccolgono i massimi riconoscimenti nelle degustazioni alla cieca e da parte delle guide di settore. Senza contare che hanno sempre più estimatori (sarà la moda) tra i consumatori finali. Non possono fare così schifo. E' Angiolino Maule il primo a dire "naturali sì, ma prima di tutto facciamoli buoni".

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Vignadelmar

circa 5 anni fa - Link

Nic, ma neanche io la vedo brutta! Mica stiamo parlando di malattie infettive resistenti agli antibiotici! Dico che una maggiore chiarezza servirebbe prima di tutto a loro e anche ai consumatori, che vanno comunque tutelati. Guarda poi che questo "casino" di dibattiti sparsi sul web, almeno questa ultima tornata, sono stati generati dagli ultimi editoriali di Daniele Cernilli, che su questo tasto batte da un po'. Venendo coperto da ogni tipo di insulto e da ironie varie a go go. Poi però ci si accorge che il fibattito tira, appassiona ed è interessante. Quindi tutti in ritirata. E, concludo, noi di Doctor Wine, dei vini "naturali" ne parliamo spesso, ne scriviamo spesso e gli diamo premi importanti. Da sempre. Ma chiedere chiarezza su determinati aspetti non vuol dire essere nemici. . Ciao

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Enocida

circa 5 anni fa - Link

Off topic : mi. mancavi, grazie, era da tempo che non ti leggevo, grazie mille. Non metto la spunta per le notifiche, non perdere tempo a rispondere a questo messaggio

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Sara

circa 5 anni fa - Link

Ma dici a me?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 5 anni fa - Link

In vita mia ho assaggiato un solo vino naturale. Lo fa a Pomonte Elino Rossi, un mio confinante in Maremma che è poeta in ottava rima e cacciatore. Uomo straordinario. Nasce da sole uve di vite selvatica europea trovate nei boschi, che sono le uniche non (geneticamente?) modificate dall'uomo e salgono in libertà sugli alberi. Non coltivate, non potate, non trattate chimicamente né concimate. Il mosto è stato fermentato in botticella, senza raffreddamento né lieviti. Niente puzzi, brett o difetti, tecnicamente niente da obiettare. Una limonata terrificante, sei gradi alcolici forse e un'acidità pazzesca. Ecco, quello è un vero, autentico vino naturale, fatto in cento bottiglie per amici sfortunati.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Fantastico! Ma è legale? Un piccolo investimento in marketing e con gli allocchi-consapevoli-del-famolo-strano come me, ci fareste una fortuna :-)

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piripicchio

circa 5 anni fa - Link

non preoccupiamoci...quest'ansia da definizione del naturale si estinguerà come la moda del risvoltino.al momento è solo un accanimento da bar senza possibilità dialettiche di confronto civile quoto in toto vignadelmar comunque

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Andrea R.

circa 5 anni fa - Link

Il problema più grande del bevitore (che non è per forza di cose l'appassionato o il funambolo) è la digeribilità. Quindi, in condizioni normali, meglio è fatto il vino più risulta essere digeribile, oltre ad aiutare, integrandola, la digestione. La cosa non ha nulla a che vedere con il termine naturale, bensì con fattori legati all'esperienza e quindi il grado di attenzione che un produttore costruisce spendendo il proprio tempo ad osservare in vigna ed in cantina. Ahimè il buon risultato è spesso legato al controllo di masse piuttosto modeste. Quindi è stato scelto un termine (naturale) per riconoscere questi piccoli produttori che fosse agli antipodi del termine industriale ma che non ha nulla a che vedere con il senso stesso della parola e ciò ha creato confusione. La conclusione è che il vino digeribile fa aumentare la voglia di essere bevuto e dà una mano a chi lo vende a vendere un pò di più. Zolfo associato a uova con quel pelo di freschin, buccia di salame, aceto, muffa ecc...sono i problemi più frequenti che si riscontrano in cattive fermentazioni, tuttavia sono errori che tendenzialmente il produttore stesso riconosce, a meno che non si tratti un indifferente. Questa la mia opinione. Buon vino a tutti.

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Anulu

circa 5 anni fa - Link

Io dividerei i vini in sani da quelli non sani, e poi tra quelli sani, i buoni e i non buoni. Poi scomporrei ulteriormente gli eticamente giusti o meno. Inoltre, vivendo il mondo del vino dall'interno, posso dire con certezza che in mezzo a tanti freak of nature anche simpatici e con cui si sta bene assieme e che quindi compro volentieri ci sono anche piccoli produttori che sono gran figli di buona donna come esseri umani, e che trattano i loro dipendenti, i loro fornitori, i loro partner commerciali in modo vergognoso, ben peggio di quello che accade in cooperative o aziende più strutturate e che apparentemente sono meno cool. Fanno i biodinamici a casa loro, poi sono delle merde umane che te ne accorgi dopo 30 secondi che ci parli. W LE COOP.

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