Ostriche e Champagne? Dipende. Prove tecniche a Milano, da Gran Cru

Ostriche e Champagne? Dipende. Prove tecniche a Milano, da Gran Cru

di Graziano Nani

Belli i dischi di Lucio Dalla? Dipende, quali? Strumento interessante la chitarra? Dipende, suonata da chi? Buona la pizza? Dipende, quella di Sorbillo o quella con il pollo americana? Dipende, dipende, dipende. Bella questa parola, che non ho mai usato tanto come da quando mi interesso di vino. L’unico vero termine in grado di guidarci nel ginepraio dell’abbinamento ostriche/champagne. L’obiettivo: andare oltre il luogo comune anni Ottanta della bollicina con il mollusco, ma anche oltre il contro-luogo comune per cui vanno bene Whiskey, Stout, Moscato, Sauternes… tutto, basta che non sia Champagne.

Qualche settimana fa sono stato da Gran Cru a Milano per una degustazione di due tipi di ostriche, abbinate a due Champagne di Bruno Paillard. Ecco com’è andata.

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Ostrica Royale David Herve, Champagne Première Cuvée Bruno Paillard. 
La Royale di Herve è una delle migliori in circolazione. Le ostriche vengono allevate in mare aperto per 48 mesi, e negli ultimi 18 ogni esemplare ha a disposizione un intero metro quadro. Le ostriche, francesi, vengono dal comune di Marennes e dall’Ile d’Oleron, due zone della regione di Poitou-Charentes. Il mare di questa zona, ricco di fitoplancton, è il responsabile delle sciabordate di iodio e sapidità che per prime arrivano al palato. Seguono sensazioni vegetali delicate ma ben distinguibili, che scompaiono e ricompaiono ritmicamente imprimendo alla degustazione un groove davvero interessante. Un secondo livello degustativo apre le porte a una chiusura tra note dolci e cremose e l’amaricante della nocciola. La persistenza importante sta tutta in questo ossimoro, che lascia nel finale una sensazione di complessa delicatezza.

Manuel di Gran Cru, per la Royale, propone il Première Cuvée. Classico blend che vede un 45% di pinot nero, un 33% di chardonnay e un 22% di pinot meunier, raccolti e selezionati da 35 differenti cru per affrontare una permanenza sui lieviti di almeno 36 mesi. Sono le note soffici di pasticceria le prime a venire fuori e ad armonizzarsi per contrapposizione alla sapidità dell’ostrica. Le stesse note delicate, punteggiate da sentori di frutta bianca, smorzano anche le componenti vegetali del mollusco. La chiusura è coerente e senza spigoli, con la cremosità dello Champagne a sommarsi a quella dell’ostrica per appoggiarsi delicatamente sull’amaricante in chiusura. L’abbinamento, nel complesso, è di impronta elegante, con la morbidezza del Première Cuvée a giocare in modo flessibile smorzando durezze, quando necessario, oppure esaltando i tratti gentili del frutto. Siamo ben lontani dallo spauracchio dell’effetto metallico che in teoria potrebbe derivare da una sommatoria delle durezze di vino e cibo. Fine primo tempo.

Ostra Regal Pascal Boutrais, Champagne Rosé Première Cuvée Bruno Paillard. 
Il secondo tempo vede i francesi giocare in trasferta nei mari d’Irlanda. Stiamo parlando dell’Ostra Regal di Pascal Boutrais, bretone che grazie alla sua grande esperienza ha individuato i mari del nord dell’Irlanda più vocati per dare vita a questo gioiello gustativo. L’ostrica, nello specifico, trascorre i primi due anni di vita a Westport, nella Clew Bay.

Anche in questo caso ogni esemplare vive in un intero metro quadro e, dopo 24 mesi, viene trasferito a Wexford, nel sud dell’Irlanda, presso la foce del fiume Slaney. Dopo altri 12 mesi, l’apporto di acqua dolce dona al mollusco le caratteristiche che la rendono unica nel suo genere.

Il contesto protetto della baia, insieme alla dolcezza dell’acqua di fiume, delinea la prima differenza importante rispetto all’ostrica precedente. Le tracce iodate sono più defilate, lasciando il palcoscenico a una tendenza dolce e a una cremosità che risulta nel complesso più marcata rispetto alla cugina francese. La carnosità del frutto è marcatissima, innervata da una complessità molto ben in evidenza. In chiusura la persistenza è impressionante. È la composizione articolata del gusto a rivelare, in ultima istanza, un risvolto minerale di grande finezza.

Eccoci al Rosé Première Cuvée di Paillard proposto per l’abbinamento. 36 mesi sui lieviti e almeno 5 mesi in bottiglia, per un blend di 25 annate provenienti dalla regione. Pinot nero, con un piccolo saldo di chardonnay. Rispetto all’esperienza precedente viaggiamo su frequenze più vivaci, con una freschezza calibrata al millimetro a contrappuntare la tendenza dolce spiccata dell’Ostra Regal. Ribes e fragoline di bosco vanno a comporre un palato brioso e stuzzicante, ideale per “muovere” la compattezza gustativa dell’ostrica e donarle slancio e ancora più grazia. Si chiude all’insegna della mineralità. Quella del pinot nero, che si somma a quella del mollusco per un pre-finale dall’eleganza tutta verticale, e un gran finale dove la freschezza del rosé e la carnosità dell’Ostra Regal danno vita a un equilibrio pressoché perfetto.

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

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