Ora è ufficiale: il Prosecco DOC può essere anche rosé

Ora è ufficiale: il Prosecco DOC può essere anche rosé

di Michele Antonio Fino

Il 28 ottobre scorso, la Commissione Europea ha dato il via libera alla pubblicazione della comunicazione di approvazione di una modifica ordinaria al disciplinare di produzione di un nome nel settore vitivinicolo di cui all’articolo 17, paragrafi 2 e 3, del regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione (2020/C 362/06). Dietro la complessità dei nomi e delle sigle si cela uno dei più importanti cambiamenti nel panorama delle DOP italiane degli ultimi anni.

Al termine di un processo normativo durato quasi due anni, a partire dalle fasi di studio e di confronto sul territorio, il Prosecco DOC Rosé diventa a tutti gli effetti una nuova tipologia del più noto e più largamente prodotto vino DOP del Belpaese.

Per la prima volta, l’aspetto del prodotto nel bicchiere, che precedentemente sostanzialmente accomunava la DOC alle due DOCG (Valdobbiadene/Conegliano e, rispettivamente, Asolo), viene modificato prevedendo che, attraverso la cuvée con del pinot nero vinificato in rosso (e non più solo in bianco, unica modalità consentita dalla versione precedente del disciplinare) il Prosecco DOC Rosé possa avere “colore: rosa tenue più o meno intenso, brillante, con spuma persistente, odore fine, caratteristico, tipico delle uve di provenienza”. Nota importante, come il Prosecco DOC a cui siamo abituati, anche il Rosé potrà essere prodotto in tipologie che vanno dal Brut Nature, vale a dire Dosaggio Zero, al Demi Sec, ovvero la versione Dry. Il prodotto potrà essere realizzato come “Spumante” o “Spumante di qualità” con la differenza di sovrappressione a 20°C e di affinamento sui lieviti previsti dalle norme generali per queste tipologie di vinificazione.

La base ampelografica non subisce una modifica sostanziale, poiché il pinot nero (sebbene vinificato in bianco) era già presente nel novero delle uve ammesse, insieme alla glera, per un massimo del 15%. Viene tuttavia sancito che per produrre Prosecco DOC Rosé solo glera e pinot nero possano essere usati, la prima per un minimo dell’85% e il secondo per un minmo del 10% e un massimo del 15%. Non potranno pertanto legalmente entrare nella cuvée altre uve a bacca bianca che viceversa restano consentite, insieme alla glera, nella produzione del Prosecco DOC a cui siamo abituati.

Vengono confermati i limiti produttivi per i vigneti di glera da Prosecco DOC anche per il rosé (18 tonnellate/ettaro), mentre il pinot nero dovrà provenire da impianti in purezza che diano una resa non superiore a 13,5 t/Ha.

Per il resto (titolo alcolometrico e minimi di acido tartarico) non si registrano variazioni.

Nasce così, per la prima volta al di fuori di una tradizione di evidente ispirazione francese (com’è nel caso del Trento DOC, della Franciacorta DOCG, dell’Alta Langa DOCG e dell’Oltrepo Pavese DOC) uno spumante rosato italiano, che deriva da una tradizione territoriale forte (nella Marca Trevigiana vini spumanti e frizzanti a base glera, resi rosati con vino da uve nere sono presenti da decenni), che ha la sua culla moderna nell’Istituto Cerletti di Conegliano, dove il Professor De Rosa, ormai quasi sessant’anni or sono, metteva a punto il metodo, basato essenzialmente sul Martinotti, che è all’origine di oltre il 90% del Prosecco DOC che troviamo nei nostri bicchieri.

Il cambiamento è epocale e chi scrive ha sostenuto in passato l’opportunità di pensare a una tipologia ancora più italiana e soprattutto ancora più imperniata sul Piave, asse fluviale della denominazione. La scelta del pinot nero, infatti ha dalla sua il vantaggio di non avere comportato un cambiamento della base ampelografica del Prosecco DOC, andando solo ad aggiungere una variante nella vinificazione. Viceversa, l’impiego di un’uva autoctona come il raboso, ad esempio, avrebbe certamente mantenuto una impronta territoriale più evidente, ma avrebbe sicuramente dovuto scontare difficoltà maggiori per essere approvata, come sempre accade per i cambiamenti nella base ampelografica.

Il dato rilevante che merita di essere sottolineato è il processo che il Consorzio del Prosecco DOC ha messo in atto a monte della modifica normativa. Innanzitutto, è stato misurato attentamente il potenziale di mercato, prendendo in esame l’andamento degli spumanti rosé, la domanda esistente e la disponibilità a riconoscere un prezzo adeguato per questo tipo di vino da parte dei consumatori. Sono poi state realizzate sperimentazioni mirate a determinare un punto di colore ideale del Prosecco DOC Rosé, al fine di evitare una variabilità eccessiva e quindi controproducente. Sono state promosse iniziative culturali e di confronto sul tema della modifica della denominazione e dei disciplinari in genere. Infine, si è agito in tutte le sedi istituzionali affinché questa nuova freccia fosse disponibile all’arco dei produttori in tempi adeguati.

Per brindare al successo è presto, ma per riconoscere i risultati del metodo e della determinazione, non lo è mai abbastanza.

5 Commenti

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...bene, anzi, benissimo. Dopo tante jatture, nel 2020, una bellissima notizia che mi rallegra e che rallegra tutti , facendomi portavoce globale. ..

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Ale

circa 3 anni fa - Link

Ma io no credo sia la prima denominazione di spumante rose' a metodo martinotti/charmat: esisteva già il Brachetto d'Acqui rose'

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Michele Antonio Fino

circa 3 anni fa - Link

Grazie del commento Ale, mi spiace non fosse chiaro. Si tratta del primo spumante DOC italiano che sia rosé de Cuvée Ma non basato (solo) sulle uve proprie delle Cuvée spumantistiche francesi. Sarebbe stato monumentale se fosse stato il primo anche a essere basato esclusivamente su uve autoctone venete. Il Brachetto d'acqui DOCG rosé, provenendo da uva nera, è un rosé de saignée.

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Maurizio

circa 3 anni fa - Link

Parlare di cuvée spumatistiche francesi mi sembra anacronistico nel 2020. Sono cuvée spumatistiche italiane a tutti gli effetti.

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Vinoltre

circa 3 anni fa - Link

Ci mancava il Prosecco Rosé..eh si....

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