Natural Wine Challenge: il vino naturale sfida se stesso e vince

Natural Wine Challenge: il vino naturale sfida se stesso e vince

di Graziano Nani

La settimana scorsa a Milano c’è stato un evento bomba, il Natural Wine Challenge. Location veramente d’eccellenza, visto che il bellissimo Mercato di Santa Maria del Suffragio è stato completamente riservato per l’iniziativa. Iniziamo dal punto più importante: si chiama challenge, ma nessuno ha sfidato nessuno. La verità è che il vino naturale ha sfidato se stesso e i suoi limiti presunti e reali uscendone, lo dico subito, alla grande.

Prima di parlare dei vini, però, un piccolo passo indietro sul workshop, organizzato dai due distributori Arké e Vite. 40 vini in degustazione alla cieca, una bella selezione di prodotti del Panificio Davide Longoni, più una serie di chiacchierate con diversi personaggi come Lorenzo Rondinelli, agente e sommelier, Angiolino Maule, vignaiolo super-noto nel mondo dei naturali con la sua cantina La Biancara e presidente di VinNatur e infine l’ospite speciale Mads Kleppe, Head Sommelier del Noma di Copenhagen che, dopo una veloce introduzione, ha presentato altri 4 vini – strepitosi, peraltro – di cui parliamo in chiusura.

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Ma procediamo con ordine e vediamo un paio di punti prima di entrare nel vivo delle singole degustazioni. Primo, se vogliamo considerare le etichette in assaggio un campione rappresentativo, allora il mondo dei vini naturali gode davvero di ottima salute. Tanto gusto, tanto succo, tanta vitalità, poche sbavature e praticamente zero puzze, a parte forse un paio di casi sparuti.

Altro punto: esiste un comune denominatore in degustazione tra decine di vini così diversi, considerando che parliamo di bolle, bianchi e rossi? Per me sì, ed è la sapidità. In alcuni casi adombrata da acidità sferzanti, in altre intrecciata da mille spezie in allungo, ma comunque sempre più che presente e in grado di regalare una grandissima “masticabilità” a vini sempre generosi in bocca, con il naso a farsi da parte passando spesso in secondo e terzo piano.

Ecco, dunque, com’è andata con i 40 assaggi alla cieca. Degustazione fatta in compagnia di alcuni amici sparsi tra cui Iris Romano – sommelier di grande esperienza approdata da poco al Bicerìn – e ricostruita scavando nei miei appunti tra conferme, smentite e piacevoli sorprese nel momento in cui le bottiglie sono state svelate.

BOLLE 

#1 
Ca’ dei Zago (Valdobbiadene, TV, Veneto ) – Valdobbiadene DOCG col fondo 2016. 90% glera, 10% bianchetta, verdisio. Cemento e bottiglia.
Una bottiglia che conosco bene ma che non ho nemmeno lontanamente riconosciuto. Sentirlo alla cieca mi ha fatto mettere a fuoco più precisamente quanto questo rifermentato sappia essere fresco, pulito e affilato. Evviva Ca’ dei Zago.

#2
Casa Belfi (San Polo di Piave, Veneto) – Prosecco Casa Belfi Colfondo 2016 – glera in purezza. Acciaio. Rifermentazione naturale in bottiglia, senza solfiti aggiunti.

Altro rifermentato, ma la storia qui cambia. Distinguo nettamente una mineralità sulfurea che al naso si mescola a una leggera riduzione, mentre in bocca esplode con una sapidità semplice e gradevole. Tra i Prosecco col fondo ho sempre amato di più il precedente, e sentirli alla cieca ha confermato la mia idea.

#3
Domaine de l’Amandier (Saint Julien en Saint Alban, Rhone, Francia) – Petite Nature – 40% chasselas blanc 40%chasselas rose 20% muscat d’Ambourg. Pet Nat. Vetroresina e bottiglia.
Il gruppetto con cui l’ho assaggiato alla cieca era unanime nel registrare una venatura aromatica, che in effetti si è poi rivelata essere quella del Moscato d’Amburgo. Vino goloso.

#4 
Il Moralizzatore (Carmignano di Brenta, Veneto) – Vespaiò 2016 – vespaiola (60%), friulano (40%), rifermentazione naturale in bottiglia sur lie.
Qui la prima vera sorpresa. Lineare, dritto, pulito, tanto da far pensare a un dosaggio zero di impostazione classica. E invece no. Molto bene.

#5
Champ Divin (Gevingey, Jura, Francia) – Cremant du Jura 2015 Brut Zero. 80% chardonnay 20% savagnin. Acciaio e bottiglia.

L’assaggio alla cieca conferma il livello notevole che spesso si riscontra nei Cremant du Jura. Naso floreale estremamente attraente, bocca ricca e quell’eleganza inconfondibile dello chardonnay che ho subito riconosciuto ma a cui ho saputo dare un nome solo a etichetta svelata.

#6
Ravarini (Monticelli Brusati, Franciacorta, Lombardia) – Franciacorta 2010 – chardonnay in purezza, acciaio e cemento. 65 mesi sui lieviti. Pas dosè.
Quello che tutti abbiamo sentito da questo assaggio sono i 65 mesi sui lieviti, indecisi invece sul segnare sul taccuino o meno quel tocco ossidativo che secondo me era presente.

#7
François Pinon (Vernou sur Brenne, Loira, Francia) – Vouvray Brut Non Dosé 2012. 100% chenin blanc. Metoto classico. Acciaio/botte grande e bottiglia.
Uno degli assaggi che ha lasciato senza parole, in senso letterale. Interessante, di livello, ma vitigno per me difficile da decifrare in versione metodo classico. Sul taccuino infatti c’è uno spazio vuoto.

#8
Bergianti (Carpi, MO, Emilia Romagna) – Fine Bergianti 2015. Metodo classico. 100% lambrusco di Sorbara. Metodo classico. Cemento e bottiglia.
Chissà perché questo lambrusco in versione Metodo Classico ha lasciato un po’ stranito non solo me, ma pure i miei compari di bevuta. Eppure l’ho assaggiato più volte in passato ed è una bottiglia che conosco bene. Non che non mi sia piaciuto eh, parlo piuttosto della percezione di sentori non comuni e un po’ spinti. Forse è stato lo stacco dai metodo classico che hanno preceduto la bottiglia a far venir fuori in maniera preponderante gli spigoli degli agrumi, un naso caseario, una traccia ossidativa e complessivamente questo carattere un po’ scapigliato.

#9
Cinque Campi (Puianello, Reggio Emilia) – L’Artiglio 2014 – spergola 95% moscato 5%. Macerazione con le bucce per 5 giorni. Acciaio. Rifermentazione naturale, solo con il mosto. 30 mesi sui lieviti. Pas dosè.  Senza solfiti aggiunti.
Macerazione e rifermentazione, bam bam, sinistro destro sinistro destro, metti il naso dentro e sei subito al tappeto, in senso positivo però. Alcuni come me hanno pensato al Carso, altri hanno pizzicato la nota aromatica confermata in fase di svelamento dal 5% di moscato. Bella bevuta selvaggia.

#10
Champagne Jeaunaux Robin (Talus Saint Prix, Champagne, Francia) – Le Talus Saint Prix. 60% pinot meunier 30% pinot nero 10% chardonnay. Acciaio/barrique e bottiglia.
Naso da champagne, bocca da champagne, muscoli da champagne, con il Pinot Meunier a farsi sentire più degli altri. In un contesto come questo da uno champagne ci si aspetta che emerga e in effetti è proprio quello che fa, facendosi immediatamente riconoscere alla cieca.

#11
Champagne Christophe Lefèvre (Bonneil, Vallée de la Marne,  Champagne) – Cuvée Prestige –  Pinot meunier (60%), Pinot noir (30%), Chardonnay (10%). Acciaio e barriques usate.  Non dosato. 80% annata 2010, 20% annata 2009.
Si va in continuità con il precedente, nel senso che è uno champagne e spicca tra gli altri. La mineralità ben delineata mi ha fatto pensare a una prevalenza di pinot noir, mentre invece come prima era il meunier a prevalere. Corretta invece la lettura dei tanti anni sui lieviti, e della relativa complessità. Buono buono.

BIANCHI

#12
Ancarani (Faenza, RA, Emilia Romagna) – Per la gioia 2016. Albana, trebbiano, famoso. Cemento.
Due parole perfette, che prendo in prestito dalla mia amica di degustazione: vista mare. Grazie Iris!

#13
Masseria Starnali (Galluccio, Caserta, Campania) – Maresa 2016 – falanghina in
purezza. Acciaio.  Senza solfiti aggiunti.

Se quando parliamo di Fiano si apre un ventaglio di complessità praticamente impareggiabile, nel caso della Falanghina è l’acidità spiccata il tratto davvero inconfondibile. Viva gli agrumi, viva la beva, viva la Campania.

#14
La Biancara (Gambellara, Vicenza, Veneto) – Sassaia 2016 – Garganega in purezza, botte grande di rovere. Senza solfiti aggiunti.
Sapido e semplice, la sua mineralità è figlia dei terreni vulcanici dove ha origine la Garganega. Forse però aveva bisogno di un po’ più di tempo, perché tutti lo abbiamo trovato un filino ritratto.

#15
Bodegas Albamar (Cambados, Galizia, Spagna) – Albamar 2016 100% albarino. Acciaio e Botte grande.
Una versione patinata del #12, con una terza dimensione floreale ad arricchire. Un vista mare con veranda, diciamo.

#16
Texier (Saint Julien en Saint Alban, Rhone, Francia) – Brézème Roussanne 2016 100% roussanne. Vetroresina.
Assaggiandolo alla cieca senza la più pallida idea di cosa potesse essere, riflettevo su come la parola “complesso” non faccia per forza sempre rima con “impegnativo”. Un tocco di tè, uno di miele, uno sbuffo di fiori, poi tanto altro ma son dovuto passare all’assaggio successivo.

#17
Urogallo (Cangas del Narcea, Asturias, Spagna) – Fanfarria Blanco 2015 50% albarin blanco 50% albillo. Acciaio/ barrique e tonneaux.
Campania! ha detto qualcuno del gruppo, me compreso, e presi dalla voglia di indovinare non ci siamo concentrati sulla degustazione di questo Fanfarria Bianco che ricordo comunque interessante. Geograficamente eravamo parecchio fuori strada, per la cronaca.

#18
Valli Unite (Colli Tortonesi, Piemonte) – San Vito 2014 – Timorasso DOC da vigne vecchie. Botte grande di rovere.  Senza solfiti aggiunti.
Chiuso su se stesso, ridotto e molle in bocca. Forse era solo la bottiglia, forse era l’effetto “annata 2014 nel Nord Italia”, fatto sta che il vino era spento e privo di vitalità. Peccato.

#19
Renardière (Pupillin, Jura, Francia) – Jurassique 2016 100% chardonnay. Barrique e tonneaux.
Spoilerato durante la degustazione alla cieca, ho saputo subito che si trattava di un vino dello Jura e ovviamente mi sono fatto condizionare. La nota ossidativa è presente ma discreta, il naso enigmatico mantiene un profilo basso per poi aprire la strada a una bocca grandiosa che apre mondi di sentori.

#20
Bergianti (Carpi, MO, Emilia Romagna) – Bianco Bergianti 2016. 100% Pignoletto. Macerato 4 gg. Acciaio.
Buono d’impatto, si avverte subito la leggera macerazione sulle bucce, in bocca è sapido e delicato ma scappa via un pochino in fretta. Bevuto mille volte, ma alla cieca pensavo a tutt’altro.

#21
Debout-Bertin (Faye d’Anjou, Anjou,  Loira) – Achillè 2015 –  chenin blanc in purezza. Barriques.  Senza solfiti aggiunti.
Sale più fiori più mela. Buonissimo.

#22
Geschickt (Ammerschwihr,  Alsazia) – Riesling 2015 –  riesling in purezza. Acciaio e botte grande.  Senza solfiti aggiunti.
Iris becca subito l’acidità peculiare del Riesling, io mi fermo alla bella complessità del naso e inizio ad avvertire i primi segni di stanchezza. Per fortuna c’è la pizza del Panificio Davide Longoni e con un po’ di carboidrato mi rimetto in pista.

#23
Francesconi (Faenza, RA, Emilia Romagna) – Arcaica 2015. 100% albana. Macerato 60gg. Acciaio.
Qui la macerazione si fa sentire e mi piace parecchio. Un bel tannino, frutta candita, tanto sale. Con salumi, focaccia e altri stuzzichini dimostra come gli orange sappiano essere vini gastronomici, in grado di abbinarsi ad ampio spettro.

#24
Vale da Capucha (Carvalhal, Lisboa, Portogallo) – Arinto 2015. 100% arinto. 30% macerato 4gg. Acciaio.
Una delle amiche di degustazione me lo aveva chiesto: sei già arrivato a quello che sa di acciuga? Eccolo qua. Posso darlo per scontato o devo proprio scrivere “sapido”? Singolare e interessante comunque.

#25
Rafa Bernabe (Villena, Alicante, Spagna) – Benimaquia Tinajas 2015. 50% moscato d’Alessandria 50% merseguera. Macerato 6 mesi tinajas de barro Padilla. Anfora.
Qui si inizia a fare sul serio con le macerazioni, visto che si parla di 6 mesi, e non è difficile accorgersene già alla cieca. Qualcuno becca pure il vitigno aromatico. Buono, complesso e appagante con sentori di spezie, incenso, sandalo e sacrestia. Ottimo maceratone che incontra alla grandissima i miei gusti, come tutti gli altri vini dell’azienda del resto. Grande Rafa Bernabe.

#26
Franco Terpin (San Floriano del Collio, Friuli) –  Ribolla Gialla 2010 – ribolla Gialla in purezza. Macerazione con le bucce. Botte grande di rovere.
Si va in continuità con un altro bel macerato che vira verso spezie e agrumi maturi. Più sottile ed elegante se paragonato al precedente, è comunque un orange dove la materia si fa sentire eccome. Buono.

#27
Overnoy (Orbagna,  Jura) –  Chardonnay Vieilles Vignes 2013 –  chardonnay da vigne vecchie, ossidativo. Barriques scolme.
Ecco la nota ossidativa in tutto il suo splendore, ecco i nostri eroi che non perdono l’occasione di beccarla alla cieca e ringalluzzirsi un po’ prima di tornare a sprofondare nella confusione figlia di ormai quasi 30 assaggi. Bel vino, in ogni caso.

#28
Lamoresca (San Michele di Ganzaria, Catania, Sicilia) – Rosa 2016 –  nero d’Avola 50%, frappato 45%, moscato 5%. Acciaio.
Easy: spiaggia, sole e mare. Bel rosato.

ROSSI

#29
Rafa Bernabe (Villena, Alicante, Spagna) – La Amistad 2015. 100% rojal. Anfora.
Torbido e un po’ spentino, lo sento ossidato e con l’alcol non ben integrato. Quando scopro che è di Rafa Bernabe ci rimango un po’, perché in genere amo tutto quello che esce da questo produttore. Secondo me era la bottiglia.

#30
Renardière (Pupillin, Jura, Francia) – Ploussard 2016. 100% ploussard. Acciaio e botte grande.
Alla cieca emerge subito la grande beva e la vibrante vitalità. Fresco, snello, leggero e super-godibile, l’ideale sarebbe berne una bottiglia, ma il dovere ci chiama.

#31
Barbacan (San Giacomo di Teglio, SO, Lombadia) – Rosso di Valtellina 2016. 100% nebbiolo (chiavennasca, brugnola, rossola etc…) acciaio.
Non riconosco l’aria di casa mia e mi girano un po’ le balle, ma all’assaggio mi piace tantissimo e questo mi basta. Ottima espressione di Valtellina, semplice e dritta al punto.

#32
Eric Texier (Saint Julien en Saint Alban, Rhone, Francia) – Brézème 2015. 100% syrah. Cemento e botte grande.
Super-espressivo, polpa e succo di frutta, con una spruzzata di spezie a contorno. Alla cieca non mi sfiora nemmeno l’idea dello syrah, eppure una volta svelato mi sembra così ovvio che sia lui.

#33
Terre di Pietra (Marcellise, Valpolicella, Veneto) – Valpolicella Superiore Vigna del Peste 2014 –  corvina 50%, corvinone 20%, rondinella 20%, molinara 10%. Cemento.
La stanchezza inizia a farsi sentire. Mi piace, lo trovo elegante, ma poi la testa va da un’altra parte e non saprei dire di più.

#34
Az. Agr. Il  Cavallino di Maule Sauro (San Germano, Vicenza, Veneto) – My Tai 2016 –  Tai rosso in purezza. Acciaio. Senza solfiti aggiunti.

Erbaceo, un po’ crudino, singolare ma complessivamente piacevole nel suo eclettismo. L’acetica è baldanzosa e tende a farsi sentire. In molti eravamo convinti che si trattasse di un vino estero, sbagliando in pieno.

#35
 Cantina Riccardi Reale, (Olevano Romano, Lazio) – Collepazzo 2015 –  Cesanese di Affile in purezza in terre arenarie e vulcaniche. Cemento.
Alcol slegato, tannino ispido, naso chiuso a riccio. Complessivamente un po’ scomposto.

#36
 Vini Scirto ( Castiglione di Sicilia, Catania, Sicilia) – Don Pippinu 2014 Etna Rosso –nerello Mascalese e nerello cappuccio da vigne vecchie a piede franco. Tonneaux. Senza solfiti aggiunti.
Un bel fruttino croccante e un tannino teso al punto giusto. Non so perché ma mi ha fatto pensare a uno strumento appena accordato.

#37
Erbaluna (La Morra, Cuneo, Piemonte) –  Barolo 2012 – nebbiolo in purezza, botte grande di rovere
Bello beccare il nebbiolo alla cieca insieme al suo bouquet floreale, bello riconoscere che ha qualche anno sul groppone, bello pedalare verso i 40 vini un po’ provati, ma super-appagati.

#38
Camerlengo (Rapolla,PZ, Basilicata) – Camerlengo 2014. 100% aglianico. Tino troncoconico di rovere.
Ottima trama speziata carica, colore violaceo scalpitante, bel naso vibrante e strabordante di energia. Un vino che è una pila elettrica.

#39
Villa Pacina (Castelnuovo Berardenga, Siena, Toscana) – Villa Pacina 2015 – Sangiovese in purezza da vigne vecchie, senza solfiti aggiunti.
Un cavallo selvaggio che mi si impenna davanti, ne avverto tutta la potenza ma sono sfinito e la lente di osservazione è ormai fuori fuoco. Serve una pausa.

#40
Natalino Del Prete (San Donaci, Brindisi, Puglia) – Pioniere 2016 – negroamaro 90%, malvasia nera 10%, Vigne vecchie. Senza solfiti.
Con un ultimo colpo di coda prima di stramazzare, di getto penso a un vino del sud. Merito del calore, e del colore. Muscoloso, caldo, potente, rustico nella trama tannica a grana grossa. Il giusto carico di personalità, a chiudere una degustazione che per quanto mi riguarda è da incorniciare.

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MADS KLEPPE E GLI ULTIMI QUATTRO.

Finalmente un break con gli ottimi prodotti del panificio Davide Longoni, che ha il suo corner proprio dentro al Mercato di Santa Maria del Suffragio, dove è possibile abbinare alle proposte una piccola e bella selezione di vini naturali. Nel bel mezzo di questa maratona ho apprezzato soprattutto la pizza nella sua versione margherita, gustosa e decisamente leggera.

A seguire un breve speech di Angiolino Maule con una panoramica sull’evoluzione in chiave bio di tutta l’Europa e i temi delicati della Cisgenetica. Poi Lorenzo Rondinelli, con un bel racconto dal campo sulle evoluzioni del rapporto con i clienti in sala quando si parla di naturali.

Infine Mads Kleppe, alle prese proprio in questi giorni con l’apertura del nuovo ristorante. Con un understatment tutto scandinavo racconta l’evoluzione enorme del mondo dei naturali e del modo in cui vengono raccontati – e recepiti – soprattutto da 3/4 anni a questa parte. Una chiacchiera leggera a informale, prima di passare agli ultimi 4 assaggi, guidati direttamente da lui, tutti legati dal denominatore di un equilibrio straordinario e senza sbavature. A dimostrare che se si tratta di naturali di valore, non serve un criterio di degustazione ad hoc.

Buronfosse (Cotes du Jura) – Ephémère 2015 – 100% chardonnay
Vino del giorno per me, strepitoso. Ricco, bella struttura, decisamente consistente, ma bilanciato da una freschezza meravigliosa. La trama ossidativa è giusto un riverbero lontano, elegantissimo. Davvero molto buono.

Christian Tschida (Austria) – Himmel Auf Erden 2016 – pinot bianco, Scheurebe
Sottile, bilanciato, freschissimo di mela verde, floreale e dalla mineralità gentile. Si continua alla grande.

Lamoresca (Terre Siciliane) – Nerocapitano 2016 – 100% frappato
Succo e spezia in grande equilibrio, goloso e per nulla sbilanciato in nessun senso. Decisamente ben fatto.

Cyril Le Moing (Valle della Loira) – Grolle Noire – 100% grolleau noir
Rosso porpora, succoso e vibrante, decisamente territoriale, tutto slancio di frutta e freschezza grazie anche a un 10,5% di titolo alcolometrico volumico, peculiare della tipologia.

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

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