Mediterraneo e pregiudizio, ovvero, la Grecia del vino che non ti aspetti

Mediterraneo e pregiudizio, ovvero, la Grecia del vino che non ti aspetti

di Lisa Foletti

 

Nell’antichità i vini greci erano conosciuti in tutto il mondo e gli antichi colonizzatori greci introdussero la vite e il culto del vino in tutti i luoghi in cui giunsero. Da quei luoghi la diffusione fu ampia e ancora oggi, a distanza di decine di secoli, i risultati sono vivi e ben radicati nelle diverse culture europee. Nonostante l’importanza del vino nell’antica Grecia, però, la produzione di vino  ha vissuto nei secoli scorsi un lungo periodo di recessione: mentre gli altri Paesi europei continuavano il loro sviluppo enoico, la Grecia non fece altrettanto, soprattutto durante il dominio degli Ottomani. La produzione locale di vino subì una forte battuta d’arresto quando l’imperatore Alessio I Comnenus, nel 1082, concesse ai Veneziani la possibilità di stabilire strutture commerciali a Costantinopoli e in altre 32 città dell’Impero, con l’esenzione totale dal pagamento di qualsiasi imposta.

Grazie a questa agevolazione fiscale i Veneziani poterono vendere il loro vino a prezzi molto più bassi rispetto agli altri: un vantaggio che rimase in vigore fino alla metà del XIV secolo. Il fiorente commercio del vino nell’Impero Bizantino terminò verso la fine del XV secolo, quando i Turchi occuparono il Peloponneso ed estesero il loro dominio in tutta la Penisola Greca. Durante il dominio degli Ottomani, l’enologia greca subì un ulteriore colpo che pregiudicò il suo sviluppo fino alla fine della dominazione: anche se la produzione di vino non fu proibita ai Cristiani, l’industria enologica fu duramente oppressa dalle tasse imposte dai Turchi, che scoraggiarono la produzione di vino limitandone sia la diffusione sia lo sviluppo. Il risveglio dell’enologia greca può essere collocato all’inizio del 1900, quando il Paese riconquistò finalmente la propria indipendenza, ma il vero interesse per lo sviluppo dell’enologia locale si ebbe solamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, pur se la maggioranza del vino prodotto fu per molto tempo di bassa qualità e venduto sfuso, evidentemente per questioni di carattere pratico ed economico.

E oggi, dunque?

Sfido chiunque (me compresa) a immaginare un vino greco diverso da un liquido resinoso, ciccione, morbidone e piacione. Un po’ perché c’è  scarsa conoscenza, un po’ perché i prodotti offerti nei vari punti ristoro delle località turistiche greche non si discostano molto dai canoni testé descritti.

Ci sono voluti amici e colleghi come Emiliano Castelli e Massimiliano Gelati, complice l’Enoteca Giro di Vite di Bologna, con la loro curiosità e competenza, ad accendere il mio interesse sull’argomento, mettendomi sotto il naso 7 vini greci provenienti da varie regioni e sfilandomi (metaforicamente) la sedia da sotto  il sedere.

Vediamoli uno per uno.

Karanika Brut, Domaine Karanika, Amyntheo, Macedonia
Metodo classico di Xinomavro (bacca rossa) in purezza, nessuna malolattica, 9 mesi sui lieviti, sboccatura aprile 2018, dosaggio 6 gr/l con solo mosto e vino. Da vigne giovani (25 anni) a piede franco, circa 500 mt di altitudine con esposizione sud/est verso il lago. Terreno composto principalmente da sabbia e pietre. Conduzione in biodinamica, limitate le potature ed evitate tutte le vendemmie verdi. La produzione è autoregolata dalle piante, attorno ai 50/60 q.li per ettaro.

Bollicina fine e cremosa, acidità davvero importante, profumi varietali di frutta e fiori in bella evidenza, anche grazie alla sosta non prolungata sui lieviti. Niente di particolarmente lungo né complesso, ma un buon modo per predisporre la bocca al pasto.

Mantineia 2016, Ktima Bozinakis,  Mantineia, Peloponneso
Moschofilero 100% (bacca grigia), tappo nomacorc in attesa di poter investire sullo stelvin. Vigne a 650 mt, tradizionalmente le ultime ad essere vendemmiate in Grecia. Conduzione in vigna e in cantina convenzionale, uso di solo acciaio. Terreno sabbioso con buona presenza di limo e calcare. L’azienda ha 3 vigneti con diverse esposizioni, tutti piantati a moschofilero, unica uva trattata in azienda. Essendo un’uva a bacca grigia, viene vinificata sia in bianco che in rosa, ma il vino da noi degustato è bianco.

Profumi di macchia e agrumi, menta limonata, acidità e sapidità sferzanti che stimolano con prepotenza la salivazione. Un vino ossuto e affilato, che proprio non ti aspetti.

Dafni 2017, Ktima Lyrarakis, Heraklion, Creta
L’azienda sta facendo un grande studio sulle varietà autoctone: in questo caso si tratta di Dafni in purezza (bacca bianca), vinificato in acciaio. È un’uva rara, salvata dall’estinzione negli anni ’80 proprio dalla famiglia Lyrarakis e attualmente vinificata da tre sole aziende di Heraklion, in purezza soltanto da due di esse. Vigneto a 450 mt, terreni composti da sabbia ed argilla dura. L’azienda è in conduzione biologica e il vino è certificato vegan (…vabbe’).

Forse il vino più intrigante della serata, per via di un naso assolutamente non codificato, magnetico e caleidoscopio: tutto il compendio delle erbe aromatiche, in particolare un nettissimo rosmarino che, insieme all’odore del sale grosso, fa pensare subito alla salamoia bolognese; ci sono poi sentori di alloro, elicriso e carruba, e un sorso tridimensionale e saporito, pieno, dalla lunga scia salata. Che bello!

Santorini 2016, Ktima Canava, Chryssou, Santorini
Da sola uva Assyrtiko (bacca bianca), vigne ultracentenarie a piede franco, impianto Koulouri (a ciambella o nido), vinificazione in solo acciaio. Due vigne a Pyrgos ed Acrotiri, entrambe nella parte centrale dell’isola e a mezza costa, circa 300 mt sul livello del mare. Sono le zone più vocate  e molto esposte al vento da est. Il terreno è di tipo vulcanico, cosa che rende inutile qualsiasi tipo di trattamento in vigna. La conduzione convenzionale si riflette unicamente nell’uso di lieviti selezionati. Le vigne sono in affitto da un amico dell’enologo (Tselepos, un bravissimo viticoltore del Peloponneso), precedentemente in stato di totale abbandono. Le prime vendemmie hanno portato 10 q.li per ettaro, l’obiettivo è quello di arrivare a regime con 40 q.li.

Vino vulcanico che non delude le aspettative in termini di mineralità e sapidità, delicato al naso, fresco, certamente penalizzato dall’essere stato servito dopo il carismatico Dafni, ma di indiscutibile piacevolezza.

Naoussa 2015, Ktima Oenos Nature, Naoussa, Macedonia
Vinificazione tradizionale in tino di Xinomavro in purezza (bacca rossa, quella dello spumante iniziale) da due vigneti esposti rispettivamente a est e a ovest, condotti in biodinamica. In fermentazione viene lasciato un 15% di raspo (ma pare non si possa dire…). Limo, calcare e argilla dura nel terreno, che si differenzia da quello di Goumenissa (di cui il vino a seguire) perché è assente il granito. Inverni piuttosto rigidi ed estati calde con forti escursioni termiche durante la giornata. Proprietario e vignaiolo è Thymiopoulos, un giovane rampante della zona. L’idea però fa capo a Iorgos Ioannidis, un commerciante parigino ma greco di nascita: si tratta di un progetto che raccoglie 4 realtà geograficamente molto distanti e mette insieme le esperienze dei 4 enologi coinvolti, ossia lo stesso Thymiopoulos, Sklavos (Cefalonia), Tetramythos (Patrasso) e Hatzidakis (Santorini), quest’ultimo venuto a mancare l’anno scorso. Tutti e 4 lavorano in biodinamica.

Il vino ha un naso raccolto e austero, ematico, non inficiato dal legno, in cui predominano l’arancia rossa, la corteccia e il sottobosco; la trama tannica è piuttosto fitta, la freschezza e la grande sapidità rendono il vino assai succoso. Ricorda vagamente certi pinot noir un po’ scuri. E’ un vino vivido, diametralmente opposto allo stereotipo della marmellata di legno. Davvero un bel bere.

Goumenissa 2015, Ktima Hatzivaritis, Goumenissa, Macedonia
70% Xinomavro, 30% Negoska. Climaticamente Goumenissa è leggermente più influenzata dal mare e quindi ha inverni un po’ più miti rispetto a Naoussa. I terreni sono ricchi di granito e la conduzione del vigneto è in regime biologico. La Negoska è un’uva a bacca rossa tradizionalmente relegata ad essere usata come taglio, e ha rischiato l’estinzione per via della resa molto modesta. Solo con gli anni 2000 si è consolidato l’interesse per una sua vinificazione in purezza, con ottimi risultati. In uvaggio il suo apporto classico è di colore, speziatura e ammorbidimento dei tannini spigolosi dello Xinomavro.

Il vino è più mediterraneo, i fianchi sono un po’ più larghi e dolci rispetto al Naoussa. La marca è speziata e terrosa, la bocca sinuosa, ma siamo ancora ben lontani dai cliché legnosi e dolciastri.

Oinari 2015, Ktima Parparoussis, Patrasso
Agiorgitiko 80%, Mavrodafni 20%, entrambi a bacca rossa. Vinificazione in botti di rovere francese esausto per 9 mesi. Vigneti a 450mt, pendici montuose rivolte verso il mare. Limo, calcare e roccia. Molto caratterizzante l’uso del mavrodafni, uva ricca di zuccheri tradizionalmente utilizzata per i vini fortificati tipici della zona, per i quali viene raccolta molto matura, appassita sui graticci e poi vinificata alla maniera del Marsala. Oggi ci sono diversi esempi di mavrodafni vinificato secco, sia in uvaggio che in purezza, anche se i risultati sono ancora altalenanti.

Questo vino è sicuramente il più opulento della batteria, tutto incentrato sul frutto rosso maturo e sulla spezia dolce, con accenni balsamici e un legno ben presente. Un vino materico anche se non ancora masticabile, sicuramente il meno vibrante dei 7.

In conclusione, un’altra Grecia è possibile: acidità e sapidità marcate, poco o niente legno, vini dritti come fusi, salmastri e mediterranei senza essere caricaturali.

È chiaro che una panoramica di 7 vini, frutto di una ricerca maniacale da parte di un manipolo di appassionati, è poco rappresentativa della produzione media greca e non è in grado di raccontare in modo esaustivo l’enologia e la viticoltura greche di oggi, tuttavia mi sembra un ottimo spunto per iniziare a guardare la Grecia (almeno quella vinicola) con occhi diversi.

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Lisa Foletti

Classe 1978, ingegnere civile, teatrante, musicista e ballerina di tango, si avvicina al mondo del vino da adulta, per pura passione. Dopo il diploma da sommelier, entusiasmo e curiosità per l’enogastronomia iniziano a tirarla per il bavero della giacca, portandola ad accettare la proposta di un apprendistato al Ristorante Marconi di Sasso Marconi (BO), dove è sedotta dall’Arte del Servizio al punto tale da abbandonare il lavoro di ingegnere per dedicarsi professionalmente al vino e alla ristorazione, dapprima a Milano, poi di nuovo a Bologna, la sua città. Oggi alterna i panni di sommelier, reporter, oste e cantastorie.

4 Commenti

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

Che bel pezzo, sempre sul pezzo! Negli Stati Uniti, almeno nelle città più à la page, i vini greci sono già presenti da un po'. Però solo con le varietà e le denominazioni principali. Ovunque trovi qualcosa di Santorini e l'Assyrtiko regna insieme alla Malvasia in diverse carte dei vini di ristoranti importanti. Per cui mi ha fatto molto piacere leggere relativamente a varietà e luoghi meno conosciuti. Certamente i produttori greci hanno compiuto un salto di qualità notevole negli ultimi dieci anni e gli manca poco per diventare "di moda" anche da noi. Per ora i prezzi sono abbastanza competitivi, in futuro chissà.

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Salvo

circa 5 anni fa - Link

I vini provenienti dalla Grecia sono certamente molto buoni. Per il costo basso che hanno, Spagna Grecia e Portogallo offrono una molteplicità di opzioni che da soli basterebbero ad escludere il resto del mondo.

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Giuseppe

circa 5 anni fa - Link

Mi unisco a chi mi ha preceduto nel lodare l'articolo e l'autrice, ultimamente davvero tanti pezzi interessanti su Intravino! Per la mia modestissima esperienza (un banco d'assaggio di vini greci qualche anno fa e un paio di recenti brevi vacanze) anche io ho trovato qualita` discreta e ottimi prezzi. E il punto di forza credo rimanga comunque il grande potenziale ancora inespresso dato, ad esempio, dalla grande varieta` di vitigni tradizionali ancora sconosciuti o quasi.

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Redazione Economia Italia

circa 5 anni fa - Link

La Grecia è un paese con enormi potenzialità con una mentalità del tutto simile all'Italia del Sud. Posti benedetti dalla natura che l'uomo rese delle opere d'arte nell'antichità, ma che nell'era moderna sono praticamente abbandonati a se stessi. In Grecia fino a pochi anni fa non c'era nemmeno un catasto funzionante ed ognuno costruiva come dove e quando voleva, una sorta di anarchia. Speriamo che l'economia del vino li aiuti a far emergere le loro enormi potenzialità

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