Maurizio Gily ♥
di Alessandro MorichettiSoffri di stitichezza? Passi notti insonni? Tua moglie ti ha lasciato? Non c’è problema: guarda questo video di Mauro Fermariello con Maurizio Gily e tutti i problemi passeranno in secondo piano.
Scherzi a parte.
Condivido ogni virgola di questa frase di Mauro: “Che si parli di vino o di politica, genetica o abolizione della povertà, Maurizio è sempre misurato ma allo stesso tempo ironico e tagliente”.
Mi sorprendo ogni volta di quanta gente banni o semplicemente odi Maurizio, perlopiù su Facebook, non cogliendone competenza, serenità e piacere per la punzecchiatura. Gente che si accanisce coi suoi modi, ma se non sai leggere mica è colpa sua.
Maurizio Gily è un grande, punto. Like it or not. Lo penso non da oggi ma questo video lo ricorda a tutti. Da vedere con carta e penna a portata di mano.
[Credits: Winestories]
11 Commenti
Maurizio
circa 5 anni fa - LinkGrazie, anche se suggerire la visione come cura per la stitichezza non è un gran complimento... Comunque le reazioni che vedo dicono che c'è molta gente che mi vuole bene, molta più dei quattro gatti che mi detestano. Tra l'altro, di solito sono io a bannare loro, attenenendomi alla sempre valida raccomandazione: "mai discutere con un cretino, prima ti trascina al suo livello e poi ti batte con l'esperienza".
RispondiNic Marsél
circa 5 anni fa - LinkUn grande in bocca al lupo per i tuoi nuovi impegni!
RispondiRadici
circa 5 anni fa - LinkMin**ia, Morichetti, a vedere il titolo sulla home di Intravino pensavo gli fosse successo qualcosa!!! Non ho FB, e non riesco a immaginare chi mai possa odiarlo se non qualche esemplare di Scaphoideus o l'associazione Amici della Peronospora... Personalmente sono abbonato da tempo a Millevigne, e ho sempre trovato i suoi articoli -e quelli dei suoi collaboratori- chiari, approfonditi, documentati e misurati. Grande Gily!
RispondiGurit
circa 5 anni fa - LinkGily ci piace!
RispondiRaffaele
circa 5 anni fa - LinkTutto bene quanto detto sulla tecnologia, sull'ambientalismo mainstream, come sullo sviluppo e sull'evoluzione in campo vitivinicolo. "Addirittura" il discorso sulla tradizione mi sentirei di condividerlo. Tuttavia le tesi del (competentissimo) sig. Gily hanno, dal mio punto di vista, il seguente limite: trattano la viticoltura principalmente come mero fatto economico (quantomeno questa è stata la mia impressione). Ed allora tutti i discorsi sulla sostenibilità, rispetto della terra, tradizione e ricerca ne risultano nel migliore dei casi fortemente limitati... e nel peggiore se ne vanno direttamente a farsi fo***re (mi si perdoni l'espressione colorita). Il vino è innanzitutto valore, culturale e storico. Poi piacere e solo alla fine prodotto. È per questo che, secondo me, risulta difficilmente conciliabile con qualsiasi logica che ponga alla base la produttività come principio cardine. Detto ciò, grazie per il bellissimo contributo!
RispondiMaurizio
circa 5 anni fa - LinkGrazie. Per un appassionato di vini è sicuramente come dice lei. Valore, piacere, e solo poi prodotto. Per il viticoltore è un'attività economica. Solitamente, salvo pochi fortunati, un'attività economica a basso reddito, che si giustifica solo con la passione. Ma pur sempre un'attività con la quale si spera di campare. Non c'è nessuna sostenibilità, dove manca quella economica.
RispondiRaffaele
circa 5 anni fa - LinkEcco, il dilemma sta esattamente nella sua ultima affermazione. Mi verrebbe da dire che non è necessariamente vero. Tuttavia alternative -con o senza vino- io mica le ho ancora trovate... In ogni caso ho particolarmente apprezzato come lei sottolinei che fare il vignaiolo voglia dire anche formarsi. E non solo nell'ottica di risparmiare tempo. Può sembrare paradossale, ma solo così un agricoltore diventa veramente "custode della terra" che tutti i giorni lavora. Cosa che (zappare la terra) io invece non faccio, come penso risulti chiaro da come ne scrivo..... :)
Rispondivinogodi
circa 5 anni fa - Link...bellissimo filmato che conferma lo spessore culturale di Gily. Posso solo condividere quasi tutto e complimentarmi...
RispondiGiacomo Bianchi
circa 5 anni fa - LinkBell’analisi tuttavia le soluzioni rendono parzialmente giustizia alla viticoltura nostrana. Il viticulturist nasce da una maggiore specializzazione della professione all'estero, tuttavia i migliori viticoltori si trovano in Europa. Non è la conoscenza in sé a fare il grande vino o l’uva buona, ma sono i viticoltori che hanno compreso fino in fondo la sua produzione. È difficile fare trasferimento tecnologico su un territorio così diversificato, si potrebbe comunque iniziare col comprendere la complessità, prima di proporre la genetica come unica-migliore soluzione. I più grandi terroir viticoli nascono da tentativi di civilizzazione ostinati, in luoghi spesso difficili. Il che non lascia spazio all'ignoranza, ma non sono sicuro che le tecniche agronomiche “recenti”, come la selezione clonale e la standardizzazione dei sistemi di conduzione, non abbiano responsabilità nei confronti della fragilità della viticoltura rispetto al cambiamento climatico. Ad ogni modo complimenti, ce ne fossero di consulenti così.
RispondiMaurizio
circa 5 anni fa - LinkGrazie Giacomo. Sulla standardizzazione dei sistemi di conduzione sono talmente d'accordo che ho scritto diversi articoli, questo è l'ultimo: http://www.gily.it/index.php/pubblicazioni/item/404-le-ragioni-dei-padri Sulla selezione clonale sono d'accordo in parte, ad esempio trovo assurdo che programmi di difesa integrata obblighino a usare esclusivamente materiali a etichetta azzurra quando andrebbe incoraggiata anche una quota di selezione massale da vigneti vecchi, per preservare la variabilità intravarietale. Tuttavia la selezione clonale è solo la punta dell'iceberg, perché il problema della resilienza potrebbe risiedere soprattutto nella conservazione del vitigno come tale e per sola via vegetativa, che è di per se stessa una clonazione, protratta nei secoli e che di naturale non ha praticamente nulla. Come ha scritto il biologo Williams "essere clonali vuol dire aver comprato cento biglietti per la lotteria del'evoluzione, tutti con lo stesso numero".
RispondiGiacomo Bianchi
circa 5 anni fa - LinkHai proprio ragione, da qualche parte però bisogna cominciare. Recuperare la diversità genetica dei rari vecchi vigneti non clonali, invece di espiantarli per ripiantare altrove, dovrebbe essere una priorità. Farò un’importante esperienza nei prossimi mesi sulla selezione massale, se ne cavo qualcosa d’interessante mi piacerebbe fargliela leggere. L’appunto sulla viticoltura riguarda il fatto che anche se l’analisi costi-benefici è a prova di Toninelli, i limiti dell’approccio monoteista sono diversi. A un certo punto della carriera ce lo si può sicuramente permettere, però con una materia così complessa e sfaccettata si avvera il rischio di essere vittima della propria disciplina. Credo che per aggiornare la viticoltura, il primo passo non sia autorizzare l’evoluzione genetica, ma comprendere fino in fondo i fondamenti scientifici delle pratiche empiriche. Non ci sono scorciatoie, ma forse i terroir che sono stati descritti e modellizzati hanno una lunghezza di vantaggio.
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