Mangia locale, bevi globale

di Massimo Bernardi

Bere locale?Dall’angolo “cose che è fondamentale ricordare in qualsivoglia momento” ho recuperato la domanda sentita per anni nei ristoranti forestieri. “Mi consiglia un buon vino della zona?” Senza saperlo, stavamo sponsorizzando i benefìci politici, ambientali, etici, enologici che derivano dalla scelta di bere vino a km zero e sostenere l’agricoltura locale. Ora, sailcieloperché, abbiamo smesso. Che è paradossale, perché questo avviene proprio quando un numero crescente di ristoranti italiani sta ruotando gli ingredienti al ritmo delle stagioni e compra solo da fornitori del posto.

Pensateci. Dei ristoranti nei quali siete stati recentemente—carta dei vini alla mano—quanti enfatizzavano vini locali o regionali? Non vi è sembrato al contrario, che fossero orgogliosi della bella selezione di vini nazionali e magari europei o extra?

Che cos’è, ipocrisia? Oppure gli abbinamenti con il cibo vengono meglio se i vini non sono solo della zona. E se fosse che locale è anche un po’ noioso?

Ispirazione: The Pour. Immagine: Todd Stone

4 Commenti

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gianpaolo

circa 14 anni fa - Link

a me questa politica del bere solo locale non piace, la posso capire in certi casi, ma per alcuni ristoranti mi sembra a conti fatti un ritorno indietro nel tempo. Se e' vero che in questi ultimi anni e' stato giusto (ri)scoprire le produzioni di vino locali, e' anche vero che rischiamo di berci tutti i nostri vini, rinunciando ad uno dei piaceri in assoluti piu' belli di questa bevanda.

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Dan Lerner

circa 14 anni fa - Link

e mi vien da aggiungere, Gianpaolo, che mentre posso ben comprendere la ratio del cibo "Km 0" in termini di salvaguardia di freschezza, maturazione di raccolta/produzione, minore esigenza di manipolazioni per la conservazione, tutto ciò per il vino risulta not applicable": il vino può sì soffrire lo scombussolamento del trasporto, ma è in grado di recuperarsi e presentarsi al meglio dopo una adeguata sosta in cantina. Comunque, per rispondere alla domanda posta nel post :-), questa estate ho cenato da Emile's, a Calvi in Corsica, neo-stellato chef Vincent Deyres. Metà della carta dei vini era còrsa, la carta di uno stallato, quella che in Italia diciamo che se non hai e questo, e questo, e quest'altro ti puoi sognare la stella. Prima metà Corsica in tutte le sue declinazioni, poi il cotè internazionale (la Francia ovviamente lì...) e di italiano una barbera e un soave. Punto. Da da che pensare, no?

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Kapakkio

circa 14 anni fa - Link

Credo che il vino proprio perchè è un prodotto che si può conservare per anni possa tranquillamente essere global a differenza dei cibi freschi per cui il kilometro zero ha molto più senso. Credo però che quando andiamo in posto dovremmo sforzarci, anche a tavola, di aprirci culturalmente a nuove esperienze. Bere local ha significato, in Campania la mia regione, la scoperta di un potenziale di uve autoctone che ora danno vita a vini considerati tra i migliori d'Italia.Fino a metà degli anni 80 qui si beveva pinot grigio e galestro a go go ma fortunatamente qualcuno cominciò a imbottigliare falanghina, greco e fiano dando inzio a quel cammino che ha portato questi vini tra i migliori bianchi d'Italia.

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Ganascia

circa 14 anni fa - Link

A Pisa molti ristoranti hanno la carta popolata di vini locali, anche se per i miei gusti la cosa risulta abbastanza controproducente in molti casi, visto che nei casi migliori il Chianti delle colline pisane e il San Torpé sono più adatti alla sciacquatura delle botti che al consumo umano. Non mancano prodotti di classe più elevata (quasi tutti Montescudaio) ma con porezzi troppo alti rispetto alal qualità generale. Bisognerebbe vedere cosa offre il territorio.

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