Le vendite in Cina durante 9.9 Global Wine & Spirits Festival hanno funzionato o no? Luci e ombre nella grotta di Alibaba

Le vendite in Cina durante 9.9 Global Wine & Spirits Festival hanno funzionato o no? Luci e ombre nella grotta di Alibaba

di Fiorenzo Sartore

Lo scorso nove settembre Alibaba ha ospitato un mega evento dedicato alla vendita online di vino, destinato ai consumatori cinesi, attraverso il suo sito business to consumer per il mercato interno, Tmall. Nine-point-nine (9.9) Global Wine & Spirits Festival ha messo assieme brand di tutto il mondo, da Mondavi a Gallo (USA) a Lafite (Francia).

Vini, ma anche distillati, per esempio Suntory dal Giappone. C’erano spagnoli, neozelandesi, e anche italiani. L’idea era di creare un evento simile al black friday americano (l’iniziativa peraltro aveva una durata maggiore, essendo iniziata il primo settembre, e culminata nel giorno nove). Il numero nove, inoltre, in cinese si pronuncia Jiu, che significa alcol ma anche longevità e benessere.

Come sono andate le vendite? Non del tutto bene. Vediamo di riassumere un po’ di passaggi.

Cos’è Alibaba, e perché dovrebbe interessarci? Il termine che più volentieri si associa a Alibaba è colosso. Dell’e-commerce, per la precisione: è una sorta di Amazon destinato alla vendita business-to-business. Su Alibaba vendono i produttori cinesi (i clienti sono i potenziali importatori di qualsiasi prodotto cinese, nel mondo) e si affacciano anche quanti vendono al mercato cinese, attraverso sistemi di mediatori. Questo è l’aspetto forse più complesso e ancora meno agevole.

Per capire meglio ho registrato il mio account su Alibaba. La percezione ottenuta finora è quella di uno sterminato, ribollente magma di produttività manifatturiera, un enorme grossista (ma si trovano anche pezzi singoli) che attende di trovare canali dove riversare la sua lava. Insomma la Cina come supervulcano della produttività globale: se ci guardiamo allo specchio, o in tasca, verifichiamo facilmente quante delle cose che ci circondano sono prodotte in Cina. Non c’è bisogno di scendere in altri dettagli, semmai riflettiamo sul fatto che da noi la produzione è quella che è, in calo verticale, e delocalizzata. Là invece serve un Alibaba per organizzare la potenza produttiva (che pare appunto, scusate nuovamente la metafora geologica, un supervulcano).

A differenza di Amazon, la creatura di Jack Ma non ha ancora la pervasività di chi ti conosce bene e immagina cosa ti serve – del resto non ho effettuato acquisti ma solo ricerche.

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E la vendita del vino allora? È stata un successo? Un fallimento? Nessuna delle due cose, anche se i toni entusiastici che si sono letti in giro, da subito, forse vanno ridimensionati. Durante l’evento su Tmall svariate aziende italiane hanno attivato un loro shop e da lì sono partite le vendite. Cronache di Gusto riporta “100 milioni di vendite, il Tignanello esaurito in poche ore”. Ma quante fossero le bottiglie di Tignanello rispetto al generico cento milioni non è dato sapere.

La scarsa trasparenza sui numeri è tra i punti poco chiari dell’operazione. Per la verità qui nel gruppo intravinico quasi da subito ci sono arrivati rumors che tendevano a diminuire l’impatto positivo dell’evento, ma nessuno tra quelli ha voluto dirci qualcosa di ufficiale.

(Questo per la verità è un fatto che ci è familiare, “ditelo voi di Intravino”, perché ormai siamo identificati come i rompipallone del giro enoico, ma questa è un’altra storia e magari ve la racconto un’altra volta).

A toglierci dall’imbarazzo arriva Decanter China che definisce il 9.9 Wine Festival di Alibaba “un coraggioso errore”. La firma è di Terry Xu, “one of China’s most influential opinion leaders in wine”. Insomma, sono stati coraggiosi, ma hanno commesso qualche errore. L’attenta analisi di Terry Xu identifica, infatti, alcuni aspetti molto positivi riguardo l’intera operazione, che si alternano ad altri che potremmo definire critici, tali da non consentire una valutazione totalmente favorevole. Cominciamo a vedere quali sono i primi.

Cosa è andato bene. La comunicazione pubblicitaria prima dell’evento, per esempio, è stata molto efficace. Questa ha consentito, quindi, un numero altissimo di accessi a Tmall, che ha la struttura di un centro commerciale con i suoi negozi. Questi periodicamente organizzano un festival di vendite sul loro settore, e 9.9 Wine Festival è stato quello a tema vino. (Nota personale: Tmall si è dotato del classico software di riconoscimento locale del visitatore, in questo momento mi sta traducendo in italiano quel che gli è possibile, ma ciò non impedisce l’uscita di arcani messaggi di errore del tipo “Ow, il contenuto è il dinosauro mangiare, si prega di aggiornare la pagina per riprovare”). Infine, e soprattutto, Terry Xu individua nelle enormi potenzialità future del meccanismo gli aspetti che consentono il maggiore ottimismo, anche alla luce dell’esperienza fatta. A questo proposito si pensa già alla prossima edizione del Wine Festival.

Cosa è andato male. Il problema maggiore sono i numeri: a fronte della grande attenzione ottenuta, “i consumatori non hanno comprato tanto quanto ci si aspettava”. Alibaba inoltre ha annunciato di non avere intenzione di comunicare il fatturato delle vendite. Il numero noto, finora, è quello relativo ai 100 milioni di clienti raggiunti. Si apre qui un’analisi interessante, e per molti versi ben nota agli addetti: Terry Xu individua nella natura speciale del vino la difficoltà maggiore connessa alla sua vendita. Sono necessari, nel caso, sforzi comunicativi molto approfonditi, soprattutto considerando il target dei consumatori cinesi. Tra questi manca, anche, la percezione del valore: se quasi tutti sanno valutare la convenienza del prezzo di una bottiglia di Coca Cola (Terry fa specificamente questo esempio), dato il valore noto uguale, poniamo, ad un Euro, una bottiglia che costa 50 centesimi è conveniente, mentre la stessa in vendita a tre Euro sarà fuori prezzo. Ma tale equivalenza pare impossibile da praticare, per il consumatore cinese, se riferita a un prodotto assai meno familiare come è il vino – nonché assai meno standardizzato, aggiungo io.

Non troppo nuovamente, si rileva la necessità di associare al vino un termine che finora ho cercato di evitare ma ora, scusate, eccolo: storytelling.

[Crediti immagini: Antiweb.plWebeconomia.it]

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

4 Commenti

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Paolo

circa 8 anni fa - Link

Credo che l'equivoco stia nel nome: e-commerce. L'osservazione sulla percezione del valore è centratissima, e fa riferimento ai c.d. experience goods ("Experience goods are products and services whose value can only be truly determined by consuming or experiencing them. A bottle of wine is the classic example of an experience good,") E' chiaro che l'e-commerce di tali beni, e in generale per la enogastronomia che cerca di posizionarsi nel segmento alto, risponde a logiche di domanda affatto differenti da quelle dei beni e servizi generici (il caricabatterie a 1.99, e così via) E' un tentativo che stanno facendo anche altri grandi operatori, con dotazioni finanziarie e "potenza commerciale" molto superiore ai tradizionali canali settoriali. Uno su tutti il recente esperimento amazon gourmet. Funzionerà? Difficile prevederlo; soprattutto non si vedes la chiave di marketing adeguata per questo tipo di beni, invece della solita vetrina per beni generici/virali

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Gianpaolo Paglia

circa 8 anni fa - Link

Numeri di questa operazione in particolare non li conosco, ma di certo si sa che il 20% del vino di importazione in Cina viene venduto online, a mia conoscenza e' piu' che in qualsiasi altro paese. Certo, 1.3 milardi di cinesi non hanno confidenza con il vino, ma esistono almeno 30 milioni di consumatori sofisticati (piu' che in Italia probabilmente) che gia' oggi acquistano vini di importazione, e che nei prossimi anni sono probabilmente destinati ad aumentare di molto. Insomma, il mercato esiste gia', e sotto molti aspetti e' piu' sviluppato di quanto generalmente si pensi.

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luca

circa 8 anni fa - Link

scrivete vino rosso su alibaba e guardate che bordello ne esce! https://www.alibaba.com/showroom/vino-rosso-wine.html

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Nelle Nuvole

circa 8 anni fa - Link

Per quanto mi riguarda relativamente al mercato cinese al nome Alibaba va associata anche l'estensione "e i 40 ladroni". Questo non è un mercato semplice, è un pantano in cui bisogna muoversi con una mano davanti ed una didietro. Potenzialmente è una miniera d'oro, una caverna colma di pietre preziose, ma allo stato attuale è un antro pieno di banditi che vogliono fare l'affare e poi scomparire. Questo vale sia per e-commerce che per i canali di vendita tradizionali.

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