L’Artusi, un omicidio misterioso, e quel porco d’un bue

L’Artusi, un omicidio misterioso, e quel porco d’un bue

di Thomas Pennazzi

Mai ci si sarebbe immaginati di trovare il buon Pellegrino Artusi protagonista di un romanzo, per di più in compagnia del celeberrimo – al tempo – professor Mantegazza, illustre clinico, audace conferenziere, e per giunta Senatore del Regno.

Del primo, di cui ricorreva il bicentenario della nascita giusto qualche mese addietro, se n’è ricordato il nostro Leonardo Romanelli; del secondo, quale autore della possibile prima guida vinicola italiana (1871) e di altre amenità, ve ne ho già raccontato largamente su queste pagine. Ma non voglio annoiarvi.

L’autore è, e non poteva essere diversamente, un arguto toscano: Marco Malvaldi, brillante scrittore pisano, che ha una fascinazione speciale per il baffuto gastronomo; il quale toscano poi non era, ma romagnolo, seppure abitasse lungamente a Firenze.

Il borghese Pellegrino, questo il titolo del libro, si svolge tra Firenze ed un improbabile maniero della Val d’Orcia, e ci propone in un puro stile inglese per cui sir Arthur Conan Doyle si compiacerebbe, il classico romanzo con assassinio, in cui il lettore è chiamato, mentre scorre le pagine, a proporre la soluzione del caso.

L’impasto drammaturgico è cucinato dal Malvaldi con abilità, perché ciò richiedono i romanzi-enigma come il suo. I personaggi si presenteranno man mano nella più tradizionale delle situazioni giallistiche, la cena nel castello, durante la quale la fine analisi psicologica dell’autore ce ne rivelerà la personalità, ma non tutta in una volta.

L’Artusi, ormai ottantenne, invitato nella ricca dimora di un industriale in qualità di mercante di sete e tessuti, più che per la sua fama di gastronomo, si troverà a tavola in compagnia di banchieri ebrei, affaristi bigotti e diplomatici turchi, ai quali preme fare affari nell’impero Ottomano al tramonto politico e finanziario. Il banchetto d’onore presenterà una vivanda orientale – il cuscussù – per compiacere l’ospite musulmano, ma anche la vanità del protagonista, nella cui Arte di Mangiar Bene, già celebre e presente in ogni casa che si rispettasse, era contenuta la ricetta del piatto.

Il professor Mantegazza, da buon medico ed uomo di mondo, comparirà dapprima come conferenziere, in veste di amico dell’Artusi, ché tale veramente era, poi intrattenitore della combriccola, ed infine come necroscopo. Durante la notte infatti uno degli ospiti morirà nella sua camera, in apparenza per un malore, ma il Mantegazza, chiamato discretamente dal padrone di casa per evitare di intimorire gli invitati, col suo occhio clinico constaterà l’omicidio.

Il romanzo prende quindi la piega di un enigma della camera chiusa: la stanza del morto era infatti serrata dall’interno, senza segni di effrazione. Sarà quindi compito di un ispettore, una vecchia conoscenza dell’Artusi, convocato, proprio lui, precipitosamente al castello tramite le potenti leve mosse dal senatore sulla questura di Siena, ricostruire il filo degli accadimenti per scoprire la causa del delitto ed il suo esecutore.

Questa è la parte più gustosa del romanzo, in cui l’autore esprime al meglio la sua capacità drammaturgica, con un raffinato gioco d’incastri e di situazioni che terranno il lettore avvinto alle sue pagine.

Alla fine degli interrogatori nessun colpevole verrà trovato, ma il gusto teatrale del Malvaldi farà scoprire i suoi personaggi, lasciandone parecchi sbracati ed in situazioni imbarazzanti, qualcuno anche malconcio dopo un’incauta esplorazione non autorizzata della cantina del maniero. Chi farà le spese della giornata sarà la sfrontata domestica, rea d’aver leso la discrezione della casa padronale, e perciò licenziata sui due piedi. La verità fa sempre male, specialmente se è spifferata alla questura.

L’ispettore Artistico non si darà pace di non aver trovato la prova del delitto, il Mantegazza d’aver fallito la diagnosi, e nemmeno l’Artusi, che aspettava fremente di cucinare coll’ospite turco una ricetta di quelle contrade, e non poté riuscirci per il trambusto. Ma la notte passerà insonne per tutti gli invitati: un fragoroso disastro nel salone scuoterà i nervi di tutti, e il professore, requisita una bottiglia di brandy, calmerà il gastronomo e l’ispettore con una solenne bevuta notturna. Durante la quale l’Artusi, ricordandosi di un antico viaggio a Napoli, fornirà ai due compagni la chiave del presunto omicidio.

Da quel momento in poi per il terzetto la notte passerà frenetica per mettere al loro posto i tasselli del caso: i piccioni viaggiatori, una truffa internazionale, una patente scomparsa, l’inspiegabile svenimento di un’ospite. E quella carne in scatola del padrone di casa che era andata tanto di traverso all’Artusi.

Nell’epilogo tutto si compirà, con lo smascheramento del colpevole, la scoperta del movente, e con altri fatti che faranno giustizia delle trame emerse e delle vendette consumate nel romanzo. In conclusione il goloso Pellegrino riceverà pure l’agognata ricetta della muhammara.
Lo stile brillante ed il talento drammaturgico del Malvaldi rendono Il borghese Pellegrino una lettura di assoluto piacere. La lingua impiegata con indubbia maestria permette di assaporare appieno la melliflua ipocrisia d’inizio Novecento ma anche di comprendere meglio un’epoca in cui il contegno nell’esprimersi era parte integrante della buona educazione sociale.

Dove l’autore purtroppo cade, è quando interrompe l’azione narrativa con le proprie digressioni per spiegare alcune minuzie al lettore del nuovo millennio.  Malauguratamente lo fa col buttare sabbia nel suo oliato meccanismo usando espressioni d’oggi, del tutto stridenti con il resto del romanzo. Talché – augurandogli le cento edizioni come il Mantegazza fece con l’Artusi – se volesse pensare per il futuro di sopprimere questi dettagli fuori contesto (tra cui il brandy armeno, inaudito nell’Italia dell’anno 1900), non farebbe che bene alla sua opera.

Marco Malvaldi
Il Borghese Pellegrino
Sellerio Editore
Palermo, 2020

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto non può ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito, e da qualche anno ne scrive in rete sotto pseudonimo.

1 Commento

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Andrea

circa 3 anni fa - Link

"non poteva essere diversamente, un arguto toscano".... Commento con una citazione "perché con quella C aspirata e quel senso dell’umorismo da quattro soldi i toscani hanno devastato questo paese!" comunque bella recensione

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