Langa entry level 

Langa entry level 

di Alessandra Corda

“… Ma ricorda leggi e assaggia sempre con attenzione perché la bottiglia che acquisti deve piacere prima di tutto a te (fidati!)” (Alessandro Masnaghetti)

Per parlare di Barolo vorrei l’aplomb ironico, provocatorio e competente di Stefano Masi quando parla di cinema su Rainews 24, ma non ho nulla di tutto questo e dunque parto dai fondamentali. Apro la carta di Alessandro Masnaghetti (Barolo generale, Enogea) e l’occhio si muove su quel mosaico indecifrabile di parcelle, con il loro ordine stabilito da forze tettoniche che non competono la finitezza umana. E così che si comincia, dove il grande e il piccolo convivono. Le minuscole tessere sono le MGA (menzioni geografiche aggiuntive). Si, purtroppo cru funziona meglio dal punto di vista spiccio, meglio dell’ecumenica menzione, ma si prova comunque un fremito sublime, non tanto nella scelta finale della bottiglia, quanto nel percorso tutto, fra marne azzurre e grigio-brune. Intanto, la ragazza che sciorina nomi di produttori e MGA langaroli nella cantina comunale di La Morra, gode da dieci minuti della mia stima ma non lo sa. Le ho affidato un compito, anzi mi sono affidata a lei e se la cava egregiamente: un Barolo di questo comune sotto i 50 euro, che esprima tradizione, che sia di un piccolo produttore, che sia di buona fattura. Potrebbe mandarmi dove state pensando anche voi, invece mi trattiene in mezzo alle bottiglie poste nei piccoli scaffali, e partono le proposte.

Ora torniamo al dove, il luogo di un Graal, come il calice della maturità in un percorso a gradi dell’enografia italiana. Da Piazza Castello (La Morra) lo sguardo si muove fluido sulle linee delle colline e su quelle dei filari, di una dolcezza introspettiva e misurata. Questo è un paesaggio etico, penso, osservandolo ci si educa all’operosità dell’uomo svolta nel tempo. E il tempo è il primo fattore di codifica. Tempo di cui si ha necessità intima per capire i nebbioli, quello impiegato nell’affinamento e quello necessario alle pratiche colturali. Un tempo metereologico infine, con le sue brume e la sua mutevolezza, che mette alla prova questa varietà tardiva dalla buccia “molto pruinosa, sottile ma resistente e tannica”, come la si descrive nel Registro Nazionale delle varietà di vite: tre aggettivi e la promessa di cosa sarà quell’uva in forma di vino. Accostarsi con discrezione, sospendere il giudizio è pratica di umiltà accanto a un Barolo, ma come per tutte le cose che hanno un forte legame con la terra, lo si deve prendere anche a mani nude, anzi con quella nudità d’animo da principianti sprovveduti.

Mario Gagliasso, Rocche dell’Annunziata (2011)
Ho assaggiato altri Barolo, non moltissimi purtroppo, ma questo è quello che ho voluto portarmi via, avendo ancora l’impressione viva del genius loci. E qui, oltre al dato oggettivo – quel limite imposto nella sfida iniziale dei 50 euro – qualcosa si muove sempre nella zona grigia e imponderabile delle nostre scelte, che spiegar non so, che spiegar non si può. Gli umori che sprigiona un vino creano pericolose suggestioni “omeopatiche” che sono dati culturali ancor prima che lineari note descrittive. Ma questo deve fare un calice: evocare. La Morra si dice femmina per i vini che dona con suadenti profumi fini, in questa bottiglia domina invece un carattere schivo, pur muovendosi agile fra l’aereo e il terreno. Petali appassiti, tabacco e radici, balsamico e di nuovo terreno nei sali e nei tannini infusi in una dote alcolica di rilievo. Tutto questo ho avuto in quei secondi di beva. Tutto un mondo soggettivo, che fatica a tradurre la bellezza decadente di un autunno langarolo costretta in un sorso.

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Alessandra Corda

Folgorata dalla visione di Mondovino, in un pezzo di vita londinese ottiene il primo certificato enofilo (WSET). Laurea in lettere, copywriter, è sommelier AIS responsabile dell’accoglienza per una cantina in Gallura. Collabora con il sito AIS Sardegna dal 2016, intravinica dal 2018. Pensa il vino come esperienza di bellezza totale, narrato con la contaminazione di ogni linguaggio creativo possibile.

6 Commenti

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Josè Pellegrini

circa 4 anni fa - Link

Solo alle donne riesce così bene a parlar di vino. Brava e non me ne voglia l'altra metà del cielo.

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Sancho P

circa 4 anni fa - Link

È vero. Ciao Alessandra, grazie per la segnalazione di Mario Gagliasso. Rocche dell'Annunziata, cru maestoso e ampio. Importante. Proprio da questo vigneto straordinario, che ha le caratteristiche per consentire la produzione di Barolo dalla grande finezza olfattiva, con l'anima floreale del vitigno in evidenza, sono uscite in passato delle espressioni altisonanti , modernissime (e premiatissime) che anziché esaltarlo hanno svilito il cru. Almeno a parer mio. Ma qui puoi trovare anche dei monumenti alla classicità, dei punti fermi per chi ama il Barolo classico. Il Cav. Accomasso innanzitutto. Il Suo Rocchette è un salto indietro nel tempo. Barolo come non se ne trova più. Poi il rocche dell'Annunziata di quella donna straordinaria che è Tiziana Settimo (azienda Aurelio Settimo). Barolo vecchio stile, tipico, a volte un po' scontroso da giovane ma capace di evoluzioni prodigiose. Il 74, l' 82 e il 99 sono frammenti di memoria indelebile. Cara Alessandra, continua a scrivere di Langhe e di Barolo! E un salutone a quel geniaccio friulano trapiantato in Sardegna.

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Andrea M.

circa 4 anni fa - Link

Hai assolutamente ragione!

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BAFFO

circa 4 anni fa - Link

E ogni riferimento a Scavino è pura mente casuale.

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Roberto

circa 4 anni fa - Link

Della famiglia Gagliasso ritengo imperdibile anche la trattoria Torriglione, nel cuore del...ehm...MGA omonimo. Locale piccolo, curato, cucina locale attenta e tutte le loro etichette a prezzi più che corretti.

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Carlo

circa 4 anni fa - Link

Si, si tratta proprio di una trattoria fantastica

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