Lamole | I Fabbri e quel sussurro che scende dal tetto del Chianti

di Gionni Bonistalli


Sono scappato dalla mia torrida città in questo pomeriggio afoso di fine agosto e mi ritrovo a chiacchierare sotto un fitto e profumato pergolato di glicine che mi offre una vista unica. Un’alternanza di bosco e di terrazze, piene di olivi e di filari, che sembrano strappate casualmente alla natura. Il terreno è talmente sabbioso e friabile che deve essere contenuto in terrazzamenti che arrivano fino a quasi 700 metri di altitudine e rendono unico il paesaggio di Lamole, non a caso chiamata il tetto del Chianti.

I Fabbri sono una piccola azienda guidata magistralmente da Susanna Grassi, artefice con la sorella della rinascita dell’azienda di famiglia da quando, nel 2000, ha deciso di mollare il vecchio lavoro per dedicarsi esclusivamente alla produzione vinicola. Da quel momento Susanna ha ristrutturato i vigneti che fino ad allora conferivano soltanto le uve agli altri produttori della zona ed ha iniziato a produrre il proprio Chianti Classico con l’etichetta storica che utilizzava negli anni 20 il nonno Olinto. La produzione adesso si assesta sulle 30.000 bottiglie, quasi esclusivamente dedicate al Chianti Classico, e una piccola produzione di Merlot.

Susanna è una persona molto accogliente, riesce a farti sentire subito a tuo agio con modi gentili e con un tono di voce calmo e pacato. L’attaccamento al territorio di origine della sua famiglia trapela dalla passione con cui parla della sua azienda. Una determinazione garbata che riesce a trasmettere interamente ai propri vini, che  esprimono un’eleganza che li rende unici e ben riconoscibili. Vini delicati, sussurrati, quasi sfumati, che potrebbero essere distrattamente scambiati per vini semplici, ma che in realtà sprigionano una territorialità intima e profonda.

Iniziamo gli assaggi dai due vini base dell’azienda, voluti da Susanna per completare la propria gamma di proposte con due etichette da mettere in tavola. Il primo, il Chianti Classico Lamole 2010, da pochi mesi in bottiglia e non ancora uscito sul mercato, riporta l’etichetta storica familiare degli anni venti. E’ un sangiovese grosso di Lamole in purezza, vinificato in acciaio e poi affinato in cemento. Si concede lentamente all’olfatto con cenni floreali, come il glicine e la lavanda, accompagnati da note speziate dolci e di tabacco da pipa. In bocca è ben bilanciato, con un corpo snello accompagnato daun’ottima sapidità. Il finale non è lunghissimo, ma una nota leggermente amaricante asciuga bene la bocca.Il secondo invece è il Chianti Classico Olinto 2009, etichetta dedicata al nonno di Susanna e composto da un 80% di sangiovese grosso e da un 20% di merlot. Anche questo vino è fatto esclusivamente in acciaio e cemento, ma il taglio di merlot lo differenzia notevolmente dal precedente. I profumi sono più immediati e più intensi. Si inseriscono il giaggiolo, la viola e le note fruttate di susina. In bocca l’assaggio è più voluminoso, con un corpo rotondo e un tannino friabile. Una buona acidità accompagna l’assaggio in un finale allungato, con accenni balsamici di rosmarino. Entrambi sui 10 € in enoteca.

Con il terzo assaggio si alza un po’ l’asticella. Il Chianti Classico Terra di Lamole 2009 è il vino di riferimento aziendale. Ha soltanto un 5% di Canaiolo Nero ed è vinificato in acciaio, poi affinato per metà in tonneaux sia nuove che di secondo o terzo passaggio. Il colore risulta di un bel rubino brillante, intenso e profondo. I profumi sono molto variegati, spiccano il lampone, la rosa e il pepe rosa. Dopo qualche minuto si trovano anche accenni di cannella e di zafferano. L’assaggio è pulito, verticale, con un tannino ancora aggressivo a braccetto con una spiccata verve acida. Bella la nota di marasca matura, succosa e voluttuosa. Il finale è lungo,con leggeri tratti ematici e un poco ferrosi, che chiudono un assaggio da Sangiovese purosangue. Un piccolo campione a circa 13 € a bottiglia in enoteca.

Con il Chianti Classico I Fabbri 2009 si conclude la carrellata dedicata al Sangiovese. Stessa proporzione del precedente, ma stavolta l’intera massa viene affinata in tonneaux e dalla prossima uscita verrà affinato in bottiglia un anno in più prima di essere messo in commercio. Inizialmente nel bicchiere si nasconde, ritroso all’olfatto, colpa anche di una piccola riduzione che però lentamente scompare lasciando spazio ad una nota vegetale di muschio e di sottobosco. Pian piano si apre e riesce ad esprimere anche note di amarena, di liquirizia e di sandalo. In bocca l’attacco è caldo, dovuto ad un tenore alcolico importante. Il corpo è voluminoso, ma non eccessivo. Sensazioni nette di mora e di ciliegia sotto spirito riempiono la bocca. Il finale è lungo e giustamente amaricante. Susanna lo definisce una riserva mancata e l’assaggio non può che darle ragione. Poco meno di 15 € in enoteca.

Si concludono gli assaggi con Il Doccio 2009, nemmeno 1500 bottiglie numerate di merlot in purezza proveniente da vigne terrazzate ad oltre 600 metri slm. Un merlot sui generis, dal colore rubino scarico e caratterizzato da un eleganza infinita. Chi mi conosce bene sa che non amo il merlot perché spesso pecca di essere monotono e inespressivo. Questo merlot però mi ha stupito per come riesce ad inserirsi in questo territorio, prendendone i tratti caratteristici, ma senza perdere le proprie peculiarità. Profumi intensi di mirtillo e di violetta, con note di cioccolato . Bocca morbida, tannini lievi e setosi. Acidità spiccata e buona sapidità per sorreggere un corpo rotondo, ma per niente piacione.Un piccola perla a poco più di 12 €. Peccato che ormai sia quasi finito….

Quattro Chianti Classico, ognuno diverso, ognuno legato all’altro da un filo conduttore indelebile, il sangiovese di Lamole. Vini innanzitutto di grande bevibilità, eleganti e profumati, che non mettono i muscoli in evidenza, nati piuttosto con lo scopo di soddisfare la sete dei commensali davanti ad una tavola imbandita. Piccoli grandi vini decisamente per tutti.

Azienda agricola I Fabbri sas
Via Casole 52, località Lamole
Greve in Chianti
Tel 339 4122622 – Fax 0532 287004
www.agricolaifabbri.it

Gionni Bonistalli

"La vita è troppo breve, per bere del vino cattivo"

12 Commenti

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attoadivenire

circa 12 anni fa - Link

Il merlot più chiantigiano mai bevuto ;)

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Paolo Cianferoni

circa 12 anni fa - Link

Cara Susanna, sono contento di queste giuste recensione sui tuoi vini. Anche io li ritengo molto buoni ed eccellenti. Un po meno contento quando ho scoperto che hai chiamato un vino "il Doccio" in quanto sai bene che io faccio il vino "Doccio a Matteo" (la mia prima annata nel 1993). Tra l'altro poco tempo fa mi domandasti cosa significava Doccio e io ti risposi che in Toscana significa sorgente. Lungi da me chiamare un vino, non só, per esempio Pergole, quando so benissimo che il mio amico Martino produce il Pergole Torte. Era quindi impensabile che qualcuno, conoscente per di più, usasse la parola Doccio. Ma vabbè, sai io le cose preferisco dirle, invece che star zitto e poi esplodere, per cui senza rancore te la scrivo questa perplessità. Tra piccoli produttori l'unione fa la forza, ma qualcuno a volte se lo scorda.

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Lido

circa 12 anni fa - Link

Concordo con te Gionni grandi vini connotati da una bellissima eleganza, non conosco il Merlot curioso di assaggiarlo. Ciao lido

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Gionni Bonistalli

circa 12 anni fa - Link

Lido, provalo e poi mi racconti... ;-)

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Armando

circa 12 anni fa - Link

Sicuramente prodotti ben fatti, ma a Lamole preferisco altri vigneron...

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Per caso uno che gimme a C & gimme a P?

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Niente da aggiungere al bell'articolo e alle note sui vini. Plauso supplementare a Susanna Grassi per il lavoro e i risultati dello stesso.

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Gionni Bonistalli

circa 12 anni fa - Link

Grazie Emanuele...

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Andrea Pagliantini

circa 12 anni fa - Link

Il vino de I Fabbri ha il dono della freschezza e della beva che proviene dall'altezza e dagli sbalzi notte giorno che circolano fra le vigne di Lamole. Non è nelle mie ocrde poter dire si tratta del migliore o del peggiore dei vini di quel poggio, fatto è che con chiunque si stappi a cena, la bottiglia finisce e richiede il bis. E' un gran bel vino quello di Susanna. Poi per stare al tema lanciato con schiettezza da Paolo Cianferoni,(schiettezza sempre auspicabile, poco riscontrabile fra i chiantigiani abituati a dire le cose alle spalle e malignare sempre e comunque)conoscendo Susanna come la conosce lo stesso Paolo, di tutto c'è da aspettarsi fuorchè una malizia del genere. Sono sensibile al tema dell'uso dei nomi e non da ora, oavvero vedo il mio piccolo mondo di Vertine usato e abusato con o senza porte, da gente che con il luogo non c'entra davvero niente ma lo usa senza che nessuno si scandalizzi più di tanto..... anche quando l'ammiccamento a Vertine non è altro che una scusa per ammiccare a chi enologicamente è più conosciuto, ovvero Montevertine. L'uso del termine Doccio da parte de I Fabbri come nome del merlò aziendale credo non sia altro che una scelta in buona fede... sono altri che abusano della porta di altri nomi marcando territorialmente il vino in un posto e facendolo in tutt'altro.

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Paolo Cianferoni

circa 12 anni fa - Link

Concordo che la questione non è grave e con correttezza Susanna mi ha contattato per spiegarsi. La leggerezza da lei stessa ammessa mi ha fatto bene, e sopratutto evidenzia come nei rapporti personali e di lavoro è meglio esternare che rimuginare. La ricerca di chiarezza è sempre positivo come tu stesso hai colto.

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Andrea Pagliantini

circa 12 anni fa - Link

Vorrei che tutti i produttori (e non solo) chiantigiani avessero il dono della schiettezza che hai te Paolo, è un dono prezioso e importante aver di fronte una persona che ti dice ciò che pensa e ha nel petto. Con Susanna sono contento che vi siate sentiti, spiegati e capiti. Siete due belle persone oltre che due colonne nel fare vino e guarda caso le due cose coincidono sempre. Difficile che teste di noto organo facciano vino buono.

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Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

Sorprende di questi tempi, l'assonanza di gusti con il buon Bonistalli!

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