La storia “dimenticata” del Brunello di Montalcino (parte 4). 1933, il primo boom di vendite del ‘900

La storia “dimenticata” del Brunello di Montalcino (parte 4). 1933, il primo boom di vendite del ‘900

di Stefano Cinelli Colombini

Per giocare un po’ vi racconterò i “dieci giorni che sconvolsero il mondo” del Brunello, i dieci eventi che hanno fatto del nostro grande Sangiovese quello che è. E che nessuno ricorda. Forse perché tutti preferiscono le favole? Ecco la quarta parte.

Il 3 agosto 1933 il Re inaugura la “Mostra Mercato dei Vini Tipici d’Italia” di Siena: per la prima volta tutte quelle che diventeranno le DOC storiche si presentano insieme al pubblico. La moderna Italia del vino nasce qui, ed è un successo straordinario. Una folla enorme di visitatori riempie la città, nessuno ne prevedeva così tanti. Il motto della Mostra è del poeta Filippo Tommaso Marinetti: “il Brunello è benzina!”, ovvero è l’energia che muove il mondo. Padiglioni altissimi, scenari studiati fin nei minimi dettagli, tutto è iper-moderno, futurista e ambizioso. C’è la sensazione di vivere qualcosa di unico, dove il Brunello è uno dei centri d’attenzione.

Dieci aziende di Montalcino partecipano con spazi espositivi privati e dichiarano una produzione complessiva di 4.850 ettolitri, pari a 650.000 bottiglie. Per valutare questo numero va considerato che quelle fattorie rappresentano solo un quinto della superficie del Comune, per cui probabilmente anche delle produzioni, e che a quell’epoca Montalcino ha 3.500 ettari di vigneto. Solo il 20% in meno di ora. Sull’onda del successo Fattoria dei Barbi incrementa la vendita per corrispondenza (l’internet dell’epoca) del suo Brunello e Biondi Santi fa le prime esportazioni in USA, iniziando una storia d’amore con l’America che dura ancora oggi. Siamo al centro dell’innovazione e della visibilità, il Brunello vive una delle sue molte rinascite che, dopo le oltre cento medaglie ottenute in tutta Europa tra il 1890 ed il 1910, non è più solo di immagine. Si vende anche tanto vino, e a prezzo alto.

Vi racconto un aneddoto, che rende lo spirito dei tempi. Nel 1933 mio nonno Giovanni Colombini era un avvocato giovane e idealista. Alla Mostra vide il prezzo che Tancredi Biondi Santi chiedeva per il Brunello e sbottò: è immorale! Troppo caro, c’è la crisi (in Italia c’è sempre la crisi) e prezzi così alti sono un’offesa alla miseria. Tancredi non si fece né in qua né in là, e disse: Giovanni, ma quanto sei bischero! Ora ti faccio vedere. Su una grossa pila di bottiglie mise la scritta “Brunello di prima scelta, Lire 20” e su quella accanto, fatta con lo stesso vino, mise “Brunello di seconda scelta, Lire 5”. La sera quello di prima scelta era finito, e l’altro era ancora tutto lì.

Ma poi arrivò la guerra, i soldati sparavano alle botti per bere il vino che zampillava e fu distrutto tutto. Anche la memoria. Si dovette ripartire, una delle tante ripartenze di Montalcino.

Per leggere le altre puntate:
La storia “dimenticata” del Brunello di Montalcino (parte 1)
La storia “dimenticata” del Brunello di Montalcino: correva l’anno 1980 (parte 2)
La storia “dimenticata” del Brunello di Montalcino: 1984, arriva il Rosso di Montalcino (parte 3)

Mostra mercato Siena 1933 - manifesto

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Stefano Cinelli Colombini

Nato nel 1956 a Firenze da un'antica famiglia senese, è il titolare della Fattoria dei Barbi a Montalcino. Membro dell’Accademia Nazionale della Vite e del Vino e dell’Accademia dei Georgofili, è un grande appassionato di storia, arte e musica classica.

11 Commenti

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Carlo Lisini Baldi

circa 8 anni fa - Link

Se si vuole oggettivamente capire come era la viticoltura negli anni 30 a Montalcino basta consultare le foto aeree di questo territorio all'Istituto Geografico Militare di Firenze relative a quei periodi. Ci sono numerosi voli, alcuni realizzati anche dalla RAF. Le foto, copie su carta, sono completamente declassificate e disponibili ad un ragionevole prezzo. Descrivono una realtà di Montalcino ben diversa dai 3.500 ha dichiarati in questo intervento. Vedere per credere.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

Caro Carlo, le prime foto aeree della Toscana sono solo del 1957, prima non ce n'è. Però dopo la guerra tutto era cambiato. E, incidentalmente, nel 1930 la RAF non era certo autorizzata a sorvolare l'Italia. Ma figurati se Mussolini l'avrebbe mai permesso! Scherzi a parte, non so da dove trai le tue informazioni ma le mie te le dico. I dati sulla quantità di vigne vengono dal catasto, dalla Provincia e dai censimenti, tutti dati ufficiali e che coincidono. Poi ho i dati della Camera di Commercio, che all'epoca si chiamava del fasci e delle corporazioni ma sempre quello era. Saranno tutti sbagliati? Può darsi, ma se è così è dura fare qualunque ricerca, perché non ci si può fidare di nulla.

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Carlo Lisini Bldi

circa 8 anni fa - Link

Ciao Stefano, puoi andare tranquillamente in Viale Strozzi 10, oppure ancora meglio in via Cesare Battisti 10 a Firenze. Puoi selezionare tutti i voli che vuoi a partire dal 1940. Ovviamente le foto più vecchie hanno una risoluzione più bassa, ma più che sufficiente a capire la situazione agraria di Montalcino. Quello che si nota nelle immagini è una struttura agraria tipica della mezzadria, assolutamente incompatibile con le superfici di cui stai raccontando. Se poi c'erano queste vigne, dove sono finite dopo la guerra? Le hanno distrutte i Tedeschi? Sono state riconvertite in seminativi? in Oliveti, in Bosco? E dove erano e dove sono attualmente le cantine di allora per per produrre questa incredibile massa di vino?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

La tessitura agraria era effettivamente caratterizzata dalla mezzadria, con centinaia di poderi, loghi e loghetti ognuno con la (o le) sua piccola vigna. Ma erano centinaia. E tutte le colline terrazzate intorno a Montalcino e ai borghi minori erano vigna e olivo, non certo grano. In totale, 3.500 ettari. Non distrutti dalla guerra né presenti dove hai l'azienda tu, che è terra da grano, ma distrutte dal 70% di spopolamento che ha sofferto Montalcino tra i 12.000 abitanti del 1960 e i 5.000 del 1970. Senza manodopera, senza soldi e senza i clienti drenati dalla nascita dell'autostrada e conseguente abbandono della Cassia, le vigne sono state al 70% abbandonate. E tu mi insegni che in cinque anni una vigna abbandonata si perde. Quanto alle cantine relative a quei 3.500 ettari di vigne, forse quando eri bambino tu (per lo più a Firenze, se ricordo bene) i poderi erano già stati svuotati dal grande esodo, ma certo ricordi che ogni podere aveva una cantina. Centinaia e di cantine. E in più ogni fattoria ne aveva una o più. Decine. E molte famiglie borghesi ne avevano piccole altre sotto casa, che se vai a vedere ancora esistono qua e là. C'era un mondo del vino, anche se la tua famiglia (che aveva anche altre e più prospere attività a Firenze, e in agricoltura faceva cereali e non vino) lo viveva solo in parte.

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erique

circa 8 anni fa - Link

peró se non c'è un ordine cronologico delle puntate, francamente, ci si capisce poco.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

Mi spiace, ma questi sono solo punti di approfondimento su determinati episodi che sono poco noti ma sono stati determinanti per la storia del Brunello, Non è una storia organica del nostro vino, che in effetti ho scritto e (in sintesi, ridotta a poche pagine) ho pubblicato su Intravino l'anno scorso. In effetti do per scontato che chi legge conosca già almeno quel sunto.

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erique

circa 8 anni fa - Link

allora recupero subito il vecchio post! thx

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Hamlet

circa 8 anni fa - Link

si può sapere di più su quella mostra dei vini tipici? ad esempio, chi la ideò? perché fu fatta a Siena (e non in Piemonte, ad esempio, dove avevano già dei rossi più prestigiosi del Brunello) ?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

Da quanto ne so non è rimasta nessuna nota sul perché la prima (e le successive) Mostra dei Vini Tipici fu fatta a Siena, ma direi sia abbastanza ovvio. Siena è geograficamente quasi al centro dell'Italia e questo, per un regime che metteva la "italianità" al centro di tutto, la candidava perfettamente a rappresentare la Nazione. Era questo che contava per loro, non la qualità più o meno alta dei vini della zona. Quanto al fatto che il Piemonte, o altre Regioni se è per questo, avessero o non avessero all'epoca vini più prestigiosi del Brunello, mi permetta una nota; purtroppo nel 1933 nessun vino italiano era prestigioso a livello mondiale, in quell'empireo c'erano solo i francesi. La "conquista del cielo" da parte dei vini italiani era tutta da costruire, forse proprio per questo fu messa tanta enfasi e tanto investimento pubblico sulla Mostra di Siena.

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Hamlet

circa 8 anni fa - Link

nel 1933 il Barolo e il Barbaresco non erano noti in Europa, fuori dall'Italia? o il Marsala non era noto??? Io sono convinto che fossero sicuramente conosciuti fuori dall'Italia

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

No, nel 1933 i vini noti nel mondo erano i francesi, i vini di Porto e qualche tedesco. Il Marsala era stato famoso all'inizio dell'800 per via degli inglesi, ma da quando il Porto era tornato disponibile non lo era più. Il commercio internazionale era molto diverso da come lo conosciamo ora, c'era un'ampio scambio di grano, medicinali, acciaio, tessili e armi, ma non di cibi di qualità; i ricchi erano pochi e spesso molto provinciali, non consumavano cibi stranieri. I vini francesi (e soprattutto gli champagne) viaggiavano, ma perché erano ritenuti non vini ma oggetti di prestigio come i profumi e la moda, che allora erano anch'essi francesi. Come ora verso la Cina. Era un'altro mondo, c'era stata la prima globalizzazione ma era una globalizzazione molto diversa da questa. Non di beveva l'acqua S.Pellegrino a Bangkok, però si mangiava grano argentino ad Aberdeen.

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