La mia squadra di calcio del cuore e 11 vini abbinati, uno per ciascun giocatore

La mia squadra di calcio del cuore e 11 vini abbinati, uno per ciascun giocatore

di Pietro Stara

Diciamocelo subito: la fede calcistica, uno non se la può dare. E forse: la fede calcistica, uno non se la può non dare. Tertium: la fede calcistica, uno se la può non dare. Non datur: la fede calcistica, uno se la può dare. È facile, quando si è infanti, che siano mille i motivi, come mille e uno quelli contrari, che portano a sostenere/tifare/esagitarsi per una squadra di football: la città, i compagni di scuola, i genitori, i parenti (sino ai cugini di ottavo grado), il quartiere, oppure, più banalmente, ricevere un tackle scivolato sulle caviglie da un bimbo o da una bimba che indossano provvidenzialmente quei colori sociali che si iniziano prematuramente a detestare. Questi elementi plurimi e congiunti mi hanno sempre fatto pensare, in termini assolutamente imponderabili e fatalistici, che non sia possibile, oltre una certa misura razionale e in forma assai contenuta, prendersela con un tifoso avversario.

Vorrei aggiungere, a discapito di equivoci, che uno, se la squadra non se la può dare, è altrettanto complicato che se la cambi. È più semplice togliersela del tutto. Non che sia impossibile, intendiamoci: ho provato a seguire con passione il campionato di calcio Australiano, cercando di immedesimarmi nell’Adelaide City Football Club; poi a seguire quello africano, in ordine sahariano, sub-sahariano, tropicale… ma nulla da fare. Qui a Genova pure i muri rimbalzano i risultati del fine settimana.

Altra cosa è scegliere la propria équipe, farsela su misura, evidenziare i criteri di scelta, le ragioni. Senza dimenticare che, anche nelle scelte di maggior rilievo, non siamo soli. E questo vale un po’ per tutto, vini e alcolici compresi.

La mia squadra e i miei abbinamenti.

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1 – Lev Ivanovič Jašin. Grandissimo portiere della Dinamo Mosca (e giocatore di hockey su ghiaccio) in epoca sovietica. Soprannominato “il ragno nero” per la tuta che era solito indossare, vincitore del Pallone d’oro, una volta, scherzando, rispose così ad un giornalista che gli domandò quale fosse il segreto delle sue prestazioni: “ Prima di una partita mi fumo una sigaretta per rilassare i nervi e butto giù un po’ di super-alcolici per ben tonificare i muscoli…”
In abbinamento: pensavate alla vodka, vero? Invece gli faccio un favore: una bellissima Grappa delle Donne Selvatiche che Scavalicano le Colline di Romano Levi (Neive). Alambicco discontinuo in rame, a fuoco diretto e con vinacce sommerse. Cinque anni in legno in botti da 700 litri. Stile misurato, poco incline a tuffi appariscenti: posizionamento, essenzialità, maturità e carattere.

2 – Wim Rijsbergen, all’epoca difensore del Feyenoord, unico giocatore, durante i campionati mondali del 1978 in Argentina, a capire la violenza brutale della dittatura: uscì dal ritiro degli olandesi e, in bicicletta, si recò in Plaza de Mayo a solidarizzare con quelle donne che, nonostante le percosse, le minacce e la morte della loro fondatrice Azucena Villaflor, ogni giovedì sera percorrevano in silenzio tutto il perimetro della piazza portando i cartelli con le foto dei figli desaparecidos. Rijsbergen sostenne per lungo tempo l’associazione e le lotte delle Madri di Plaza de Mayo.
Qui ci vuole un vino schierato: La Distesa, Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Gli Eremi 2013. Grande forza espressiva, superbo nei contrasti ma capace di grande allungo, come il calcio praticato in Olanda negli anni ’70.

3 – Ronald Koeman, altro olandese: terzino centrale fortissimo (Ajax, PSV, Barcellona), dal tiro impressionante, fu nello stesso tempo un grande goleador. Nella sua carriera segnò 253 goal. Di lui rimane quanto disse il centrocampista spagnolo Joaquín, dopo che Koeman venne esonerato come allenatore del Valencia nella stagione fallimentare 2007/2008: «Koeman? Preferisco non parlarne… Dico soltanto che la sua unica preoccupazione è che ci fossero almeno cinque bottiglie di vino alle cene di squadra» (Joaquín: “Koeman sólo se preocupaba de cenar con cinco botellas de vino”, marca.com, 21 maggio 2008.)
Perché, allora, non cinque bottiglie di lambrusco mantovano Incantabiss di Fondo Bozzole? Da uve lambrusco ruberti (quelle di Mantova) in purezza, sprigiona energia e solarità sia in difesa che in attacco.

4 – Gaetano Scirea. Classe ed eleganza, grande rispetto per gli avversari. Una volta disse: “Ho imparato tante belle cose del Vecchio Piemonte, compreso il culto del vino buono, che ho imparato a fare da mio suocero nel Monferrato. Quando posso aiuto in cantina. Ma mi hanno detto che sono più bravo a fare il calciatore”.
Barbera d’Asti Superiore Nizza Sotto la Muda di Paolo Avezza, facciamo del 2010, ma anche prima… Terreno calcareo tendente al sabbioso. Gioca in bocca con grande stile: bello in ogni fase, sino alle galoppate finali sulle fasce.

5 – Sócrates – Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira. Medico che portò la democrazia corinthiana in campo. Quando venne in Italia (1984, lo prese la Fiorentina per 6 miliardi) era famoso per i colpi di tacco (“ero un giocatore di talento, talento e basta: la voglia e il fisico erano quello che erano”) e il gol segnato a Zoff in Italia-Brasile 3-2, Mondiale dell’ 82. Quando se ne andò, 14 mesi dopo, era famoso per come e quanto beveva, per come e quanto fumava. “Venti sigarette al giorno e qualche birra in meno. Poi il vino, che imparai a bere proprio a Firenze. Vero: vivevo anche fuori dal campo, perché se hai la fortuna di essere nello sport e quindi di venire a contatto con gente di altre classi sociali, con la cultura di altri paesi, non te ne puoi stare chiuso in casa. Però è anche vero che, come calciatore, a Firenze trovai un vero casino: non c’ era una sola squadra, ce n’ erano due. Fatte da giocatori che si odiavano. Non ebbi fortuna, né cercai di averne”. Da “la Repubblica” del 09/03/1995
Non so cosa abbia imparato a bere ma, se lo potessi incontrare in un mondo parallelo, gli direi: che ne dici di questo Chianti Classico Riserva del 2010, il Rancia di Fèlsina? E penso che mi risponderebbe più o meno così: “o calcanhar que a bola pediu a Deus, il colpo di tacco che la palla chiese a Dio!”

6 – Arthur Antunes Coimbra, meglio noto come Zico. Ha una sorella e 4 fratelli maschi. I 5 fratelli Antunes Coimbra formavano una straordinaria squadra di calcio a 5 che infuriava per le strade di Quintino, un lontano sobborgo di Rio. Da quelle strade di polvere, povertà e violenza partì la carriera di uno dei più grandi centrocampisti di tutti i tempi.
Un Friulano dell’azienda Lis Aganis di Claudio Narduzzi. Mi chiederete perché? Ed io ve lo spiego. Claudio Narduzzi era un pilota di linea che, quando seppe dell’arrivo di Zico all’Udinese, chiese ad un suo collega, Mario Moret di Pordenone che doveva pilotare quel volo da Linate Milano a Trieste, di poter scambiare i voli. “Ma non fece una marachella?” – gli chiese il giornalista del Messaggero Veneto – “In effetti, mentre l’aereo rollava sulla pista, ho aperto l’oblò della cabina di pilotaggio e ho esposto la bandiera zebrata. Alitalia si infuriò, ma ribattei che quando vola il Papa si espone la bandiera del Vaticano, perché non potevo esporre quella dell’Udinese, visto che Zico era in quel momento il migliore nel mondo del calcio?” (Gino Grillo – Messaggero Veneto del 30 giugno 2013)

7 – Luigi “Gigi” Meroni, il beat del calcio. Ala destra, numero 7, giocava a calcio la stessa partita che giocava nella vita: dribbling imprevedibili e funambolici contro chi tentava, ma mal riusciva, ad ingabbiarlo. Scatti, finte ed assist fino a trovarsi a tu per tu con il portiere.
In porta, in un’ipotesi immaginifica di “faccia a faccia”, ci metto Roberto Porciello di Cascina Boccaccio, che il portiere lo ha fatto veramente. Nelle fila dell’Alessandria. E tifa Toro. A suon di goal subiti avrebbe ricambiato volentieri con il suo Infernot, un rifermentato in bottiglia da uve cortese: agile e ficcante come solo la farfalla granata avrebbe saputo essere.

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8 – George Best, il quinto Beatle. Così lo definì la stampa portoghese quando, a soli 19 anni, segnò una doppietta al Benfica nei quarti di finale di Coppa dei Campioni. Un’esperienza extracorporea, quasi al pari di quella con le donne e l’alcol: “A mano a mano che mi si presentava davanti un difensore, sembrava sempre più probabile che mi rubasse la palla e io sentivo di dover lottare per non spezzare il ritmo della corsa, come succede nei sogni quando stai cercando di scappare da qualcuno. Ma ogni volta arrivavo sulla palla per primo, la lanciavo un metro o due alle spalle dell’avversario, andavo a riprenderla e ricominciavo da capo. Alla fine un difensore riuscì a prendermi la palla, ma quell’azione era stata una cosa fantastica. Era come un’esperienza extracorporea, una sequenza di sogno, come se io volassi sopra il campo e guardassi qualcun altro giocare..” (George Best, The Best, Baldini e Castoldi 2013)
E mi piace ricordarlo pure per questa: “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcool. Sono stati i venti minuti peggiori della mia vita.” Gran bevitore di qualsiasi cosa che contenesse un ben pur minima presenza di alcol, Best adorava lo champagne. Champagne 2008 Coeur de Cuvée 1er Cru di Villmart: esuberante come pochi dei suoi pari.

9 – Manoel Francisco dos Santos, detto Garrincha (uccellino). Madre natura gli aveva donato tutto un po’ storto: i denti, gli occhi, le ginocchia e due gambe di cui una, la sinistra, era di sei centimetri più corta della destra. Così lo ricorda il terzino sinistro del Botafogo, il leggendario Nilton Santos: “Quando lo vidi mi sembrava uno scherzo, con quelle gambe storte, l’andatura da zoppo e il fisico di uno che può fare tante cose nella vita meno una: giocare al calcio. Come gli passano la palla gli vado incontro cercando di portarlo verso il fallo laterale per prendergliela con il sinistro, come facevo sempre. Lui invece mi fa una finta, mi sbilancia e se ne va. Nemmeno il tempo di girarmi per riprenderlo e ha già crossato. La seconda volta mi fa passare la palla in mezzo alle gambe e io lo fermo con un braccio e gli dico: senti ragazzino, certe cose con me non farle più. La terza volta mi fa un pallonetto e sento ridere i pochi spettatori che assistono all’allenamento. Mi incazzo e quando mi si ripresenta di fronte cerco di sgambettarlo, ma non riesco a prenderlo. Alla fine vado dai dirigenti del Botafogo e dico: tesseratelo subito, questo è un fenomeno.” (da zonacesarini)
La sua vita fu sregolata come la Cachaça, l’acquavite ottenuta dalla distillazione del succo di canna da zucchero che si usa (anche) per la Caiprinha. Cachaça Vale Verde Ouro, invecchiata tre anni in botti di quercia: o’ battagliero!

10 – Carlos Caszely, un piccoletto tutto pepe e rapidissimo attaccante del Colo Colo, soprannominato il “re del metro quadrato” per le sue doti straordinarie nell’area di rigore avversaria. Di simpatie socialiste, aveva in odio profondo la dittatura di Pinochet. Nel mondiale del 1982 il Cile si presentò nel girone di Austria, Algeria e Germania Ovest. Il Cile era sotto di un gol contro l’Austria e Carlos Caszely, con grande scaltrezza, si procurò un calcio di rigore: lo sbagliò clamorosamente e questo non piacque granché alla dittatura cilena. Era piuttosto evidente a tutti i commentatori in patria, che lo processarono apertamente, che non si fosse trattato di un errore casuale. Da quel momento Carlos verrà ricordato come il calciatore che sfidò Pinochet.
Di fronte ad un re del metro quadrato ci vuole un difesa a quattro di tutto rispetto: Il Rossounito dell’azienda Aurora di Offida, che dà il montepulciano, de La Viranda di Calamandrana (AT) il barbera, di A’ Vita di Cirò Marina (Kr) e il gaglioppo, tutti vini a due anni dal loro invecchiamento. E per finire Valli Unite che porta in dote il suo giovane dolcetto.

11 – Gianfranco Zigoni: immarcabile, geniale, spaccamontagne, con giocate inaspettate e a suon di gol. Ma doveva essere di buona. E sentite qua: «… io avevo una grande opinione di me. Pensavo di essere il più forte calciatore sulla terra. In campo odiavo l’avversario e lo colpivo col mio pugno, che era micidiale. Fuori gli volevo bene e lo invitavo a bere un whisky. Un giorno, alla Roma, capita di incontrare il Santos di Pelé. In amichevole, all’Olimpico. Mi dico: “Oeh, giustizia sarà fatta, oggi il mondo capirà che Zigo-gol è più forte di Pelé”. Lo aveva già detto Trapattoni dopo un Genoa-Milan 3-1 degli anni Sessanta, tripletta mia. “Ragazzi – dichiarò il Trap quel giorno – Zigoni è meglio di O Rei”. Lo aveva ammesso Santamaria, gran difensore, dopo una sfida Juve-Real Madrid. Io avevo fatto impazzire il Santa, finte e tunnel, e quello a fine partita si rivolse così a Sivori: “‘Sto chico è migliore del negro”. Ero convinto della cosa, mi sentivo più bravo di Edson Arantes e di tutti i suoi cognomi. Poi arriva l’amichevole col Santos, vedo Pelé dal vivo e mi prende un colpo. Madonna, che giocatore. Ho una botta di depressione, di malinconia, penso che a fine partita annuncerò in mondovisione il mio ritiro dal calcio. Mi preparo la dichiarazione in terza persona: “Zigoni lascia l’attività, non sopporta che sul pianeta ci sia qualcuno più forte di lui”» (da zonacesarini)
Proveniva da una famiglia contadina e, a quanto pare, oltre le donne, le pistole e le sigarette, la sua bevanda preferita era il whisky: Knob Creek, un Bourbon che la sa davvero lunghissima. Sette generazioni di distillatori (since 1795) del Kentucky. Spara in bocca effluvi aromatici a 50° d’alcol.

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Allenatore: Nils Erik Liedholm. Soprannomi: “Barone”, “Zatopek” (datogli da Gianni Brera in ricordo del mezzofondista cecoslovacco), “Liddas”, “Nisse”, “Pel di Carota”. In quel famoso mondiale in cui la Svezia perdette la finale contro il Brasile (1958), lui ammise di temere molto più Garrincha di Pelè. Ma io ora li faccio giocare insieme. Grandissimo giocatore e grandissimo allenatore e poi produttore di vino nel Monferrato. Il figlio Carlo, compagno di scuola di Donato Lanati, fautore della trasformazione dei possedimenti di Villa Boemia in terre da uva e da vino, un giorno raccontò a Vincenzo Reda che in Svezia, quando sentivano parlare del Grignolino, pensavano a un vino inventato dal grande calciatore: il Milan degli anni Cinquanta aveva infatti il famoso trio svedese Gren, Nordahl e Liedholm, detto Gre-No-Li! L’assonanza induceva a quel pensiero.
Grignolino del Monferrato Casalese di Francesco Brezza – Tenuta Migliavacca. Terreno di gioco calcareo argilloso: in grado di anticipare, giocare di rimessa e, soprattutto, di impostare il gioco. E poi di dirigerlo. Unico e assai raro.

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Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

14 Commenti

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massimo terli

circa 7 anni fa - Link

zoff burnich maldini baresi baggio platini cruikff van basten corso gullit riva paolo rossi falcao

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biotipo

circa 7 anni fa - Link

c'è un errore nella foto d'apertura, a subbuteo si gioca con la punta del dito, non con la "schicchera" ;-)

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Federico

circa 7 anni fa - Link

Applausi. (Pietro, studioso sopraffino)

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Roberto Dal Ponte

circa 7 anni fa - Link

Bello. Complimenti. Koeman terzino però non si può leggere.

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Pietro Stara

circa 7 anni fa - Link

Che posso dirti se non che hai ragione: un difensore centrale con grandissime doti d'attacco. Ho fatto un scambio tra il mio numero tre (pensavo ad un altro giocatore) e Koeman. Si corregge, insomma.

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Maurizio Rusconi

circa 7 anni fa - Link

Bello davvero! E grazie per avermi fatto scoprire zonacesarini.

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wine princess

circa 7 anni fa - Link

Ma che simpatica questa trovata dei calciatori abbinati al vino, praticamente il Fantacalcio unito al Fantavino, proprio originale! Purtroppo, non essendo particolarmente ferrata in entrambi i campi, ora come ora mi viene in mente un solo abbinamento evidente calciatore-vino: Faustino Asprilla-Masseto '01! Entrambi superdotati... eheheh...

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Roberto Dal Ponte

circa 7 anni fa - Link

A me è venuta voglia di bere i vini di Cascina Boccaccio. E tanto mi basta. Capisco che il pezzo abbia un taglio maschile, ma, Koeman a parte (da sampdoriano solo il nominarlo mi provoca fitte di dolore insopportabili), mi è proprio piaciuto. Un po' di leggerezza, pls. Grazie Pietro Stara.

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Nic Marsél

circa 7 anni fa - Link

Non conoscevo Cascina Boccaccio ma Sabato scorso alla "Sorgente del vino" alla ricerca di novità in tema di rifermentazioni, mi sono casualmente imbattuto in un cortese così buono che ne ho subito acquistato un cartone! Lo vedo qui associato alla farfalla granata: ho fatto bingo :-)

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Nic Marsél

circa 7 anni fa - Link

eh già! manco da un po' e anche quando ci sono pecco d'assenza. Grazie della segnalazione

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Nic Marsél

circa 7 anni fa - Link

Mi mancherebbero solo il Praiè e il surlie "Mai Sentito", che google curiosamente mi indirizza verso ...

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Roberto Dal Ponte

circa 7 anni fa - Link

Fiorenzo buonasera. A Genova questo Infernot si trova? Mica dalle parti di Sestri Ponente?

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Fiorenzo Sartore

circa 7 anni fa - Link

Trovare si trova, ma dalle parti di sestriponente e' andato esaurito la settimana scorsa. Il mio uomo a l'Havana forse me ne procura un altro po', se no si aspetta il '16.

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