La FIVI e l’importanza di essere rappresentati, ne abbiamo parlato con Matilde Poggi

di Jacopo Cossater

In molti conoscono la Fiera Mercato che la FIVI organizza ogni anno a Piacenza (a proposito, l’edizione 2013 è prevista per i prossimi sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre). Ma che cos’è la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti? Di che cosa si occupa durante l’anno? Quali sono i suoi scopi? L’occasione per affrontare questi argomenti è stata la recente elezione del nuovo consiglio direttivo che ha visto la nomina di Presidente andare a Matilde Poggi, proprietaria de Le Fraghe, cantina del veronese. L’abbiamo raggiunta telefonicamente per vederci chiaro.

Prima di tutto congratulazioni, che effetto fa ricoprire un ruolo così prestigioso, anche se da pochissimi giorni?

Grazie mille, devi sapere che quando sono entrata a far parte di questa associazione nel 2008 mi sono ritrovata da subito a far parte del consiglio. Allora fu una cosa per certi versi inaspettata ma che mi fece molto piacere. Avevo avvertito immediatamente che la FIVI poteva essere un luogo dove avere voce, un luogo dove se si aveva voglia di investire un po’ del proprio tempo c’erano persone disposte a trovare possibili soluzioni alle problematiche che una cantina può incontrare lungo la propria strada. La sensazione insomma che fosse una cosa concreta, lontana dalla politica.

Una domanda che a chi non vi conosce potrebbe sorgere spontanea è relativa al vostro nome. Perchè indipendenti? Cosa significa?

Una ed un’unica cosa: siamo vignaioli che non dipendono da nessuno. Ovvero proprietari della nostra azienda agricola, persone che coltivano le proprie vigne, imbottigliano il proprio vino, lo commercializzano con il proprio nome ed etichetta. Questo è l’unico requisito che richiediamo a tutti i nostri associati.

A che punto siete con il “reclutamento” di nuove cantine? Se non ricordo male vi eravate dati come obiettivo quello di raggiungere il più velocemente possibile il numero di 2000 associati.

È vero, se da una parte siamo contenti della nostra crescita costante (ogni settimana riceviamo 3/4 nuove richieste) è anche vero che siamo perfettamente consapevoli che 750 vignaioli sono molti ma non sono sufficienti ad avere il peso, anche politico, a cui aspiriamo.

A cosa è dovuto secondo te?

Devo dire che c’è molta attenzione intorno alle nostre iniziative, sono in tanti a dirsi interessati a farne parte. Non saprei però di preciso, forse ha a che fare con quella sfiducia tutta italiana nei confronti dell’associazionismo. Forse l’idea che non si possano davvero cambiare le cose, tutti insieme.

A proposito di numeri, leggo che “attualmente i produttori associati, da tutte le regioni italiane, contano circa 7.000 ettari di vigneto, 55 milioni di bottiglie e circa 500 milioni di euro di fatturato complessivo. Tutto questo vigneto viene condotto per il 44 % in regime biologico/biodinamico, per il 18 % secondo i principi della lotta integrata e per il 38 % secondo la viticoltura convenzionale”. Una cosa che mi sono sempre chiesto a proposito della FIVI riguarda la sua effettiva capacità nel coniugare realtà diversissime tra di loro, tanto per dimensione quanto per approccio.

La FIVI non nasce per aiutare le aziende agricole dal punto di vista commerciale o della comunicazione. La nostra missione è quella di portare avanti ed in particolare all’attenzione del legislatore le istanze di una realtà che produce il proprio vino da vigneti di sua proprietà. Da questa prospettiva che tu abbia cinque o cinquanta ettari la differenza è minima. La burocrazia è esattamente la stessa per tutti. Ecco che quindi noi avvertiamo da sempre l’esigenza di fare qualcosa in questo senso.

Ecco, infatti. Proprio ieri a Pollenzo hai incontrato il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Nunzia De Girolamo e gli hai consegnato di persona il cosiddetto “Dossier Burocrazia”, un progetto che ha radici lontane e su cui la FIVI ha puntato moltissimo.

È stata una cosa bella ed importante, anche alla luce del fatto che proprio ieri era il quinto compleanno della Federazione. Il “Dossier Burocrazia” è un documento che nasce circa tre anni fa e che ha visto la luce l’anno scorso con un obiettivo dichiarato: ottenere una riduzione della burocrazia che grava sul vignaiolo. Da poco tra l’altro abbiamo ottenuto un risultato rilevantissimo, la Commissione Agricoltura del Senato ha adottato il nostro testo come base per un disegno di legge da presentare alle camere. Il Ministro si è reso disponibile ad ascoltare le nostre istanze e nonostante fosse testo già presentato anche al suo predecessore è stato un momento formale di grande importanza.

Pensi ci siano davvero le basi per una riforma in tal senso?

Si, se questo Parlamento rimarrà in carica il tempo sufficiente potrebbe dare alla luce questa riforma per noi così importante.

Vuoi provare a sintetizzarla?

Si tratta di un insieme di proposte che spaziano dallo snellimento normativo attraverso l’utilizzo di un testo unico alla semplificazione dei controlli. Non è possibile infatti che esistano nove diversi enti che a volte fanno controlli che si sovrappongono, da qui l’idea dell’introduzione di un calendario. Poi ci sono proposte precise che hanno a che fare con l’organizzazione della vigna, della cantina, dell’imbottigliamento.

Qui, sul sito della FIVI, è possibile trovare sia l’abstract che il testo completo del “Dossier Burocrazia”e farsi un’idea più precisa. È link consigliatissimo.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

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