La “ballicaia”
di Antonio TomacelliChateau Changyu, ovvero, uno dei quattro finti castelli costruiti in Cina da Yantai Changyu Group. Dopo il salto di pagina, le immagini agghiaccianti di una Disneyland cinese dedicata al vino. Tenetevi forte.
Lo Chateau: al centro sono visibili le stanze del Principe Azzurro
L’elegante punto vendita: gli arredi sono curati dalla Fata turchina
Le vigne dello chateau dopo il passaggio del Drago cattivo
Sala di degustazione “I sette nani”
Chateau Changyu Global è una joint venture tra Cina, America, Portogallo e altri paesi. Il socio cinese è lo Yantai Changyu Group Ltd. che ha investito 360 milioni di yuan. Si trova nella contea di Miyun, un’ora di macchina a nord-est di Pechino. Questa fiaba ha un lieto fine: c’è anche l’Italia tra i paesi della joint venture.
26 Commenti
Nico aka tenente Drogo
circa 14 anni fa - Linkun tempo prendevamo in giro il vino americano http://www.youtube.com/watch?v=bRzXc1qd044 chissà se il vino cinese un giorno ci stupirà
RispondiSara Porro
circa 14 anni fa - LinkUna profezia fin troppo facile: le latitudini ci sono, i terreni anche (questa la butto lì, il fatto è che la Cina è grande come un continente quindi c'è tutto), l'interesse per il vino cresce insieme alle possibilità di spesa dei consumatori locali. Io amo dire che la nostra unica speranza di fronte alla concorrenza della Cina, ad ogni livello, è imparare a dire "Sono sempre stato un convinto fautore dell'amicizia italo-cinese" in un mandarino accettabile ;)
RispondiFrancesco Fabbretti
circa 14 anni fa - Linke i vitigni? il solito sciardonèsovignòncabernèmerlòsiràpinonuàrrisling? mi sento molto sereno
RispondiAntonio Tomacelli
circa 14 anni fa - LinkCon la piccola differenza che gli americani almeno si finanziavano da soli. Qui ci abbiamo messo i soldi noi Italiani
RispondiNelle Nuvole
circa 14 anni fa - LinkE' domenica, la lunga digestione del pranzo domenicale aiuta ad affrontare con calma un argomento quanto mai attuale: il peso della Cina nel nostro futuro e soprattutto i quello dei nostri figli. Incomincio dal fondo dell'articolo di Tomacelli "c'é l'Italia nella joint venture" detto come se fosse un crimine, invece io dico meno male che una volta tanto c'é l'Italia, intesa presumo come capitale privato italiano. Noi possiamo anche continuare a ridere sui cinesi e il loro modo di metabolizzare la cultura occidentale, io stessa nei miei viaggi in Cina, "ho visto cose" che neanche in Blade Runner, però non dobbiamo ignorare la loro potenza e l'incredibile velocità nel crescere, a questo ci pensano già a quanto pare le varie ICI, Camere di Commercio, Ministero e così via, questi sì pagati con i nostri soldi. Felice di essere vivacemente smentita, ma quando ho visitato per lavoro Shangai la prima volta tre anni fa mi é stato detto che c'erano circa ottocento residenti italiani, ottocento su quasi venti milioni? In quel viaggio e nei successivi in cui ho visitato anche altre città gli unici italiani che ho incontrato sono stati una ventina fra hotel managers, restautant managers e chefs, in gran parte sposati ad una cinese. Ho incontrato un'eroica ragazza, unica impiegata italiana del nostro importatore, che si batteva per creare una rete di vendita di vini italiani. Questo in mezzo a tantissimi francesi, tedeschi, scandinavi, inglesi, molti i giovani e tutti molto competenti anche riguardo al vino italiano. Per i cinesi in generale il vino é una novità, separata dalla loro alimentazione tradizionale elegata al raggiungimento di uno stauts symbol. A differenza dei giapponesi che hanno avuto tempo di creare una generazione di ottimi sommeliers, gli addetti ai lavori in Cina sono pressoché vergini e il loro primo "imprinting" guarda un po' viene dalla Francia, soprattutto dal Bordeaux e soprattutto da Chateaux Lafite, che si é svegliato prima degli altri e l'anno scorso é cresciuto del 30% delle sue esportazioni in Cina, risultato eccezionale rispetto al calo vistoso delle vendite dei Premier Curs in altre parti del mondo. Gli unici produttori italiani abbastanza visibili sono Antonori, Frescobaldi, e naturalmente Gaja, il quale deve aver viaggiato moltissime volte in Cina per avere la posizione che ha. Non credo che in Cina si possa fare business senza un partner cinese e per questo una joint venture é inevitabile, per me é una segno positvo che si sia creato uno Chateau anche se di tipo Disnelaynd. Chissenefrega se per ora nelle bottiglie c'é il solito minestrone di vitigni internazionali, il punto cruciale é di riuscire a far percepire Barolo, Brunello, Amarone, Fiano, Verdicchio, ecc.ecc. come un Made in Italy eccezionale, come la Ferrari. Su ciò purtroppo ho numerosi dubbi e quindi continiamo pure a ridere sulle loro balliques e castelli delle favole, continuiamo ad innorridire per l'ignoranza cultural-enoica, ma prepariamoci anche a perdere l'ennesimo treno.
RispondiSara Porro
circa 14 anni fa - LinkIl commento che avrei voluto scrivere io!
Rispondienrico togni viticoltore di montagna
circa 14 anni fa - Linkintervento sicuramente competente e molto ben espresso, come darti torto, solo che leggendo tra le righe arrivati alla frse "Per i cinesi in generale il vino é una novità, separata dalla loro alimentazione tradizionale e legata al raggiungimento di uno stauts symbol." non posso far altro che inorridire. purtroppo ci si avvicina al vino e all'agricoltura in generale con fare industriale fin troppo direi. ok la competitività, ok i bilanci e la sostenibilità aziendale, ma è come se io decidessi di allevare renne in pianura padana, magari ce la faccio ma con che risultati? questo modo di pensare è quello che ha portato ad incrementare indiscriminatamente le superfici vitate, e di conseguenza al deprezzamento di uve e soprattutto del lavoro umano e della vocazione di una terra. a sto punto non mi resta altro che dire tutti a produrre BALOLO, BLUNELLO e AMALONE, tanto vale!
Rispondimirco
circa 14 anni fa - LinkIl commento che avrei voluto scrivere io!
RispondiMarilena Barbera
circa 14 anni fa - LinkCondivido il 100% di quello che scrive Nelle Nuvole. Il punto è che la Cina ha una popolazione di 1 miliardo e 300 milioni di persone (quelle registrate, ma in effetti sono di più). Non ha barriere culturali al consumo di vino, come succede in altri Paesi dall'economia in crescita che hanno una popolazione in gran parte musulmana (penso all'India). Mi pare naturale che ci si ponga il problema di cosa bevono i cinesi, e che qualcuno stia avviando delle iniziative per avvicinarli al vino. In Cina c'è una produzione domestica di vini in grande crescita. Nelle ultime 3 campagne la produzione è cresciuta ad un ritmo di oltre il 15% l'anno (fonte Winenews, ma mi è stato confermato da alcuni nostri pertners in Cina). Oggi siamo ad un totale di circa 100 milioni di bottiglie, la maggior parte delle quali hanno una qualità pessima. Inoltre, spesso il vino cinese fatto per il consumatore cinese viene tagliato con vini europei (molto fanno Spagna e Cile in questo senso), con dubbi risultati qualitativi. Il consumo di vino di fascia alta è prevalentemente orientato ai vini francesi, che da oltre 20 anni hanno investito in partnership commerciali e di produzione. Gli italiani sono molto disorganizzati e solo da poco tempo stanno facendo attività promozionali, però in maniera disunita (solo alcuni grandi marchi sono presenti perché hanno la forza finanziaria di pagarsi campagne promozionali da centinaia di migliaia di euro). Non mi parlate di ICE e balle varie perché non funzionano e spesso servono solo a tirar su cassa a proprio uso e consumo, quindi quelle iniziative facciamo finta che non ci siano, va bene? E' verissimo che il consumo di vino per i cinesi è attualmente slegato dal cibo: è un fatto culturale, secondo me non è nè giusto nè sbagliato, è semplicemente così e con questo dobbiamo confrontarci. I cinesi bevono vino per brindare durante le occasioni di festa: matrimoni, capodanno cinese, cene aziendali e politiche (che sono molto frequenti). Brindano e tirano giù un bicchiere pieno alla volta, non hanno idea di cosa sia la degustazione - naturalmente stiamo parlando della maggior parte dei cinesi, non di una minoranza d'élite che conosce perfettamente il valore dei vini e dei territori, spesso molto di più del consumatore "tipo" occidentale. Ma questo sta cambiando molto rapidamente. Invitare a produrre Balolo non è una soluzione. Bisogna riflettere su come servire un mercato che chiede e chiederà sempre di più vini di migliore qualità ad un prezzo molto contenuto, perché in ogni caso il potere d'acquisto medio è ancora molto basso. Non ci vedo nulla di male che, in un contesto del genere, si cerchi di sviluppare una produzione domestica di migliore qualità e appeal e non credo che questo possa danneggiare l'immagine del vino italiano in Cina, sempre che siamo abbastanza svegli per costruirne una... Credo che più il consumatore cinese venga abituato a bere prima vini dignitosi, poi discreti ed infine buoni, maggiore sia la possibilità che riesca a percepire con il tempo l'elevatissima qualità dei nostri grandi vini.
RispondiNelle Nuvole
circa 14 anni fa - LinkGrazie per i vostri commenti. Vorrei precisare un paio di cose, la prima é che quando parlo di intervento dell'ICE e simili é proprio nell'intento di evidenziare la loro inutilità e costosità, quindi Marilena sono più che d'accordo con te. La mia impressione visitando l'Asia in generale e la Cina in particolare é che altri paesi e i loro governi si siano dati da fare in modo coeso e questo non solo nel campo enoico. Di italiano c'é solo il made in Italy della moda e del design, la Ferrari (Maserati, Lamborghini) e basta. Nei miei breakfast solitari in vari alberghi ero circondata da tedeschi, francesi, inglesi, giapponesi, un'italiano manco col lanternino, soprattutto al di fuori di Shangai e Pechino. Seconda precisazione, certo che non voglio che si produca Balolo o Blunello O Amalone in Cina, ma se una società di capitale cinese pianta le solite varietà internazionali é perché sa che il mercato ha già recepito cosa vuol dire Cabernet (mannaggia) Sauvignon, Merlot (arcimannaggia) e Chardonnay (ultramannaggia), mentre noi ci per ora ci possiamo impiccare quando parliamo di Sangiovese o Nebbiolo. Nonostante questo tanti italiani come me, con scarso budget e molta buona volontà, si stanno faticosamente aprendo delle ultra piccole nicchie di mercato. Ma siamo troppo poco protetti e per niente aiutati. Io non ho certo la soluzione ma mi interrogo su una terza via fra la posizione di @Enrico Togni e cioé la salvaguardia dell'estrema tipicità e qualità contenendo la produzione a zone vocate da secoli e quella di chi crea Chateau Vinolandia in Cina
RispondiMarilena Barbera
circa 14 anni fa - LinkQuali chences vedi (se ne vedi) di piantare vitigni italiani in Cina?
RispondiMarilena Barbera
circa 14 anni fa - Linkops, refuso, volevo dire chances, naturalmente!
RispondiNelle Nuvole
circa 14 anni fa - LinkOddio che responsabilità! Credo che Zonin abbia già piantato, e probabilmente qualche altro grosso se non lo ha già fatto lo farà tra breve. Ho citato Chateau Lafite perché l'operazione é stata abbondantemente fanfarata dai media, in joint venture con la solita società cinese, ma i primi risultati arriveranno fra anni. La Cina e tutta l'Asia mi affascinano, perché se non IL FUTURO, per certo sono UN FUTURO. Le chances in Cina sono tantissime sia commerciali che produttive, Si tratta di sforzarsi di conoscer meglio i cinesi per farci conoscere e far conoscere il nostro vino, anche sperimentando in loco con i nostri vitigni, alcuni si presteranno più di altri e si tratterà di un lavoro lungo, ma secondo me non bisogna chiudersi nel nostro orgoglio di produttori di vini unici. Quello che scrivi nel commento é giustissimo, direi ovvio, solo che farlo ognuno per i fatti suoi é molto più difficile.
RispondiMarilena Barbera
circa 14 anni fa - LinkAnch'io sono sulle tue stesse posizioni. Visitando la Cina (non le grandi città, ma soprattutto le province) mi sono resa conto di quante potenzialità ancora inespresse ci siano per i vini italiani, e allo stesso tempo di quanta curiosità. Ho incontrato persone estremamente interessate all'Italia, aperte a nuove esperienze e affascinate dalla nostra cultura e stile di vita. Dici bene, è un lavoro lungo, e come spesso accade - ti cito - siamo poco protetti e per niente aiutati. In un mercato potenzialmente così enorme servirebbero sforzi congiunti tra Università, Governo e produttori, ma ho paura che stiamo parlando di fantascienza...
Rispondikenray
circa 14 anni fa - Linkragazzi siete fuori tema tutti. il problema non è il vino cinese che fanno in cina scimmiottando le grandi casate europee. ma chissenefrega. eh no cari. il problema è che i cinesi prima o poi (prima che poi) arriveraano da noi e a suon di dollari si compreranno le nostre aziende le nostre viti i nostri terreni e cominceranno a mettere il naso nella nostra cultura eonologica. e noi saremo fotù. resistere resistere resistere (cit)
RispondiNelle Nuvole
circa 14 anni fa - LinkNon ne sono così sicura e per quanto i cinesi vadano veloci non penso di campare abbastanza per vedere questo ribaltone apocalittico. Da quando mi occupo di vino, più di 25 anni, ci sono stati tanti possibili acquirenti mangia-tutto Berlusconi gli Americani (Gallo, Mondavi, Constellation, ecc.) Società finanziarie e fondi fi investimento Zonin e la sua banca I Russi, soprattutto Abramovich Gheddafi e ancora siamo qui a scoprire la bellezza e la bontà di tante realtà diverse in mano a persone normali e appassionate. Quindi questo é per ora un falso problema che ci da ancora una volta una visione distorta del "pericolo giallo"
RispondiMarilena Barbera
circa 14 anni fa - LinkI cinesi si stanno già comprando l'Italia e noi nemmeno ce ne accorgiamo... Infatti quello di cui stiamo discutendo è come fare per evitare di ignorare il problema e trovare nuove forme di impresa e di partnership, che tengano conto anche di un'evoluzione della società cinese che vada nella direzione (troppo apocalittica però, a mio parere) a cui fai riferimento. Scusami la battuta, ma come fai a resistere a 1.300 milioni di cinesi incazzati?
RispondiMario Crosta
circa 14 anni fa - LinkTi firmerai Chen Lai invece di Kenray e ti darai alla resistenza clandestina?
RispondiBernardo Conticelli
circa 14 anni fa - LinkIl vino etichettato e venduto come cinese non è quasi mai cinese,o meglio, non è praticamente mai al 100% cinese (salvo piccole eccezioni come l'eccellente azienda Chateau Bolongbao a conduzione biologica - o cosi almeno dicono loro). Il vino, secondo la legislazione cinese che vigeva fino a qualche mese fa (ora mi sembra sia stata leggermente modificata) permetteva di imbottigliare ed etichettare vino come cinese con soltanto il 15% di vino prodotto in Cina all'interno. Il resto sono solo grandi cisterne di vino sfuso importate essenzialmente da Cile e Australia (magari fosse almeno vino spagnolo..magari...).E' questa una delle ragioni per cui i vini australiani e cileni anche imbottigliati poi vanno abbastanza bene su quel mercato, perchè diciamo che hanno come apripista il vino sfuso. E questa cosa del vino cileno e australiano non è gossip o malizia, mi è stata detta candidamente da uno dei general manager di una delle tre più importanti (e grandi) aziende di vino cinese quando ero in visita da loro nell'estate 2008 (non faccio i nomi, ma potete provare a indovinare tra Great Wall, Changyu, Dynasty e Dragon Seal...)
Rispondikenray
circa 14 anni fa - Linkmodalità - maestrina dalla penna rossa on - i cinesi, dio li beneemaledica tutti sono cavallette. hanno la mentalità di cavallette si comportano come cavallette. non è colpa loro. sono costretti a fare cosi per questioni di sopravvivenza della specie. e camperemo tutti abbastanza da vedere il terroir (si dice cosi?) del brunello di montalcino in mano ai vari lin che ming o wang fun tze. un giorno, a malincuore, verrò qui a dirvi: ve l'avevo detto. amen fratelli amen modalità - maestrina dalla penna rossa off - addendum io sono il massimo conoscitore mondiale, come esperto comportamentale, di cineserie,
RispondiNelle Nuvole
circa 14 anni fa - LinkKenray sei sempre più mitico, aggiungo solo che se il terroir di Montalcino ha resistito all'impatto della Banfi nei primi anni ottanta, ai "duri e puri" no pasaran, ad enologi d'assalto e a qualche russo sparso, riuscirà anche a sopravvivere al pericolo giallo.
RispondiMatteee
circa 14 anni fa - LinkIo la Cina la vedo come un'opportunità, se i cinesi cominciano ad appassionarsi vino il comparto vitivinicolo italiano ha un futuro assicurato per almeno un secolo, perché per quanti milioni di ettolitri di vino produrranno mai i cinesi, i cileni, gli australiani gli americani e chi più ne ha più ne metta, alla fine il consumatore di vino che si appassiona sempre li va a finire: ITALIA e FRANCIA
RispondiKENRAY
circa 14 anni fa - Linkmatteee eetciù, scusa ma ho il raffreddore. la quaestio è, per me, non a chi si rivolgeranno i consumatori, e concordo sull'affermazione - italia e francia - ma chi sarà al timone delle aziende vinicole di maggior prestigio (ti do un indizio, il cognome avrà la desinenza ING) se per la francia ciò sarà meno probabile, conoscendo i cuginastri ultraprotettivi al limite della enoxenofobia delle loro eccellenze vinicole (secondo te Sarko permetterà la vendita ai cinesi di Taittinger? no naturalmente) da noi ci sarà la corsa al mercato delle vacche e tutti saranno ben contenti di vendere al mandarino (nel senso di conestabile) di turno la propria azienda. e vedo già le colline del chianti invase da omini gialli e con occhi a mandorla che vendemmieranno al canto di "La Marcia dei Volontari". d'altronde Prato è a pochi chilometri di distanza.
RispondiNelle Nuvole
circa 14 anni fa - LinkVeramente da quanto diffuso recentemente dai media gli investitori cinesi son molto più interessati a comprare in Australia, Cile e persino in Francia che in Italia. Probabilmente perché chi investe sono società grandissime che cercano volumi e non qualità. In quanto all'idea dei superprotezionisti francesi, questi sono i primi felici di stringere alleanze con partners stranieri.
RispondiMatteee
circa 14 anni fa - LinkNon credo che per i cinesi sarà molto facile comprare in Italia, anche perchè non è semplice trovare aziende che diano una buona redditività e ti assicuro che se i cinesi investono, lo fanno per guadagnare. Ad ogni modo anche se dei cinesi investissero nelle nostre aziende non la vedrei così male, perchè loro sarebbero comunque solo investitori mentre la gestione delle aziende la affiderebbero comunque a manager e personale italiano che ha sicuramente più competenza dei nostri piccoli amici gialli..
Rispondimorrris
circa 12 anni fa - Linkdove posso aqcuistare vino cinese chi puo darmi informazioni vi prego aiutatemi morris@virgilio.it
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