Jéroboam di cartone: l’inaspettata bag in box di Chablis

Jéroboam di cartone: l’inaspettata bag in box di Chablis

di Simone Di Vito

Dopo tre serate, 19 vini e un lungo articolo, non avrei mai pensato di tornare a scrivere di Chablis attraverso una bag-in-box di tre litri. Da quei giorni in poi, tante cose sono successe, il mondo intero si è svegliato in una tragica quanto inaspettata pandemia, spostamenti ridotti al minimo «solo per comprovati motivi di lavoro» direbbe Conte, zone rosse, chiusure e fiumi di disinfettante, tutte cose che fino a poco tempo fa erano talmente impensabili che al massimo le vedevi seduto sul divano con popcorn annessi, ora invece guardi un film e storci la bocca al primo contatto tra due attori, riflessi incondizionati che non so se siano per l’estenuante attesa di tornare a farlo o se ormai un po’ tutti siamo impostati in “modalità isolamento“.

Dicevamo di Chablis, e della mia voglia di tornare ad approfondire questa zona, che rappresenta per me l’unica alternativa giustificata ai mega-chardo di Borgogna, non se la prendano a male gli amanti dello chardonnay nostrano.
Con quali argomenti rituffarmi nella fantastica Chablisien? Seguire le orme del famoso kimmeridge? Travestirmi da Indiana Jones e scovare inestimabili cuvée segrete? O dedicarmi ai più recenti quanto sconosciuti premier cru? Reperibilità, portafoglio e cantina personale, che dai giri di quest’estate strabocca di vino acquistato, mi avevano portato a desistere ed attendere tempi migliori, ma quando su un sito francese mi sono imbattuto in questa improbabile confezione la curiosità del bambino ha avuto la meglio sulla razionalità dell’uomo maturo.
La prima reazione è stata «cavolo, anche loro…», successivamente, visti i tempi ho realizzato quello che dal lockdown un po’ tutti abbiamo compreso: ormai il bag-in-box non è solo vino a basso costo da svendere in cartone, è sicuramente l’opportunità di far spazio in cantina per chi produce, ma è anche una possibilità per l’utente medio di apprezzare giornalmente vino di qualità e senza dover per forza attingere a vetro e sughero.

Magari sarò io a sovrastimare la questione, in rete infatti si trovano diverse bib Bourgogne chardonnay, e petit, ma questa addirittura Chablis vieilles vignes, insomma neanche a dire passerina del frusinate.

Ero curioso della nuova annata, una 2019 descritta come piuttosto altalenante; inizialmente fresca ma ricca di maledette gelate primaverili, per poi diventare calda e torrida nei mesi seguenti. Non è mancata la qualità ma bensì la quantità, e a soffrire la siccità sono state in prevalenza viti giovani e quelle in zone più basse, mentre le vecchie viti in generale hanno resistito alla grande, mostrando più che buoni risultati. Attraverso poi il contributo VCI*, le riserve della fortunata 2018 alla fine hanno consentito un volume di vino prodotto solo leggermente inferiore rispetto alla norma.

Sistemo il cartone in frigo un’ora prima, per poi aprire il rubinetto e assaggiare il vino; cristallino, giallo paglierino neanche troppo intenso, naso floreale e “friccicarello”, poi selce, agrumi e un pizzico di erbe aromatiche. Assaggio all’inizio troppo alcolico, ma che migliora previa scaraffatura in una brocchetta osteria style; finalmente una fresca bevibilità con punta sapida, corpo medio e un finale medio-lungo, insomma un classico Chablis, niente per cui strapparsi i capelli ma è il vino che mi aspettavo.

 

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Per il solito quanto inutile gioco dei confronti Italia-Francia potrei scrivere che non riesco a trovare una denominazione italiana di pari livello in Bib da mettere sul tavolo, ma ALT!

La mia riflessione è un’altra: annata 2019 con poca quantità + buona qualità delle vecchie viti = bag-in-box di Chablis vieilles vignes??

In quelle zone sono forse più in crisi da eccesso di giacenza di noi? O anche stavolta i cugini d’oltralpe si sono dimostrati più scaltri assecondando le tendenze di mercato?

 

 

*Volume Complémentaire Individuel: è un sistema che consente ai produttori di compensare la raccolta carente dell’annata in corso con una percentuale di vino dell’annata precedente, se prontamente stoccata e destinata al solo VCI.

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

34 Commenti

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vinogodi

circa 3 anni fa - Link

... mi sorge solamente un dubbio ... perchè l'hanno fatto? Il Bag in Box è sdoganato soprattutto per una apparente praticità e per risparmiare sul vetro , ma non di tanto, è proprio una questione di centesimi al litro di margine da portarsi a casa ( fra contenitore e tappo erogatore) . Di contro : a) Ha immagine da vino dozzinale : mi piacerebbe sapere quanto costa o è costato all'utente in quel formato (prezzo/litro) . b) Nessun vantaggio di economia "sostenibile" se non un risparmio sul peso trasportato, dove il vetro ( però riciclabile al 100%) incide molto di più , in peso, rispetto al bag in box (irriciclabile e poco ecosostenibile in quanto poliaccoppiato plastico , molte volte alluminato per preservare il contenuto dalle fotoossidazioni). c) Permeabilità elevatissima all'ossigeno : le shelf life dei prodotti in bag in box sono decisamente inferiori rispetto ad altri imballaggi (in questo caso vetro) in quanto , seppur barrierati di ultima generazione, hanno permeabilità all'ossigeno tale da ridurne significativamente la vita sensoriale utile . Se si parla di vino quotidiano , passi ... ma uno Chablis "Vieilles Vignes" aspettativa di vita e miglioramento nel tempo dovrebbe averne...

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Simone Di Vito

circa 3 anni fa - Link

Il bib è costato 36 euro online, in generale sono d'accordo con te, perché farlo? di dubbi e curiosità me ne sono venuti tanti, anche sulla questione evoluzione, già un normale Chablis da il meglio di se con qualche anno sulle spalle, figuriamoci uno da vigne vecchie che in questo caso è "incastrato nella plastica". Non a caso ho dovuto scaraffarlo.

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vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...amminchia ...ahem ...caspiterina ... 12 euro al litro ... ritornano a tsounami i dubbi... non che sia caro per uno Chablis VV , è caro per il manufatto finito in generale senza capirne il nesso o il messaggio... Come se mettessimo un ottimo Timorasso in BiB ...

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Simone Di Vito

circa 3 anni fa - Link

Esatto, hai capito il mio dubbio principale quando l'ho scovato su quel sito, non ci potevo credere... Forse avrò buttato 36 euro ma cosa non si fa per la cronaca e cruccio personale.

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Andrea Gori

circa 3 anni fa - Link

io lo metterei anche in lattina il vino buono! quando lo capiremo che la vecchia liturgia va sepolta e abbandonata? sennò presto avremo giacenze anche di Chambertin e Montrachet...

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...io no...ma scherzi? Maddai...

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...giacenze di Chambertin oppure Montrachet? Passa all' ala che raccatto io...l' unico pericolo, è la poca voglia di sborsare migliaia di euro a bottiglia, non perché il vetro è inviso alle multinazionali e petrolchimici...

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Francesco Rinaldi

circa 3 anni fa - Link

Potresti dirci su quale sito l'hai trovato?

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Simone Di Vito

circa 3 anni fa - Link

Certo, lo trovi qui. https://www.vinatis.it/39902-bib-chablis-vieilles-vignes-2019-closerie-des-alisiers?utm_source=googlemerchant_it&utm_medium=cpc&utm_campaign=11425&r=googlemerchant_it&ids=shopping&country_flux=10&r=googlemerchant_it&ids=smart-shopping-vin&gclid=Cj0KCQiA2af-BRDzARIsAIVQUOdbUy8g275Z3nZ9S-fp5hV1H8mSXBb67uGo64SQ_tenpi0ZtU8ZHvoaAk5pEALw_wcB

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marcow

circa 3 anni fa - Link

È interessante questo confronto di "OPINIONI" tra Vinogodi e Gori. __ Come "appassionato" (ammodomio) mi piacerebbe vedere i due "degustatori" (anche insieme ad altri) in incontri di degustazione degli STESSI VINI. Ma, attenzione, rinnovando profondamente il metodo di degustazione. Il mio riferimento è al Metodo Sisto: nel senso che Sisto, che saluto, lo descrisse in diversi punti durante il Primo Lockdown in marzo-aprile 2020. Prima di passare al bag in box sarebbe importante rinnovare il metodo di degustazione. Di quel decalogo elaborato da Sisto(ma erano molto più numerosi i punti) per me è importante 1 la degustazione alla cieca e 2 il fatto che contemporaneamente PIÙ DEGUSTATORI(in questo caso di un certo spessore) si confrontino sugli stessi vini __ Vedere Gori e Vinogodi in un bel confronto alla cieca... sarebbe meglio di molte fiction di Netflix.

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Cécile Raison

circa 3 anni fa - Link

Essendo francese, forse posso dare il mio parere sull'ultima domanda posta nell'articolo. In Francia, il bag-in-box è una vera tendenza emergente. L'immagine del bib è cambiata molto negli ultimi anni. In particolare grazie alla communicazione dei vignaioli che lo usano e non solo per vini di scarsa qualità, anzi, dei nuovi operatori che le commercializzano (vedere ad esempio https://www.bibovino.fr/ o https://let-it-bib.fr/) e della stampa. Di sicuro non sarà adattato per l'invechiamento del vino, ma buona parte dei vini vengono bevuti giovanni, anche dai consumatori appassionati (pocchi hanno una cantina personale per fare invecchiare corretamente il vino). Invecce, rispetto alla bottiglia, migliora la conservazione del vino doppo l'apertura (la sacca svuotandosi progressivamente dall' ossigeno, il vino puo essere consumato fino a 6 setimane doppo l'apertura) È il contenitore perfetto per le feste, le vacanze in famiglia o tra amici (niente più decine di bottiglie di vetro pesanti da buttare), il consumo al bicchiere nei ristoranti e locali. Poi dal punto di vista ecologico, ha in realta molti vantaggi rispetto alla botiglia. Il suo bilancio carbono è più basso (la sua produzione e il suo riciclaggio, sapendo che in alcuni casi anche la sacca può essere riciclata, richiedono un minor consumo di energia, stesa cosa per il suo trasporto). Il bib non sostituirà mai la bottiglia, anche per la dimensione simbolica dell'oggetto, ma con la communicazione giusta credo che possa davvero trovare il suo posto sul mercato. In Francia, ci siamo quasi. Sono invece molto interessata a capire la percezione degli enofili italiani di questo contenitore alternativo.

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Simone Di Vito

circa 3 anni fa - Link

Ma guarda la tendenza al bib va tanto anche qui in Italia, ma il discorso si fa curioso nel momento in cui ci trovo una denominazione come Chablis, per giunta in veste Vieilles vignes, la mia domanda nel post è anche, se in un'annata come la 2019, la quantità è bassa e la qualità proviene più che altro dalle viti vecchie, perché farne un bib invece di imbottigliare? Dopodiché so anche che closerie de Alisiers è un azienda che produce acquistando uve, per cui non è impossibile per loro trovarle di vecchie viti e in grandi quantità... ma continuo a non capire.

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Cécile Raison

circa 3 anni fa - Link

Immagino che sia proprio perché ormai c'è un mercato per il consumo di vini qualitativi in bag in box in Francia. Non è più unicamente un modo per i produttori di smerciare una produzione eccessiva. Ad esempio, per il cenone di natale o di capodanno (in un anno normale), come consumatore, mi convienne di più, economicamente, comprare il BIB di Chablis per abbinare alla montagna di ostriche che ci vogliamo godere che di comprare 4 bottiglie (anche se con le ostriche io preferisco sempre il Muscadet).

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Simone Di Vito

circa 3 anni fa - Link

Cécile, se parliamo di convenienza e qualità del bib per il vino in generale siamo d'accordo e l'ho anche scritto nel post, ma se parliamo di denominazioni e vini importanti non mi sembra proprio il formato giusto

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Cécile Raison

circa 3 anni fa - Link

È interessante perché in Francia non è stato visto così. L'uso, certo recente, del bag in box per i vini di denominzioni importanti (si possono trovare anche dei crus della Borgogna, dei Condrieux, dei Côtes Rôties etc...) non è stato percepito in Francia come una scelta sbagliata o come un rischio per l'immagine delle denominazioni, ma al contrario positivamente, come un' evoluzione un po' iconoclasta ed interessante perché in linea con alcune modalità di consumo.

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

... Cecile, quel che scrivi son palle...documentabili. Fai un salto nelle regioni delle grandi denominazioni delle tue parti ( Borgogna, Bordeaux, Loira) poi mi dirai quanti produttori di queste terre benedette si avventurano in tale avventura . Forse qualche cantinone o cantina sociale che ha da smaltire gli esuberi o eccefenze causa scarsa qualità di base, aiutato dalla GDO , ma non so se sono le dita di due mani necessarie per contare tutto questo gran numero ...

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Cécile Raison, grazie per il suo contributo. Vorrei soffermarmi sulla parola COMUNICAZIONE che lei ha usato nel commento. Spesso la uso anch'io nei dibattiti in contrapposizione al concetto di Critica Eno-Gastronomica e in un'accezione negativa(ma non sempre). Viviamo in un'epoca in cui il potere della COMUNICAZIONE è immenso. Anche con l'avvento del Web. E anche perché ci sono masse facilmente.... influenzabili. __ Penso che prima o poi si arriverà anche in Italia all'uso massiccio di bag in box. E, come lei ha detto, ci sono, comunque, anche degli aspetti positivi. __ A me premeva mettere in evidenza che non sono i consumatori a decidere o, meglio essi fanno delle scelte... dopo che il marketing... e la relativa COMUNICAZIONE.... hanno deciso, persuaso e influenzato, il CONSUMATORE.

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Cécile Raison

circa 3 anni fa - Link

Per comunicazione, intendevo un'informazione onnesta e seria dal consumatore sulla realtà dei vantaggi e svantaggi del bib. Nel senso che questa comunicazione ha potuto fare sparire alcuni pregiudizi, non sempre giustificati, che aveva il cliente potenziale nei confronti del bib. Un po' come è capitato per il tappo a vite. Ma Lei ha raggione, la linea può essere molto sottile tra la comunicazione e il marketing.

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Maurizio

circa 3 anni fa - Link

A me stupisce più che l'abbiano fatto che sia consentito farlo. In Italia quasi tutte le denominazioni di pregio non possono per legge essere commercializzare in bib.

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Cécile Raison: "la linea può essere molto sottile tra la comunicazione e il marketing" __ In Italia la linea è così sottile che sembra inesistente.

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Cécile Raison

circa 3 anni fa - Link

Simone di Vito : https://www.bibovino.fr/vins-de-noel/251-beaune-1er-cru-les-bressandes-2019-domaine-doussot--rollet--livraison-a-partir-du-17-12-.html Ecco ad esempio. Ma temo che non facessero la consegna in Italia.

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Simone Di Vito

circa 3 anni fa - Link

Non è un problema la spedizione, grazie era solo per curiosità

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Cécile Raison: "Sono invece molto interessata a capire la percezione degli enofili italiani di questo contenitore alternativo". "L’uso, certo recente, del bag in box per i vini di denominzioni importanti (si possono trovare anche dei crus della Borgogna, dei Condrieux, dei Côtes Rôties etc…) non è stato percepito in Francia come una scelta sbagliata o come un rischio per l’immagine delle denominazioni, ma al contrario positivamente". __ Cécile Raison, lei mi sembra un'attenta lettrice di uno dei più importanti wine blog italiani(Intravino). Le vorrei chiedere: che opinione si è fatta degli "appassionati" di vino italiani? Hanno delle caratteristiche particolari che li distinguono dagli appassionati francesi? O, invece, prevalgono le somiglianze? (Anche alla luce di questo dibattito sui contenitori alternativi. Ma non solo). Saluti Cordiali.

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Cécile Raison

circa 3 anni fa - Link

Non è una domanda molto semplice, visto che c'è sempre il rischio di fare delle generalità semplificatrici. E anche perchè vivendo in Italia da poco più di un'anno (e avendo imparato l'italiano a quel momento, ciò che spiegherà gli errori grammaticali ed ortografici che sembrano essere una fonte di interrogativi) temo di non avere abbastanza esperienza del mondo del vino italiano per dare una risposta perfettamente giusta. Detto questo, posso provare a dare alcune impressioni mie. Inizio con le somiglianze. Anche se ci sono diverse « scuole di pensiero » sul vino (penso ad esempio ai puristi del vino naturale), grosso modo, i appassionati francesi sono, come quelli italiani, cercono sempre di più i vini di terroir, quelli che lo esprimono e lo rapprensentano al meglio. C'è un'interesse crescente per le sotto zone nelle denominazioni, per le vinifcazioni parcellare, per le vinificazioni meno interventisti... Invece, credo aver notato alcune differenzi. In primis, ho constatato che gli enofili italiani sono in generale molto più curiosi riguardo ai vini stranieri (e non solo francesi, penso ad esempio ai Riesling tedeschi). Sarà difficile trovare un appassionato francese capace di dissertare sulle annate del Brunello di Montalcino, o sulle MGA del Barolo. Sarà una mancanza di apertura ? Forse un po'. Direi anche che visto i salti qualitativi fatti in alcune denominazioni « minori » questi ultimi 15-10 anni (ad esempio i vini del Languedoc, ma c'è ne sono tanti), ci sono numerosi territori del vino francese da esplorare. La curiosità non si è ancora portata sui vini stranieri. Quindi alla differenza dell'Italia, i francesi non si interrogano su come fanno i loro cugini d'oltralpe. Inoltre mi sembra che i francesi (sopratutto i più giovanni) « sacralizanno » un po meno i grandi vini, le grandi denominazioni. Non è che ci sia una messa in dubbio della qualità, nemeno della validità delle gerarchie, ma dell'immagine che c'è attorno di quei vini. Diciamo che alcuni codici rigidi vengono visti come un po anacronistci. Ad esempio, il cerimoniale attorno del servizio (penso alla divisa dei sommelier AIS che potrebbe essere vista come fuori moda in Francia). Oggi mi sembra che ci sia una volontà di approciarsi al vino, e anche ai più grandi (quando uno se li può permettere, ma l'inflazione dei prezzi di alcuni vini francesi è un'altro dibattito) in un modo più semplice (noi diciamo « à la bonne franquette », non so come tradurrlo, forse alla buona). Forse quando la qualità, la legitimità di un vino o di una denominazione non può essere contestata, noi francesi sentiamo più il bisogno di « democratizzarlo » che di proteggere la sua immagine di prodotto d'eccellenza (visto che que l'eccellenza è indiscutabile).

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Cécile Raison, grazie per la bella e -completa- risposta alle mie domande. Scusami se ho - scherzato- un po' sul tuo italiano: è un piacere leggerti, per i contenuti e per come li esprimi. Fatti sentire spesso. Saluti sinceri.

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Antonio

circa 3 anni fa - Link

I miei complimenti, per l'italiano e la completezza della risposta. Questo paese ha guadagnato un cervello!

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Germano

circa 3 anni fa - Link

Cosa avete contro la Passerina del Frusinate? Nessuno si è sognato finora, contrariamente allo Chablis, di vendere la Passerina del Frusinate in bag in box. Per dire.

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Marco

circa 3 anni fa - Link

Ma alla fine li valeva 12 euri al litro questo vino sfuso?

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Simone Di Vito

circa 3 anni fa - Link

Si, tutto sommato è quello che mi aspettavo di trovare.

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...qui si travisa il contenuto degli interventi. Un grande vino, magari da invecchiamento, non si adatta al contenitore in poliaccoppiato plastico, punto. Che, come materiale, è persino peggiore del poliaccoppiato cartonato rigido (Tetrabrik). Chi dice che è sostenibile più del vetro, è una sciocchezza, anche se la lobbye dei produtori di tale contenitore oggi è decisamente più potente di quella, un poco datata, del vetro( tutte in crisi), per cui la spinta comunicativa è accentuata in quella direzione. Cosi come in aumento nei prodotti alimentari fluidi o di media fluidità, nei confronti di vetro ( per ragioni di sicurezza HACCP delle cucine) o banda stagnata ( la migliore in assoluto ma obsoleta come immagine) ... Però nel vino ha senso esclusivamente per i vini di basso pregio oppure scarsissimo invecchiamento, proprio perché non è un contenitore adatto. Mi spiace che Andrea, solitamente attento ai concetti di qualità nel vino, sia uscito con quella sparata tirando in ballo i grandi Borgogna, che nulla c' entrano con il bag in box. Immagino Rousseau mentre etichetta un bag in box da 5 litri di Chambertin Clos de Beze...

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hakluyt

circa 3 anni fa - Link

La cosa bella degli interventi di Cecile Raison (una notevole assonanza con "raisin"...) è che i primi due/tre sono infarciti di errori di grammatica mentre negli ultimi tre/quattro non ce ne sono più; anzi si lancia in ardite (e correttissime) consecutio temporum...

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Hakluyt Leggendo i commenti di Cécile Raison mi aveva colpito il ra-dd-o-pp-io delle consonanti: DO-PP-O, CO-MM-UNICAZIONE e altre. Mentre tutto il resto mi sembrava scritto in un italiano perfetto. Ho sorriso quando, replicando a un mio commento, ha scritto: " " Ma Lei ha ra-gg-ione, la linea può essere molto sottile tra la comunicazione e il marketing". Ho sorriso perché in Italia l'espressione "HAI RA-GG-IONE" viene usata in modo ironico, specialmente nel linguaggio parlato. Sinceramente ho pensato: "ma perché fa---soltanto--- questo tipo di errore di ortografia(il raddoppio delle consonanti)... mentre scrive in un italiano perfetto e di ottimo livello?" Ma, Hakluyt, non mi è sfiorato il tuo pensiero "cattivo" :-) Ora mi hai fatto venire dei dubbi.

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ilvinaiolo.it

circa 3 anni fa - Link

ciao a tutti, dal 2011 siamo stati (credo) il primo o tra i primissii siti e-commerce specializzati nella vendita di vini in bag in box, ma nelle due botteghe vendiamo anche tante bottiglie, bag, e sfusi. non volevo fare comunicazione o marketing (con o senza sottili differenze) ma sinceramente volevo solo aggiungere qualche elemento. siamo perfettamente consci come tutti che i prodotti di alta qualità vanno in bottiglia (anzi, è sacrosanto che ci vadano). in questo senso in linea generale trovo sensata la linea delle. d.o. italiane che vietano il bag. però è anche vero che: 1 - il packaging incide più di qualche centesimo. ad esempio un bag da 5 litri costa al produttore (cartone personalizzato e sacca): 90 centesimi o poco più. equivale a 6,66 bottiglie che (nelle migliori economie di scala) costano singolarmente la stessa cifra. senza contare i costi di trasporto (il peso è circa il 40% in meno) 2 - per prodotti di consumo "quotidiano", non di fascia alta, il packaging è qualitativamente giustificato rispetto alla qualità del prodotto. per il resto come dicevo sono d'accordo con i critici del materiale per vini da invecchiamento. 3 - come ci ricorda Cécile, in Francia (ma non solo) il livello qualitativo destinato al bag in box è drasticamente aumentato e non da poco tempo. questo al netto del potenziale di invecchiamento del.vino. credo sinceramente che, pandemia a parte, in Italia abbiamo la tendenza a non voler abbandonare con facilità le sacre tradizioni (vedi stelvin ad esempio). ma a questa (o altre) tipi di chiusure dovremo confrontarci credo sempre di più.

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...bene, mi hai convinto...ci siamo abituati al tetrabrik oppure ad esportare lambrusco in lattina, vuoi che non ci abituiamo ai vini in bag in box che già scorrazzano indisturbati sugli scaffali di GDO ( soptattutto hard e soft discount) da decenni? Bontà tua che ammetti siano contenitori inidonei ad un grande vino, ma con l' approvazione e sostegno di Andrea Gori , anche Coche Dury inizierà a breve a mettere nel fascinoso contenitore il suo Corton Charlemagne in selezione numerata e assegnazioni rigorose ( con numero di lotto ink jet predisposto alla cancellazione con solvente idoneo in dotazione, non si sa mai venga venduto all'asta...)

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