Jean Louis Chave, i vini del granito e gli Hermitage più incredibili che esistano

Jean Louis Chave, i vini del granito e gli Hermitage più incredibili che esistano

di Andrea Gori

“Dal troppo al troppo poco”: questa la posizione estremamente condivisibile della situazione attuale dei vini del Rodano settentrionale secondo Jean Louis Chave, erede della più antica dinastia di coltivatori di uva su questo fiume. Sia che parliamo di Hermitage e Crozes Hermitage che di St. Joseph o Cote Rotie l’esito è un comparto produttivo che è passato con troppa velocità dall’assecondare le voglie parkeriane di concentrazione e pienezza di frutto alla moda attuale dell’acidità spiccata e magrezza ostentata, il tutto in barba a quello che il terroir ha sempre offerto.

E quando si dice “da sempre” ci sono poche famiglie come quella cui appartiene Jean Louis Chave che possono testimoniarlo. In attività dal 1481 come agricoltori, poi come viticoltori all’inizio principalmente nell’odierno cuore della AOC St Joseph (50 km di vigneti in lunghezza disposti sulle colline e terreni sul lato destro del Rodano), per poi scalare l’Hermitage dall’altro lato del fiume in tempi relativamente più recenti ma sempre guidati dalla ricerca dell’essenza e della vocazione della roccia, dei ciottoli, dei calcari.

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Una vocazione che oggi si esprime in un progetto impressionante di ricostruzione dei muri a secco su tantissimi ettari di collina, tra il cuore storico delle proprietà di famiglia sotto l’AOC St Joseph, compresi gli ettari a Mauvois e il “Clos Florentin” uno scrigno di terreno incontaminato quasi inglobato dall’industrializzazione del Rodano, ma che da sempre non vede chimica e pratiche moderne, un vigneto circondato da uno spettacolare giardino biodinamico in pieno risveglio primaverile al momento del nostro passaggio.
Le dieci ore passate con Jean Louis Chave sono un’esperienza segnante e vedono una serie di assaggi illuminanti rari e preziosi che ci porteremo per sempre nel cuore e nella mente. Dopo una mattinata tra vigneti e arrampicate si fa una sosta per pranzo per poi chiudersi in cantina ad esplorare il miracoloso Hermitage in tutte le sue sfumature e composizioni geologiche.

Si iniziano gli assaggi dalle botti contenenti l’Hermitage Blanc in attesa di essere assemblato e poi imbottigliato. L’Hermitage Blanc nasce con l’85% di marsanne (più corpo e potenza) e un 15% di uve roussanne dal profilo più lieve e speziato. Comunque si tratta di vini morbidi e semmai sapidi, molto più rotondi della moda attuale, vini in cui l’acidità è sempre scarsa ma ne compensa la mancanza con estrazioni che vanno fino all’amaricante e tanta sapidità rocciosa. Vini in direzione ostinata e contraria ma che si rivelano vini da pasto fantastici sulle preparazioni tradizionali, sul piatto principale come poulard de Bresse, mai da servirsi come aperitivo o su sushi e piatti esili.

Gli assaggi rivelano le parcelle che sono molto diverse, con quelle calcaree più aeree, fruttate e sapide e quelle misto argillose più piene e pesanti. Il bianco dalla zona del Domaine de l’Hermite (un acquisto importantissimo recente) è, ad esempio, glicerico e ha ricchezza impressionante e burrosità, ma anche una bella spalla acida con note di anice, pietra focaia, canfora e resina, iodio e torba scozzese. Quanto ai vini finiti, ecco una raffica di millesimi straordinari da bottiglie aperte in cantina al momento e una magnum aperta la sera precedente a cena:

Hermitage Blanc 2016
Millesimo molto scarso per grandine, ananas e canfora, robinia e tiglio. Bocca di potenza e anice, salvia e muschio bianco, mandorle e succo di pera. Sorso solido e roccioso, lunghezza palpabile. 94

Hermitage Blanc 2007 (da magnum)
Fumè e benzene, roccia bagnata, ribes bianco e pesca, andamento quasi untuoso al palato con incedere ricco e pesante. Sorso massiccio ancora ma che risuona di polpa di nettarine, talco, pepe bianco, zenzero e confettura di arance. 92

Hermitage Blanc 2001
Dorato, naso di miele millefiori e pesche in confettura, yomo ai cereali, poi finocchietto, salamoia, nocciole e pepe bianco. Bocca con poca acidità ma con fascino stupendo, lunghezza importante e sale sul finale che appassiona. 95

Hermitage Blanc 1985
Cumino e pepe bianco, ribes e speziato, toni da Madeira, zafferano, burro, mandorla e coccoina poi ancora resine e salamoia. Allunga e disseta, vino coinvolgente e lunghissimo con un che di amarognolo che regge l’equilibrio. 97

Hermitage Blanc 1962
Pera e succo di mela, sale di Maldon, colatura di alici e muschio, resina e muffe, susina e acacia. Bocca ben strutturata con tocchi speziati e balsamici, cedro e talco. Va avanti nel bicchiere per minuti interi tra speziature che si rincorrono e sbattono su lame rocciose liberando anice e robinia. 98

Il vino scelto per il pranzo “frugale” è il St Joseph Clos Florentin che è una piccola chicca derivante dall’antico “Le Clos de l’Arbalestrier” con suoli granitici misto a sabbie fluviali e aggiunte da Chalaix sud (granito), Les Côtes nella zona di Mauves, uve da grappoli per l’85% diraspati, prima uscita 2015. Per il nostro dejeneur assaggiamo il 2016:

St. Joseph Clos Florentin 2016
Vendemmia intera da suoli di sfaldamento granitico da Mauvais fino alla riva del Rodano. Note di viola e giaggiolo, inchiostro e cumino, densità e croccantezza poi moncherì e caramella Rossana. Tannino finissimo con rimandi balsamici, pepati e salmastri, acidità spiccata, corpo roccioso vivo e saporito, dolce e salato allo stesso tempo. 93

Del Clos dalla botte (2017) assaggiamo la parte più antica (alcune vigne del 1910, altre degli anni 50 e 60) e ha un incantevole floreale di viola intenso e prugna, bocca ampia e potente con tannino graffiante dal brillante futuro.

Ma il cuore e la meraviglia battono soprattutto per gli assaggi delle particelle singole de l’Hermitage che ogni anno escono non come vigneti singoli ma come splendida sinfonia nell’unico Hermitage rouge di casa, una impostazione molto diversa dagli altri produttori che invece seguono la moda e la dinamica dei singoli vigneti imbottigliati separatamente. Sulla collina de l’Hermitage con le sue imponenti terrazze, si legge la storia geologica e l’evoluzione dei suoli che, per l’azione degli antichi ghiacciai e per il fiume che nel corso dei secoli ha depositato materiale ai piedi dello sperone granitico, sono granitici come quelli di “Les Bessards” nella parte più alta ad ovest (a sinistra osservando la collina da Tournon. Nel costone che scende sotto la Chapelle dell’eremita, poi andando verso est, le altre parcelle utilizzate hanno suoli di argilla misto a granito, poi c’è “Le Méal” con suoli più calcarei sulle terrazze del Rodano con “galets” di calcare e quarzite,  “Péléat” più in basso su suoli bruni, ciottolosi e sabbiosi con un poco di argilla sulle terrazze più basse e, ancora più in basso, “Les Greffieux”, argilla e limo delle alluvioni più recenti, “Beaumes” da suoli con sedimenti dai ghiacciai e infine anche uve dalle parcelle Diognieres e Vercandiered.

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Ogni parcella nella visione di Jean Louis ha la sua importanza e la sua identità al servizio dell’espressione del vino complessivo assemblato. Il vino deriva da 15 parcelle in nove vigneti diversi, uve quasi completamente diraspate, vinificato in acciaio  con cappello sommerso e poi invecchiato in barrique da 228 lt nuove per un 5-15%, e usate (da 1 a 5 anni di età) per l’85-95% per circa 26 mesi (fino al 2007 i mesi erano solo 18).

Assaggi parcellari Hermitage 2017
Hermitage Rouge 2017
Parcella Beaume (vigneto in basso, con ciottoli grandi su sabbie). Rose carnose, bocca pimpante e ricca, solida. Tannino fitto e scuro.
Hermitage Rouge 2017
Parcella Peleat su sabbie e ciottoli, rocce agglomerato. Più frutto e rotondità, tannino poco marcato, fine ed elegante.
Hermitage Rouge 2017
Parcella l’Hermite, anfiteatro che guarda la cappella. Finezza ed eleganza, un 20% del suo Hermitage viene da qui. Amarene, spezie, mandorle, pepe e fichi neri.
Hermitage Rouge 2017
Le Meal. Tripudio fruttato, ricchezza aromatica impressionate, carne e sangue, more, mirtillo, pepe e bergamotto. Ampiezza aromatica disarmante, corpo esile e fine, tannino sottile quasi evanescente.
Hermitage Rouge 2017
Les Bessards la parcella più tosta e decisa. Austero, polveroso e vigoroso, vino da impalcatura per il blend, ma anche così ha suo fascino floreale tra viola, fragoline di bosco e arancio. Tra le parcelle è certamente quella da attendere di più, ma è serioso, regale e dall’incedere maestoso. È la parcella che rifinisce gli assemblaggi ogni anno, ma non non è mai quella da cui parte Jean Louis per assemblare il suo vino.

Passiamo quindi agli assaggi dei vini assemblati e imbottigliati, tutti stivati sottoterra nella cantina naturalmente climatizzata dal terreno stesso.

Hermitage Rouge 2016 (in bottiglia da una settimana)
Floreale di viole, cassis e ribes nero, poi alloro, mirto e liquirizia. Definito e rifinito, ha intensità e freschezza. Bocca di struttura impressionante da dipanarsi con calma, arancio rosso caffè, vino moderno che rifugge il frutto enorme e lo fa con stile. 96+

Hermitage Rouge 2000
Liquirizia, anice e menta ma soprattutto marasca e ribes nero che avviluppano il naso e la mente. Un vino “simpatico”, accattivante ma con tannino e acidità che lo spingono benissimo avanti, guizzante e sapido, con una riserva di frutta di bosco da qui chissà fino a quando, vista la lunghezza incredibile del sorso. 95

Hermitage Rouge 1998
Oliva e salamoia, alloro, cardamomo, balsamico pazzesco e stordente, anche china, tabacco, salsedine, senape e cumino. Sorso con frutto ancora terso, incenso, bocca con nerbo e grazie, profonda e aggraziata. 95

Hermitage Rouge 1995
Annata con più granito del solito, sale e rose, viole, canditi e prugne. Più serrato il tannino, poutporry del Maghreb molto maschile, pietroso sottobosco di menta e ribes rosso, di una gioventù disarmante. Lunghezza e acidità bellissime, cardamomo, agilità e sottigliezza senza rinunciare alla polpa, vino incredibile per energia e vitalità , dolcezza floreale che torna nel finale. Stupendo. 98

Hermitage Rouge 1969 (magnum)
Colore ipnotico e smagliante, bergamotto, tabacco e anice, senape e juta, arancia rossa in confettura, ancora rosmarino, ginepro, rotea e si agita nel bicchiere. In bocca scalcia e stuzzica con un fremito irresistibile di tannino, mentre incenso, tartufo nero, vetiver e noce moscata invadono il palato in maniera soffusa e struggente. 99

Cuvèe Cathilin Rouge 1991
Eleganza naturale, millesimo finissimo per una Cathilin da paura. Uve principalmente da Les Bessard e si avverte subito. Cassis e ribes rosso, rosmarino e anice, vulcanizzazione e tartufo nero, goudron e salamoia, olive tapenade, capperi e carrube. Uno Chambertin per le spezie e la grandeur che in bocca si fa eleganza pura, sa di fragole fresche, pepe, sandal,o cannella more di rovo e noce di cola. Tannino e trama del vino splendido , scarnificato di orpelli ma è come quando sulla griglia rimangono i pezzetti più buoni di carne tra ematico e grasso di sapore. Finale tra applausi di meraviglia mentre ne bevi a sorsate. 100

Vin de Paille 1990
Dalla vigna di Hermite, prodotto solo nelle annate senza muffe, un poco appassisce in pianta poi in cantina. Naso di lieviti e malto, cerealicolo, caramello salato, rhum agricolo, torbatura, miele e canditi. Dolcezza intensa ma non stancante con 80-100 gr/lt di zucchero residuo, zafferano e zenzero, emozione pura per come traduce l’opulenza dell’Hermitage in lievità insospettabile. 97

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

5 Commenti

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vinogodi

circa 5 anni fa - Link

"Cuvèe Cathilin Rouge 1991 Eleganza naturale, millesimo finissimo per una Cathilin da paura. Uve principalmente da Les Bessard e si avverte subito. Cassis e ribes rosso, rosmarino e anice, vulcanizzazione e tartufo nero, goudron e salamoia, olive tapenade, capperi e carrube. Uno Chambertin per le spezie e la grandeur che in bocca si fa eleganza pura, sa di fragole fresche, pepe, sandal,o cannella more di rovo e noce di cola. Tannino e trama del vino splendido , scarnificato di orpelli ma è come quando sulla griglia rimangono i pezzetti più buoni di carne tra ematico e grasso di sapore. Finale tra applausi di meraviglia mentre ne bevi a sorsate. 100" ... mi mancava, grazie mille! Avendo avuto la fortuna di bere le tre annate successive (1995 - 1998 e 2000) , conferma che è uno dei più grandi vini esistenti. Un vero monumento all'enologia...

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Marco

circa 5 anni fa - Link

Ma tra un Hermitage rouge 95 (98pt) a 300 euro ed un Cuvèe Cathilin Rouge 1991 da100 (ipoteticamente, visto che non c'è l'annata su winesearcher) a 8000 €, in termini di godimento passato 2 punticini (tipo da 93 a 95) o 7700 €? Chiedo perchè forse il primo potrei quasi permettermelo, il secondo non tanto, e vorrei immaginarmi cosa mi perdo.

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

Non vale assolutamente quella differenza! Cathilin è un vino meraviglioso ma il prezzo stellare dipende più dalla scarsità che dalla qualità in sè e dal fatto che stai assaggiando una espressione incredibile di granito puro

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Andrea Gori

circa 5 anni fa - Link

ti invidio tantissimo ! Spero di riuscire ad assaggiarne qualcun'altra edizione da qui a quando riuscirò a bere... tu direi che sei già a posto, maledetto!!! ;-)

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vinogodi

circa 5 anni fa - Link

...Andrea, quando vuoi . Qualche boccia mi è rimasta ed alla prossima rodanata in Bue House stiamo programmando la tirata di collo ... PS: Vorrei specificare , per correttezza grammaticale, che è "Cuvée Cathelin" . PPS: la differenza rispetto all'Hermitage " base la trovo sostanziale, a parità di annata , sia per articolazione, complessità ma anche struttura . Un po' come la Cuvée Speciale di Bonneau rispetto alla Réserve de Celestin oppure fra un Monfortino e un Francia di annata uguale oppure fra un Romanée Conti e un Romanèe Saint Vivant dello stesso millesimo. Differenze che non giustificano certo la sproporzione di prezzo ma , come dice giustamente Andrea, la rarità è il vero elemento discriminante , così come una qualità assoluta indiscussa ed indiscutibile ...

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